Meno aiuti militari all’Ucraina, Washington va all’incasso in Europa

Nonostante i fiumi di parole che anche in queste ora vengono pro nunciati in Europa e Stati Uniti circa il sostegno militare all’Ucraina, gli aiuti in armi e munizioni a Kiev sono diminuiti drasticamente quest’estate, di oltre il 50 per cento.
Lo rileva il Kiel Institute, think-tank economico tedesco che monitora il flusso di aiuti militari all’Ucraina Secondo il think tank tedesco, l’Europa ha inviato o stanziato un totale di 3,3 miliardi di euro in aiuti militari all’Ucraina a luglio e agosto, con una media di 1,65 miliardi di euro al mese. Si tratta di un calo del 57% rispetto a gennaio-giugno, quando i paesi europei avevano speso in media 3,85 miliardi di euro al mese per sostenere l’Ucraina.
Ma non è solo una tendenza europea. Gli aiuti militari all’Ucraina provenienti da tutti i paesi sono diminuiti del 43% nello stesso periodo, nonostante il Canada abbia annunciato un ampio pacchetto di aiuti alla fine di agosto.
“L’Europa sta ridimensionando il suo sostegno militare complessivo. Ciò che sarà cruciale ora è l’evoluzione delle cifre in autunno”, ha dichiarato Christoph Trebesch, direttore della ricerca al Kiel Institute.
La riduzione così elevata degli aiuti all’Ucraina sembra non essere stata rilevata dal segretario generale della NATO, Mark Rutte. Il sostegno all’Ucraina “non è calato, se si guarda a quest’anno, in media, è come l’anno scorso. Tutto il materiale essenziale è stato portato avanti e ne sono orgoglioso perché, quando hanno iniziato questa guerra, i russi, pensavano di vincerla in tre settimane. Ora siamo al quarto anno e hanno perso 1 milione di uomini” ha dichiarato ieri Rutte.
La maggior parte degli aiuti militari di quest’estate è stata consegnata tramite la Lista delle richieste prioritarie dell’Ucraina (PURL nell’acronimo inglese) della NATO, il meccanismo lanciato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, a luglio, che consente di attingere alle scorte americane per alimentare l’Ucraina ma con il conto da saldare (con un ricarico del 10 per cento aveva detto il segretario al Tesoro statunitense Bessent) a carico degli europei.

Il Kiel Institute ha anche rilevato che l’Europa ha superato gli Stati Uniti nel totale degli stanziamenti a favore dell’Ucraina dall’inizio del conflitto, il 22 febbraio del 2022: 83 miliardi di euro contro i 64,6 di Washington.
Sotto la presidenza di Joe Biden erano stati gli USA a fornire maggiori aiuti a Kiev. Per quanto riguarda gli aiuti finanziari e umanitari, sono rimasti stabili rispetto al primo semestre del 2025, attestandosi a 7,5 miliardi di euro, nonostante l’assenza di nuovi contributi statunitensi.

Del resto il sorpasso dell’Europa nei confronti degli USA nel supporto militare all’Ucraina si spiega con la considerazione che le armi statunitensi ordinate dall’Ucraina le pagano gli alleati europei. Al tempo stesso va rilevato che il confronto si basa sui datti ufficiali degli stanziamenti a favore dell’Ucraina a cui vanno aggiunti i fon di in contanti gestiti da USAID, interrotti da Trump ma sulla cui entità non è ancora stata fatta piena luce.
Oltre a calare gli aiuti militari all’Ucraina si registrano crescenti spaccature tra gli europei circa i costi da sostenere per armare Kiev e finanziare Washington con il programma PURL.
“Siamo pronti a nuovi pacchetti di aiuti nel quadro dell’iniziativa PURL. Ma la condivisione del peso tra alleati è cruciale, vogliamo vedere altri paesi aumentare il loro contributo all’Ucraina”, ha detto ieri il ministro della Difesa svedese Pål Jonson.
Anche l’ambasciatore statunitense alla NATO, Matthew Whitaker, ha sostenuto il 14 ottobre che i Paesi dell’Europa meridionale “dovrebbero fare di più” per l’iniziativa PURL.

“Attraverso PURL il presidente Trump ha messo a disposizione le migliori armi al mondo, armamenti e munizioni americane, da vendere ai nostri alleati europei della NATO e al Canada per poi fornirli all’Ucraina. L’Ucraina ne ha bisogno, lo desidera, e dobbiamo assicurarci che continui a fluire e che i nostri alleati si facciano avanti e acquistino attraverso questo meccanismo che ora funziona senza intoppi ed efficientemente”, ha spiegato l’ambasciatore.
“Altri Paesi hanno recentemente annunciato la loro partecipazione pianificata. Ciò segue i precedenti annunci di Canada, Paesi Bassi, Germania e un impegno congiunto di Danimarca, Norvegia e Svezia. E vorrei incoraggiare coloro che non si sono ancora fatti avanti a farlo. Ora, la conclusione è che se l’Ucraina deve avere ciò di cui ha bisogno per difendersi, il modo più rapido e concreto in cui gli alleati possono contribuire è investire in PURL”, cioè in armamenti “made in USA”.
Whitaker ci fa pure la morale. “Questo programma è vitale, e gli alleati devono farsi avanti e contribuire ora a fare pressione sulla Russia affinché si sieda al tavolo dei negoziati e accetti la pace”, ha evidenziato ancora l’ambasciatore americano.

Il messaggio da Washington è chiaro: noi americani vi diamo armi e munizioni di seconda mano prelevate dai nostri magazzini, voi europei le pagate con sovraprezzo per donarle agli ucraini.
Per rafforzare il concetto è sceso in campo anche segretario alla Guerra Pete Hegseth.
“Se c’è qualcosa che abbiamo imparato sotto la presidenza Trump è l’applicazione attiva della pace attraverso la forza: ottieni la pace quando sei forte”. Serve “potenza di fuoco. C’è stato un vertice storico solo un paio di mesi fa, promosso dalla leadership del presidente Trump, per dire che abbiamo bisogno che i nostri alleati si facciano avanti. Lo hanno fatto e hanno assunto quegli impegni. Ora quegli impegni si tradurranno presto in capacità, che è l’aspetto più importante e una parte di ciò, ovviamente, è PURL l’iniziativa in cui i Paesi europei trasferiscono armi statunitensi alla NATO per combattere in Ucraina per portare la pace in quel conflitto”.

Sintetizzando il pensiero strategico di Hegseth: abbiamo tutti imparato da Trump che la pace si raggiunge attraverso la forza: gli USA forniscono le armi, gli ucraini le usano e gli europei le pagano. Lo ha ribadito ieri dichiarando che “è il momento per tutti i paesi della NATO di passare dalle parole ai fatti, sotto forma di investimenti PURL, tutti i paesi attorno a questo tavolo, senza scrocconi”.
Curiosamente, Hegseth va all’incasso facendo pagare agli europei le armi di seconda mano nei deposti americani e gli “scrocconi” sarebbero gli europei del sud? Il segretario della Guerra quando dice la parola “NATO” sembra dimenticare che indica un’alleanza di cui fanno parte anche gli Stati Uniti (ne sono, anzi, il maggiore azionista), non un’associazione di aziende di cui Washington è fornitrice.
Sono già diversi mesi che Trump e i suoi ministri parlano della NATO come un’entità estranea agli USA, sarebbe ora che ci facessero caso anche nelle cancellerie europee. Nessuno in Europa ha osato opporsi alla “ricetta PURL” ma in molti, come l‘Italia, si stanno sottraendo al finanziamento dei pacchetti di armamenti per l’Ucraina del valore ognuno di 500 milioni di dollari.
La Slovenia ha aderito il 13 ottobre al programma PURL senza rendere noto l’importo messo a disposizione e anche il Belgio ha annunciato “100 milioni per il pacchetto PURL e vedremo cosa potremo fare di più in futuro”, ha dichiarato il ministro della Difesa belga, Theo Francken, al suo arrivo alla riunione dei ministri della Difesa della NATO.

In contro tendenza, la Spagna ha ribadito il no secco alle spese militari al 5 per cento del PIL che Trump ha imposto a tutti gli alleati. Il premier spagnolo Pedro Sanchez intervistato da Radio Cadena Ser. “L’ho detto in molte occasioni: ci sono molteplici ragioni per cui non siamo favorevoli a quel 5%. In primo luogo, è una questione di capacità delle forze armate di assorbire una quantità così enorme di risorse finanziarie. In secondo luogo, perché secondo le forze armate stesse, con il 2,1% soddisfiamo le capacità che l’Alleanza Atlantica ci chiede per poter affrontare sfide comuni”.
Più drastica la posizione dell’Ungheria evidenziata ancora una volta dal ministro degli Esteri Peter Szijjarto.
“I soldi dei contribuenti europei verranno bruciati nel fuoco del conflitto in Ucraina” ha detto intervenendo ai microfoni di Radio Kossuth. “L’attuale strategia politica dell’Europa di eliminare i canali di comunicazione con la Russia porterà inevitabilmente a una guerra prolungata”, sottolineando come i fondi europei destinati alla difesa “serviranno solo a comprare armi, spesso americane, per fornirle all’Ucraina”.
Riferendosi al vertice dell’Unione Europea tenutosi il 1° ottobre a Copenaghen, il capo della diplomazia ungherese ha descritto i leader europei come “in uno stato di psicosi bellica”, ma ha aggiunto che “sempre più persone, dietro le quinte, ci danno ragione e ci incoraggiano ad agire con decisione per la pace”. Szijjarto ha ribadito la posizione di Budapest, ferma nel rifiutare qualsiasi contributo militare diretto o finanziario all’Ucraina: “Non seguiremo la politica bellicista di Bruxelles. Non daremo soldi per alimentare la guerra”.
Foto NATO

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.