La consegna degli Skynex a Sabaudia. Se il riarmo italiano diventa “stealth”

 

L’Esercito Italiano ha ricevuto il 18 dicembre la prima batteria del sistema di difesa aerea a corto/cortissimo raggio Skynex, costruito da Rheinmetall Italia. La notizia è stata resa nota il 23 dicembre in Germania dal sito di Rheinmetall AG con un dettagliato comunicato.

Nessuna notizia è stata invece diffusa a tal proposito dalla Difesa italiana mentre a quanto abbiamo potuto appurare il ministero della Difesa ha negato il giorno prima dell’evento l’accesso alla cerimonia di consegna dello Skynex ad alcuni giornalisti della stampa specializzata italiana ed europea (c’era anche Analisi Difesa).

Dopo anni di dichiarazioni circa la “comunicazione strategica” e la necessità di riarmo dell’Italia e dell’Europa, sostenendo l’esigenza di “comunicare la Difesa” e di far emergere presso l’opinione pubblica la comprensione di quanto sia importante disporre delle capacità necessarie a difendere la Patria, scopriamo che proprio al ministero della Difesa vi sono imbarazzi a far assistere ai giornalisti la consegna di nuovi equipaggiamenti?

Persino dello Skynex, che peraltro è probabilmente il sistema d’arma acquisito dalle Forze Armate italiane più “difensivo” in termini assoluti, poiché concepito per difendere infrastrutture civili e militari (in teoria anche scuole e ospedali) da droni, razzi e missili.

Skynex inoltre viene prodotto in Italia ed esportato anche in Ucraina e Romania garantendo posti di lavoro, commesse, indotto e producendo PIL nazionale: aspetto non irrilevante in un momento in cui gli Stati Uniti vogliono imporci il “buy american”.

Nelle altre nazioni europee in piena febbre da riarmo, ogni consegna di armi e stock di munizioni, così come ogni apertura di nuovi stabilimenti produttivi, gode di ampia visibilità mediatica e viene spesso enfatizzata evidenziandone il valore e il significato per far fronte alle minacce attuali.

Si può essere d’accordo o meno con la politica di riarmo europea e italiana, con le condizioni economiche in cui viene  perseguita e con l’idea che si debba attuarla per far fronte alla minaccia russa, ma in ogni caso chi governa, specie in tempi come questi, ha il dovere della trasparenza e il diritto di rendere note le conseguenze delle proprie decisioni.

E’ stato scelto lo Skynex per ammodernare la difesa aerea dell’Esercito a corto e cortissimo raggio e per colmare un gap che risulterebbe molto grave in un contesto bellico. Perché non mostrare con orgoglio il frutto di quella scelta con la consegna della prima batteria permettendo ai media di documentarla?

Abbiamo accettato l’imposizione trumpiana di spendere il 5 per cento del PIL per la Difesa entro il 2029 e l’incremento delle spese militari nazionali gode in parlamento di un consenso che va oltre la maggioranza di governo.

Perché allora la consegna degli Skynex dobbiamo apprenderla dal sito internet (in inglese) del gruppo tedesco Rheinmetall? Forse si lancia il sasso ma si nasconde la mano ?

Al di là del fatto che dovrebbe restare sempre valido il vecchio detto anglo-sassone che “le istituzioni devono rendere conto ai cittadini di come vengono spesi i loro soldi”, il ministro Guido Crosetto il 3 novembre scorso aveva affermato che “sulle spese per la Difesa è finito il tempo di edulcorare le parole, i tempi sono cambiati”, riferendo la necessità di un cambiamento culturale, che guardi alle spese e agli investimenti in questo settore non come qualcosa che sottrae risorse ai cittadini, ma come qualcosa che ne garantisce la sicurezza.

Un messaggio molto chiaro e incisivo, che non coincide però con il tentativo di far diventare invisibile la consegna degli Skynex, o forse la spesa di 73 milioni di euro che saliranno a circa 280 milioni in caso di commesse per altre tre batterie già previste in opzione.

Sarebbe un grave errore cercare di rendere “stealth” il riarmo italiano per mitigare opposizione e dissenso, che in democrazia costituiscono il normale esercizio del diritto di critica e della libertà d’espressione.

Un errore già compiuto rendendo “stealth” le forniture di armi all’Ucraina, con il segreto posto dal Governo Draghi ma che l’esecutivo Meloni non ha rimosso, anche se il ministro Crosetto aveva dichiarato una disponibilità in tal senso. La decisione di sostenere con forniture di armi l’Ucraina è stata confermata ad ampia maggioranza dal parlamento, perché allora nascondere tipologie e quantità di mezzi, armi e munizioni forniti a Kiev?

Molte nazioni europee e pure gli Stati Uniti hanno pubblicato sui siti internet dei ministeri della Difesa ampie e circostanziate liste delle forniture militari all’Ucraina. Certo, forse non c’era proprio tutto e alcune forniture “delicate” sono rimaste fuori dalla lista, come è normale che accada.

Anche nel caso dell’Italia poteva non essere ufficializzata la fornitura di mine navali Manta e di missili da crociera Storm Shadow (nella foto sotto), che sono comunque trapelate.

Anzi, nel caso dei missili da crociera Storm Shadow fu l’allora ministro della Difesa britannico Grant Shapps ad affermare, nell’aprile 2024, che anche Roma si era unita a Londra e Parigi per fornire agli ucraini i missili da crociera  con cui colpire in profondità i territori occupati dai russi e la Russia stessa (anche se l’Italia non ha autorizzato a colpire obiettivi all’interno della Federazione).

In tutti gli altri casi sono stati gli stessi ucraini ad annunciare sui social media con tanto di video, foto e pubblici ringraziamenti all’Italia, l’arrivo di armi leggere, anticarro, mortai, obici trainati e semoventi, trasporto truppe fino alla recente consegna delle blindo Centauro.

Porre il segreto in Italia su forniture all’Ucraina rese poi note dai militari di Kiev o dai nostri alleati della NATO non sembra avere molto senso né dimostrare buon senso.

Viviamo tempi difficili ma, come spesso dichiarano i nostri vertici governativi, non siamo in guerra. Meglio così, un motivo in più per non rinunciare alla trasparenza nei confronti di media e opinione pubblica, anche quando si tratta di forniture e acquisizioni militari.

Foto: Rheinmetall, G. Gaiani e MBDA

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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