L’Ucraina punta sul “fracking” per estrarre ed esportare gas

L’Ucraina accelera i piani per sfruttare le proprie vaste risorse di gas da scisti attraverso il fracking, con l’obiettivo di diventare un importante esportatore di gas naturale e influenzare l’intero mercato energetico europeo.
Lo riferiscono fonti vicine al governo citate dalla piattaforma indipendente “Energy Flux” e riprese dal quotidiano “The Telegraph” citato in Italia il 9 giugno da Agenzia Nova.
Il piano rappresenta una priorità strategica per la ripresa economica postbellica voluta dal presidente Volodymyr Zelensky. Il ministero dell’Energia sta cercando di attrarre capitali privati e tecnologie occidentali per sviluppare il potenziale non convenzionale della regione di Leopoli-Lublino e, in particolare, del blocco di scisto di Oleska, stimato contenere fino a 1.500 miliardi di metri cubi di gas.
Il governo mira a ricostituire le riserve sotterranee nazionali – attualmente riempite solo al 7 per cento – e a generare surplus da esportare nell’arco di 18 mesi. Ciò contribuirebbe ad alleviare la pressione sui mercati energetici dell’Europa orientale, ancora sotto tensione dopo l’interruzione delle forniture russe nel 2025.
Il progetto è reso urgente dalla crisi del settore causata dagli attacchi russi all’infrastruttura energetica Ucraina, che hanno compromesso il 40 per cento della capacità produttiva del Paese. Per rilanciare il comparto, il governo ha trasferito la titolarità dell’accordo di condivisione della produzione del giacimento di Oleska da Nadra Ukraine alla compagnia statale Ukrnafta, lo scorso aprile.
Secondo la U.S. Energy Information Administration, l’Ucraina detiene la terza maggiore riserva di gas di scisto in Europa, pari a 128 trilioni di piedi cubi (3,6 trilioni di metri cubi)] Nel 2011, circa 22 società nazionali e straniere erano impegnate nel fracking in Ucraina ma in seguito ai fatti del Maidan e al conflitto in Donbass alcune società si sono ritirate da un accordo per l’estrazione di gas di scisto nell’Ucraina orientale.
Le riserve di gas di scisto dell’Ucraina sono inoltre più profonde di quelle degli Stati Uniti, e quindi la produzione è destinata ad essere più costosa, il che potrebbe renderla conveniente o meno a seconda dei prezzi di mercato del gas.
Kiev punta ora a semplificare la burocrazia e creare condizioni fiscali favorevoli per attrarre investitori stranieri. La tecnologia e i capitali necessari potrebbero arrivare principalmente dagli Stati Uniti, con cui l’Ucraina ha già firmato ad aprile un accordo per l’accesso a risorse naturali strategiche, tra cui gas, petrolio, grafite e alluminio.
Del resto non sembra un caso che il “fracking”, pratica non utilizzata in Europa perché devastante per l’ambiente, venga preso in grande considerazione in Ucraina solo dopo la firma dell’accordo con gli Stati Uniti dove proprio il “fracking” ha permesso a Washington di raggiungere l’autosufficienza energetica nel 2010 e successivamente di diventare grande esportatore di energia.
Probabile inoltre che il contesto bellico e le necessità energetiche inducano l’Europa a guardare al “fracking” con minori riserve ambientali.
Secondo una fonte del ministero dell’Energia, “lo sviluppo del fracking può essere avviato rapidamente grazie all’infrastruttura esistente e ai collegamenti con il mercato Ue”, riducendo anche la dipendenza europea dal GNL e contribuendo alla stabilità dei prezzi globali dell’energia.
Foto Ukraine Business News

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