La costosa caccia ai droni con gli F-35 e l’ennesima “risposta economica” di Kiev

 

L’immagine di un F-35A appartenente al 313° Squadron della Reale Aeronautica Olandese  con il contrassegno di un drone esca Gerber abbattuto in Polonia ha rappresentato una vera e propria “lama a doppio taglio” in termini di comunicazione mediatica.

Da un lato l’episodio è stato presentato come la “prova provata” della prontezza operativa delle forze NATO dotate di mezzi tecnologicamente avanzati; un’azione che ha inteso sottolineare la capacità e la reattività nel contrastare droni (Geran e Gerber) fuoriusciti dalle traiettorie di attacco in Ucraina o di transito per gli attacchi diretti verso il Paese ucraino.

Dall’altro lato, tuttavia, questa esibizione ha innescato una critica molto più profonda – persino in Ucraina – mettendo in luce l’evidente dispendio economico di tali operazioni.

L’utilizzo di un aereo ipertecnologico come l’F-35 e del suo altrettanto costoso missile aria-aria per distruggere un bersaglio a basso costo come un drone esca in polistirolo, ha sollevato un allarme strategico considerando che un attacco massiccio e prolungato di questi droni potrebbe far saltare in poche settimane il bilancio economico annuale destinato alla difesa di un Paese NATO.

In poche parole se una forza nemica lanciasse migliaia di droni “sacrificabili”, costringendo le forze alleate a rispondere con centinaia di missili da milioni di dollari ciascuno (senza contare nel dettaglio in analisi il costo orario di volo di un F-35), si creerebbe una disparità economica insostenibile.

Il gesto dell’equipaggio olandese è stato quindi percepito da più parti come un eccessivo esibizionismo, soprattutto se confrontato con i risultati più efficienti – e con costi operativi decisamente inferiori – ottenuti da altre unità.

Si pensi ad esempio alle flotte ad ala rotante ucraine (con i Mil Mi-24 e Mil Mi-8) e russe (con i Mil Mi-28 e Ka-52), entrambe impegnate con successo nella caccia ai droni nemici utilizzando piattaforme e munizioni più adatte a mitigare la crisi dei costi.

La versatilità ucraina (chiaramente figlia della filosofia sovietica, che in guerra ha sempre applicato all’ennesima potenza l’arte dell’arrangiarsi con i mezzi a propria disposizione) in tal senso ha fatto e continua a fare scuola.

Dopo l’impiego degli addestratori acrobatici Yakovlev Yak-52 e degli aerei da impiego agricolo cechi Zlin Z-137 Agro Turbo dotati di missili aria-aria R-73 “AA-11 Archer”, Kiev ha dato prova di adattabilità esibendo un altro atipico mezzo aeronautico anti-drone; stiamo parlando dell’aereo biturboelica leggero da trasporto sovietico Antonov An-28 (Codice NATO “Cash”).

La storia di questo velivolo inizia alla fine degli anni ’60, quando si aggiudicò una gara indetta dalla compagnia di bandiera sovietica Aeroflot per un aereo di linea a corto raggio, superando il Beriev Be-30.

L’An-28 fu sviluppato nel 1969 sulla base dell’An-14 “Пчёлка” (piccola ape) attraverso la modifica di un An-14M dotato di una fusoliera più estesa e motori a turboelica; tuttavia il primo prototipo del nuovo velivolo (CCCP-19723) fu costruito solo 4 anni dopo.

L’An-28, che realizzò il suo primo volo il 29 gennaio 1973, è stato definito un vero e proprio tuttofare: aereo passeggeri, merci, sanitario, senza contare che grazie ad un rinnovato sistema di apparecchiature di navigazione e radio e un apparato antighiaccio, l’An-28 poteva dunque volare in qualsiasi condizione meteo. Su di esso è stato possibile installare persino pattini e galleggianti per l’atterraggio su superfici innevate o specchi d’acqua.

L’An-28 è stato prodotto in serie in 198 esemplari, dal 1984 al 1992 solo in Polonia (pratica che era stata già adottata ai tempi per l’elicottero leggero Mil Mi-2), presso la fabbrica della PZL Mielec.

Oltre mezzo secolo dopo, l’An-28 torna alla ribalta nei panni di un velivolo caccia droni. La foto del piccolo Antonov con i contrassegni di numerosi droni abbattuti è stata pubblicata recentemente sul social network X dall’utente polacco Daniel Dragan, così come riportato dalla pubblicazione Defense Express che ha lanciato per primo questa notizia.

Nel suo post, inevitabilmente, l’autore ha paragonato questo “punteggio” al risultato di un F-35 olandese indicando un rapporto approssimativo di 70 a 1. Sebbene questa informazione non sia ancora stata confermata da resoconti ufficiali, il rapporto afferma inoltre che l’An-28 è già riuscito a “ottenere un buon punteggio” e ha persino colpito obiettivi più grandi dei tipici droni “Geran-2” e “Gerber”.

Mentre l’impiego di aerei di quinta generazione e dei loro missili milionari contro bersagli a basso costo solleva l’allarme sulla potenziale insostenibilità economica per i bilanci della NATO, l’Ucraina dunque risponde con soluzioni pratiche ed economiche.

Dato che l’An-28 non è un aereo da combattimento le ipotesi sui metodi di abbattimento si concentrano su due opzioni principali.

Mitragliatrici di bordo: l’ipotesi più diffusa è che l’An-28 sia stato modificato con l’installazione di mitragliatrici o cannoni a tiro rapido posizionati per il tiro laterale o attraverso il portellone posteriore in una configurazione simile a quella di alcuni elicotteri da trasporto (come i Mi-8). Un sistema è “grezzo” ma efficace contro droni in volo lento.

Una teoria secondaria suggerisce l’uso di missili aria-aria a corto raggio guidati a infrarossi, come il sovietico R-73 “AA-11 Archer”. L’ipotesi che l’Antonov An-28 possa abbattere i droni utilizzando missili aria-aria è un esempio di ingegneria di guerra improvvisata motivata da ragioni di economia bellica.

L’R-73 facilita questa soluzione perché è un missile a guida infrarossa “lancia e dimentica”; non richiede il complesso sistema radar di un caccia ma semplicemente di “agganciare” la firma termica del motore del drone. L’An-28, essendo un robusto aereo da trasporto, può essere modificato con supporti a binario semplici simili a quelli usati dagli elicotteri per portare il missile alla corretta altitudine e velocità.

L’elettronica dell’aereo deve solo fornire alimentazione e il comando di lancio, rendendo l’An-28 una piattaforma di lancio volante a basso costo, mentre il missile fa tutto il lavoro di mira. D’altra parte, come già detto, tutto questo è avvenuto in Ucraina persino con un aereo da impiego agricolo.

L’An-28 qui sembra essere più di un semplice “cacciatore di droni”: è il simbolo di una lezione strategica fondamentale. Esso dimostra che per contrastare la minaccia dei droni-sciame non è sufficiente l’eccellenza tecnologica; è indispensabile sviluppare e implementare soluzioni a basso costo che possano sostenere una guerra di logoramento senza esaurire in poche settimane le risorse destinate alla difesa di un intero anno. L’ingegno ucraino, in questo senso, figlio della mentalità sovietica e dell’esigenza bellica, rappresenta il modello operativo più sostenibile.

Foto: Aeronautica Ucraina, Aeronautica Olandese, Telegram, Antonov e Aeroflot

 

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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