Il 26 marzo a Rimini la presentazione del libro di Gaiani “L’ultima guerra contro l’Europa”

Il 26 marzo alle ore 17, sempre a Rimini ma nella Sala degli Arazzi del Museo della Città di Rimini, in via Luigi Tonini 1, verrà presentato e discusso il libro di Gianandrea Gaiani L’Ultima guerra contro l’Europa. Come e perché fra Russia, Ucraina e NATO le vittime designate siamo noi.
L’evento è stato organizzato dall’ANF e dall’UNUCI di Rimini.
Interverrà l’autore Gianandrea Gaiani intervistato dal comandante Maurizio Bonora.
Il volume sta riscuotendo ancora un grande successo poiché conteneva già alla sua uscita nelle librerie, nel febbraio 2023, valutazioni circa gli sviluppi del conflitto in Ucraina che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Riportiamo qui sotto alcuni brani del libro con le date in cui sono stati scritti (antecedenti la pubblicazione del volume) e che appaiono quanto mai attinenti ai fatti odierni.
27 giugno 2022
L’Unione Europea accelera nella corsa verso il disastro economico e l’irrilevanza politico-strategica rinunciando a ogni velleità da “grande potenza” che pure avrebbe potuto esercitare tentando di imbastire una gestione ponderata e autonoma dagli Stati Uniti della crisi determinata dal conflitto in Ucraina, delle sanzioni (specie quelle energetiche) alla Russia e del via libera a nuove candidature all’ingresso nell’Unione.
Tra le opzioni ragionevoli, la Ue avrebbe potuto subordinare ogni decisione alla conclusione del conflitto, incentivando così un negoziato tra Kiev e Mosca, sempre più urgente per scongiurare gravissimi danni all’intera Europa.
L’obiettivo dichiarato anglo-americano (il 25 giugno il premier Boris Johnson ha affermato che «non è il momento di mollare, l’Ucraina può vincere e vincerà la guerra») è stato indicato nel prolungamento del conflitto per indebolire e logorare la Russia. O addirittura sconfiggerla, come ha sostenuto Ursula von der Leyen, che però non è pronta a schierare nelle trincee del Donbass un solo battlegroup europeo per conseguire questo nobile risultato.
Difficile dire oggi se si tratti di un obiettivo realmente perseguibile e con quali tempistiche, ma di certo nel frattempo è molto probabile che l’Ucraina verrà totalmente devastata e l’Europa impoverita economicamente e annullata sul piano politico, se non addirittura profondamente destabilizzata a causa delle gravi conseguenze sociali che ne deriveranno in tutto il continente.
L’aver aderito su tutta la linea alle posizioni anglo-americane, oltre a compromettere ogni ipotesi di vedere finalmente la Ue come protagonista geopolitico, rischia di rendere ancora più drammatica la crisi energetica.
In tema di salvaguardia degli interessi europei è impossibile non rilevare che tutte le decisioni assunte dalla Commissione guidata da Ursula von der Leyen dall’inizio dell’offensiva russa in Ucraina hanno determinato conseguenze gravissime per la stabilità delle nazioni europee senza peraltro generare per ora riscontri evidenti circa una diminuita determinazione russa a conseguire gli obiettivi militari annunciati all’inizio della “operazione speciale”.
29 agosto 2022
Il crescente successo nei mercati europei dei prodotti statunitensi della Difesa rappresenta un grave rischio per l’apparato industriale europeo sia perché si tratta di nazioni aderenti alla Ue sia perché è sul consolidamento di un solido e diffuso procurement continentale che si giocherà futuro e sopravvivenza l’industria della Difesa del Vecchio Continente.
Specie se la pessima congiuntura economica che si sta configurando, in assenza di una rapida conclusione negoziata della guerra in Ucraina in cui l’Europa continua a giocare il ruolo di comparsa, determinerà conseguenze energetiche e quindi industriali e finanziarie che rischiano di compromettere i pur entusiastici e condivisi programmi di innalzamento della quota di PIL da destinare alla Difesa al 2 per cento.
Superfluo aggiungere che la paralisi produttiva determinata dal caro-energia colpirà anche il comparto Difesa mentre le ripercussioni occupazionali e sociali del disastro energetico ed economico che si preannuncia nei prossimi mesi abbasserà sensibilmente il PIL di molte nazioni europee e imporrà agli opachi e inconcludenti governi europei massicci investimenti nel settore sociale e assistenziale. Investimenti necessari anche a scongiurare, o almeno a contenere, i possibili disordini popolari su vasta scala che non si possono escludere e non è difficile prevedere.
Si prefigurano quindi condizioni che, in momenti storici molto meno drammatici di quelle attuali, hanno già in più occasioni nel recente passato determinato tagli ai bilanci della Difesa. Prima ancora di vedere l’esito del conflitto sui campi di battaglia tra Russia e Ucraina, appare ben chiaro che il primo sconfitto è già oggi l’Europa, che questa guerra non l’ha nemmeno combattuta ma solo persa.
Gennaio 2023
Comunque vada a finire tra gli sconfitti vi sarà l’Ucraina che uscirà in ogni caso devastata in termini economici, occupazionali, di distruzioni belliche, di impatto sociale dei tanti morti e feriti e forse anche di perdite territoriali.
Non si può escludere neppure che l’Ucraina cessi di esistere, stritolata dalle pretese russe a est e dagli “appetiti” della Polonia a ovest, che secondo alcuni, in caso di collasso bellico di Kiev, potrebbe tentare di assumere di nuovo il controllo di quei territori occidentali un tempo parte integrante dello stato polacco
Tra gli sconfitti di questo conflitto c’è sicuramente l’Europa, costretta a fare i conti con la propria incapacità e irrilevanza geopolitica e con la pochezza della sua classe dirigente, a cominciare dalla Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen.
Un’Europa condannata dalle sue stesse decisioni, anche rispetto alla guerra in Ucraina, a subire una disastrosa crisi economica ed energetica rinunciando agli approvvigionamenti sicuri e a buon mercato di gas e petrolio russo.
Ci siamo colpevolmente disinteressati di risolvere la crisi in Ucraina esplosa nel 2014 lasciandone la gestione in mano agli Stati Uniti che avevano tutto l’interesse, insieme alla Gran Bretagna, a gettare benzina sul fuoco proprio per indebolire un’Europa che, oltre ad essere un competitor economico, puntava a raggiungere una maggiore autonomia strategica e militare.
L’impoverimento dell’Europa, che a causa del caro-energia vedrà i suoi prodotti perdere competitività sui mercati globali, costituisce un ulteriore elemento che rischia di imporci il vassallaggio nei confronti degli Stati Uniti da cui dipendiamo in modo crescente anche per le costose forniture di gas liquido.
Del resto nel novembre 2022 la Federazione di industriali “Business Europe” riunitasi a Stoccolma valutava che «la sopravvivenza dell’industria europea è chiaramente a rischio: si intravedono segni di delocalizzazione della produzione e si teme che in futuro migliaia di imprese chiuderanno, soprattutto PMI».
E gli Stati Uniti, dove le aziende pagano l’energia molte volte meno che in Europa, non ci aiuteranno. L’organizzazione economica evidenziava infatti che «c’è preoccupazione sulle misure che gli Stati Uniti hanno adottato con l’Inflation Reduction Act, che sono misure incompatibili con le regole del Wto, in quanto discriminatorie verso le esportazioni delle imprese straniere».
Vincitori indiscussi di questa guerra, indipendentemente dal suo esito, sono inevitabilmente gli Stati Uniti, tornati a dominare un’Europa che non sarà più la prima potenza economica mondiale e sembra aver rinunciato, anche per timore dei russi, a trovare una propria dimensione strategica e militare indipendente da Washington.
30 gennaio 2023
Buona parte del circo mediatico italiano ha applicato al conflitto in Ucraina lo stesso maccartismo che aveva dominato la gestione mediatica del lockdown e della campagna vaccinale durante l’emergenza Covid-19.
Se i runner erano nemici della società a cui dare la caccia anche in spiagge e lande desolate, se chi poneva domande e dubbi sui vaccini era etichettato come “No Vax”, oggi chiunque cerchi di affrontare il conflitto in Ucraina con un minimo di equilibrio, riflessione o prospettiva storica e strategica è filo-russo e putiniano. Mentre il mondo dei media rischia di estinguersi per approssimazione e sudditanza, sempre più ignorato da un’opinione pubblica che tende progressivamente a rifuggire dalle semplificazioni, disillusa ma consapevole della complessità del mondo, la realtà concreta del conflitto e delle sue conseguenze geopolitiche, energetiche, economiche e militari minaccia di avere anche per l’Europa sviluppi ben diversi e ben più gravi da quelli prefigurati dalle fanfare propagandistiche che ci siamo sorbiti finora.
Dopo il rassicurante sonno della ragione impostoci da pensiero unico e propaganda, il risveglio e l’impatto con la cruda realtà dei fatti potrebbe essere doloroso.
La Russia non è collassata economicamente dopo pochi mesi di sanzioni come sostenevano i vertici della Ue, la sua industria bellica marcia a pieno regime, non ha terminato le munizioni né perduto metà della sua forza combattente come sostenevano nell’estate del 2022 i servizi segreti britannici e non sembra essere, mentre scriviamo queste note, sull’orlo della sconfitta militare.
Invece di spiegare gli aspetti complessi con inchieste e approfondimenti, l’informazione si è in troppi casi messa al servizio della propaganda che ha invece il compito di semplificare le complessità per generare slogan e note di linguaggio necessari alla motivazione del fronte interno e al controllo sociale.
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La guerra in Ucraina sta modificando radicalmente gli assetti e gli equilibri del Vecchio Continente. L’Ucraina è devastata dal conflitto e comunque vada sul campo di battaglia la Russia ne uscirà indebolita mentre l’Europa perderà il suo primato economico e ha cessato di esistere come soggetto geopolitico con aspirazioni di autonomia strategica, relegata al ruolo di vassallo sempre più debole degli Stati Uniti.
In attesa di sviluppi militari o diplomatici che definiscano il possibile esito del conflitto tra russi e ucraini, è già possibile valutare chi siano gli sconfitti e i vincitori nella guerra iniziata nel 2014 ma allargatasi a uno scontro convenzionale su vasta scala a partire dal 24 febbraio 2022.
Comunque vada a finire sui campi di battaglia tra gli sconfitti vi sarà l’Ucraina che uscirà in ogni caso devastata in termini economici, occupazionali, di distruzioni belliche, di impatto sociale dei tanti morti e feriti e forse anche di perdite territoriali.
Non si può escludere neppure che l’Ucraina cessi di esistere, stritolata dalle pretese russe a est e dagli “appetiti” della Polonia a ovest, che secondo alcuni, in caso di collasso bellico di Kiev, potrebbe tentare di assumere di nuovo il controllo di quei territori occidentali un tempo parte integrante dello stato polacco.
Come spesso accade nei conflitti, entrambi i contendenti rischiano di uscirne perdenti o gravemente indeboliti. Per questo anche la Russia pagherà in ogni caso un prezzo elevato a causa della rottura delle relazioni con l’Occidente e con un’Europa di cui la Federazione Russa è in realtà parte integrante sul piano storico, sociale e culturale.
Già costretta a guardare soprattutto all’Asia per le relazioni geopolitiche e per l’export di energia, la Russia “orfana” dell’Europa rischia un più stretto e meno tranquillizzante abbraccio della Cina la cui potenza economica e demografica sovrasta la Russia, certo lo stato più esteso del mondo ma con appena 150 milioni di abitanti e un PIL fino a ieri inferiore a quello dell’Italia.
Tra gli sconfitti di questo conflitto c’è sicuramente l’Europa, costretta a fare i conti con la propria incapacità e irrilevanza geopolitica e con la pochezza della sua classe dirigente, a cominciare dalla Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen.
Un’Europa condannata dalle sue stesse decisioni, anche rispetto alla guerra in Ucraina, a subire una disastrosa crisi economica ed energetica rinunciando agli approvvigionamenti sicuri e a buon mercato di gas e petrolio russo.
Ci siamo colpevolmente disinteressati di risolvere la crisi in Ucraina esplosa nel 2014 lasciandone la gestione in mano agli Stati Uniti che avevano tutto l’interesse, insieme alla Gran Bretagna, a gettare benzina sul fuoco proprio per indebolire un’Europa che, oltre ad essere un competitor economico, puntava a raggiungere una maggiore autonomia strategica e militare. Come negli anni ’90 con la crisi in ex Jugoslavia, la cui gestione venne lasciata dagli europei agli Stati Uniti attraverso la NATO, anche nella guerra in Ucraina gli europei sono semplici comparse.
Il prezzo che l’Europa paga a causa della sua irrilevanza è già altissimo in termini di sicurezza energetica, de-industrializzazione, sicurezza, stabilità sociale e indebolimento militare anche a causa delle ampie quantità di armi e munizioni donate in rapida successione all’Ucraina in base a decisioni politiche spesso aspramente contestate dai vertici militari, consapevoli della pochezza in termini quantitativi degli strumenti militari disponibili.
Gli Stati Uniti sono tornati a dominare un’Europa che non sarà più la prima potenza economica mondiale e sembra aver rinunciato, anche per timore dei russi, a trovare una propria dimensione strategica e militare indipendente da Washington che dopo il ritiro dall’Afghanistan dell’estate 2021 sembrava essere tornata in auge.
Due anni or sono si parlava di autonomia strategica dagli Stati Uniti, oggi si parla di “forze armate europee” complementari o addirittura integrate nella NATO.
Se le due guerre mondiali hanno fatto perdere all’Europa la predominanza strategica e gli imperi coloniali, la guerra in Ucraina rischia di togliere al Vecchio Continente anche la supremazia economica faticosamente riconquistata negli ultimi decenni grazie anche al traino della locomotiva tedesca.
L’impoverimento dell’Europa, che a causa del caro-energia vede già in atto un processo di de-industrializzazione, costituisce un ulteriore elemento che rischia di imporci il vassallaggio nei confronti degli Stati Uniti da cui dipendiamo in modo crescente anche per le costose forniture di gas liquido.
Del resto nel novembre 2022 la Federazione di industriali “Business Europe” riunitasi a Stoccolma valutava che «la sopravvivenza dell’industria europea è chiaramente a rischio: si intravedono segni di delocalizzazione della produzione e si teme che in futuro migliaia di imprese chiuderanno, soprattutto PMI».
E gli Stati Uniti, dove le aziende pagano l’energia molte volte meno che in Europa, non ci aiuteranno. L’organizzazione economica evidenziava infatti che «c’è preoccupazione sulle misure che gli Stati Uniti hanno adottato con l’Inflation Reduction Act, che sono misure incompatibili con le regole del WTO, in quanto discriminatorie verso le esportazioni delle imprese straniere».
Gianandrea Gaiani, giornalista bolognese laureato in Storia Contemporanea, si occupa da 35 anni di difesa, sicurezza, studio dei conflitti e reportage dai fronti di guerra balcanici, africani, medio orientali e centroasiatici. Direttore del web-magazine Analisi Difesa, ha lavorato come reporter e opinionista per diversi quotidiani e periodici e per diverse testate radio-televisive. Autore o coautore di una dozzina di libri, tiene docenze e conferenze presso istituti di formazione militari e università ed è membro della Società Italiana di Storia Militare.
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Autore: Gianandrea Gaiani
Foto di copertina di Gian Micalessin
Editore: Il Cerchio
Pubblicazione: Febbraio 2023
Pg 132
Prezzo Euro 22

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