Chi punta all’escalation nel Baltico?

Il Cremlino è tornato a sfidare l’Europa” titolano più o meno con questi termini quasi tutti i giornali in Italia e in Europa dopo le supposte violazioni dello spazio aereo estone da parte di 3 Mig-31 russi, “abbattuti” o forse solo “intercettati” (a seconda dei giornali e dei TG) dagli F-35 italiani basati ad Amari (Estonia) nell’ambito della NATO enhanced Air Policing (eAP) nella regione baltica dove, a rotazione con altre forze aeree NATO, difendono lo spazio aereo delle tre repubbliche prive di aerei da guerra e di difesa antiaerea missilistica.
La vicenda è nota e si inserisce nel filone della drammatizzazione della minaccia russa già (male) espressa negli ultimi tempi in modo indecoroso con diverse raffazzonate iniziative propagandistiche: l’attacco russo al GPS dell’aereo di Ursula von der Leyen, l’offensiva dei droni russi contro le conigliere in Polonia, il drone russo penetrato in Romania e le “minacciose” esercitazioni Zapad in Bielorussia a cui hanno presenziato anche ufficiali americani, turchi e ungheresi (cioè di nazioni aderenti alla NATO).
Tutti pretesti mal costruiti per lanciare allarmi e chiamare gli alleati a raccolta evocando l’Articolo 4 della NATO (dopo la Polonia lo ha fatto anche l’Estonia) nel macabro e sempre più fallimentare tentativo di mobilitare l’opinione pubblica a favore di un riarmo massiccio che non possiamo permetterci e contro i russi pronti a marciare sull’Europa dopo aver divorato qualche prigioniero ucraino, come ha scritto La Stampa riprendendo una velina dell’intelligence/propaganda ucraina.
A caccia dell’escalation?
Per il governo di Tallinn la violazione dello spazio aereo sul Mar Baltico, per ben 12 minuti, è stata “un’audacia senza precedenti” ma su quelle acque ristrette incidenti del genere ne capitano spesso, considerato che gli spazi aerei nazionali si sovrappongono e il corridoio per il passaggio di aerei militari è da sempre molto stretto, come ha ben spiegato l’analista militare Charly015 ripreso dal sito Giubbe Rosse e hanno confermato ad Analisi Difesa fonti militari che hanno chiesto l’anonimato.
Di fatto i voli militari russi vengono effettuati inevitabilmente sui limiti dello spazio aereo delle nazioni rivierasche, tutti membri della NATO, senza che questo costituisca né una intrusione né una aggressione.
Da quando è iniziata la guerra in Ucraina queste limitazioni geografiche in un bacino ristretto come il Baltico hanno consentito decine di decolli su “scramble” dei caccia alleati e incontri ravvicinati tra questi e velivoli russi. I caccia avvertono “l’intruso” che si è avvicinato allo spazio aereo nazionale: gli aerei lo affiancano e lo scortano (non lo abbattono né lo intercettano) fino a quando non si allontana.
Oggi il governo di Varsavia ha utilizzato il pretesto dell’ennesimo massiccio attacco notturno russo contro obiettivi in Ucraina (579 droni e 40 missili balistici e da crociera) per lanciare la massima allerta sulla Polonia mobilitando caccia polacchi e alleati.
Routine quotidiana, non solo in Europa, per chi ha memoria di questi episodi durante la prima guerra fredda ma oggi evidentemente baltici e nord europei puntano a esagerare o costruire ad hoc episodi su cui scatenare allarmismi, ben sostenuti dalla Ue e dalle tre (decadenti) “potenze“ europee pronte a dichiarare in coro con il presidente von der Leyen che “risponderemo alle provocazioni”.
Eppure Mosca ha respinto ogni accusa con un comunicato del ministero della Difesa in cui precisa che “tre MiG-31 stavano conducendo un volo di routine dalla regione della Carelia, a est della Finlandia, a un aeroporto nella regione di Kaliningrad. I jet hanno sorvolato le acque neutrali del Mar Baltico, a più di 3 chilometri dall’isola estone di Vaindloo, senza violare lo spazio aereo estone. Il volo è stato effettuato in stretta conformità con le normative internazionali sullo spazio aereo e senza attraversare i confini di altri Paesi”, ha aggiunto il ministero.
Certo non si può certo scommettere sulla sincerità dei russi ma, come sappiamo ormai per certo, neppure su quella di NATO, UE e di molti governi nella regione baltica che hanno già mentito o esagerato la portata di eventi molte volte dall’inizio della guerra e anche negli ultimi giorni (forse non a caso nel momento in cui nella Ue si dibatte sul 19° pacchetto di sanzioni alla Russia), come se avessero urgenza di accrescere gli allarmismi se non addirittura di creare un casus belli.
Iniziativa palese ma sbugiardata dalla scarsa credibilità con cui è stata attuata finora e che in Polonia ha visto uno scontro istituzionale molto forte tra il governo e la presidenza supportata dai servizi segreti con l’invito al governo guidato da Donald Tusk a non raccontare bugie perché “non c’è consenso nel nascondere informazioni”.
Propaganda raffazzonata
Uno sforzo propagandistico a cui collaborano da anni quasi tutti i media che in questo conflitto hanno molto in comune con la politica sostenendone, spesso in modo acritico, ogni narrazione allarmistica e anti-russa alimentata dall’Unione Europea e da diversi governi nazionali.
Ovviamente che tutto questo possa dipendere anche dal miliardo di euro di fondi pubblici che la UE (Commissione e Parlamento) ha elargito a media anche italiani, è una valutazione che lasciamo ai lettori.
Positivo che l’Italia si sia finora sottratta a molte iniziative determinate da allarmismi evidentemente ritenuti non del tutto giustificati a Roma.
Non parteciperà al rafforzamento del Fianco Est (operazione Sentinella Orientale della NATO) se non lasciando la batteria da difesa aerea SAMP/T dell’Esercito già schierata presso la base lituana di Šiauliai, non ha finora aderito all’acquisto dei pacchetti da 500 milioni di dollari per armi statunitensi da fornire agli ucraini e a quanto sembra il nostro intelligence non valuta né credibili né motivati i reiterati allarmi per l’invasione russa dell’Europa entro 3 o 4 anni, periodicamente rilanciati in Germania e in altre nazioni che si affacciano sul Mar Baltico.
Che è indubbiamente un’area calda: gli aerei russi lo sorvolano collegando la regione di Leningrado con il territorio di Kaliningrad e anche sul mare non mancano le tensioni dopo i tentativi delle marine delle repubbliche baltiche di fermare petroliere sospettate di far parte della “flotta ombra” che esportano greggio russo dal porto di Primorsk e in alcuni casi protette da navi militari o da coppie di jet russi per scoraggiare abbordaggi.
Ogni anno transitano da Primorsk circa 60 milioni di tonnellate di petrolio, che fruttano alla Russia circa 15 miliardi di dollari: il porto è stato spesso oggetto degli attacchi dei droni ucraini, l’ultimo il 13 settembre ha danneggiato due petroliere.
Informazione incompleta
Attacchi a obiettivi commerciali (quindi non militari) che battono bandiere non russe in un porto russo che forse potrebbe spiegare quanto accaduto ieri alla piattaforma polacca Petrobaltic, sorvolata a bassa quota da due jet russi nel Mar Baltico, non lontano dalle coste polacche e da quelle russe di Kaliningrad.
Anche questa notizia ha destato allarmi per le “provocazioni russe” ed è interessante notare come è apparsa sul giornale britannico The Guardian e poi sulle agenzie di stampa italiane.
La Polizia di Frontiera della Polonia ha dichiarato che due caccia russi hanno violato la zona di sicurezza della piattaforma di esplorazione petrolifera e di gas Petrobaltic nel Mar Baltico, effettuando un sorvolo a bassa quota sulla piattaforma. “Le Forze Armate polacche e altre autorità sono state informate“, riportava ieri il Guardian.
Le guardie di frontiera polacche hanno segnalato che due jet da combattimento russi hanno violato la zona di sicurezza della piattaforma di esplorazione petrolifera e del gas Petrobaltic nel Mar Baltico, eseguendo un sorvolo a bassa quota della piattaforma. Lo riporta il Guardian. “Le forze armate polacche e altre autorità sono state informate”, hanno affermato – ha scritto LaPresse.
Più o meno lo stesso testo lanciato da Italpress, mentre l’AGI ha aggiunto una precisazione: Due dei tre jet russi che hanno violato lo spazio aereo estone hanno volato a bassa quota sulla piattaforma petrolifera di Petrobaltic nel Mar Baltico, violandone la zona di sicurezza. Lo riferisce la guardia di frontiera polacca, sottolinea il Guardian.
Un ulteriore dettaglio lo ha fornito l’Agenzia Nova: “I servizi di sicurezza polacchi monitorano costantemente la situazione all’interno delle infrastrutture marittime critiche, anche al di fuori delle acque territoriali polacche“, si legge in un comunicato della Guardia di frontiera.
Per avere il quadro completo però occorre leggere i media polacchi. Polsat News, riprende integralmente i comunicati della Guardia di Frontiera del Comando Operativo Polacco che dopo la frase “Le Forze Armate polacche e altri servizi sono stati avvisati” citata anche da Guardian e agenzie italiane, aggiunge un dettaglio non proprio secondario ai fini della percezione di quanto accaduto.
“Lo spazio aereo polacco non è stato violato e non è stata necessaria una risposta militare”, ha dichiarato il tenente colonnello Jacek Goryszewskim portavoce del Comando Operativo delle Forze Armate Polacche.
Notizia ribadita anche dal portavoce della Guardia di Frontiera, sottotenente Katarzyna Przybysz: “L’aereo non ha violato il confine di Stato”.
Perché queste poche righe con tanto di dichiarazioni di portavoce militari e delle Guardie di Frontiera non sono state citate dalle agenzie italiane né dal britannico Guardian?
Viene il sospetto che forse avrebbero ridimensionato la portata dell’evento, poiché, come spiega sempre Polsat News, Goryszewski ha anche riferito che un aereo russo aveva attraversato la no-fly zone, designata a 500 metri dalla piattaforma petrolifera.
L’accaduto è stato reso noto dal personale della piattaforma. “Il personale di sicurezza della piattaforma ci ha informato dell’incidente” ha dichiarato il sottotenente Przybysz. Quindi, pare di comprendere che l’allarme è dovuto al passaggio a bassa quota di un Mig 31 a meno di 500 metri dalla piattaforma off-shore, fuori dallo spazio aereo polacco.
Foto: Difesa.it, NATO, Ministero Difesa russo, Lotos SA,

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.