I russi avanzano ancora e intensificano gli attacchi in profondità sull’Ucraina

Mentre in Europa l’attenzione di politica e media è concentrata sulle supposte violazioni russe dello spazio aereo delle nazioni UE/NATO, sempre meno risalto viene riservato allo sviluppo delle operazion i militari che vedono i russi continuare a conseguire progressi quotidiani lungo buona parte dei 1.250 chilometri di fronte e intensificare i bombardamenti con droni e missili contro le infrastrutture militari, industriali, energetiche e ferroviarie nell’entroterra dell’Ucraina, dalle aree che si trovano a ridosso della linea del fronte fino ai confini con occidentali.
“Le Forze Armate della Federazione Russa hanno liberato oltre 609 km² di territorio nella zona dell’Operazione Militari Speciale nel settembre 2025” ha dichiarato il presidente Vladimir Putin al 22° Meeting del Discussion Club di Valdaj, aggiungendo che le truppe di Mosca “controllano due terzi di Kupyansk, sono penetrati a Pokrovsk, Konstantinovka e Seversk e mantengono l’iniziativa lungo tutta la linea del fronte”.
“La leadership di Kiev farebbe meglio a iniziare a pensare a come negoziare,” ha affermato Putin, a conferma che il rifiuto di Kiev di accettare di negoziare sulla base della cessione alla Federazione Russa delle regioni di Kherson, Zaporizhia, Donetsk (per il 75/80 per cento già in mano russa) e Lugansk (totalmente sotto controllo russo come la Crimea) sta portando il governo di Kiev a subire ulteriori perdite e distruzioni e a perdere ulteriormente terreno anche in regioni diverse quali Kharkiv e Dnepropetrovsk.
L’impressione è che i russi stiano rafforzando la superiorità in termini numerici e di potenza di fuoco nei confronti degli ucraini. Secondo le stime occidentali, solo nel mese di agosto le Forze Armate russe hanno utilizzato in prima linea 150.126 droni FPV (di cui 30 mila avrebbero colpito il bersaglio), una media di 4.843 droni al giorno: armi che oggi secondo molte fonti rappresentano la principale causa delle perdite sui campi di battaglia ucraini e che secondo fonti del ministero della Difesa russo costituiscono l’80 per cento delle azioni di bombardamento delle linee ucraine anche se ovviamente meno massicce come volume di fuoco rispetto ad artiglieria e bombe aeree guidate.
La battaglia dei chilometri quadrati
I russi controllano oggi quasi il 20 per cento del territorio ucraino (inclusa la Crimea): il 19,05 per cento secondo il canale Telegram ucraino Deep State, pari a 114.988 chilometri quadrati.
Le affermazioni di Putin fanno seguito a quanto dichiarato a fine agosto dal generale Valery Gerasimov, capo di stato maggiore delle forze armate russe (recentemente riconfermato nell’incarico per altri 5 anni), che aveva riferito di oltre 3.500 km² di territorio ucraino conquistati dal marzo scorso.
Cifra da ridimensionare secondo gli ucraini e l’Institute for the Study of the War (ISW) americano a soli 2.350 chilometri quadrati di cui 594 km² in agosto, un po’ meno che in luglio (634 chilometri quadrati) quando si registrò la più rilevante avanzata da novembre 2024 (725 km²).
I russi avevano guadagnato 430 chilometri quadrati in Ucraina in gennaio e 313 in febbraio di quest’anno, sempre secondo l’ISW che quindi valuterebbe i progressi russi da gennaio ad agosto pari a 3.093 km².
L’ISW, think-tank statunitense di orientamento neocon, sostenitore del conflitto prolungato per logorare la Russia e da tempo impegnato a dimostrare che gli ucraini non stanno perdendo la guerra, contesta con regolarità i numeri forniti da Mosca circa la superficie dei territori conquistati, definendoli frutto della propaganda. Infatti il centro studi statunitense ha immediatamente contestato i dati forniti da Putin a Valdaj rilevando che in settembre i russi avrebbero conquistato solo 447 km² di territorio russo.
L’obiettivo di questa “guerra dei numeri” rientra nel confronto propagandistico in cui compete ampiamente anche il filo-ucraino ISW, impegnato a dimostrare che l’offensiva russa sta rallentando e perdendo slancio.
Elemento fondamentale per sostenere il più ampio concetto strategico che l’Ucraina non sta perdendo la guerra e, anzi, può ancora vincerla con un rinnovato aiuto delle nazioni aderenti alla NATO. Un messaggio-chiave che in queste settimane è stato ripetuto da diversi esponenti del mondo politico e militare sulle due sponde dell’Atlantico.
Per questo il conteggio dei chilometri quadrati “liberati” o “occupati” (a seconda delle fonti) dai russi non rappresenta solo un noioso calcolo accademico ma riveste un ruolo rilevante per sostenere le rispettive narrazioni propagandistiche pur avendo un valore poltico-strategico soprattutto per l’asse Ucraina/UE/NATO.
Mentre i russi sembrano puntare a demolire le capacità militari nemiche più che a conquistare rapidamente territori, sul fronte ucraino-occidentale le crescenti difficoltà militari, economiche e sociali di Kiev e dell’Europa (a cui gli Stati Uniti hanno imposto di pagare il conto del riarmo proprio e dell’Ucraina) stanno minando il sostegno alla guerra prolungata e la fiducia nella vittoria.
Concetti peraltro entrambi basati sulla valutazione (o la speranza) che la Russia venga logorata prima o poi dal conflitto e sia costretta a cedere o a negoziare la pace da una posizione di debolezza.
Per questo sottrarre qualche chilometro quadrato alle conquiste territoriali risulta utile a indicare una tendenza favorevole a Kiev, indipendentemente dal fatto che questi dati siano corretti, che la tendenza venga correttamente individuata e che il valore chilometrico dei territori conquistati e perduti abbia un valore significativo per interpretare l’andamento e i possibili sviluppi del conflitto.
Tornando ai numeri, secondo i dati forniti da Mosca, l’avanzata russa da marzo a settembre 2025 sarebbe di almeno 4.100 km²: in sei mesi la stessa estensione dei territori conquistati nell’intero 2024, cioè 4.168 km²: oltre sette volte di più rispetto ai 584 km² conquistati nel 2023, l’anno della fallita grande controffensiva ucraina, secondo i dati ISW che riprendeva dati forniti dal canale Telegram ucraino Deep State.
Se a questi dati aggiungiamo i 743 km² che sempre secondo l’ISW i russi hanno conquistato in gennaio e febbraio, l’avanzata delle forze di Mosca tra gennaio e settembre ha raggiunto circa 4.843 km², cioè in media 538 km²/mese.
Anche utilizzando le stime riduttive dell’ISW i russi avrebbero conquistato da gennaio a settembre 3.540 km², cioè una media di 393 km²/mese: in prospettiva annuale sufficienti a superare in ogni caso ampiamente le conquiste territoriali russe del 2024.
In modo ancor più consistente se si considera la prospettiva dell’intero 2025, tenuto conto che non ci sono elementi che possano indicare che l’avanzata russa venga arrestata dalla resistenza ucraina nei prossimi tre mesi.
La battaglia per le roccaforti
Quindi i dati forniti da Mosca, ma anche quelli più riduttivi di ucraini e ISW, confutano decisamente ogni valutazione che possa indicare un rallentamento dell’avanzata russa, che in ogni caso potrebbe verificarsi per ragioni operative negli ultimi tre mesi dell’anno in alcuni settori del fronte, dove gli scontri si stanno concentrando in alcune delle più importanti roccaforti ucraine.
Se si può discutere, fino a un certo punto, i chilometri quadrati conquistati dai russi, è invece fuori discussione che le forze di Mosca stiano investendo direttamente i centri abitati di Kupyansk (oblast di Kharkiv), Seversk, Kostantinovka, Pokrovsk e Mirnograd (oblast di Donetsk).
In tutti questi centri le forze russe sono penetrate ampiamente (Kupyansk e Pokrovsk) o hanno raggiunto i sobborghi (Seversk e Kostantinovka) e benché proseguano le avanzate ai lati di questi settori è presumibile che le battaglie urbane assorbano forze consistenti sia per mantenere l’isolamento delle guarnigioni ucraine per lo più tagliate fuori quasi del tutto da ogni via di rifornimento e supporto logistico sia per i combattimenti casa per casa.
Secondo mi blogger militari del canale Telegram Rezident UA, il quartier generale ucraino ritiene la difesa di Pokrovsk e Kupyansk prioritarie rispetto a Seversk e Lyman, quest’ultima non ancora raggiunta dai russi che si trovano a meno di 5 chilometri dal centro urbano.
Lo Stato Maggiore ucraino, privo ormai di riserve, sembrerebbe quindi obbligato a sacrificare uno o più settori del fronte per difenderne altri. Un contesto che, se confermato, dimostrerebbe quello che Analisi Difesa sostiene ormai da tempo circa l’iniziativa russa tesa ad allungare le linee del fronte per mettere in difficoltà un nemico che ha sempre meno truppe, mezzi, armi e munizioni.
Spiegherebbe inoltre le voci diffuse l’estate scorsa dai milblogger ucraini di un piano, mai approvato da Kiev, per arretrare le linee ucraine di alcune decine di chilometri per accorciare il fronte e ridurre il logoramento dei reparti.
Pokrovsk
Il generale Oleksander Syrsky, capo di stato maggiore delle forze armate ucraine, avrebbe ordinato l’invio di tutte le migliori unità a Pokrovsk (Krasnoarmiysk per i russi) per mantenere la posizione, che è già quasi completamente accerchiata. Milblogger russi hanno reso noto che già dal 28 settembre l’unico modo possibile per rifornire Pokrovsk sarebbe “a piedi” con evidenti limiti alle quantità di materiale trasportabile.
Per sostenere la difesa del cosiddetto “imbuto di Pokrovsk” gl ucraini stanno mettendo in campo le loro migliori brigate.
O quanto ne resta tenuto conto che secondo un rapporto del think-tank polacco OSW, le forze ucraine necessiterebbero 300mila truppe per ricostituire le proprie brigate, ridotte numericamente al 50% e in alcuni casi addirittura al 30% degli organici previsti. Inoltre, secondo i media ucraini solo il 20% delle nuove reclute (arruolate spesso con la forza) raggiunge il fronte. Il resto diserta: Putin a Valdaj ha parlato di 150.000 disertori ucraini nei primi 9 mesi del 2005.
Blogger militari russi hanno rivelato che le brigate ucraine 82ª, 95ª, 79ª e 35ª, che in precedenza tenevano il fronte nelle regioni di Sumy e Kharkiv, si trovano ora nel settore di Pokrovsk a combattere in un’area con una profondità tattica minima, senza possibilità di una difesa adeguata e sotto il costante tiro di droni, aerei e artiglieria russa. L’obiettivo è demolire metodicamente le struttura difensive delle unità ucraine e creare le condizioni per un’ulteriore avanzata nell’agglomerato urbano.
Una battaglia senza speranze per gli ucraini in assenza di una forza di manovra consistente che possa respingere le forze russe a est del centro abitato all’interno del quale i russi continuano ad avanzare conquistando il sobborgo di Chunishino e il quartiere di Lazurny mentre in quello di Shakhtyorsky gli ucraini oppongono una fiera resistenza.
I canali Telegram militari ucraini confermano l’avanzata russa, quelli russi ammettono che la situazione non è ancora stabilizzata nei quartieri Shakhtyorsky, Solnechny e Yuzhny difesi dagli ucraini.
L’arrivo dei rinforzi ucraini potrebbe consolidare temporaneamente le difese di Pokrovsk, Mirnograd e Rodynske dove i russi avanzano combattendo casa per casa sorretti da un consistente volume di fuoco ma potrebbe anche permettere di rafforzare le difese di Hryshyne, il centro abitato situato “all’imboccatura dell’imbuto” non ancora raggiunto dai russi (che avanzano da sud e da nord e si trovano a meno di 5 chilometri) e da cui passa l’unica strada utilizzabile per rifornire le truppe nella sacca.
Negli ultimi giorni le ricognizioni in forze e poi le puntate offensive russe nei centri urbani di di Mirnograd e Rodynske avrebbero rivelato capacità difensive ucraine limitate e mal coordinate. Una situazione che l’arrivo di rinforzi potrebbe aiutare il comando ucraino a correggere.
I progressi russi sono costanti in tutto il settore e in particolare a est e a nord di Pokrovsk, a conferma che il comando russo (affidato in questo settore dal tenente generale Sergey Storozhenko, che è ucraino ma si è schierato con Mosca fin dal 2014) non punta per ora a chiudere “l’imbuto” ma al contrario a mantenerlo aperto ma sotto il tiro costante per infliggere crescenti perdite al nemico privilegiando l’avanzata in settori più sguarniti.
I russi infatti hanno ripreso ad avanzare a nord di Pokrovsk lungo l’asse dello sfondamento dell’11 agosto scorso che era stato in parte riassorbito dal contrattacco ucraino, da tempo esauritosi e che vede oggi i russi riprendere ad avanzare con la riconquista di Zoloty Kolodyaz (con un ulteriore sfondamento verso nord reso noto oggi) e i progressi verso Blytske, anticamera dell’assalto a Dobropylla e a Sjhakove dove gli ucraini sono chiusi in una sacca lunga e stretta indifendibile ma che impone pesanti perdite ai difensori.
Il tracollo ucraino nell’imbuto di Pokrovsk, offrirebbe ai russi l’opportunità di puntare anche da ovest verso Kramatorsk e Slovyansk, le due grandi roccaforti ucraine nella regione di Donetsk già minacciate da nord, sud e est dalle truppe russe giunte ormai a non più di 15 chilometri dai sobborghi dei due centri urbani trasformati in fortezze
Kupyansk
I progressi russi nel centro abitato di Kupyansk sono stati rilevanti, con due terzi della città sotto controllo delle forze di Mosca anche se gli ucraini riconoscono di aver perduto solo terzo della città: i contendenti giocando sulla sottile differenza tra aree sotto controllo russo o ucraino e quelle nella cosiddetta “zona grigia” in cui nessuno dei due belligeranti può rivendicare il controllo stabile del territorio.
La ridistribuzione nel settore di Pokrovsk di un paio di brigate scelte ucraine schierate nel settore di Kupyansk indebolisce ulteriormente le capacità difensive e di lanciare contrattacchi tattici per impedire che i russi chiudano in una grande sacca diverse brigate ucraine, o ciò che ne resta lungo le rive del fiume Oskol.
Gli ultimi report riferiscono che Kupiansk è avvolta da una nube di fumo a seguito dei violenti bombardamenti e combattimenti in corso anche nel centro della città.
Milbloggers russi riferiscono che gran parte delle truppe ucraine in città sono isolate, con gli accessi alla citta saldamente in mano russa con l’esclusone di quelli a sud-est che consentirebbero ancora agli ucraini di ritirarsi e evacuare Kupyansk pur se sotto il fuoco russo che colpisce metodicamente ogni edificio trasformato in postazione per indurre gli ucraini a retrocedere.
Si ripete di fatto per l’ennesima volta lo stesso schema offensivo russo inaugurato a Bakhmut nel 2023 e replicato già in numerose occasioni. Oggi il rischio più grave per gli ucraini è che il crollo improvviso delle difese a Kupyansk determini la rapida chiusura della sacca con il congiungimento della tenaglia russa che avanza da nord e da sud (a una distanza di non più di 10 chilometri) e che circonderebbe tutte le forze ucraine schierate sulla riva sinistra del fiume Oskol.
A mettere in forse le capacità ucraine di continuare a resistere a Kupyansk non è solo la superiorità russa in termini di truppe, mezzi e potenza di fuoco ma soprattutto il fatto che gli ucraini non ricevono più rifornimenti. In città sarebbero rimasti anche 500 civili che hanno rifiutato l’evacuazione decretata da tempo da Kiev e che con ogni probabilità attendono l’arrivo dei russi.
Seversk, Lyman e Kostantinivka
Le Forze Aerospaziali Russe hanno colpito il ponte sul Seversky Donets vicino a Raygorodok, una delle arterie di trasporto chiave delle forze ucraine tra Krasny Liman e Slavyansk. L’obiettivo è tagliare le vie logistiche utilizzate per rifornire Lyman e Seversk da Slavyansk e Kramatorsk.
Un articolo del Wall Street Journal ha evidenziato che l’interdizione logistica attuata dai droni russi nelle retrovie ucraine causa costanti ritardi nella fornitura di munizioni e nell’evacuazione dei feriti. Risulterebbe particolarmente efficace l’utilizzo da parte dei russi di “droni madre pesanti” che rilasciano droni kamikaze contro bersagli in movimento anche a 30 – 40 chilometri dalla linea del fronte.
La manovra avvolgente russa è più avanzata a nord di Lyman mentre a sud la resistenza ucraina a TYampil impedisce per ora ai russi di avanzare speditamente lungo la sponda settentrionale del fiume Siversky Donets.
Intorno a a Seversk i russi sono penetrati da diversi giorni nei sobborghi orientali e settentrionali ma sembrano attendere di chiudere l’accerchiamento della città anche da sud e da ovest prima di lanciare un massiccio attacco casa per casa puntando forse a ottenere la resa degli ucraini che anche in questo settore sono ormai imbottigliati.
La stessa situazione che si registra a Kostantynka (Kostantinovka per i russi), dove le forze di Mosca hanno raggiunto da tempo i sobborghi orientali ma stanno cercando di sfondare le linee ucraina a sud della città e interrompere la strada logisticas che unisce il centro urbano a Druzkhivka prima di lanciare l’assalto alla città.
Kharkiv, Dnipropetrovsk e Zaporizhia
Al di là delle battaglie per le roccaforti, le forze russe hanno registrato progressi anche nelle regioni di Kharkiv avanzando lungo i co fini con la regione russa di Belgorod e nei centri abitati di Vovchansk e Liptsy e creando le opportunità per allungare la fascia di sicurezza che Mosca vuole istituire in territorio ucraino a protezione del suo confine. Anche nella regione di Sumy i russi potrebbero presto riprendere l’avanzata approfittando del ritiro di due brigate scelte ucraine trasferite a Pokrovsk.
Le Forze armate russe hanno preso il controllo dell’insediamento di Otradnoje, nella regione di Kharkiv lungo il confine con la regione russa di Belgorod. Lo ha sostenuto oggi il ministero della Difesa russo precisando che l’insediamento è stato conquistato dalle unità del Raggruppamento di Forze Nord.
Nel settore di Velikomykhailivka, le truppe russe hanno preso Kalinovskoye, hanno sfondato da Stepove, preso Kalinovskoye, ha sfondato a Verbove (dove si registra un contrattacco ucraino), nella regione di Dnipropetrovsk, dove l’avanzata prosegue lungo ‘l’intera linea del fronte approfittando dell’assenza di linea difensive e di limitate forze ucraine.
Nel settore di Novopavlivka i russi cercano di completare l’accerchiamento della città anche da ovest e sono penetrati a Ivanivka mentre hanno preso d’assalto Novogrigorovka, nella regione di Zaporozhia, puntando ad aggirare la roccaforte di Hulyapole, perno delle linee difensiva ucraine in quella regione.
Blogger militari ucraini evidenziano come l’offensiva russa nei distretti orientali delle regioni di Zaporozhye e Dnipropetrovsk abbia subito una forte accelerazione negli ultimi giorni con le avanguardie russe giunte a 12 km dall’autostrada Pokrovsk-Huliapole, il cui controllo permettere ai russi di minacciare le linee difensive meridionali fino a Orekhov, compromettendo l’intero fronte ucraino a Zaporizhia.
Si aggravano le condizioni delle forze ucraine
Nelle retrovie le condizioni delle forze armate ucraine appaiono sempre più compromesse. La Commissione Bilancio della Rada (il parlamento ucraino) ha reso noto che sono esauriti i fondi per gli stipendi dei militari e che dal 1° novembre non sarà più possibile pagarli. L’Ucraina vuole utilizzare per questo scopo i prestiti stanziati nell’ambito del programma del G7 Extraordinary Revenue Acceleration (ER) oltre a chiedere fin d’ora i 120 miliardi di dollari che Kiev pretende dagli alleati (cioè agli europei) per sostenere le spese militari nel 2026.
Circa le forniture militari secondo il canale Telegram Rezident UA, a causa dei fenomeni corruttivi e degli intensi bombardamenti russi sugli stabilimenti industriali ucraini, circa il 60% dei droni ucraini che arrivano al fronte mediante contratti statali sarebbero difettosi.
Dopo oltre tre anni e mezzo di guerra le forze ucraine hanno perduto gran parte dell’equipaggiamento di tipo russo/sovietico che avevano a disposizione e faticano a produrre equipaggiamenti sul territorio nazionale a causa degli incessanti bombardamenti russi.
Secondo il canale Telegram russo Military Theme Z, il 70% dell’artiglieria, l’80% dei blindati e il 95% dei sistemi di comunicazione, dei sistemi elettronici e dei sistemi antiaerei delle forze armate ucraine sono oggi di provenienza NATO.
Difficoltà anche sul fronte dei reclutamenti. Al 1° settembre il numero di carcerati che sono stati rilasciati in cambio dell’arruolamento aveva raggiunto le 10’100 unità
Secondo un articolo comparso sul giornale El Pais, fino ad 1,5 milioni di cittadini ucraini in età militare schivano le pattuglie dei reclutatori per non andare al fronte e secondo Rezident UA cittadini ucraini si stanno organizzando per proteggersi dai reclutatori intervenendo fisicamente a difesa di chi viene forzatamente prelevato.
Da quando sono state aperte le frontiere ai giovani tra i 18 e i 22 anni con l’obiettivo di incentivarne il rientro in Ucraina dall’estero, l’effetto ottenuto è esattamente l’opposto, con il 40% (ovvero 60mila) dei cittadini ucraini di quelle fasce d’età che hanno lasciato il paese.
In una intervista, la volontaria ucraina Marusya Zveroboy ha affermato che “se la gente dovesse venire a conoscenza della reale portata delle perdite ucraine nella guerra, il morale riceverebbe un duro colpo”.
Mosca valuta che gli ucraini abbiano registrato 1,45 milioni di morti e feriti mentre Kiev rivendica di aver ucciso o ferito 1,1 milioni di militar russi. Al 3 ottobre il totale degli annunci mortuari pubblicati sui media ucraini ammontava a 670mila secondo il canale Telegram russo Slavyangrad mentre quello ucraino WarTears fornisce numeri più alti: 787’313 caduti, ma si affida ad un algoritmo per effettuare le sue stime.
A parziale dimostrazione di una crescita rilevante delle perdite ucraine rispetto a quelle russe, il canale Telegram russo LostArmour rileva che dopo l’ultimo scambio di salme del 19 settembre (1.000 soldati ucraini per 24 russi), il totale ha raggiunto quest’anno quota 18.362 ucraini e 3.208 russi. Un rapporto di 5,72 a 1 mentre fino a fine maggio 2024, gli scambi di salme di caduti avvenivano circa in parità.
Nonostante i missili e i droni russi bersaglino i centri di raccolta e addestramento dei volontari stranieri schierati con Kiev sempre “migliaia di azeri combattono in Ucraina e oltre cento sono già morti”, ha affermato l’addetto stampa della diaspora azera in Ucraina, Gabil Osmali, commentando la morte di un connazionale operatore di droni.
Secondo scaglione di leva per le forze armate russe
Il presidente russo Putin, ha annunciato il 29 settembre l’arruolamento di 135.000 uomini per il servizio militare, la più grande campagna di coscrizione autunnale del Paese dal 2016.
La Russia arruola per la leva obbligatoria uomini di età compresa tra 18 e 30 anni in due scaglioni, ogni primavera e autunno. Si prevede che i coscritti prestino servizio per un anno in una base militare all’interno della Russia, non per combattere in Ucraina, sebbene ci siano state segnalazioni di uomini di leva inviati in prima linea.
Il decreto ordina “la coscrizione di 135.000 cittadini della Federazione Russa dal 1 ottobre al 31 dicembre 2025” che si sommano ai 160.000 uomini arruolati in primavera. Il Cremlino ha aumentato la campagna di coscrizione annuale in media di circa il 5% ogni anno dal 2022, quando ha preso il via il conflitto in Ucraina.
Nel settembre 2024 era stata annunciata l’espansione dell’esercito a 1,5 milioni di militari rendendo le forze armate russe tra le maggiori del mondo in termini di effettivi. Oggi, oltre a circa 300 mila militari di leva, vi sono oltre 700.000 militari professionisti e arruolati con contratto annuale rinnovabile che operano in Ucraina.
Attacchi in profondità
Russi e ucraini si sfidano anche con gli attacchi in profondità effettuati con droni e missili: più massicci quelli russi diretti contro obiettivi militari, industriali, ponti, ferrovie, batterie antiaeree e infrastrutture energetiche; più limitati ma efficaci quelli dei droni ucraini che si con centrano sulle raffinerie russe creando difficoltà negli approvvigionamenti di carburante.
Secondo un articolo del New York Times la Russia avrebbe lanciato contro l’Ucraina 34mila “droni pesanti” (Geran e Molniya) dall’9inizio dell’anno al 15 settembre 2025. Sarebbero molti di più invece i droni esca inviati per saturare le difese aeree. L’invio avviene in sciami, a ondate e seguendo rotte intricate. L’aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno è stato di 9 volte.
In settembre il numero di attacchi è aumentato del 36%: sono stati registrati 5.638 droni a lungo raggio e 185 missili balistici e da crociera. Nello stesso mese si è registrato l’attacco più massiccio di sempre all’Ucraina con l’impiego di 810 droni la notte del 7 settembre.
Il generale Syrsky ha invece registrato che in settembre la Russia avrebbe impiegato contro l’Ucraina circa 6.900 droni pesanti, dei quali 3.600 Geran.
Ad accrescere l’efficacia delle incursioni russe hanno contribuito le modifiche ai missili balistici Iskander il cui tasso di intercettazione è sceso al 6% con le nuove versioni a testata manovrabile, come ha riferito anche il Financial Times citando dati dell’Aeronautica Ucraina raccolti dal Centre for Information Resilience (CIR) con sede a Londra.
I bombardamenti che hanno colpito i produttori di droni ucraini quest’estate sono stati un esempio lampante del miglioramento dei missili balistici russi per contrastare meglio le batterie Patriot statunitensi, hanno dichiarato al Financial Times funzionari ucraini e occidentali, attuali ed ex funzionari, sia in Ucraina che in Occidente.
Gli intercettori Patriot sono gli unici nell’arsenale di Kiev in grado di abbattere i missili balistici russi. I missili da crociera di Mosca possono essere abbattuti con difese aeree meno sofisticate, ma gli aggiornamenti hanno reso più difficile farlo, secondo i funzionari. La prima indicazione di un aggiornamento dei missili russi è stata un netto calo dei tassi di intercettazione. E’ emerso uno “schema” in cui i missili in arrivo si comportavano in modo diverso nella loro “fase terminale”, deviando dalle impostazioni di ingaggio precedentemente stabilite, ha scritto FT.
Kiev del resto sta anche affrontando un rallentamento nella fornitura di intercettori per la difesa aerea dagli Stati Uniti, mentre la Russia ha distrutto importanti strutture militari e infrastrutture critiche prima dell’inverno Secondo funzionari ucraini, almeno quattro stabilimenti di produzione di droni a Kiev e dintorni sono stati gravemente danneggiati quest’estate. Più recentemente, la fabbrica di droni “RC Direction” a Dnipropetrovsk è stata colpita.
Anche alcune batterie di Patriot sono state attaccate e danneggiate, con conseguente indebolimento dell’architettura di difesa aerea così come molti specialisti addestrati a utilizzare tali sistemi sono stati uccisi.
Secondo l’MI-6 la Russia avrebbe accumulato 20mila droni pesanti Geran 2 e Molnya per la “campagna d’inverno” contro l’Ucraina. L’attacco del 3 ottobre sulla infrastruttura di produzione del gas ucraino è stato il più massiccio dall’inizio della guerra con l’impiego di 35 missili, molti dei quali balistici, e 60 droni pesanti.
Il direttore delle ferrovie ucraine (Ukrzaliznytsia) Pertsovsky ha detto che le forze armate russe mirano a distruggere l’infrastruttura ferroviaria ucraina per paralizzare la movimentazione di merce. Tale processo è in atto da luglio. Si tratta di attacchi complessi, che compliscono sottostazioni elettriche, depositi di locomotive e stazioni.
I russi avrebbero potenziato negli ultimi mesi la propria difesa aerea (secondo la società Almaz Antey la produzione di sistemi antiaerei/antimissile russi S-350 e S-400 sarebbe raddoppiata) e la capacità di trovare e attaccare i sistemi di lancio dei droni ucraini diretti contro la Russia.
Lo scorso 1° ottobre un attacco condotto da un missile Iskander ha colpito presso Lavy (Chernigov) un punto di lancio di droni a lungo raggio ucraini dove si erano radunati una ventina di camion che avevano trasportato tali droni. Droni russi Geran hanno poi inseguito e colpito i camion che erano sopravvissuti al primo attacco. Un centinaio di droni a lungo raggio Lyuty e 60 tra operatori, tecnici ed autisti delle forze ucraine sono stati eliminati.
Gli attacchi dei droni russi Geran-2 contro i trasporti ferroviari ucraini sembrano avere avuto successo riducendo di molto il traffico e facendo esplodere ponti necessari a inviare rifornimenti in prima linea. Secondo i dati del canale Telegram DD Geopolitics, le Forze Armate russe hanno già “distrutto” circa il 10-12% delle locomotive ucraine.
Il direttore delle ferrovie ucraine (Ukrzaliznytsia), Oleksandr Pertsovsky, ha detto che le forze armate russe mirano a distruggere l’infrastruttura ferroviaria ucraina per paralizzare la movimentazione di merce. Tale processo è in atto da luglio. Si tratta di attacchi complessi, che compliscono sottostazioni elettriche, depositi di locomotive e stazioni.
Il 5 ottobre l’Ucraina è stata colpita da un attacco combinato russo con oltre 50 missili da crociera e Kinzhal e circa 500 droni d’attacco. Colpiti obiettivi nelle regioni di Leopoli, Ivano-Frankivsk, Zaporizhzhia, Chernihiv, Sumy, Kharkiv, Kherson, Odessa e Kirovohrad.
Nell’attacco notturno del 4 ottobre le Forze di difesa ucraine hanno annunciato di aver neutralizzato 73 droni russi dei109 droni Geran e droni-esca Gerbera lanciati con tre missili balistici Iskander partiti dalle regioni di Rostov e Voronezh.
La notte del 3 ottobre la Russia ha lanciato “il più grande attacco” contro i siti di produzione di gas in Ucraina dall’inizio della guerra con 35 missili e 60 droni, ha annunciato l’operatore statale Naftogaz.
La Russia bombarda gli impianti energetici ucraini, soprattutto quelli elettrici, dal 2022, ma è lo scorso inverno che ha iniziato a prendere di mira specificamente gli impianti di gas.
“Il nemico ha condotto il più grande attacco massiccio contro le infrastrutture di estrazione del gas dall’inizio della guerra”, ha dichiarato Naftogaz in un comunicato.
La Russia ha preso di mira gli impianti del gruppo nelle regioni di Kharkiv (nord-est) e Poltava (centro), ha precisato, aggiungendo che solo una parte dei proiettili diretti contro di essi è stata abbattuta.
“Una parte significativa dei nostri impianti è danneggiata. Alcuni danni sono critici”, ha lamentato su Facebook il CEO del gruppo Serguiï Koretsky, denunciando “il terrore deliberato” di Mosca contro siti civili. Questi attacchi “non hanno alcun senso dal punto di vista militare” e “mirano solo a disturbare la stagione di riscaldamento e a privarci della possibilità di riscaldare le case degli ucraini in inverno”, ha aggiunto.
Mosca ha reso noto di aver effettuato “massicci attacchi con armi di alta precisione” contro aziende militari-industriali in Ucraina, “infrastrutture del gas e dell’energia che ne sostenevano il funzionamento”. I primi attacchi sistematici russi contro la rete energetica Ucraina sono iniziati nell’autunno del 2022, provocando a tratti vaste interruzioni di corrente e lasciando milioni di persone al buio e al freddo con temperature gelide.
Lo scorso inverno, i bombardamenti russi hanno dimezzato la produzione nazionale di gas in Ucraina, secondo quanto riferito dal governo.
L’Aeronautica Ucraina ha affermato di aver neutralizzato la notte del 2 ottobre 320 bersagli aerei su 416 lanciati dalla Russia dalla sera del 2 ottobre. In particolare, sono stati distrutti e soppressi 303 droni di vario tipo, 12 missili da crociera Iskander-K e 5 missili guidati Kh-59/69.
Anche i droni ucraini hanno inferto danni seri a Mosca, concentrandosi sulle raffinerie per limitare la produzione di carburante ad uso militare e civile.
Il Servizio di intelligence estero dell’Ucraina (SZRU) ha accusato la Cina di aver fornito alla Russia dati di intelligence satellitare per lanciare attacchi missilistici contro l’Ucraina. Secondo il funzionario dell’SZRU, Oleg Alexandrov, gli attacchi in questione avrebbero avuto come obiettivo strutture di proprietà di investitori esteri in Ucraina.
“Esistono prove di un elevato livello di interazione tra Russia e Cina nell’esecuzione di ricognizioni satellitari del territorio ucraino al fine di identificare e approfondire l’esplorazione di obiettivi strategici da distruggere. Allo stesso tempo, come abbiamo visto negli ultimi mesi, questi obiettivi potrebbero appartenere a investitori stranieri”, ha affermato Alexandrov.
Gli attacchi alle raffinerie russe
Il 4 ottobre una delle più grandi raffinerie russe nei pressi di San Pietroburgo ha preso fuoco dopo essere stata colpita in un attacco ucraino condotto con droni. Lo ha riferito il governatore della regione, Alexander Drozdenko, secondo cui l’incendio nella zona industriale della città di Kirishi è stato ora domato. Lo stesso governatore ha precisato che le difese aeree hanno abbattuto 7 droni.
Si è trattato del secondo attacco contro la raffineria in poche settimane: Kirishi, situata a 800 chilometri dal confine, è sede dell’impianto di Kirishinefteorgsintez, noto anche come Kinef, di proprietà della società legata al Cremlino Surgutneftegas. Con la capacità di processare circa 20 milioni di tonnellate di petrolio all’anno, è una delle più grandi raffinerie della Russia. Gli ucraini, secondo le autorità russe, hanno colpito anche nella regione meridionale di Voronezh, mentre Mosca ha lanciato nella notte una serie di attacchi con droni nei pressi di Dnipro e Kharkiv.
Il 3 ottobre droni ucraini hanno attaccato nella notte l’impianto chimico Azot di Perm Krai, in Russia. Lo ha riferito il governatore regionale Dmitry Makhonin, come riporta il Kyiv Independent. Il raid ha brevemente interrotto le attività dell’impianto, uno dei maggiori produttori di fertilizzanti azotati e un fornitore chiave di prodotti chimici utilizzati sia in agricoltura sia nella realizzazione di esplosivi.
Situato a circa 1.700 chilometri dal territorio controllato dall’Ucraina, nel sito si producono ammoniaca, urea e nitrato di ammonio, oltre a nitrito di sodio.
I danni riportati dall’apparato di raffinazione del petrolio sono gravi ma non sembra che siano ancora critici, come voleva la narrazione europea pronta a cercare nei danni subiti dalle raffinerie e nelle code ai benzinai in alcune regioni russe un motivo per ipotizzare la rapida sconfitta della Russia.
Lo sostiene una analisi di Carnegie Politika, citata in Italia da Adnkronos, in cui si precisa che tutto dipende da come proseguiranno i raid ucraini, se continueranno ad aumentare in intensità, frequenza, e raggio di azione.
Sulla carta la Russia ha una capacità di raffinare 327 milioni di tonnellate di petrolio l’anno (6,5 milioni di barili al giorno). La capacità delle 16 raffinerie colpite dai raid negli ultimi mesi è di 123 milioni di tonnellate l’anno, il 38 per cento del totale. Da questo semplice calcolo arriva la stima di cui si è parlato nei giorni scorsi sui media. Ma il 38 per cento rappresenta solo il limite superiore del danno.
Perché le raffinerie colpite non smettono di operare completamente o comunque riprendono a operare dopo alcune settimane, come la raffineria di Volgograd che dopo essere stata colpita il 13 e il 14 di agosto, ha ripreso a operare pienamente il 25.
L’Ucraina aveva già iniziato a colpire le raffinerie di petrolio in Russia nella primavera e nell’estate dello scorso anno, ma i droni ora possono volare a distanze molto maggiore, portare carichi di esplosivo più pesanti e attaccare più frequentemente.
L’escalation è indubbia rispetto al 2024, quando a essere colpiti erano solo gli impianti di Krasnodar e Rostov, più vicini al confine con l’Ucraina. La raffineria di Volgograd è stata colpita due volte ad agosto quindi, e due volte a settembre, quella di Novokuibyshev, tre volte e quelle di Ryazan, Saratov e Salavat due.
La capacità di produzione sulla carta non corrisponde alla capacità reale di produzione in Russia, che si aggira sulle 270 milioni di tonnellate. Almeno il 22 per cento della capacità totale non esiste, perché per esempio ci sono equipaggiamenti che non funzionano ma non sono stati smantellati. Il consumo interno è a 120 milioni di tonnellate l’anno e il resto viene esportato. Il dato varia da prodotto a prodotto. Secondo Kommersant, la produzione di benzina è diminuita del dieci per cento in seguito ai raid. Analisti del settore ritengono che siano raffinati ora poco meno di cinque milioni di barili di petrolio al giorno.
Il 6 ottobre invece un attacco ucraino ha danneggiato gli impianti energetici e interrotto la fornitura di energia elettrica nella città russa di Belgorod. Lo ha riferito il governatore Vyacheslav Gladkov, secondo cui circa 40.000 abitanti sono rimasti senza elettricità dopo il raid, che ha causato danni ingenti in sette comuni. “Abbiamo ascoltato un rapporto dei funzionari dell’energia sulla natura dei danni causati dal bombardamento notturno di Belgorod. Abbiamo danni significativi”, ha affermato. “L’entità dei lavori sarà significativa“.
Aiuti all’Ucraina
L’Ucraina, già a corto di truppe, armi e munizioni, rischia di pagare anche il prezzo dello “shutdown” negli Stati Uniti, cioè il blocco temporaneo della spesa pubblica in attesa che al congresso trovino un accordo sul bilancio del prossimo anno fiscale.
Il Blocco delle attività amministrative negli Stati Uniti sta congelando i colloqui in essere sulle forniture di armi all’Ucraina, secondo quanto riportato dal quotidiano britannico The Telegraph. I colloqui tra Kiev e Washington sugli aiuti militari e sulla cooperazione sui droni sono stati sospesi dopo la chiusura del governo statunitense a causa della mancanza di un accordo sul bilancio statale. Centinaia di migliaia di dipendenti federali sono stati messi in congedo e gli incontri con i rappresentanti ucraini sono stati posticipati.
“Tutti i progetti futuri hanno risentito un po’ del fatto che i responsabili del Pentagono, del Dipartimento di Stato e della Casa Bianca non si sono incontrati e stiamo perdendo tempo a causa di questa chiusura”, sostiene una fonte del governo ucraino.
Il 30 settembre il presidente Volodymyr Zelensky aveva evidenziato che “dal mese di agosto, i nostri partner hanno finanziato diversi pacchetti di armi americane per l’Ucraina”, “Paesi Bassi: 578 milioni di dollari, 1° pacchetto; Danimarca, Norvegia e Svezia insieme: 495 milioni di dollari, 2° pacchetto; la Germania ha annunciato l’intenzione di finanziare il 3° pacchetto con 500 milioni di dollari; il Canada di finanziare il 4° pacchetto con 500 milioni di dollari“.
Per quanto concerne poi “il 5° e il 6° pacchetto sono attualmente in fase di coordinamento con la parte americana”, ha detto Zelensky, annunciando che “al momento, Belgio, Lituania, Lettonia, Estonia, Islanda e Lussemburgo hanno già annunciato la loro disponibilità a contribuire al prossimo 5° pacchetto. Il nostro obiettivo è raggiungere un finanziamento di 1 miliardo di dollari al mese nell’ambito dell’iniziativa, per sfruttarne appieno il potenziale”.
Circa la produzione nazionale di armamenti Zelensky ha reso noto che l’Ucraina produce attualmente 40 cannoni semoventi “Bohdan” al mese. “Abbiamo avviato la produzione della nostra artiglieria nazionale in tempi record, rapidamente e con alta qualità. Solo noi produciamo già 40 Bohdan al mese. Ringrazio i produttori“, ha affermato Zelensky. Il presidente ha aggiunto che nel 2024 l’industria ucraina ha consegnato al fronte 2,4 milioni di munizioni per mortai e artiglieria di vario calibro.
“Stiamo creando un prodotto di difesa nazionale che in alcuni casi è all’avanguardia rispetto a molte altre realtà nel mondo“, ha spiegato. Zelensky ha sottolineato il primato dell’Ucraina in Europa nello sviluppo e impiego di droni, in particolare quelli navali: “I droni navali ucraini sono diventati un fenomeno di difesa globale. Ci hanno permesso di riprendere il controllo di parte del Mar Nero”.
Difficile verificare i numeri forniti da Zelensky specie tenendo conto del costante martellamento russo sulle industrie della difesa ucraine.
Forum internazionale delle industrie della difesa a Kiev, Zelensky ha aggiunto che il potenziale dell’Ucraina nella produzione di droni e missili ammonterà l’anno prossimo a 35 miliardi di dollari.
“Il nostro potenziale nella sola produzione di droni e missili il prossimo anno sarà di 35 miliardi di dollari. Nonostante i colpi, nonostante l’oggettiva complessità di questo stesso compito di sviluppo dell’industria della difesa – e le armi sono un prodotto tecnologico non facile da sviluppare, produrre e implementare – nonostante tutte le difficoltà, gli ucraini stanno creando il proprio prodotto di difesa nazionale, che per alcuni parametri è già più avanti di molti altri nel mondo”, ha affermato Zelensky.
Foto: TASS, RIA Novosti e Forze Armate Ucraine
Mappe ISW e RvVoenkor

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.