Le criticità della Difesa: l’audizione di Ercolani (Rheinmetall Italia) alla Commissione Difesa della Camera

 

“Ci sono due criticità” nel processo di fornitura di equipaggiamenti per la Difesa: “il primo è che è pensato in tempo di pace e va rivisto completamente”, il secondo è che è necessaria una diversa “sinergia tra Stato e industria”.

L’unico modo perché i Paesi europei possano attrarre gli investimenti necessari alla difesa, “è la cooperazione a livello europeo: o hai una situazione come quella degli USA o della Cina in grado di mobilitare qualcosa come mille miliardi, oppure non c’è alternativa alla cooperazione. E’ impossibile trovare l’approvazione per queste linee strategiche soltanto a livello nazionale“.

Lo ha detto Alessandro Ercolani, amministratore delegato di Rheinmetall Italia, audito ieri alla Commissione Difesa della Camera, spiegando che questa è la logica della joint venture strategica nei veicoli militari del gruppo tedesco con Leonardo, “guidata dall’esigenza di mettere insieme investimenti“.

Ercolani ha aggiunto che è impensabile provvedere alle esigenze di difesa senza una sinergia Stato-impresa: “bisogna avvicinare Stato e industria in modo che gli investimenti confluiscano in queste tecnologie che diventano strategiche”.

Il manager si è soffermato anche sulle forniture di minerali critici come le terre rare: “non ci sono state ancora criticità sulle materie prime, incluse le terre rare nessuno ha mai inibito la fornitura di particolari materie prime, la Cina non ha stretto i rubinetti, dunque abbiano ancora una certa autonomia“.

Ercolani ha spiegato che “le forze armate italiane stanno pianificando e facendo un lavoro incredibile“, tuttavia “nessuno può farcela da solo, è impensabile che l’Italia possa pensare di comprarsi le terre rare a protezione (dei suoi approvvigionamenti per la difesa, ndr) per i prossimi 30 anni”.

Inoltre “se si guarda a livello aggregato, oggi i mercati guardano alla cooperazione con molto interesse”: un decennio fa il rapporto fra la capitalizzazione dei tre maggiori big della difesa Usa era otto volte quello degli europei, adesso il rapporto è due a uno.

“Le aziende europee insieme hanno recuperato uno spazio di fiducia perché gli investitori credono che la cooperazione europea possa dare un valore aggiunto non solo come gap tecnologico da recuperare ma anche come investimenti”, oltre al fatto che la redditività delle aziende della difesa europee ha superato quella delle americane “perché sono state brave a fare un salto industriale”. 

Oggi per ogni prodotto destinato ad esempio all’Esercito, questo deve scrivere un requisito, indicare una esigenza operativa e proporre un budget; a quel punto lo Stato maggiore della Difesa valuta se il budget proposto è coerente con il budget italiano e quindi viene scritto il decreto che deve essere approvato dalla Commissione difesa.

Infine il tutto passa dall’Ufficio procurement della Difesa che insieme alla Corte di Conti scrive il contratto. Per tutto questo processo servono 3-4 anni. Questo deve cambiare”.

Per Ercolani Un altro fattore critico è dato dalla validazione dei prodotti: “In Ucraina start up di tutto il mondo hanno immesso in quel teatro operativo degli equipaggiamenti. Quando noi validiamo un prodotto solitamente lo facciamo ancora per tutte le situazioni possibili, mentre per lavorare in modo più veloce oggi lo si valuta solo per uno specifico teatro (Ucraina, Medio Oriente) e questo riduce tantissimo i tempi di sviluppo e di qualifica”.

Oltre alla semplificazione dei processi, secondo il manager, è necessaria in questa fase “una sinergia Stato-industria: In Italia abbiamo la sindrome secondo cui la politica che entra nell’industria o l’apparato militare che entra nell’industria sono visti come “interferenze.

In molti paesi nei cda delle industrie strategiche ci sono spesso esponenti politici perché questa simbiosi serve a facilitare alcune decisioni. Serve un nuovo modello di Stato-industria-apparato militare che facciano parte dello stesso meccanismo”.

A questo link il video dell’Audizione di Alessandro Ercolani

Foto: Nino Minardo/Linkedin

 

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