L’Intelligence russo accusa Belgrado: munizioni serbe all’Ucraina

Le aziende del settore Difesa serbe continuano a fornire munizioni all’Ucraina nonostante la dichiarata neutralità di Belgrado. Lo ha denunciato il servizio di Intelligence estera russa (SVR), commentando in una nota che “l’industria della difesa serba sta cercando di sparare alle spalle della Russia”.
Il governo serbo ha mantenuto rapporti amichevoli con Mosca sotto la guida del presidente Aleksandar Vucic, che ha negato le precedenti affermazioni circa la fornitura di armi serbe all’Ucraina e a ha avuto duri scontri verbali con l’Unione europea per aver partecipato alla Parata della Vittoria, il 90 maggio a Mosca (nella foto sotto).
Belgrado ha assunto una posizione neutrale nella guerra tra Russia e Ucraina, bilanciando la sua richiesta di adesione alla UE con il rapporto di amicizia che storicamente la lega a Mosca. L’intelligence russa ha accusato le aziende serbe di aver fatto arrivare armi all’Ucraina tramite intermediari terzi, in particolare paesi della Nato come Repubblica Ceca, Polonia e Bulgaria, ma anche attraverso paesi africani, per “centinaia di migliaia di proiettili per sistemi di lancio multiplo di razzi e obici, nonché a un milione di colpi per armi leggere”.
Come ricorda il Moscow Times, la Serbia ha esportato munizioni per un valore di 800 milioni di euro (908 milioni di dollari) in Ucraina tramite paesi terzi da quando la Russia ha attaccato l’Ucraina nel 2022, secondo quanto riportato dal Financial Times la scorsa estate. L’ammontare di tali esportazioni potrebbe quindi essere oggi molto più elevato
“Abbiamo amici a Kiev e a Mosca. Questi sono i nostri fratelli slavi”, aveva dichiarato Vučić al Financial Times. “Devo prendermi cura del mio popolo, e questo è tutto”.
Molte nazioni della NATO hanno chiesto alla Serbia di vendere esplosivo e munizioni e l’impressione è che molte forniture esportate da Belgrado sano poi state triangolate all’Ucraina, all’insaputa o meno delle autorità di serbe.
Il fatto che Mosca abbia lasciato a un comunicato dei servizi segreti esterni l’esternazione delle dure accuse a Belgrado, senza un intervento diretto del Cremlino, del Ministero degli Esteri o della Difesa, potrebbe lasciare intendere che, almeno per ora, Vladimir Putin non intende aprire una crisi ai massimi livelli politici con la Serbia dell’amico Vucic.
Nella serata del 29 maggio il presidente Vucic ha detto di aver parlato con Putin durante la sua recente visita a Mosca delle notizie secondo cui la Serbia fornirebbe munizioni all’Ucraina per il tramite di altri Paesi.
“Ne ho parlato con il presidente Putin, sia in presenza di altri esponenti delle due delegazioni, sia a quattr’occhi”, ha detto Vucic alla tv pubblica Rts, senza fornire dettagli su tali colloqui. Ha aggiunto che al riguardo e su tali dubbi è stato costituito un gruppo di lavoro interstatale con i russi incaricato di esaminare tutti gli aspetti, e che nel caso si sospettino abusi da parte di Paesi terzi o aziende private i relativi contratti saranno revocati.
Vucic ha riferito che alcuni diplomatici hanno accusato la Serbia di vendere munizioni alla Russia attraverso un’azienda privata turca. “Ho dovuto spiegare che non so di quale contratto si tratti”, ha affermato il presidente. Già in passato la dirigenza di Belgrado aveva ipotizzato che munizioni serbe potessero essere arrivate al fronte russo-ucraino non direttamente dalla Serbia ma da altri Paesi che le acquistano dalla Serbia.
Qui sotto il testo completo del comunicato dell’SVR tradotto in lingua italiana dal russo.
L’industria militare serba cerca di sparare alle spalle alla Russia
Ufficio stampa dell’SVR della Russia, 29 maggio
L’ufficio stampa del Servizio di Intelligence Estero della Federazione Russa riferisce che, secondo informazioni ricevute dall’SVR, le imprese di difesa serbe, contrariamente alla “neutralità” dichiarata ufficialmente da Belgrado, continuano a fornire munizioni a Kiev. La copertura per le azioni anti-russe è un semplice schema che utilizza falsi certificati di utilizzo finale e paesi intermediari. Tra questi ultimi, i paesi della NATO vengono citati più spesso, principalmente Repubblica Ceca, Polonia e Bulgaria. Recentemente, sono state utilizzate anche opzioni esotiche a questo scopo, che coinvolgono stati africani.
Il contributo dei lavoratori dell’industria militare serba alla guerra scatenata dall’Occidente, il cui esito l’Europa vorrebbe vedere come una “sconfitta strategica” della Russia, ammonta a centinaia di migliaia di proiettili per lanciarazzi campali MLRS e obici, nonché a un milione di munizioni per armi leggere. È improbabile che tali forniture possano essere giustificate da “considerazioni umanitarie”. Hanno un obiettivo evidente: uccidere e mutilare militari e civili russi.
Le più grandi aziende del complesso militare-industriale nazionale serbo, tra cui “Yugoimport SDPR”, Zenitprom, Krusik, Sofag, Reyer DTI, Sloboda, Prvi Partizan e altre, stanno partecipando al “nastro trasportatore della morte” organizzato nella amica Serbia.
Sembra che il desiderio dei lavoratori dell’industria bellica serba e dei loro protettori di trarre profitto dal sangue dei popoli slavi fratelli abbia fatto loro dimenticare completamente chi sono i loro veri amici e chi sono i loro nemici.
La Russia è ripetutamente venuta in aiuto dei serbi nei momenti più critici della loro storia. Ricordiamo, ad esempio, la liberazione della Serbia dal giogo dell’Impero Ottomano, la prevenzione di una catastrofe nazionale durante la Prima Guerra Mondiale, la lotta contro gli occupanti fascisti e i loro scagnozzi durante la Seconda Guerra Mondiale, il bombardamento NATO di Belgrado, la tragedia del Kosovo. In tutte queste fasi storiche, i legami fraterni e la fede comune rimasero immutabili per i russi nei loro rapporti con i serbi.
Foto TASS, Presidenza Serba e Ministero Difesa Ucraino

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