Il teatrino del Nobel per la Pace tra tragedia, farsa e opera comica

 

Viviamo tempi difficili, spesso tragici, a volte comici ma quasi mai seri.

Dopo settimane di isteria generalizzata per i misteriosi “droni fantasma” (avvistati in Nord Europa ma che nessuno ha visto o abbattuto) per cui tutti hanno puntato il dito contro la Russia, il 9 ottobre in Belgio sono stati arrestati tre giovani jihadisti che volevano usare droni per uccidere il premier e alcuni ministri.

Una storia che può strappare un sorriso amaro, anche perché ci ricorda (per chi vuole sentire) da dove vengono le vere minacce per l’Europa, ma che scompare di fronte al circo scatenatosi con l’attribuzione del Nobel per la Pace a Maria Corina Machado, oppositrice politica del governo venezuelano di Nicolas Maduro e molto coccolata negli Stati Uniti.

Certo la signora Machado si è adoperata per il “regime-change” a Caracas ma non si ricordano particolari iniziative né successi a favore della Pace.

Con un gesto cortese nei confronti di Donald Trump, che non ha mai nascosto di aspirare ad essere insignito del prestigioso titolo attribuito dal Comitato norvegese (nella foto sotto) al punto da aver sostenuto di aver fatto cessare sette guerre, la signora Machado ha dedicato il Nobel “al popolo sofferente del Venezuela” e al presidente degli Stati Uniti.

Siamo alle soglie della vittoria e oggi più che mai contiamo sul Presidente Trump, sul popolo degli Stati Uniti, sui popoli dell’America Latina e sulle nazioni democratiche del mondo come nostri principali alleati per raggiungere la libertà e la democrazia“.

Parole che si prestano a diverse interpretazioni, incluso l’invito a Trump a far cadere il governo di Maduro, con le armi ovviamente considerato che gli Stati Uniti hanno mobilitato di fronte alle coste venezuelane e a Porto Rico ingenti forze militari.

Dovremmo credere che appena ricevuto il Nobel per la Pace la venezuelana signora Machado chiede a Trump di liberare il Venezuela con bombardamenti e Marines?

Un’interpretazione forse maliziosa o forzata? Può darsi ma la Casa Bianca potrebbe averla presa seriamente considerato che nelle ultime ore allo schieramento statunitense nel Mar dei Caraibi (francamente un po’ sovradimensionato per la lotta ai motoscafi dei narcos) si sono aggiunte anche “cannoniere volanti” AC-130.

Di certo la minaccia è stata presa sul serio a Palazzo Miraflores, sede della presidenza di Caracas dove, come ha riferito CBS News, è stata chiesta una sessione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il governo venezuelano accusa l’Amministrazione Trump di cercare di rovesciarlo e di minacciare pace, sicurezza e stabilità a livello regionale e internazionale” ritenendo possibile un “attacco armato un tempo molto breve”.

Si può escludere che la delusione per la mancata assegnazione del Nobel per la Pace, proprio poche ore dopo aver determinato l’accordo tra Hamas e Israele a Gaza, possa indurre Trump a cercare di aggiudicarsi il Nobel per la Guerra?

Iniziativa che andrebbe peraltro a braccetto con la decisione presa poche settimane or sono di cambiare il nome del Department of Defense (il Pentagono) in Department of War  https://www.war.gov/.

Battute a parte il capo della comunicazione della Casa Bianca, Steven Cheung, è stato tagliente nei confronti del comitato norvegese del Nobel, accusandolo di aver “dimostrato di preferire la politica alla pace”, affermazione peraltro incontestabile a cui ha aggiunto che il presidente Trump “continuerà a stipulare accordi di pace, a porre fine alle guerre e a salvare vite umane. Ha un cuore umanitario e non ci sarà mai nessuno come lui in grado di spostare le montagne con la sola forza della sua volontà”.

La dichiarazione di Cheung circa le straordinarie capacità di Trump sembra aver terrorizzato Benedicte Bull, docente di Scienze Politiche dell’Università di Oslo, che al Washington Post ha detto di provare “una sensazione di paura” per una possibile rappresaglia di Trump, sottolineando che “è molto imprevedibile quello che possa succedere come reazione“.

Quindi Trump potrebbe decidere ora di attaccare il Venezuela ma pure l’Iran, o la Norvegia (prima o dopo la Groenlandia?) e forse anche Los Angeles e Chicago, tutti luoghi in mano ai suoi tanti nemici.

I lettori perdoneranno l’ironia ma In questa sorta di pièce teatrale, in bilico tra tragedia, farsa e opera comica, il finale non poteva non riservarci sorprese da lasciare il pubblico senza fiato. Con tempismo perfetto, quella vecchia volpe di Vladimir Putin è apparsa sul palco assestando un colpo da maestro al Comitato per il Nobel.

“Ci sono stati casi in cui il comitato ha assegnato il Premio Nobel per la Pace a persone che non hanno fatto nulla per la pace. A mio avviso, queste decisioni hanno arrecato un danno enorme al prestigio di questo premio“, ha affermato Putin, forse riferendosi alla signora Machado ma forse anche a Barack Obama, a cui il premio venne attribuito nel 2009 “sulla fiducia”.

Da attore (e regista) consumato, Putin ha però tenuto per ultima la battuta che costituisce un vero “coup de théâtre” aggiungendo che “non spetta a me giudicare se l’attuale presidente degli Stati Uniti meriti il Premio Nobel per la Pace, non lo so. Ma sta davvero facendo molto per risolvere crisi complesse che durano anni, persino decenni”.

Anche il presidente bielorusso Alexander Lukashenko si è ritagliato un ruolo di “spalla” definendo “una totale assurdità” la decisione di non assegnare il Premio Nobel per la Pace a Donald Trump. “Meritava questo Premio Nobel e avrebbe dovuto essergli assegnato. Questa è una decisione miope, Trump ha fatto molto per la pace”, ha detto il leader bielorusso.

Probabilmente commosso da simili manifestazioni di stima e affetto, Trump ha scritto su Truth Social: “Grazie al Presidente Putin“, pubblicando un video dei media russi con le dichiarazioni del presidente russo. Che però, per chiudere il cerchio comico, è il miglior alleato, anche militare, del Venezuela che Trump e forse anche il Nobel per la Pace Machado sembrano voler bombardare.

Applausi, standing ovation, sipario.

 

Foto: Agenzia Nova, Comitato per il Nobel per la Pace, Ministero Difesa Russo e Casa Bianca

Vignetta di Alberto Scafella

 

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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