Forze statunitensi in azione in Siria contro il ritorno dell’ISIS

 

In seguito all’attacco alle forze statunitensi e alle forze alleate di sabato scorso, il Comando centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha avviato l’operazione Hawkeye Strike contro l’ISIS in Siria con raid aerei e missilistici, artiglieria ed elicotteri da attacco che hanno colpito il 20 dicembre oltre 70 obiettivi in diverse località.

All’operazione, compiuta con le forze statunitensi presenti in Siria Orientale e con velivoli dislocati in Giodania, hanno preso parte anche le forze armate giordane che hanno messo in campo aerei da combattimento F-16.

Fonti del ministero della Difesa di Amman hanno reso noto che la Giordania spiega di aver preso parte all’operazione “per prevenire che le organizzazioni estremiste sfruttino queste zone come rampe di lancio in minaccia della sicurezza dei Paesi vicini alla Siria”.

L’operazione ha impiegato oltre 100 missili e bombe di precisione contro infrastrutture e siti dell’ISIS. “Questa operazione è fondamentale per impedire all’ISIS di ispirare complotti terroristici e attacchi contro il territorio statunitense”, ha affermato l’ammiraglio Brad Cooper, comandante del CENTCOM. “Continueremo a perseguire senza sosta i terroristi che cercano di danneggiare gli americani e i nostri partner in tutta la regione“.

Il presidente americano Donald Trump ha rinnovato il supporto al governo di Damasco affermando che “gli Stati Uniti stanno infliggendo una seria ritorsione, proprio come ho promesso, ai terroristi assassini responsabili. Stiamo colpendo con forza le roccaforti dell’Isis in Siria, un luogo intriso di sangue che ha molti problemi, ma che ha un futuro luminoso se l’ISIS verrà sradicato. Il governo siriano, guidato da un uomo che sta lavorando duramente per riportare la grandezza in Siria, è pienamente a favore. Tutti i terroristi sono avvertiti: sarete colpiti nel modo più duro di quanto siate mai stati prima se, in qualsiasi modo, attaccate o minacciate gli Stati Uniti”.

Secondo fonti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ong con sede a Londra), l’operazione ha portato all’uccisione di almeno 5 persone, tra cui il leader di una cellula dell’ISIS e i suoi membri, responsabili del lancio di droni nella regione orientale dell’Eufrate. I miliziani sono stati uccisi Deir az Zor, mentre resta da verificare l’esito di altri obiettivi colpiti nei raid aerei della Coalizione.

Gli Stati Uniti intendono continuare gli attacchi per diverse settimane, seco do fonti citate da NBC, secondo le quali l’operazione prende di mira aree in cui lo Stato Islamico sta cercando di ricostituirsi e intende distruggerne forze e strutture. Per portare a termine questa missione, gli Stati Uniti potrebbero proseguire i raid aerei per almeno un altro mese. Il segretario alla Guerra statunitense, Pete Hegseth, aveva annunciato su X il 19 dicembre l’Operazione Hawkeye Strike “per eliminare combattenti, infrastrutture e siti di armi dell’ISIS in risposta diretta all’attacco alle forze statunitensi avvenuto il 13 dicembre a Palmyra.

Questo non è l’inizio di una guerra, è una vendetta“, ha sottolineato Hegseth. Lo scorso 13 dicembre due membri della Guardia Nazionale statunitense e un interprete civile americano sono stati uccisi nei pressi di Palmira da un membro delle forze di sicurezza siriane affiliato all’ISIS durante un pattugliamento congiunto con militari di Damasco.

Oggi le autorità siriane hanno condotto un’operazione di sicurezza a Qudsaya, a ovest di Damasco, che ha portato all’arresto di cinque membri di una cellula dedita al contrabbando di armi a beneficio dello Stato islamico e di gruppi fuorilegge, secondo quanto ha reso noto dal comandante della sicurezza interna nella zona rurale di Damasco, generale di brigata Ahmed al Dalati.

Nel corso dell’operazione, sono stati sequestrati droni, circa 1,5 tonnellate di tritolo e dispositivi esplosivi antiuomo del peso di due chilogrammi ciascuno.

Ieri le Forze di difesa di Israele (IDF) che occupano un’ampia porzione del sud della Siria, hanno reso noto di aver completato all’inizio della settimana un’operazione a Rafid che ha portato alla cattura di un presunto membro dello Stato islamico. In una nota, le IDF hanno spiegato che “il sospettato è stato trasferito per ulteriori procedimenti in territorio israeliano”.

Dopo i raids le forze americane in Siria Orientale hanno ripreso i pattugliamenti al fianco dei miliziani curdi delle Unità’ di Protezione Popolare (YPG) che insieme a milizie arabe costituirono le Forze Democratiche Siriane (FDS) sostenute dagli Stati Uniti nelle operazioni contro l’ISIS e di cui è prevista l’integrazione nelle forze regolari siriane. Un processo che preoccupa la Turchia che considera “terroristi” i combattenti curdi siriani.

La Turchia ha predisposto piani completi per affrontare tutti gli scenari possibili legati all’integrazione delle FDS nella nuova architettura statale dell’amministrazione guidata da Ahmed Al-Sharaa.

Il ministro della Difesa turco, Yasar Guler ha affermato che “abbiamo piani pronti per ogni possibile sviluppo. Sappiamo benissimo cosa fare e abbiamo il potere e la capacità di fare esattamente ciò che abbiamo fatto finora“. Se le Fds non riusciranno a integrarsi nell’esercito siriano, ha avvertito, la Turchia “agirà quando necessario, indipendentemente dalle parti esterne”.

Le dichiarazioni di Guler seguono quelle del ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, che nei giorni scorsi ha affermato che le FDS “devono capire che la pazienza sta per esaurirsi”.

 

Le forze curde, ha detto Fidan (nella foto sopra con al-Sharaa) all’emittente TRT World, “devono rispettare il loro impegno nei confronti dell’accordo del 10 marzo” siglato con la nuova amministrazione di Damasco, che prevede l’integrazione nelle istituzioni statali.

Non vogliamo dover ricorrere a mezzi militari”, ha affermato Fidan, aggiungendo che “tutti si aspettano che l’accordo venga rispettato. Anche i nostri partner siriani a Damasco considerano questo un passo molto importante per la loro unità nazionale. In un certo senso, sono ottimista. Spero che, con le giuste tattiche e forme di cooperazione, raggiungeremo l’obiettivo“, ha detto il ministro turco.

La Turchia punta sull’attuazione dell’accordo siglato lo scorso marzo tra le FDS e il presidente siriano Ahmed al Sharaa per scongiurare rischi e minacce per la sicurezza provenienti dalla zona di confine tra Siria e Turchia.

Foto: US DoW, Anadolu e Casa Bianca

 

 

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