Rapporto Eurispes: per il riarmo in Italia nuovi debiti o tagli alla spesa pubblica

 

Nell’attuale congiuntura economica, “aumentare i livelli di spesa militare, in assenza di nuove fonti di entrata, vuol dire contrarre nuovo debito o effettuare tagli alla spesa in altri settori, al fine di finanziare il riarmo”. Per un Paese con livelli di debito pubblico “come il nostro”, la prima opzione “non sembra essere percorribile”, per cui, qualora si decida di aumentare le spese per la difesa, “l’unica strada che rimane è quella di un taglio alle spese”.

Lo sottolinea il 37* rapporto sull’Italia, pubblicato il 29 maggio da Eurispes. che ricorda che “i tentativi messi in atto, fin dal primo giorno, dall’amministrazione di Donald Trump di porre fine alla guerra in Ucraina hanno evidenziato una drastica rottura con le posizioni del suo predecessore”, Joe Biden.

Questo “ha portato la quasi totalità dei Paesi europei a riconsiderare il ruolo degli Stati Uniti nel Vecchio continente e a ragionare su come difendersi in caso di aggressione di un Paese terzo”. In questo contesto, la Commissione Europea ha avanzato la proposta di un piano di riarmo da 800 miliardi di euro, ReArmEu o Readiness 2030, che “dovrebbe garantire la sicurezza europea anche in assenza degli Stati Uniti”.

Il problema “risiede nell’ambiguità delle dichiarazioni e nella completa mancanza di fiducia che si è venuta a creare in Europa in relazione agli Stati Uniti, percepiti sempre più come una minaccia, piuttosto che come un alleato”. Il “venir meno dell’ombrello americano”, sottolinea l’Eurispes, pone una serie di questioni “estremamente rilevanti “riguardanti la difesa comune, alle quali l’Europa sta tentando di rispondere attraverso “una serie di piani di riarmo nazionali ed europei”.

Questo con la consapevolezza che, “ad oggi, nessun Paese europeo sarebbe in grado di affrontare un conflitto come quello russo-ucraino senza il supporto americano”. Ad oggi, a livello europeo, il progetto di creazione di una struttura di difesa, nota il rapporto, “riguarda quasi esclusivamente il piano di riarmo”, ma “manca ancora di una dimensione politica, di una visione strategica, di una capacità industriale forte e integrata, e di una struttura organizzativa per inquadrare i singoli eserciti nazionali in una struttura più ampia”. L’aumento della spesa militare che si è registrato in diversi Stati Ue nell’ultimo anno e mezzo è stato spinto dalla “minaccia russa”, come dimostra il fatto che “gran parte dei Paesi che spendono di più in rapporto al Pil sono Paesi dell’Est europeo, che percepiscono la Russia come una minaccia esistenziale alla loro sicurezza”.

Un punto fondamentale da evidenziare quando si parla di Difesa europea, sottolinea l’Eurispes, riguarda l’utilizzo che si dovrebbe eventualmente fare dello strumento bellico. Gli eserciti “sono uno strumento che deve essere messo al servizio dell’interesse nazionale e deve essere quest’ultimo, una volta declinato, a guidare le azioni sul fronte del riarmo. Ridurre l’intero dibattito sulla difesa europea a quanti soldi spendere e dove trovare le risorse, rischia di trasformare quello che dovrebbe essere un mezzo in un fine”, conclude il rapporto.

 

Il contesto sociale

Peraltro, le condizioni economiche e sociali in cui dovremmo aumentare debiti e tagli alla spesa per riarmarci continuano a preoccupare. Per il Rapporto Eurispes il pagamento dell’affitto rappresenta la spesa più problematica per il 44,3% delle famiglie italiane. Seguono, con percentuali rilevanti le difficoltà nel far fronte alla rata del mutuo (32%), al pagamento delle utenze (29,1%) e alle spese mediche (24,9%). Inoltre, solo il 23,8% degli italiani riesce a mettere da parte risparmi, contro un 76,2% che non ce la fa, mentre il 35,4% è costretto ad attingere ai propri risparmi per arrivare a fine mese e, quasi il 60% del campione riporta difficoltà nell’arrivare a fine mese.

Anche se molti di questi ultimi dati segnano un miglioramento rispetto al recente passato, è evidente che la percezione delle priorità nella spesa presso l’opinione pubblica non include il riarmo militare, il cui perseguimento nei termini chiesti da NATO (3,5% del Pil) o dagli Stati Uniti (5% del Pil) avrebbe probabilmente conseguenze sul consenso riscosso dalle forze politiche.

 

La fiducia dei cittadini

Il Rapporto Eurispes fotografa del resto come diminuisca la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema delle Istituzioni (ad indicare una diminuzione erano il 33,1% nel 2024, oggi sono il 36,5%). Questo andamento negativo non è però riscontrabile in tutte le Istituzioni osservate singolarmente. Infatti, vediamo crescere sempre più la fiducia dei cittadini nei confronti del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dal 60,8% del 2024 al 63,6% del 2025.

Diminuiscono invece i consensi nei confronti del Parlamento (dal 33,6% al 25,4% di quest’anno); in misura minore per l’Esecutivo (dal 36,2% del 2024 al 30,2%), in linea con il trend degli ultimi anni; cala anche la fiducia nella Magistratura (dal 47% al 43,9%).

Anche nel 2025, prevalgono quanti sentono di non riporre alcuna fiducia nei Presidenti di Regione (complessivamente il 47,3%, erano il 38,9%) rispetto alla quota dei fiduciosi.

Per quanto riguarda le Forze dell’ordine, i consensi nei confronti dell’Arma dei Carabinieri aumentano passando dal 68,8% del 2024 al 71,6% del 2025. Torna a crescere il sentimento di fiducia nella Polizia di Stato (dal 63,5% 2024 al 68,6% del 2025). Allo stesso modo, la Guardia di Finanza raggiunge il 71,9% dei consensi (66,1% nel 2024).

Per quanto riguarda le Forze armate, il 75,5% dei cittadini ha fiducia nell’Esercito (erano il 69,4 nel 2024); allo steso tempo, gli italiani esprimono il proprio consenso in maniera sovrapponibile nei confronti dell’Aeronautica (77,4%) e della Marina (77,1%). Anche la Guardia Costiera cresce passando da una fiducia al 71,8% del 2024 all’attuale 72,1%.

Guardando ancora al comparto della sicurezza, cresce il sentimento di fiducia dei cittadini che nel 67,2% dei casi esprimono un giudizio positivo rispetto al lavoro portato avanti dall’Intelligence (+4,4% rispetto al 2024). Sempre su posizioni plebiscitarie di consenso si posizionano i Vigili del Fuoco (86,2% di fiduciosi). La Polizia penitenziaria cresce (dal 59,5% al 64,4% del 2025) come pure la Polizia locale (56,2%; era al 54,3% nel 2024).

Tra le altre Istituzioni considerate con tassi al di sotto del 50% dei consensi troviamo: i partiti politici (dal 29,8% del 2024 al 21,1% del 2025); le confessioni religiose diverse da quella cattolica (dal 34,5% al 31,1%); i sindacati (38,6% dei fiduciosi nel 2025 contro il 42,7% del 2024); la Pubblica amministrazione (in calo dal 44,4% al 36,3%); le Associazioni degli imprenditori (dal 46% al 42,5%).

Sempre sul fronte della contrazione della fiducia, ma con Istituzioni che esprimono valori oltre i 50 punti percentuali, si trovano la Protezione civile (dal 78,5% al 74,4%); le Associazioni di volontariato (dal 68,7% al 60%); la Scuola (dal 66% al 64,9%) e il Sistema sanitario nazionale (dal 58,3% al 54,6%).

A poter annoverare un aumento di fiducia da parte dei cittadini, sebbene con quote minime, sono l’Università (dal 71,8% del 2024 al 72,3% del 2025); la Chiesa (dal 52,1% al 52,6%) e, infine, le Associazioni dei consumatori (dal 49,1% al 50,5%).

 

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