Il caso (clinico) di Kaja Kallas. Come ha potuto l’Europa ridursi così?

 

Le ultime dichiarazioni dell’Alto Commissario europeo per la Politica Estera e di Sicurezza, Kaja Kallas, impongono (o almeno dovrebbero imporre) una seria riflessione sulla qualità politica e culturale della Commissione von der Leyen e dei suoi massimi esponenti, che  stanno portando l’Europa non solo al disastro economico e all’irrilevanza strategica ma anche al ridicolo, allo scherno, al disprezzo, al pubblico ludibrio presso la comunità internazionale.

Kallas non è nuova a gaffes leggendarie come quando auspicava la dissoluzione della Federazione Russa in repubbliche in guerra tra loro (con 6,500 testate nucleari in libertà?) o quando si distinse in un dibattito acceso con la Cina mostrando di non sapere chi avesse vinto la Seconda guerra mondiale. Giornalisti e opinionisti cinesi hanno più volte mostrato stupore e incredulità per questo Alto commissario Ue che ”parla come una liceale”.

Nel marzo scorso presentò (nella foto sotto), insieme al Commissario alla Difesa e Aerospazio Andrius Kubilius, il  “Joint White Paper for European Defence Readiness 2030” (Libro bianco congiunto per la prontezza della difesa europea 2030), definito pomposamente Libro Bianco ma composto da appena 22 paginette piene di banalità.

Più recentemente il segretario di stato Marco Rubio non ha neppure voluto incontrarla nell’ambito dei colloqui per portare la pace in Ucraina e del resto Kallas è riuscita ad andare sopra le righe anche in questa circostanza facendosi promotrice di un piano che ribalta la percezione della realtà.

Come è noto i punti in discussione nei negoziati prevedono la riduzione delle truppe ucraine e limiti nelle capacità delle sue future forze armate. Kallas a Ginevra ha però insistito che «è Mosca che deve fare concessioni e ridurre i soldati» proponendo di limitare le dimensioni delle Forze Armate e il bilancio per la difesa russo.

“In generale non pensiamo sia giusto entrare nelle decisioni di Paesi sovrani su quanto sia grande il loro esercito; il mio punto di vista è che, se ci sarà una pressione sull’esercito ucraino che non ha invaso nessuno, allora dovrebbe esserci pressione anche sull’esercito russo.  “Perché in realtà l’esercito russo è quello che rappresenta un rischio per tutti. Non parlo dei Paesi europei, ma di tutti i Paesi vicini alla Russia. Se gli eserciti russi sono grandi, se il loro budget militare è grande com’è adesso, vorranno usare di nuovo le armi”.

Certo, l’ex premier estone aveva già evidenziato in più occasioni uno scarso senso della realtà sostenendo che l’Ucraina dovrà essere ricostruita da denaro russo, dimenticando che le riparazioni di guerra le pagano gli sconfitti, non i vincitori.

Dovremmo riflettere sul fatto che il “ministro degli Esteri” della UE non viene ricevuta (e viene regolarmente spernacchiata e ridicolizzata) in Russia, Cina e Stati Uniti, cioè le tre più grandi potenze mondiali: non male per il capo della diplomazia europea. Di certo un “successo” senza precedenti nella Storia del Vecchio Continente.

Il professor Eldar Mamedov esperto di politica estera membro del Quincy Institute e del Pugwash Council on Science & World Affairs, ha scritto nel settembre scorso su Responsible Statecraft un articolo dal titolo piuttosto esplicito: Kaja Kallas’ shocking lack of historical literacy  (che trovate tradotto in italiano sul blog di Sabino Paciolla.

Ne riportiamo alcuni brani.

Il capo della politica estera dell’UE, Kaja Kallas, ha costantemente dimostrato un approccio riduttivo e semplicistico alla geopolitica che tradisce una grave mancanza di profondità strategica e di conoscenza storica per un ruolo così critico. Il suo fallimento è sintomatico di un più ampio declino dell’arte di governare europea.

Reagendo al recente vertice dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (SCO) e alla parata militare a Pechino dedicata alla vittoria sul fascismo nella Seconda Guerra Mondiale, alla quale hanno partecipato decine di leader, tra cui il presidente russo Vladimir Putin, Kallas ha affermato che per lei era una “novità” che la Cina e la Russia fossero tra i vincitori che hanno sconfitto il nazismo e il fascismo.

Non si tratta di una gaffe minore, ma di una sconcertante mancanza di conoscenza storica.

A peggiorare le cose, in una bizzarra caricatura, ha definito i cinesi “molto bravi nella tecnologia ma non altrettanto bravi nelle scienze sociali, mentre i russi sono bravissimi nelle scienze sociali ma pessimi nella tecnologia”. È sicuramente allarmante che il massimo diplomatico dell’UE presenti questa dicotomia infantile come una lente legittima attraverso cui guardare due delle sfide strategiche più complesse e serie che il continente deve affrontare.

Le dichiarazioni di Kallas sono state così eclatanti da provocare una reprimenda insolitamente diretta e dura da parte del ministero degli Esteri cinese, una mossa che segnala un preoccupante deterioramento della posizione diplomatica dell’UE.

Questa visione primitiva si sta ora traducendo in una politica estera pericolosamente rigida.

Se l’Europa vuole navigare nelle acque insidiose del XXI secolo, i suoi leader devono dimostrare di possedere una comprensione di base delle grandi potenze con cui devono confrontarsi, piuttosto che la mentalità caricaturale propagata da Kallas e dai suoi simili. L’insostenibile leggerezza dell’approccio attuale non renderà l’Europa protagonista nella definizione di un ordine globale emergente, ma piuttosto uno spettatore impotente, disorientato e sempre più irrilevante.

Il tempo delle riflessioni dovrebbe però essere giunto al termine dopo che nei giorni scorsi l’Alto Rappresentante Ue ne ha sparata una talmente grossa da non avere scusanti, affermando che “in 100 anni la Russia ha attaccato 19 paesi, alcuni dei quali anche tre o quattro volte. Ma nessuno ha attaccato la Russia in quel periodo”.

Un’affermazione che lascia esterrefatti con il dubbio se sia da attribuire a ignoranza, già peraltro più volte manifestata da Kallas, o alla volontà di mentire nel tentativo di “riscrivere” la Storia. Frasi del genere non si possono più giustificare solo con la russofobia o l’odio per i russi che caratterizzano oggi le nazioni baltiche.

Possibile che nel suo consistente staff, Kallas non abbia nessuno con un minimo di infarinatura storica, (basta un sussidiario di 5a elementare) che le scriva o riveda i testi dei suoi interventi strampalati?

Anche perché i russi ricevono in regalo da Kaja Kallas materiale propagandistico prezioso e che non ha neppure bisogno di aggiustamenti da usare contro l’Europa, dimostrando senza sforzi l’impreparazione dei nostri leader.

“Chiamate i paramedici! Ora capisco perché i giornalisti al briefing di oggi mi hanno chiesto di commentare il rifiuto del Segretario di Stato americano Rubio di incontrarla” ha sottolineato la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova mentre sui canali Telegram russi circolava la foto dell’Alto Commissario con la camicia di forza.

In Europa media e politici “allineati” alla propaganda ucraino/NATO/UE non fanno che gridare alla minaccia della disinformazione russa ma poi sono i vertici politici Ue che, coprendosi di ridicolo, la alimentano e la nutrono.

Del resto il “caso Kallas” ormai è clinico e forse incurabile, come ammettono ormai anche negli ambienti filo-Ue.

“Questa Europa non è né la salvezza né la via. E’ imbarazzante ascoltare le dichiarazioni della commissaria Kallas ogni settimana. E non è un problema banale. Non lo dico per buttare all’aria il tavolo, ma questa non è la nostra commissione e la maggioranza non regge più non ci possiamo rassegnare al fatto che l’Ue sia solo quella del riarmo” ha detto l’ex ministro Andrea Orlando (PD).

Resta solo da chiedersi: “come abbiamo fatto in Europa a ridurci così?”

Immagini: Commissione Europea e RVvoenkor

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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