Mar Nero e Mar Egeo: l’equilibrio instabile dello status quo

 

Lo scorso 28 novembre si sono verificati in Mar Nero, nella ZEE turca, a qualche decina di miglia dalle coste di Ankara, attacchi di droni contro mercantili con bandiera russa o riconducibili a interessi russi: navi impegnate nel trasporto di petrolio in violazione delle sanzioni occidentali, facenti parte della cosiddetta shadow fleet di Mosca.

Non è certo che gli episodi siano integralmente attribuibili a Kiev, ma la Russia ha protestato con durezza definendoli atti di pirateria, anche se in realtà questa è un crimine di depredazione privata senza finalità militari. Il premier Putin ha in particolare minacciato di isolare l’Ucraina dal mare con un “blocco” delle coste.

Nella questione si è da subito sentita coinvolta la Turchia che ha lamentato la «minaccia alla sicurezza della navigazione in Mar Nero».

Ankara, com’è noto, ne è responsabile sulla base della Convenzione di Montreux del 1936 che le attribuisce il controllo degli Stretti (Dardanelli, Mar di Marmara, Bosforo) in tempo di pace e di guerra: il principio applicato è che la presenza militare straniera nel bacino debba essere numericamente e temporalmente ridotta, principalmente nell’interesse della Turchia.

Mentre in Mar nero accadeva questo, nell’Egeo si è riaccesa la disputa tra Grecia e Turchia per la smilitarizzazione delle numerose isole greche ivi presenti. Il Governo greco ha infatti dichiarato «Sigilleremo il Mar Egeo dalla terraferma», preannunciando l’installazione su varie isole di batterie missilistiche di fabbricazione israeliana. Immediate le reazioni di Ankara che ha lamentato la violazione della Dichiarazione di Atene del 2023 sull’impegno ad evitare situazioni di tensione.

Sul tavolo sono dunque ricomparse due vecchie questioni, entrambe inerenti al mantenimento dello status quo del Mar Nero e dell’Egeo.

ZEE Turchia-Ucraina (Fonte: Sovereign Limits)

 

Chiusura del Mar Nero

Il 28 febbraio 2022, all’inizio delle ostilità derivanti dall’invasione Russa dell’Ucraina, la Turchia ha avvertito tutti gli Stati (litoranei e non del Mar Nero) di non attraversare gli Stretti con proprie navi da guerra. E’ apparso chiaro allora che Ankara si proponeva di limitare la dimensione marittima del conflitto per preservare la stabilità del bacino e garantire i propri interessi.

Alla Russia fu chiesto di non far transitare proprie navi da guerra, pur consentendo il rientro delle Unità che erano dislocate in precedenza all’interno del bacino; e nessuna nave statunitense o di Paesi Nato transitò più in ingresso negli Stretti.

Come ha dichiarato il ministro degli Esteri turco pro tempore «When Turkey is not a belligerent in the conflict, it has the authority to restrict the passage of the warring states’ warships across the straits…All governments, riparian and non-riparian, were warned not to send warships across the straits».

Mai fino ad allora era stato adottato una misura del genere, nemmeno durante la II Guerra mondiale quando Italia e Germania condussero in Mar Nero azioni belliche contro la Russia.  La Turchia ha applicato due diverse norme di Montreux.

Da un lato, l’articolo 19.1 secondo cui in tempo di guerra, non essendo essa belligerante, le navi militari di qualsiasi bandiera godono di completa libertà di transito, a meno non appartengano a potenze straniere in conflitto (come appunto sono Russia e Ucraina).  Dall’altro, l’articolo 21.1 che le attribuisce il potere discrezionale di non far entrare in Mar Nero nessuna unità militare, qualora «si consideri minacciata da un imminente pericolo di guerra”.

Stretti Turchi (Fonte Eia)

 

La sicurezza del Mar Nero

A trarre vantaggio dalla chiusura del Mar Nero è stata in prima istanza la Turchia stessa che ha evitato un allargamento del conflitto navale innanzi alle sue coste, oltre all’Ucraina che l’ha richiesto. Ankara è così riuscita a consolidare il proprio ruolo di garante della stabilità del bacino che però ora è minacciata dagli episodi di attacco a mercantili nella sua ZEE.

Durante le fasi precedenti del conflitto, le ostilità erano sempre state sul versante nord del Mar Nero: l’Ucraina ha messo a segno vari successi a cominciare dall’affondamento dell’incrociatore Moskva e della liberazione dell’Isola dei Serpenti.

La Russia -priva delle forze navali dislocate in altri teatri- ha dovuto invece mantenere una posizione difensiva rispetto alle minacce ibride ucraine. Per questo ha  adottato metodi tradizionali di guerra navale quali il minamento delle acque territoriali ucraine ed il bombardamento navale di Odessa.

La Corte Penale Internazionale, per quest’azione, ha accusato di danni indiscriminati alla popolazione civile l’ammiraglio russo Viktor Sokolof, all’epoca comandante della Flotta Russa del Mar Nero (nella foto a lato).

Si era parlato anche di un blocco delle coste ucraine -come di recente ha fatto nuovamente il premier Putin- ma non risultano sinora iniziative simili a quella adottata da Israele per Gaza.

Comprensibili dunque le preoccupazioni della Turchia a che il fronte navale si sposti verso sud. Le ZEE dei neutrali come la Turchia sono a certe condizioni spazi aperti alle ostilità; Ankara, per proteggere i suoi diritti al loro interno, potrebbe stabilire corridoi di traffico sicuro secondo una formula già adottata per il Grain Deal (accordo sull’export via mare del grano ucraino) del luglio 2022.

 

 La smilitarizzazione delle Isole dell’Egeo

In parallelo con la questione del Mar Nero, da circa un secolo, da quando è cessato l’Impero Ottomano, si trascina quella della smilitarizzazione (o, meglio, demilitarizzazione) delle Isole greche che nell’Egeo fronteggiano la Turchia.

Varie sono le situazioni di divieto di installazioni militari previste da trattati quali quello di Losanna del 1923 che all’art. 13 pone vincoli sulle isole di Mitilene, Chios, Samo e Nikaria. Ad essere demilitarizzato è anche il Dodecanneso attribuito all’Italia nel 1923 dall’accordo di Losanna: Il Trattato di Pace del 1947, nel disporne il passaggio sotto sovranità greca, prescrive all’art. 14 che «le predette isole saranno e rimarranno smilitarizzate».

Da anni Grecia e Turchia discutono su tali vincoli. A parere di alcuni, le clausole di demilitarizzazione del Trattato di Pace sarebbero valevoli solo nei confronti delle Potenze firmatarie e non della Turchia.

Isole Egeo (Fonte GPIL)

 

Architettura di sicurezza

Per Ankara il problema dell’Egeo è analogo per certi versi a quello del Mar Nero: garantirsi una cornice di sicurezza in spazi marittimi prossimi alle sue coste. Difficile quindi l’abbandono delle rivendicazioni sin qui condotte contro la Grecia anche perché è in atto, per effetto del conflitto Russo-Ucraino e della crisi di Gaza, un riposizionamento ed un’ascesa geopolitica di Atene. Analogo trend positivo caratterizza peraltro la collocazione internazionale di Ankara.

Sicchè potrebbe dirsi che i due Paesi siano coinvolti in una loro personale corsa al riarmo che prescinde dalla simile politica di NATO ed UE in funzione anti russa. Prova ne sono le due FREMM che Atene ha acquistato da noi e l’impetuoso sviluppo dell’industria militare turca anche grazie alla cooperazione con la Spagna.

E’ possibile immaginare iniziative per mitigare la loro contrapposizione militare? Sicuramente si, se è vero che la NATO si è sempre impegnata perché la contesa dell’Egeo restasse sotto traccia favorendo l’adozione di Confidenze Building Measures (CBMs).

Ed anche gli Stati Uniti hanno cercato di offrire i loro buoni uffici.  L’UE spesso richiama la Turchia alla ricerca di soluzioni pacifiche nel rispetto del diritto internazionale.

Quanto al Mar Nero, sinora nessuno ha mai fatto proposte di modificare la Convenzione di Montreux. Alla Turchia sta bene così com’è ed anche alla Russia che da secoli persegue l’obiettivo di un Mar Nero blindato.

Tra l’altro, quando cesseranno le ostilità con l’Ucraina, apparirà chiaro che la Russia -che ora ne controlla tutte le coste- considera unilateralmente il Mar di Azov un mare interno. Un arbitrato internazionale per deciderne lo status giuridico si è arenato.

Lo status quo del Mar Nero non dovrebbe quindi cambiare nel medio periodo. Come fare in futuro per intervenire dal mare in difesa dell’Ucraina senza i limiti navali posti da Montreux è questione che al momento non può essere risolta. A meno di modificare appunto la Convenzione sottoscritta originariamente da Bulgaria, Grecia, Francia, Giappone, Gran Bretagna, Romania, Russia, Jugoslavia, oltre alla Turchia.

Il nostro Paese ha aderito ad essa nel 1938, al tempo in cui con la nuova Turchia di Ataturk si erano consolidati rapporti molto amichevoli; probabilmente se ora venisse avanzata una proposta di modifica del suo regime seguirebbe un approccio multilaterale.

L’UE sarebbe forse favorevole a nuove clausole che tutelino il diritto di autodifesa dell’Ucraina e riducano la situazione di vantaggio di cui gode la Russia col regime di Montreux. Ma ben difficilmente la Turchia accetterebbe di veder sminuito il suo attuale ruolo. Quanto ali Stati Uniti, di fatto non hanno mai messo in discussione la Convenzione, anche se  nel XII dei Quattordici Punti di Wilson del 1918 si dice che i Dardanelli dovrebbero essere in permanenza aperti al libero passaggio.

Foto: Anadolu

 

Ammiraglio in congedo, docente a contratto di "Introduzione geopolitica e diritto internazionale del mare" presso l'Università di Bari. E' autore del "Glossario di Diritto del Mare", RM, 2020 disponibile in https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Documents/supplementi/Glossario_di_diritto_del_mare_2020.pdf

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