Ultima chiamata per la pax americana: il no di Ucraina ed Europa

“Putin deve perdere in Ucraina”.
“Non è il momento di negoziare, Kiev può vincere la guerra e vincerà”.
Boris Johnson, primo ministro britannico, 30 maggio e 26 giugno 2022
“Penso di aver raggiunto un accordo con la Russia. Dobbiamo raggiungere un accordo con Zelensky … ma finora è stato più difficile”.
Con queste parole il presidente statunitense Donald Trump ha sintetizzato nella tarda serata di ieri (ora europea) la situazione al termine di una giornata convulsa caratterizzata dal rinvio degli incontri previsti a Londra per la pace in Ucraina a livello di ministri degli Esteri a causa delle profonde divergenze tra l’Ucraina e gli alleati occidentali circa il piano di pace proposto dagli Stati Uniti.
Il Foreign Office ha precisato che si è tenuto comunque un incontro a livello inferiore e che “i colloqui a livello ufficiale proseguiranno” ma il fallimento del summit è apparso a tutti evidente dopo che il Segretario di Stato americano Marco Rubio e l’inviato speciale della Casa bianca Steve Witkoff. avevano annunciato nella mattinata di ieri che non sarebbe andato a Londra.
Decisione assunta, secondo il New York Times, in seguito alle dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che aveva chiarito che Kiev “non riconoscerà legalmente l’occupazione della Crimea” da parte dei russi.
Nei giorni scorsi Rubio aveva dichiarato che gli Stati Uniti erano pronti ad abbandonare i negoziati se non ci fossero stati progressi tangibili verso una soluzione della crisi. Dopo il forfait di Rubio anche i ministri degli Esteri di Francia e Germania hanno annullato il viaggio a Londra.
A spiegare implicitamente le ragioni del fallimento del summit ha provveduto la Presidenza francese con un comunicato che spiega che “il rispetto dell’integrità territoriale e della vocazione europea dell’Ucraina sono esigenze molto forti degli europei” aggiungendo che “l’obiettivo resta quello di costruire un approccio comune che gli Stati Uniti potrebbero presentare ai Russia“.
Per il governo britannico “spetta all’Ucraina decidere il suo futuro. Non ci allontaneremo mai dall’Ucraina” ha detto ai giornalisti un portavoce del primo ministro britannico Keir Starmer. “Oggi si terranno importanti incontri tecnici con funzionari europei, statunitensi e ucraini su come fermare i combattimenti e porre fine all’invasione illegale di Putin”, ha proseguito il portavoce, confermando che il Regno Unito rimane “assolutamente impegnato a garantire una pace giusta e duratura”.
Il ruolo di Londra nel supporto militare all’Ucraina è sempre stato più ampio di quanto potesse apparire ma ora sembra aver raggiunto il suo apice proprio nel sostegno a Kiev con l’obiettivo di far fallire i negoziati promossi da Trump.
Da quanto è emerso da alcune fonti ucraine non solo la protezione di Zelensky ma dell’intera area urbana circostante la Presidenza, i palazzi governativi e le sedi di alcuni organismi internazionali a Kiev sarebbe gestita da un migliaio di contractors della private military company (PMC) Group 4 Securitas (G4S), considerata una sussidiaria dello Special Air Service britannico a SAS britannica.
Mosca evidenzia la frattura tra USA ed Europa
Il Cremlino ha subito evidenziato la spaccatura fra gli alleati di Kiev: il portavoce Dmitry Peskov ha affermato che “non sono stati in grado di allineare le loro posizioni su alcuni temi. E’ per questo che la riunione è saltata“, ha affermato ricordando che l’incontro avrebbe dovuto fornire agli Stati Uniti “l’opportunità di proseguire i loro sforzi di mediazione”.
Peskov ha poi aggiunto in un’intervista alla rivista francese Le Point che “non ci sono posizioni comuni al momento, perché l’Europa vuole la guerra, non i negoziati. Non la trascineremo lì con la forza“, ha detto Peskov, spiegando che l’Europa “non ha mostrato alcun segno di indipendenza. Come se tutta l’Europa lavorasse per l’amministrazione Biden!
L’Europa non è sovrana, ha fatto quello che l’amministrazione Biden le ha chiesto di fare, come se ogni presidente, ogni primo ministro fosse il suo consigliere. Finora, è stata Washington a svolgere il ruolo principale“.
Al centro della contesa resta il no di Kiev, sostenuto da Ue, Francia, Gran Bretagna e a quanto sembra anche Germania al piano di pace statunitense che prevede, come ha ricordato ieri il vicepresidente JD Vance, una “proposta molto esplicita ai russi e agli ucraini” avvertendo che Russia e Ucraina devono raggiungere un accordo altrimenti gli Stati Uniti “si ritireranno”.
“È giunto il momento, credo, di compiere, se non l’ultimo passo, uno dei passi finali, cioè, a livello generale, la parte che dice che fermeremo le uccisioni, congeleremo le linee territoriali ad un livello vicino a quello attuale. Naturalmente questo significa che sia gli ucraini che i russi dovranno cedere parte del territorio che possiedono attualmente“, ha detto Vance ma non è chiaro quali concessioni possano fare a Mosca gli ucraini dal momento che le truppe di Kiev controllano ormai un’area che si estende oltre il confine solo per poche centinaia di metri nelle regioni russe di Kursk e Belgorod.
L’accordo possibile
Il vicepresidente americano ha sollevato la possibilità di “congelare i confini territoriali a un livello prossimo a quello attuale”, che di fatto rappresenta l’offerta presentata a Trump dal presidente russo Vladimir Putin l 22 aprile. Un’offerta riportata dal Financial Times, citando fonti informate sul colloquio che il presidente russo ha avuto 10 giorni fa con l’inviato speciale di Donald Trump, Steve Witkoff, a San Pietroburgo.
Secondo queste fonti, Putin ha detto all’inviato speciale di Donald Trump che Mosca potrebbe rinunciare alle sue pretese sulle aree delle quattro regioni parzialmente occupate che rimangono sotto il controllo di Kiev. Dopo questa offerta, gli Stati Uniti hanno fatto circolare l’idea di un possibile accordo che prevede il riconoscimento da pare di Washington della Crimea come russa, insieme ad un riconoscimento almeno che il Cremlino controlla de facto parti delle quattro regioni. Il giornale sosteneva che ci sono molte pressioni su Kiev in questo momento affinché accetti le cessioni territoriali in modo che Trump possa proclamare il successo del suo negoziato.
Il piano di Trump includerebbe il riconoscimento da parte di Kiev della Crimea come parte della Russia e il riconoscimento non ufficiale del controllo russo su quasi tutte le aree occupate dall’invasione del 2022. Si tratterebbe quindi di un riconoscimento “de jure” del controllo russo sulla penisola annessa nel 2014 e di un riconoscimento “de facto” delle aree occupate dai russi nelle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhia.
L’accordo prevederebbe la rinuncia di Kiev ad entrare nella NATO e la garanzia in proposito degli Stati Uniti pur restando possibile l’ingresso nell’Unione Europea. Secondo Axios, gli Stati Uniti stanno offrendo agli ucraini una “solida garanzia di sicurezza” che coinvolge un “gruppo ad hoc di paesi europei e potenzialmente non europei”, senza però specificare come funzionerà, mentre Kiev sta cercando il coinvolgimento militare americano per dare maggiore peso a questo impegno.
Secondo le fonti del Washington Post, l’amministrazione statunitense potrebbe revocare le sanzioni contro la Russia in base ai termini di un “accordo futuro”. Da parte Ucraina, gli Stati Uniti potrebbero offrire risarcimenti e aiuti per la ricostruzione, senza specificare “da dove arriveranno i finanziamenti”, scrive Axios. Il piano di pace menzionerebbe anche l’accordo economico proposto da Donald Trump sui minerali ucraini, scrive Axios, intesa an cora lontana anche se è già stato firmato un memorandum d’intenti.
Ieri il vicepremier ucraino, Yulia Svyrydenko, ha precisato che l’Ucraina è pronta a negoziare, ma non ad arrendersi.
“Non ci sarà alcun accordo che fornisca alla Russia le basi più solide di cui ha bisogno per riorganizzarsi e tornare con maggiore violenza”, ha scritto Svyrydenko su X. “Un cessate il fuoco completo su terra, in aria e in mare è il primo passo necessario“, ha aggiunto.
Secondo quanto riporta il Washington Post, gli Stati Uniti sono furiosi per la riluttanza di Kiev ad accettare le proposte di cessioni territoriali e per questo è saltato il vertice di Londra. Sempre secondo il quotidiano statunitense, altro motivo di divergenza con l’amministrazione Trump è il fatto che l’Ucraina preferisca “discutere prima di un cessate il fuoco completo e poi di tutto il resto in un secondo momento”. Condizione inaccettabile per Mosca che teme che una tregua possa permettere a Kiev di puntellare le sue difese sempre più deboli lungo i mille chilometri del fronte.
L’offerta finale di Trump
Secondo l giornale on line Axios, gli Usa hanno presentato la proposta a Kiev come “l’offerta finale” del presidente Usa Donald Trump ma Zelensky ha sempre escluso di accettare l’occupazione russa della Crimea e delle regioni Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia.
Una fonte vicina al governo ucraino ha affermato che Kiev considera la proposta fortemente sbilanciata a favore della Russia: “La proposta dice molto chiaramente quali vantaggi concreti otterrà la Russia, ma solo in modo vago e generico quali saranno i vantaggi per l’Ucraina”, ha dichiarato.
Donald Trump sul social Truth ha attaccato Zelensky ieri nel tardo pomeriggio (in Europa): “La situazione per l’Ucraina è terribile, lui può avere la pace o può combattere per altri tre anni prima di perdere l’intero Paese”. Per Trump “siamo molto vicini ad un accordo ma l’uomo che non ha carte da giocare dove ora finalmente darsi una mossa“.
“Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky – ha scritto Trump in un posto sul suo social Truth – si vanta sulla prima pagina del Wall Street Journal che ‘l’Ucraina non riconoscerà legalmente l’occupazione della Crimea. Non c’è niente di cui parlare’. Questa affermazione è molto dannosa per i negoziati di pace con la Russia, dato che la Crimea è stata persa anni fa sotto gli auspici del presidente Barack Hussein Obama, e non è nemmeno un punto di discussione. Nessuno chiede a Zelensky di riconoscere la Crimea come territorio russo, ma se la vuole, perché non hanno combattuto per ottenerla undici anni fa, quando è stata consegnata alla Russia senza sparare un colpo?”
Trump ha poi affermato che potrebbe incontrare Putin dopo il suo viaggio in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati previsto per metà maggio mentre l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Steve Witkoff, dovrebbe incontrare Putin domani in Russia.
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha detto apertamente che Zelensky “ha cercato di contestare questi negoziati di pace sulla stampa, e questo è inaccettabile per il presidente. Questi dovrebbero essere negoziati a porte chiuse”.
Nonostante le tensioni con la Casa Bianca Zelensky ha affermato che “l’Ucraina agirà sempre in conformità con la sua Costituzione e siamo assolutamente certi che i nostri partner, in particolare gli Stati Uniti, agiranno in linea con le sue forti decisioni”.
Zelensky ha ricordato sui social una nota del Segretario di Stato Mike Pompeo durante la prima amministrazione Trump nel 2018, che confermava che gli USA non riconoscevano l’annessione della penisola da parte della Russia.
La situazione militare
Al di là delle richieste, delle pretese e delle condizioni poste dai contendenti, sul piano concreto è evidente che Zelensky può respingere la proposta di Trump solo grazie al sostegno espresso dalla UE e da alcune nazioni europee. Sostegno che però sul piano militare non è e non sarà in grado di assicurare a Kiev né truppe né armi, munizioni e supporto strategico (incluso quello satellitare) sufficienti a rovesciare le sorti del conflitto.
La società europea di telecomunicazioni Eutelsat potrebbe sostituire solo parzialmente i servizi offerti agli ucraini da Starlink, fornendo una limitata copertura satellitare solo per alcuni servizi essenziali del governo di Kiev, non certo per supportare le forze armate ucraine, come ha dichiarato il CEO Eva Berneke.
L’Ucraina non ha attualmente una valida alternativa al sistema satellitare Starlink di Elon Musk, ha dichiarato a Politico Berneke, “Se dovessimo rilevare l’intera capacità di connettività per l’Ucraina e per tutti i cittadini, non saremmo in grado di farlo. Siamo onesti”.
Non ci sono elementi che indichino una possibilità che le forze ucraine riconquistino i territori perduti mentre anche lungo le posizioni attuali perdono terreno ogni giorno sotto il peso degli attacchi russi che a maggio si faranno con ogni probabilità ancora più intensi.
Nei giorni scorsi il canale Telegram ucraino Rezident UA, noto per avere con buone fonti negli ambienti politici e militari di Kiev, aveva reso noto che il comandante delle forze ucraine, il generale Oleksander Syrsky si starebbe preparando alle previste offensive russe ritirando le truppe dalle regioni Sumy, Kharkov e Dnepopetrovsk, lasciandole di fatto alle forze russe.
L’obiettivo sarebbe quello di accorciare il fronte a causa della carenza di riserve con cui fronteggiare il nemico. Il ritiro da queste regioni permetterebbe ai russi il controllo completo di 7 delle 8 regioni (mancherebbe solo quella di Odessa) che comprendono la cosiddetta “Nuova Russia” che si estende nelle regioni orientali e meridionali ucraine.
Secondo Syrsky, al 9 aprile, i combattenti russi al fronte erano 623mila e tale numero aumentava di 8/9 mila unità al mese mentre il volume di fuoco dell’artiglieria russa era salito a 27/28 mila proiettili al giorno.
Oltre alla crescente produzione nazionale di munizioni, i russi sembra abbiano ricevuto nuove massicce forniture nordcoreane secondo quanto riportato da fonti d’intelligence sentite dall’agenzia Reuters. Con 64 spedizioni navali, sarebbero stati trasferiti in Russia 15.489 container di munizioni ed armamenti nordcoreani inclusi non meno di 148 missili balistici KN-23, un numero imprecisato di KN-24, 120 pezzi d’artiglieria da 170mm e 120 lanciarazzi multipli da 240mm.
Nella regione russa di Kursk le truppe ucraine sono state ormai quasi del tutto ricacciate oltre il confine (vedi mappa qui sotto) dove i russi hanno preso il controllo anche di un’area di territorio ucraino.
Secondo il canale Telegram Rezident UA, per mantenere il controllo dell’ultimo lembo di territorio russo lungo il confine nelle regioni di Kursk e Belgorod le forze ucraine sono costrette a inviare rinforzi ogni 12 ore per rimpiazzare le pesanti perdite. Decisione che avrebbe contrariato molti comandanti che lamentano questo inutile spreco di truppe ordinato dal comando supremo del generale Syrsky, il quale avrebbe risposto che gli ordini sono quelli di resistere fino alla fine.
Il tema delle perdite difficili da rimpiazzare continua a essere prioritario per gli ucraini. Il canale Telegram militare russo Slavyangrad ha reso noto il 6 aprile che il totale dei necrologi relativi ai caduti in guerra pubblicati sui media ucraini aveva raggiunto quota 597mila. Per la prima volta è stata diffusa una suddivisione dei caduti in base agli Oblast (regioni) ucraine di provenienza da cui emerge che non ci siano combattenti provenienti dalla Crimea caduti tra le forze ucraine.
Kiev ha annunciato il 19 aprile con un comunicato dello Stato maggiore che le perdite militari russe dall’inizio della guerra hanno raggiunto 940.150 morti e feriti.
Nel settore di Kursk i russi hanno annunciato la riconquista di un monastero a ridosso della frontiera dopo la ripresa delle ostilità al termine della tregua pasquale di 30 ore proclamata da Putin ma che sarebbe stata violata più volte da entrambe gli eserciti: 4.900 violazioni da parte degli ucraini sono state denunciate da Mosca mentre Kiev aveva accusato i russi di oltre 2mila violazioni.
Anche la situazione del “fronte interno” ucraino continua a peggiorare. Dopo i fatti di Sumy molti canali Telegram parlano ormai apertamente dello schieramento di truppe ucraine nei centri abitati per provocare deliberatamente vittime civili da utilizzare sul piano propagandistico per accusare i russi di crimini di guerra e alimentare l’indignazione dell’Occidente.
Il Canale Telegram UkrLeaks riporta che la parlamentare Anna Skorokhod in una intervista TV ha parlato della corruzione presente nelle unità ucraine. “Alla Rada (il Parlamento ucraino -NdR) abbiamo ricevuto reclami da ben 16 unità. Per ottenere permessi o per sottoporsi a cure, i militari devono pagare mazzette. Chi non lo fa viene picchiato o riceve ordini per missioni di sola andata…”
I russi hanno fornito anche numeri dettagliati circa i caduti stranieri che affiancavano le forze ucraine uccisi in combattimento nella regione di Kursk tra il 6 agosto 2024 e il 10 aprile. Si tratta di quasi 5mila combattenti, numeri basati secondo Mosca sulle salme recuperate e identificate: per lo più polacchi, georgiani e colombiani ma anche francesi, tedeschi, britannici, statunitensi e persino alcuni australiani e giapponesi.
Difficile verificare questo dato che confermerebbe il ruolo non certo marginale dei combattenti di nazioni occidentali e alleate nell’attacco al territorio russo e che appare piuttosto alto tenuto conto che i russi valutano che 8 mesi di campagna nella regione di Kursk sia costato all’esercito ucraino perdite comprese tra 70 mila e 80 mila morti e feriti.
A rendere più critica la situazione al fronte, dove i russi avanzano lentamente ma costantemente e quotidianamente su quasi tutti i fronti, contribuisce l’ormai cronica carenza di aerei da combattimento ucraini, quasi del tutto scomparsi dai cieli. In aprile sarebbero stati abbattuti dai russi un Mig 29 ed un F-16, probabilmente l’ottavo caccia di questo tipo ad andare perduto tra abbattuti e distrutti al suolo secondo i media turchi.
Difficile per gli ucraini rimpiazzare anche le perdite di armi e munizioni ora che gli aiuti statunitensi sono quasi terminati e gli europei non hanno di fatto più nulla di disponibile da fornire in tempi rapidi. I russi del resto bersagliano con sempre maggiore determinazione i sti industriali ucraini.
Il comandante di una unità di droni della 104a brigata di difesa territoriale ucraina, Anton Serbin, in una intervista al giornale francese Le Monde ha ammesso che la principale fabbrica ucraina di polvere da sparo e detonatori, situata a Shostka (regione di Sumy), sarebbe stata bersagliata diverse volte nel corso del 2024 ed infine completamente distrutta lo scorso 31 dicembre con una salva di ben 13 missili balistici russi.
Il 12 aprile un attacco simile ha colpito e causato un grosso incendio presso lo stabilimento aeronautico Antonov, nei pressi di Kiev, che ora si occupa principalmente della produzione di droni: lo ha segnalato il sistema di allerta satellitare della NASA che rileva gli incendi.
(Lukas Fontana ha contribuito alla realizzazione di questo articolo)
Foto: TASS, Keir Starmer/X, Presidenza Russa, MAGA, Presidenza Ucraina, ISW, X e Ministero Difesa Ucraino

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.