L’Ucraina istituzionalizza la corruzione e ci chiede 120 miliardi per la guerra nel 2026

 

L’Ucraina avrà necessità di almeno 120 miliardi di dollari per la difesa nel 2026, secondo quanto dichiarato dal neo ministro della Difesa, Denys Shmyhal, già primo ministro del governo ucraino, durante l’incontro annuale con i capi delle missioni diplomatiche estere del Paese.

Il ministro ha illustrato le priorità strategiche fissate dal presidente Volodymyr Zelensky: rafforzare la produzione nazionale di armamenti, incentivare la collaborazione con imprese estere in Ucraina e aumentare le forniture militari e non letali, anche da parte di Paesi neutrali.

“Almeno il 50 per cento delle armi dovrà essere prodotto in Ucraina. Stiamo puntando anche su nuove forniture per la difesa aerea, in particolare sistemi in grado di intercettare missili balistici”, ha spiegato Shmyhal (nelle foto sopra e sotto)  prevedendo ulteriori investimenti per lo sviluppo industriale, in particolare nella produzione di droni a lungo raggio e intercettori. “Siamo pronti a condividere con i partner la nostra esperienza di combattimento e offrire joint venture, licenze e produzione nei Paesi alleati“, ha aggiunto.

“Stiamo lavorando con altri Paesi per ottenere metà dei 120 miliardi di dollari con il supporto dei nostri alleati. Stiamo già conducendo negoziati sostanziali con i membri dell’UE e della NATO”, ha scritto Shmyhal su Telegram.

Il 21 luglio, durante una riunione del Gruppo di Contatto per la Difesa dell’Ucraina, Shmyhal ha richiesto 6 miliardi di dollari aggiuntivi per coprire la carenza di fondi per gli acquisti militari di quest’anno.

Durante la riunione del Gruppo, oltre al nuovo meccanismo per facilitare l’acquisto di armi americane da parte dei paesi europei per l’Ucraina, sono stati annunciati nuovi aiuti militari.

L’Olanda ha stanziato 125 milioni di euro per la manutenzione degli F-16 e 200 milioni per droni intercettori e la Germania fornirà missili Patriot (ma solo se potrà riceverne di nuovi dagli USA in tempi brevi), oltre 200.000 proiettili da 35 mm per le armi del semovente antiaereo Gepard e finanziamenti per i programmi di droni a lungo raggio ucraini.

Il Canada ha offerto 20 milioni di dollari canadesi per la manutenzione dei carri armati Leopard, la Norvegia un miliardo di euro per l’acquisto di droni nel 2025 (400 milioni all’industria ucraina) e la Svezia ha offerto un nuovo pacchetto di aiuti con difesa aerea, artiglieria ed equipaggiamento per la fanteria.

Allo stesso incontro l’ex ministro della Difesa Rustem Umerov, sostituito pochi giorni or sono e nominato segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale, ha affermato che il 95 per cento dei droni utilizzati dalle forze armate è di produzione nazionale. “Negli ultimi due anni abbiamo investito più di 20 miliardi di dollari nella nostra industria della difesa”.

Umerov ha ricordato che, grazie al modello danese, i partner occidentali possono investire direttamente nelle imprese ucraine del comparto difesa. “In totale, sono stati attratti oltre quattro miliardi di dollari”, ha spiegato, sottolineando che “insieme ai nostri alleati, abbiamo già implementato più di 20 progetti congiunti. Molti altri sono in corso e presto daranno i loro frutti”.

 

Build with Ukraine

Nessun riscontro neppure sulla tenuta delle capacità dell’industria della difesa ucraina i cui stabilimenti, anche se spesso occultati in strutture civili o “mimetizzati”, vengono ogni notte bersagliati in tutta l’Ucraina da missili e droni Geran-2 russi con effetti molto pesanti e la distruzione anche di scorte di materiali, armi e munizioni (negli ultimi attacchi colpiti obiettivi militari e industriali a Odessa, Pavlograd, Kiev, nella regione di Sumy, Zhytomyr e Rivne (nella foto sotto).

Il programma di decentramento della produzione bellica coinvolgendo nazioni aderenti alla NATO (Build with Ukraine), annunciato il 4 luglio dal presidente Volodymyr Zelensky, “apre la strada alla creazione di una produzione per la difesa ucraina sul territorio della Danimarca”, ha scritto il ministro delle Industrie strategiche Herman Smetanin.

Questa coproduzione è una delle tante in corso con nazioni europee che mirano sia ad aiutare le aziende ucraine a costruire al di fuori di un Paese che affronta quotidianamente i bombardamenti russi, sia a far conoscere alle aziende europee del settore della difesa e della tecnologia le ultime novità in fatto di tecnologia ucraina in campo bellico.

La stragrande maggioranza delle armi prodotte nell’ambito di questi programmi tornerà in Ucraina, dove rimarrà anche la proprietà intellettuale, ha dichiarato Ihor Fedirko al Kyiv Independent, ripreso dall’agenzia Adnkronos.

“La questione è consentire finalmente alle aziende di vendere almeno qualcosa, anche in piccoli ordini, e solo alle nazioni partner con cui abbiamo firmato accordi di sicurezza”. Circa il 5% dei prodotti finali rimarrà alle aziende ospitanti danesi, che acquisiranno esperienza nel processo di produzione e sperimenteranno i prodotti finali ma i dettagli dell’accordo rimangono poco chiari, sollevando interrogativi su quali saranno gli armamenti e le modalità di selezione dei partecipanti.

La Danimarca è stata la prima nazione a finanziare direttamente le start-up ucraine nel settore della difesa, nell’ambito di un accordo avviato lo scorso anno. È anche il primo Paese ad aver avviato formalmente un programma che invita le aziende ucraine a costruire in fabbriche danesi e il governo danese ha stanziato 50 milioni di euro per questo programma.

La Danimarca non è l’unico Paese resosi disponibile per il programma “Build with Ukraine”, che potrebbe coinvolgere presto anche Germania, Olanda, Lituania, Gran Bretagna e Francia.

Considerando le sempre più evidenti difficoltà dell’Ucraina a reggere il conflitto con la Russia, l’operazione avviata con il programma “Build with Ukraine” potrebbe avere anche uno scopo strategico-industriale diverso dal consentire a Kiev di produrre armi e munizioni al riparo dai bombardamenti russi.

In caso di tracollo militare dell’Ucraina o di un accordo di pace molto penalizzante per Kiev, il trasferimento dei progetti e di parte delle attività produttive ucraine in nazioni europee consentirebbe di lasciare alle nazioni della NATO il know-how maturato dagli ucraini in oltre tre anni e mezzo di guerra, peraltro sviluppato grazie a denaro fornito da Europa e Stati Uniti, specie in settori innovativi come i droni suicidi (munizioni circuitanti) a lungo raggio o per l’intercettazione aria-aria.

 

Incertezze e corruzione

Inoltre, le valutazioni di Shmyhal e Umerov circa lo sforzo finanziario necessario a sostenere la difesa ucraina bellico non sembrano tenere conto di almeno tre aspetti critici.

Il primo è che le forze militari ucraine potrebbero crollare prima del prossimo anno e che nessun elemento concreto indica che le truppe di Kiev possano tenere ancora a lungo il fronte in diversi settori.

Il secondo è che non esiste nessuna possibilità che l’Ucraina, già ampiamente in bancarotta, possa disporre di una cifra così rilevante, fosse anche solo la metà dei 120 miliardi di dollari richiesti per il (lontanissimo in termini bellici) 2026, né sembra credibile che gli europei possano rendere disponibili tali somme per l’anno prossimo tenuto conto del disimpegno finanziario di Washington.

Un terzo elemento è legato strettamente alla dilagante corruzione che caratterizza da sempre l’Ucraina e che potrebbe (e dovrebbe) scoraggiare consistenti iniezioni di denaro a Kiev dove già molti miliardi di dollari ed euro donati, in denaro e armi, dall’Occidente sono finiti “fuori controllo”. Le stesse massime istituzioni ucraine sembrano peraltro voler incentivare la corruzione, forse nella consapevolezza delle limitaste capacità militari di tenere testa ai russi.

Lo dimostrano le condizioni di elevato benessere di molti ministri ucraini, con denaro e proprietà all’estero (per lo più negli Stati Uniti e in Europa) ma soprattutto la legge approvata ieri dal Zelensky che revoca lo status di indipendenza delle due principali istituzioni anticorruzione del Paese: l’Ufficio Nazionale Anticorruzione (NABU) e la Procura Specializzata Anticorruzione (SAPO).

L’iniziativa ha suscitato proteste e preoccupazioni, anche perché Zelensky ha firmato il provvedimento legislativo subito dopo un rimpasto di governo tutto teso a consolidare il suo controllo sugli organismi di potere a Kiev.

La legge era stata approvata con 263 voti favorevoli, 13 contrari e 13 astenuti dalla Verkhovna Rada, il parlamento ucraino: un bilancio che da solo potrebbe indicare il livello di corruzione raggiunto da politica e amministrazione in Ucraina considerato che questa legge era stata duramente contestata da organizzazioni civili e da una parte dell’opinione pubblica.

Dopo la votazione, il direttore del NABU, Semyon Krivonos, ha rivolto un appello pubblico a Zelensky affinché non firmasse il provvedimento, ma evidentemente senza successo. La nuova normativa pone il SAPO sotto l’autorità del Procuratore Generale, figura di nomina presidenziale, riducendone significativamente l’autonomia.

Come ricorda un report dell’Agenzia di stampa Parlamentare AGENPARL, il Procuratore Generale ucraino potrà influenzare l’attività investigativa del NABU e persino trasferire casi sensibili ad altre procure, bypassando l’agenzia anticorruzione. Viene inoltre revocato il divieto di trasferire casi dal NABU ad altri enti, compromettendo la coerenza delle indagini. Secondo i media locali, anche la National Agency on Corruption Prevention (NACP), che controlla le dichiarazioni patrimoniali dei funzionari pubblici, risentirà di queste modifiche. Proteste si sono registrate in tutta l’Ucraina.

A Kiev, circa 2.000 manifestanti si sono riuniti nel centro della città per chiedere l’abrogazione della legge e le dimissioni di Andrey Yermak, capo dell’ufficio di Zelensky.  Anche il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, ha preso parte alla manifestazione. Mobilitazioni simili si sono svolte a Leopoli, Dnipro, Odessa, Poltava, Ternopil, Rivne

A Leopoli, alcuni manifestanti hanno persino minacciato un nuovo Maidan, cioè di una insurrezi9ne contro il governo di Kiev che in quella regione un tempo polacca potrebbe contare sul supporto di Varsavia. Una profonda spaccatura interna all’Ucraina nella fase più critica della guerra e che si aggiunge alle crescenti proteste della popolazione per la messa fuori legge dell’opposizione “filo-russa”, i reclutamenti forzati e per l’assenza di notizie circa decine di migliaia di militari ufficialmente “dispersi”.

Questa legge segna un punto critico per la credibilità democratica dell’Ucraina in un momento in cui il Paese dipende fortemente dal sostegno finanziario e militare dell’Occidente. Del resto le riforme anticorruzione sono sempre state, almeno a parole, una condizione chiave affinché Kiev potesse ottenere finanziamenti UE e USA, anche sev la realtà si è rivelata essere ben diversa.

Persino la Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen, solitamente docile con Zelensky e bendata davanti a soprusi anti democratici e corruzione dilagante in Ucraina, ha dovuto reagire.

“Sono seriamente preoccupata per il voto di oggi alla Rada. Lo smantellamento delle garanzie fondamentali che proteggono l’indipendenza di Nabu è un grave passo indietro. Organismi indipendenti come Nabu e Sapo sono essenziali per il percorso dell’Ucraina verso l’Ue. Lo Stato di diritto rimane al centro dei negoziati di adesione all’Ue”, ha scritto la commissaria Ue all’Allargamento Marta Kos su X.

Kos successivamente ha avuto un colloquio telefonico con la premier Ucraina Yulia Sryrydenko (insediatasi da pochi giorni) sulla questione. “Abbiamo espresso serie preoccupazioni per gli ultimi sviluppi dello Stato di diritto, in particolare per le modifiche adottate alla legge su Nabu e sulla Sapo. Continueremo a lavorare con l’Ucraina per le necessarie riforme dello Stato di diritto e per progredire nel percorso verso l’Ue“, ha scritto Kos.

Valutazioni a cui però la Commissione Europea dovrebbe aggiungere la conseguente considerazione che in questo contesto normativo che vede presidenza, governo e parlamento di Kiev complici nell’incentivare malaffare e corruzione è assurdo che in Europa si valuti di buttare altre decine o centinaia di miliardi per finanziare la difesa o addirittura la ricostruzione postbellica dell’Ucraina.

 

Foto: Denis Shmyhal/X, Ministero della Difesa ucraino e Transparency International Ukraine

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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