Merz vuole per la Germania le più grandi forze armate d’Europa  

 

La Russia ”è e rimarrà nel lungo periodo la più grande minaccia alla libertà, alla pace e alla stabilità in Europa”, ha dichiarato il 27 agosto il cancelliere tedesco Friedrich Merz, ribadendo che la Germania “è fermamente al fianco dell’Ucraina” e accusando la Russia di ”condurre da tempo attacchi ibridi”.

Un attento osservatore potrebbe evidenziare che gli attacchi ibridi alla Germania non sono certo mancati da quando Berlino si è schierata al fianco di Kiev fornendo aiuti militari e finanziari inferiori solo a quelli stanziati dagli Stati Uniti dell’Amministrazione Biden.

Ma se guardiamo agli attacchi “meno ibridi” e più cinetici quello stesso osservatore noterebbe che il più grave attacco strategico al cuore della Germania dopo la resa del Terzo Reich l’8 maggio 1945 lo ha scatenato l’Ucraina distruggendo nel settembre 2022 i gasdotti Nord Stream sotto la superficie del Mar Baltico.

 

Dagli amici mi guardi……

A Berlino ne sono consapevoli considerato che hanno chiesto all’Italia l’estradizione di uno degli ufficiali di Kiev considerato tra i responsabili di quell’attentato ma né il governo attuale né quello precedente del cancelliere Olaf Scholz ne hanno mai tratto le dovute conclusioni. Né si sono sognati di approfondire i numerosi elementi e indizi circa la complicità con alcune nazioni alleate, anglosassoni e baltiche, che potrebbero aver avuto un peso determinante in quell’azione.

Restando sul piano economico non dovrebbe sfuggire che negli ultimi anni i più gravi attacchi alla Germania (e all’Europa) sono giunti dagli Stati Uniti. Prima con l’Amministrazione Biden che con la Legge per la Riduzione dell’Inflazione ha offerto ampi vantaggi (inclusa l’energia a buon mercato) alle aziende europee che trasferiscono gli stabilimenti produttivi oltre Atlantico.  Una legge contro cui protestarono, invano, a Washington i ministri delle Finanze tedesco e francese.

Poi con l’Amministrazione Trump, che oltre a imporre agli europei 750 miliardi di acquisti di energia americana e centinaia di miliardi di acquisti di armi (per noi e per gli ucraini), pretende che la UE investa 600 miliardi nell’industria statunitense, considerando il denaro tedesco ed europeo come se fosse “un fondo statunitense”, come ha recentemente affermato a Fox News il segretario al Tesoro Scott Bessent. (nella foto qui sotto).

Affermazioni che da questa parte dell’Atlantico non sono state contestate o respinte con forza, a conferma che il rapporto tra Europa e Stati Uniti non è più nemmeno di vassallaggio (come lo definì Emmanuel Macron) o “coloniale”, ma è ormai quello che intercorre tra un padrone e un servo (per giunta sciocco).  

Ciò nonostante, per Merz la Russia ‘‘è e rimarrà nel lungo periodo la più grande minaccia alla libertà, alla pace e alla stabilità in Europa”. Anche se Mosca, dopo le sanzioni e le armi europee all’Ucraina, ha continuato in questi oltre tre anni di guerra a fornirci gas a buon mercato fino alla fine del 2024, quando furono gli ucraini a bloccare i flussi attraverso i gasdotti sul loro territorio. E lo fecero col benestare di UE e Germania.

Anche i polacchi, già distintisi come solidi alleati di Berlino per aver plaudito alla distruzione del Nord Stream (l’attuale ministro degli Esteri, Radek Sikorski, scrisse su X “Thank You USA” per poi coprirsi di ricolo cancellando il post pochi minuti dopo), stanno rinnovando le pressioni per ottenere le riparazioni per la guerra del 1939-45.

Il presidente polacco Karol Nawrocki ha detto che “per poter costruire un rapporto basato su verità e buone relazioni, dobbiamo chiarire la questione delle riparazioni con lo Stato tedesco. Come Stato in prima linea e paese più importante del fianco orientale della NATO, la Polonia ha bisogno di giustizia e verità e chiare relazioni con la Germania ma anche di riparazioni dallo Stato tedesco”. 

Il premier polacco Donald Tusk ha invece celebrato l’anniversario dell’invasione della Polonia con queste parole: “Celebriamo l’anniversario dello scoppio della guerra più tragica, la Seconda Guerra Mondiale. Non lontano da qui le truppe tedesche, quelle di Hitler, si incontrarono in un abbraccio fraterno con le truppe sovietiche, quando invasero – Germania e Russia – la Polonia”.

Evocando Ronald Reagan, ha definito la Russia “una nuova versione dell’impero del male” ma intanto Tusk non ha perso occasione per inserire la Germania tra i nemici storici della Polonia.

Certo a ricordare questi “dettagli” si rischia di passare per putiniani e filo-russi, ma in Germania e più in generale in Europa, occorrerebbe una profonda revisione (su base oggettiva e pragmatica, non ideologica) delle liste di amici e nemici, o anche solo della classifica dei nemici.

Inoltre, va ricordato che i tedeschi, come i francesi e tanti altri in Europa, continuano a comprare gas dal “nemico russo” in forma liquida o tramite i gasdotti che provengono dalla Turchia.

 

La Große Armee tedesca

Le parole di Merz circa la minaccia di Mosca, sono state pronunciate dopo che il governo ha approvato un disegno di legge che introduce il servizio militare volontario ma che minaccia di portare alla coscrizione obbligatoria se non si raggiungessero gli obiettivi di reclutamento.

Il disegno di legge deve ancora ottenere l’approvazione del Parlamento dove le opposizioni daranno battaglia forse insieme a una parte della SPD, partito di governo con la CDU/CSU di Merz ma con molti esponenti in disaccordo con un neo militarismo che cozza la sempre più grave crisi economica e sociale tedesca.

Anche perché gli obiettivi di reclutamento annunciati ben difficilmente potranno venire soddisfatti dai volontari considerato che Merz punta a portare il numero dei militari, tra effettivi e riservisti, a 460 mila effettivi, almeno 260.000 militari in servizio permanente e 200.000 riservisti.

Obiettivo ambizioso ma che, se anche fosse perseguibile sul piano politico e sociale, richiederà giganteschi investimenti di risorse e molti anni tenuto conto che oggi Berlino dispone di 180mila militari (inclusi i 14mila del comando cyber e i 22 mila del servizio sanitario) di cui appena 60 mila nell’esercito che corrispondono più o meno alle perdite subite dagli ucraini nella sola battaglia di Bakhmut.

Dati (fonte Military Balance 2025 dell’ISS), a cui aggiungere 34.000 riservisti, di cui un terzo nell’esercito e oltre 7mila nella cyber-defense e nel servizio sanitario. In tutto meno di 215.0000 militari che dovrebbero più che raddoppiare (per l’esattezza + 114%) per far fronte alla quotidianamente evocata “minaccia russa”.

L’iniziativa, ha spiegato il ministro della Difesa Boris Pistorius, mira ad attrarre volontari per la Bundeswehr con benefit e stipendi più alti, forse puntando anche sulla crescente disoccupazione in Germania, ma il ministro dell’SPD come il cancelliere della CDU hanno lanciato lo stesso monito: in caso non si arrivi a un numero di reclute sufficiente, scatterà la leva obbligatoria.

A partire dal 1° gennaio 2026 verrà inviato un questionario a tutti i giovani tedeschi, maschi e femmine, per sondare il loro interesse a servire nelle forze armate. Saranno incluse domande sul livello di forma fisica, competenze e interessi. Secondo il disegno di legge gli uomini saranno obbligati a compilare il questionario, mentre per le donne sarà facoltativo.

In attesa delle proteste di femministe e uffici competenti per le pari opportunità per questa esecrabile forma di discriminazione sessista e maschilista, si apprende che dal 1° luglio 2027, tutti i tedeschi di 18 anni dovranno sottoporsi a una visita medica militare obbligatoria, anche se non avranno deciso di arruolarsi come volontari.

La Germania, ha spiegato Merz, mira ad avere il più grande strumento militare convenzionale d’Europa. La leva obbligatoria era stata sospesa in Germania nel 2011 sotto il cancellierato di Angela Merkel ma già da tempo aveva ridotto i flussi di giovani chiamati alle armi.

Al di là dei proclami, lo stesso attento osservatore di cui sopra farebbe notare che non esistono più in Germania (come in Italia e nel resto d’Europa) le infrastrutture (caserme, ospedali, magazzini, poligoni di tiro, centri addestrativi) idonee a ospitare, curare, vestire, armare, equipaggiare e addestrare così tanti coscritti. Anche perché quel poco che veniva mantenuto in riserva nei magazzini è stato già donato agli ucraini.

Per il reclutamento è stata annunciata una campagna sui social media che pubblicizzerà i vantaggi dell’arruolamento: uno stipendio minimo di 2.300 euro al mese, assistenza sanitaria gratuita e altri vantaggi come l’ottenimento gratuito di patenti di guida. Pur aumentando le spese militari fino al 3,5% del PIL entro il 2035 non è certo che tali risorse siano sufficienti: quest’anno Berlino ha stanziato 80 miliardi per la Difesa.

Anche perché rinforzare stipendi e benefit sociali a chi si arruola poche ore dopo che il cancelliere Merz ha dichiarato che “lo stato del benessere universale nella forma in cui esiste oggi non può più essere finanziato con ciò che possiamo permetterci dal punto di vista economico”, non aiuterà il governo sul fronte dei consensi.

E’ vero che l’economia tedesca è in crisi con una contrazione dello 0,2% lo scorso anno dopo un calo dello 0,3% nel 2023 e fosche prospettive quest’anno, dopo il crollo della produzione industriale e con un PIL diminuito dello 0,3% nel secondo trimestre del 2025.

Ma è altrettanto vero che lamentare il calo delle risorse da dedicare al welfare quando la Germania ha versato 50,5 miliardi di euro all’Ucraina tra il 2022 e il 2024 non aiuta a rendere popolare il governo.

Di questi, 25 miliardi sono stati spesi per mantenere i rifugiati ucraini (inclusi parte rilevante dei 650 mila maschi ucraini in età di reclutamento che continuano a restare nei paesi europei per non farsi arruolare), altri 17 miliardi per aiuti militari.

Nel 2025 la Germania ha destinato 9 miliardi di euro a Kiev per l’assistenza militare, e nel 2026-2027 prevede di aggiungerne altri 17 miliardi. Il vice cancelliere e ministro Finanze Klingbeil, ha detto il 25 agosto he Berlino manterrà un sostegno militare annuo di 9 miliardi di euro all’Ucraina.

 

I guai economici degli altri “volenterosi”

Anche le altre “potenze” europee che guidano la  cosiddette Coalizione dei volenterosi fanno i bellicosi a prole ma sono militarmente deboli,  economicamente in ginocchio e politicamente in mano a governi traballanti dopo aver buttato miliardi per armare e aiutare l’Ucraina. Il governo laburista britannico con l’ultima manovra finanziaria ha tolto i sussidi energetici a 300 mila famiglie a basso reddito per reperire 3 miliardi di sterline annui di aiuti militari a Kiev.

Interessante a questo proposito l’articolo dell’agenzia di stampa Adnkronos che riproponiamo integralmente qui sotto intitolato “Vola il debito di Gran Bretagna e Francia e arriva lo spettro del fondo sulle manovre future”.

Per il ministro dell’Economia Eric Lombard la Francia “non è sotto la minaccia di alcun intervento, né da parte del FMI, né della Bce” ma “non posso dire che il rischio non esiste” . Per Andrew Sentance, già membro del board della Bank of England, con la manovra che prepara il governo Starmer il Regno Unito “è sulla strada per una crisi come quella del 1976” quando il primo ministro laburista James Callaghan fu costretto a chiedere al Fondo Monetario Internazionale un prestito da quasi 4 miliardi di sterline per mantenere in piedi i conti pubblici.

Sono davvero ‘inediti’ i protagonisti del dibattito sull’FMI che si è acceso nei giorni scorsi: niente PIGSs, niente paesi spreconi del Sud Europa e neppure democrazie latinoamericane o paesi emergenti africani. Questa volta a suscitare spettri di salvataggi internazionali sono la quarta e la quinta economia del G7, Francia e Regno Unito, alle prese con esecutivi diversi ma stessi problemi di antica data.

Parigi va – verosimilmente – verso una nuova crisi di governo e nuove elezioni nel momento in cui andrebbe definita e varata la Finanziaria 2026 mentre a Londra la Cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves è accusata di preparare un bilancio ‘tax-and-spend’ in un momento in cui il debito pubblico (ma soprattutto la spesa per gestirlo) è a livelli preoccupanti. Le cifre parlano chiaro: la Francia ha registrato nel 2024 un deficit pubblico del 5,8% con un debito salito a fine marzo a 3.345 miliardi di euro (ovvero il 114% del Pil).

Quanto al Regno Unito per l’esercizio 2024-25 il deficit dovrebbe attestarsi al 5,1% con un debito salito a 2.537 miliardi di sterline (2.950 miliardi di euro), il 96% del Pil. Per l’Italia, per capirci, le cifre sono deficit al 3,4% e debito a 3.070 miliardi (134% del Pil). Di tutte le cifre è soprattutto quella del disavanzo che suscita i maggiori timori, perché impone a Londra e Parigi di ricorrere sempre più ai mercati per finanziare il deficit.

E i mercati non sembrano tranquilli: se la Grecia registra uno spread di 71 punti sul titolo decennale rispetto al Bund tedesco (pagando quindi interessi al 3,43%), la Francia è a 79 punti mentre il Regno Unito addirittura a quota 200. Il risultato sono risorse pubbliche sottratte a welfare e interventi per la crescita e destinati invece a pagare il servizio del debito.

L’Italia è a 89 punti di spread ma il ministro francese ha riconosciuto che “secondo i mercati fra due settimane pagheremo per il nostro debito più dell’Italia, che fino a poco tempo fa era considerata la peggiore nell’Unione Europea”. Ma se Parigi prova a minimizzare, a Londra il dibattito sul ricorso al Fondo Monetario è più di un esercizio accademico fra economisti: per Nigel Farage, il leader populista di Reform UK in testa ai sondaggi “la situazione economica è tornata agli anni Settanta” mentre la leader conservatrice Kemi Badenoch al Telegraph ha detto: “Ci siamo già trovati in questa situazione.

Dopo il salvataggio del FMI e l’inverno del malcontento degli anni ’70 e dopo la crisi finanziaria del 2008″ entrambi dopo periodi di governo laburista e “toccherà a noi di nuovo” salvare l’economia britannica. Un portavoce del Tesoro ha replicato definendo “infondate” le affermazioni secondo cui Londra sarebbe sull’orlo di una crisi del debito simile a quella degli anni ’70 ma un economista noto, Jagjit Chadha, già direttore del National Institute for Economic and Social Research, non ha esitato a parlare di una economia a rischio “collasso”.

D’altronde, con lo spread che vola, quest’anno la spesa per interessi nel Regno Unito dovrebbe toccare i 128 miliardi di euro contro gli 85 miliardi pagati dal nostro Tesoro. L’ombra del Fondo Monetario insomma incombe sull’autunno di Londra e Parigi. Anche se dal Wall Street Journal si getta acqua sul fuoco e non per eccesso di ottimismo. In una analisi, il giornale americano ricorda che “Gran Bretagna e Francia, la sesta e la settima economia mondiale, sono troppo grandi perché il FMI o chiunque altro possa salvarle”.

Il Fondo infatti ha “una capacità di prestito totale di circa 1.000 miliardi di dollari, più che sufficiente per offrire una modesta stabilizzazione a paesi come lo Sri Lanka o il Pakistan. La Grecia, il più grande progetto di salvataggio finora in Europa, ha ricevuto circa 32 miliardi di euro per un totale di 326 miliardi di euro in cinque anni”. Ma con un debito complessivo di Londra e Parigi vicino a 8 mila miliardi di dollari, è evidente che si tratta di “un problema economico per il quale l’aiuto finanziario dell’FMI sarebbe la soluzione”. Fossero banche, si direbbe che Londra e Parigi sono ‘too big to fail’. Ma sono grandi economie occidentali. E i loro problemi rischiano di essere i problemi di tutti.

 

Conclusioni

Con Londra e Parigi in gravi difficoltà finanziarie, ieri Merz ha escluso l ‘invio di truppe tedesche in Ucraina. “Nella situazione attuale nessuno parla di truppe di terra in Ucraina”, ha affermato in un’intervista alla ZDF.  “La priorità numero uno è sostenere l’esercito ucraino affinché possa difendere questo Paese a lungo termine”, ha aggiunto precisando che se le forze armate tedesche dovessero venire impiegate, anche per proteggere lo spazio aereo sopra l’Ucraina, sarebbe necessario un mandato del Parlamento.

Confermando la confusione mentale di molti leader “volenterosi”, Merz ha aggiunto che in Europa “nessuno sta valutando al momento l’invio di truppe di terra in Ucraina” sostenendo che il tema principale della discussione in questo momento sono le garanzie di sicurezza per Kiev “in caso di cessate il fuoco” perché “molte cose potranno essere fatte solo una volta stabilito un cessate il fuoco”. 

La pensa diversamente da Merz la pure tedesca Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, che in un’intervista al Financial Times ha invece affermato che “abbiamo una tabella di marcia chiara e un accordo alla Casa Bianca,  stiamo procedendo molto bene con i piani  per uno schieramento di truppe multinazionali e il sostegno degli americani”.

I capi della difesa della Coalizione dei volenterosi hanno “elaborato piani piuttosto precisi”, ha affermato von der Leyen, parlando degli “elementi necessari per un efficace accumulo di truppe” e concludendo, forse con un certo rammarico, con l’amara considerazione che “certo, c’è sempre bisogno della decisione politica del rispettivo Paese, perché schierare le truppe è una delle decisioni sovrane più importanti di una nazione .

In attesa di capire se e  chi dica eventualmente il vero, è appena il caso ricordare che i russi non accetteranno  il cessate il fuoco, respinto nel summit in Alaska anche dagli Stati Uniti perché si tratta di un obiettivo non credibile.

Quindi, di cosa stiamo parlando?

Nella stessa intervista a ZDF il cancelliere tedesco ha affermato che la guerra potrebbe ancora durare a lungo e porre fine rapidamente al conflitto a spese dell’Ucraina non è un’opzione mentre sostenerla contro la Russia è una “priorità assoluta” poiché la capitolazione di Kiev potrebbe portare a ulteriori minacce per altri paesi, inclusa la Germania.

“Si potrebbe porre fine alla guerra domani, se l’Ucraina si arrendesse e perdesse la sua indipendenza, Allora il Paese successivo sarebbe a rischio dopodomani. E il giorno dopo ancora, saremmo noi. Questa non è un’opzione“, ha affermato Merz.

Valutazioni che indicano la volontà di sostenere Kiev affinché gli ucraini continuino a combattere e morire da soli per indebolire la Russia in modo che non possa rappresentare una minaccia per la Germania.

Più cannoni (anche agli ucraini) e meno burro ai cittadini tedeschi: questa sembra essere la ricetta di Merz, sostenuto dal suo partito al punto da premere per reintrodurre immediatamente il servizio militare obbligatorio. Un’iniziativa osteggiata dall’SPD che ha già subito un tracollo di consensi nelle elezioni di febbraio.

Foto: Governo Tedesco, Fox News e Forze Armate Tedesche

 

Guarda anche:

Il rinascente militarismo tedesco. L’intervista di Boni a “Il Contesto”

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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