In corsa contro il tempo per concludere il conflitto in Ucraina

 

“Spero di incontrare presto il Presidente Zelenskyy e il Presidente Putin, ma solo quando l’accordo per porre fine a questa guerra sarà definitivo o nelle sue fasi finali” ha scritto ieri serra (in Italia) Donald Trump in un post su Truth confermando che le trattative sono ancora aperte e il risultato non può essere dato per scontato.

Del resto il piano di pace per fermare la guerra in Ucraina presentato dagli Stati Uniti e con ogni evidenza messo a punto congiuntamente con la Russia in seguito ai colloqui tra l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff e l’inviato russo Kirill Dmitriev, sembra essersi moltiplicato al punto che le proposte sul tavolo sono almeno tre.

Il piano americano in 28 punti, è stato giudicato positivamente dai russi. In una telefonata con Recep Tayyip Erdogan, Vladimir Putin ha detto il 24 novembre che “queste proposte, nella versione che abbiamo visionato, sono coerenti con le discussioni del summit in Alaska e, in linea di principio, possono formare la base per un accordo di pace finale”.

Tra i punti salienti il piano prevede che ai russi venga riconosciuta l’annessione di Crimea, Lugansk e Donetsk con il ritiro delle truppe ucraine da quel 10 per cento di quest’ultima regione che ancora controllano.

Nelle regioni di Kherson e Zaporizhia, anch’esse annesse alla Russia con il referendum del settembre 2022 e attualmente in mano ai russi rispettivamente per il 76 e 80 per cento, è previsto che i russi conservino il controllo delle aree sotto il loro controllo al momento della firma dell’accordo.

Se a Kherson i due eserciti sono separati dal Fiume Dnepr, confine naturale che al momento i russi non sembrano voler oltrepassare in forze, a Zaporizhia le forze di Mosca stanno accelerando le operazioni offensive.

Come previsto da Analisi Difesa, in vista di un possibile accordo che congeli il fronte, i russi premono da sud e da est per giungere a ridosso dell’omonimo capoluogo regionale, obiettivo pe5seguibile una volta caduta Hulyapole dove i russi hanno ormai raggiunto la periferia dopo aver conquistato i villaggi a est e nord est della cittadina dove le truppe di Mosca cercano di interrompere la via di rifornimento per Huliapole (nella mappa).

Come illustrato nei giorni scorsi, il piano di Washington prevede che l’Ucraina voti un nuovo presidente e un nuovo parlamento entro 100 giorni dall’accordo che porrebbe termine al conflitto (condizione non certo gradita a Zelensky), che non entri nella NATO e che l’alleanza metta nero su bianco la rinuncia a inglobarla.

Inoltre Kiev non potrà ospitare truppe alleate (velivoli europei verrebbero schierati in Polonia a garanzia della neutralità ucraina) né disporre di forze militari superiori a 600 mila uomini che dovranno essere prive di armi in grado di colpire in profondità la Russia.

La ricostruzione post bellica dell’Ucraina verrà finanziata, sotto controllo statunitense, da 100 miliardi provenienti dagli asset russi (in cambio Mosca tornerebbe nel G8 e vedrebbe rimosse le sanzioni) e altrettanti forniti dall’Europa mentre lo stop all’ampliamento a est della NATO costituirebbe la migliore garanzia contro nuovi attacchi russi, i quali si ritirerebbero dalle porzioni di territori ucraini sotto il loro controllo nelle regioni di Sumy, Kharkiv e Dnipropetrovsk.

Il piano sembra quindi soddisfare la gran parte delle richieste che Mosca ha sempre avanzato e del resto Donald Trump nei giorni scorsi ha ribadito che l’Ucraina “non ha le carte” per dettare condizioni e si è mostrata ancora una volta ingrata nei confronti degli USA accusando gli europei, critici nei confronti del piano USA, di “continuare ad acquistare petrolio dalla Russia”.

 

La reazioni europea

Gli europei, visibilmente irritati da un piano che prevede la sconfitta di Kiev, hanno reagito presentano un loro piano, finora ignorato da russi e statunitensi, che attribuisce a Kiev la possibilità di mantenere sotto le armi 800 mila militari senza limiti di armamento e di decidere con i partner NATO un suo eventuale ingresso nell’alleanza, nega le cessioni territoriali alla Russia e riconosce la sovranità ucraina, cioè la sopravvivenza dello Stato, sancita peraltro anche dal piano statunitense.

Il piano europeo prevede un immediato cessate il fuoco sulla linea attuale del fronte per poi dare vita a negoziati, ribadendo quindi un punto che i russi hanno sempre bocciato.

La proposta della Ue, che prevede di utilizzare i fondi russi congelati per ricostruire l’Ucraina, non ha alcuna possibilità di essere accolto da Mosca poiché nega le condizioni poste da sempre dai russi e sembra ignorare la situazione militare che vede i russi avanzare ormai su tutti i fronti.

Il limite della proposta europea è infatti il suo totale distacco dalla realtà, con la pretesa di far pagare a Mosca i danni di guerra che solitamente ricadono sugli sconfitti, non sui vincitori. Il piano per la pace in Ucraina europeo pubblicato sui media è stato giudicato da Mosca “non costruttivo”, come ha affermato il consigliere per la politica estera di Putin, Yuri Ushakov.

 

Le critiche dei repubblicani americani

Ma le critiche al piano statunitense, ritenuto troppo incline ad accogliere le pretese di Mosca, giungono anche da Washington e da una parte del Partito Repubblicano.

Il senatore Mitch McConnell, del Kentucky, ha polemizzato sui social media con il vicepresidente JD Vance, rimproverandolo di non garantire la sicurezza dell’Ucraina e favorisce la Russia. “Un accordo che premia l’aggressione non varrebbe la carta su cui è scritto”, ha commentato McConnell, uno dei più ferventi sostenitori dell’appoggio americano a Kiev.

“Detestiamo l’idea di assecondare la Russia di Putin e gettare l’Ucraina, che vuole libertà e indipendenza, sotto il bus di Putin. Il piano di resa in 28 punti era disgustoso”, ha scritto sui social il deputato Don Bacon, repubblicano del Nebraska.

Brian Fitzpatrick, repubblicano della Pennsylvania e co-presidente del Congressional Ukraine Caucus, ha definito il piano “l’assurda lista dei desideri della Russia” e ha chiesto che fosse “triturato e buttato via come spazzatura, quale é. L’unico piano di pace che dovrebbe essere preso sul serio e’ quello redatto e approvato al 100 per cento dall’Ucraina. Le vittime sono loro, e noi li sosterremo al 100 per cento“, ha assicurato Fitzpatrick.

Anche il senatore Lindsey Graham, repubblicano della South Carolina, filo ucraino ma anche fedele a Trump, ha elogiato lo sforzo del presidente per porre fine alla guerra pur facendo notare che “non ci sarà pace finché Putin crederà di avere il controllo della situazione. Insisterà sulla capitolazione, non sulla pace”-

Valutazioni che dimostrano come non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti manchi una piena consapevolezza della reale situazione sui campi di battaglia.

Se così non fosse comprenderebbero tutti, negli USA come in Europa, che Kiev ha oggi l’opportunità di subire una sconfitta ma non una disfatta. Di mantenere la sovranità e venire ricostruita in vece di venire annientata dal conflitto.

 

Il piano ucraino-americano

Il terzo piano in 19 punti, emerso dai colloqui ucraino-americani di Ginevra è quello in discussione in queste ore, non ha risolto finora i punti più delicati.

Secondo il viceministro degli Esteri ucraino, Sergiy Kyslytsya, spetta ai vertici del governo di Kiev decidere su cessioni territoriali e rinuncia all’ingresso nella NATO. I negoziatori americani a Ginevra hanno “constatato la piena volontà di cooperazione dell’Ucraina e che non è necessario imporle una scadenza” per l’accettazione del piano di pace mentre nei giorni scorsi Trump aveva chiesto a Zelensky di accettare la proposta entro giovedì, il Giorno del Ringraziamento.

Kyslytsya ha detto il 24 novembre al Financial Times che l’incontro ha portato alla stesura di una bozza di documento completamente rivista che ha lasciato entrambe le parti con un senso di “ottimismo”. Dopo ore di difficili trattative le delegazioni statunitense e ucraina hanno raggiunto un accordo su varie questioni, ma non hanno per il momento toccato i punti più controversi, tra cui le questioni territoriali e le relazioni tra NATO, Russia e Stati Uniti.

I delegati ucraini hanno infatti comunicato di “non avere il mandato” per prendere decisioni sule cessioni territoriali che secondo la costituzione ucraina richiederebbero un referendum nazionale.

Parlando del piano americano Kyslytsya ha affermato che “della versione originale è rimasto ben poco” spiegando che “è stata fissata una solida base di convergenza e su alcuni punti c’è margine per un compromesso, il resto richiederà decisioni da parte dei leader”.

“Un piano di 28 punti nella forma in cui tutti l’hanno visto non esiste più. Alcuni punti stati tolti, alcuni cambiati. Nessun commento avanzato dalla parte Ucraina è rimasto inascoltato“, ha spiegato il consigliere del capo del gabinetto della presidenza Ucraina, Oleksandr Bevz, confermando le rivelazioni al Financial Times di Kyslytsya.

Tra le modifiche rese note quella più evidenziata e l’innalzamento del tetto di militari che potranno essere in servizio in Ucraina: 800 mila invece di 600 mila. In realtà si tratta di discussioni che in concreto avranno ben poco senso una volta terminata la guerra.

Nessuna nazione di non più di 30 milioni di abitanti può mantenere in servizio così tanti militari in tempo di pace. L’Ucraina non avrebbe neppure il denaro per pagarne gli stipendi, è in bancarotta e ha un gran bisogno che gli uomini tornino a lavorare.

Resta però evidente che i 19 punti che hanno raccolto l’apprezzamento di Kiev dovranno risultare graditi anche a Mosca e questo non sarà possibile se non saranno sancite le concessioni territoriali, la demilitarizzazione la neutralità dell’Ucraina.

Il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha precisato ieri che la Russia potrebbe respingere una versione modificata del piano di pace statunitense se questo non soddisferà le richieste di lunga data di Mosca. Se il piano dovesse cancellare le intese chiave che erano state raggiunte da Trump e Putin durante il vertice di agosto ad Anchorage, in Alaska, “la situazione sarebbe completamente diversa“.

Secondo fonti citate dal New York Post, la Russia rifiuterà il testo concordato tra USA e Kiev sostenendo che Trump e Putin avevano concordato in linea di principio il piano in 28 punti durante il vertice in Alaska, che ora sono stati stravolti.

 

Tra speranze e scetticismo

In queste ore americani e ucraini mostrano ottimismo per un accordo in cui ancora non sono stati neppure concordati i punti salienti mentre Mosca attende di valutare una bozza definitiva proposta dagli Stati Uniti. Il negoziato sembra quindi potersi arenare, come è già accaduto in passato sulla neutralità e la cessione dei territori che Kiev non intende né accettare né riconoscere come russi.

Eppure il tempo gioca a favore di Mosca in termini politici, economici e militari, ambiti in cui l’Ucraina sembra essere ormai alle corde e anche l’Europa mostra gravi difficoltà. Se i russi non otterranno le condizioni richieste continueranno la guerra, come propongono in molti a Mosca che, diffidando dell’Occidente, puntano a conseguire una vittoria totale.

Se il successo russo può risultare tutto sommato accettabile, il suo trionfo costituirebbe un problema per gli Stati Uniti e sarebbe disastroso per l’Ucraina, l’Europa e la NATO: tutti dovrebbero essere in grado di capirlo.

Ancora una volta, da un lato l’impressione è che l’Amministrazione Trump navighi a vista tra le condizioni poste dalla Russia e le resistenze di Kiev ad accettare una sconfitta che sarebbe fatale per Zelensky e il suo governo e probabilmente anche per molti capi di stato e di governo europei, già alle prese con un’opinione pubblica ostile al conflitto.

Dall’altro, Washington sembra voler puntare sulla debolezza dei leader ucraini, anche in seguito agli scandali legati alla corruzione, per strappare a Kiev un accordo che soddisfi almeno in parte le pretese di Mosca prima che il verdetto del campo di battaglia renda superfluo ogni negoziato e lasci nelle mani di Putin il destino dell’Ucraina.

Per questo scegliere oggi di continuare la guerra, mentre le forze ucraine sembrano prossime al collasso, non risponde agli interessi né dell’Europa né dell’Ucraina.

Foto: TASS, Forze armate ucraine e Presidenza USA,

Mappa: RVvoenkor

 

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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