Siamo già entrati in una nuova guerra fredda

di Giubbe Rosse da Substack
Fonti anonime, documenti che trapelano da gruppi hacker opachi, visionati da think tank legati ai servizi britannici. Come ogni indiscrezione diventa notizia con il bollino blu di Reuters e CNN.
Che ormai siamo entrati a pieno titolo in una nuova fase di guerra fredda ce lo rivelano i titoli sensazionalistici che campeggiano sui nostri media, dove un giorno sì, l’altro pure si agita lo spettro dell’alleanza militare ad alto livello tra Cina e Russia, a quanto pare arrivata a uno stadio di sviluppo avanzato.
L’obiettivo, nemmeno troppo nascosto, è preparare l’opinione pubblica occidentale a uno scenario di guerra. Solo nell’ultima settimana, la Cina è stata accusata di fornire assistenza satellitare alla Russia per colpire obiettivi strategici in Ucraina. La Russia viene invece accusata di fornire addestramento a Pechino per lanciare truppe e veicoli corazzati dagli aerei in preparazione a un possibile sbarco a Taiwan.
Questi due recenti “report”, che analizzeremo in questo articolo, hanno molto in comune tra loro. Per cominciare, la provenienza della fonte: in entrambi i casi si tratta di funzionari dell’intelligence ucraina, i quali citano a loro volta o fonti anonime o “documenti trapelati” grazie a fantomatici gruppi hacker, dietro i quali si celano entità così fumose e indistinte che non sarebbe azzardato sospettare si tratti semplicemente di ramificazioni di servizi segreti ucraini e occidentali.
Dunque, materiale in primo luogo di parte, in secondo luogo di autenticità dubbia o, quanto meno, non verificabile. Altro elemento in comune è il veicolo di diffusione finale: Reuters per la prima, CNN per la seconda, due testate occidentali molto note, a torto o a ragione considerate per lo più credibili dall’opinione pubblica. Sono queste a conferire il “bollino di credibilità” a rivelazioni che, a uno sguardo oggettivo e non pregiudizialmente schierato, apparirebbero nel migliore dei casi opache, nel peggiore vera e propria psy-op.
Del resto, l’obiettivo della propaganda psicologica è notoriamente influenzare la percezione, le emozioni, i comportamenti e soprattutto le decisioni dell’opinione pubblica. Se questo è vero sempre, lo è specialmente in una fase storica come quella che stiamo vivendo, in cui sempre più spesso viene richiesto ai cittadini di sacrificare il welfare e le libertà personali in nome della sicurezza e della difesa da minacce esterne. Inevitabile, dunque, il consueto ricorso al terrorismo psicologico, arma storicamente efficace nell’orientare le risposte dell’opinione pubblica a minacce reali o percepite, come ci ha insegnato recentemente anche l’esempio del Covid-19.
Quanto più la minaccia esterna viene percepita come reale, tanto più i cittadini sembrano propensi a fare i sacrifici che ci si attende da loro.
La Cina fornisce supporto satellitare alla Russia per colpire l’Ucraina
Iniziamo da Reuters, che in un articolo del 4 ottobre i racconta che “la Cina sta fornendo intelligence alla Russia per consentire a Mosca di lanciare meglio gli attacchi missilistici all’interno dell’Ucraina”. Tra questi obiettivi, vi sarebbero anche siti che beneficiano di investimenti esteri, ad esempio una fabbrica di elettrodomestici di proprietà degli Stati Uniti nella regione occidentale di Zakarpattia.
Ora, non si capisce perché, se davvero la Cina ha aiutato la Russia a colpire obiettivi in Ucraina con le proprie immagini satellitari, avrebbe dovuto farlo proprio per colpire una fabbrica di elettrodomestici, e non, ad esempio, obiettivi militari e strategici più rilevanti.
Magari, i russi sospettavano che quella fabbrica di produzione civile fosse in realtà solo una copertura che nascondeva un sito di produzione militare, e allora le cose cambierebbero di molto. Resta, in ogni caso, un mistero perché l’apporto della Cina sarebbe stato decisivo proprio in quel caso e non in altri. Fatto sta che il dettaglio viene inserito nella notizia conferendole una connotazione molto particolare. Il messaggio finale che arriva al lettore è chiaro: attenzione, aiutando la Russia, la Cina non sta danneggiando solo l’Ucraina, ma anche gli investimenti americani in quel paese.
La fonte è Oleh Aleksandrov, funzionario del SZRU, il servizio di intelligence estera dell’Ucraina con sede a Kiev, guidato dal 2021 da Oleksandr Lytvynenko.
Aleksandrov viene spesso citato dalla stampa occidentale e sembra fungere da fonte autorizzata per comunicazioni pubbliche su temi sensibili come la cooperazione tra la Russia e altri paesi considerati ostili, come Cina, Corea del Nord e Iran, nel contesto della guerra in Ucraina.
“Ci sono prove di un alto livello di cooperazione tra Russia e Cina nel condurre ricognizioni satellitari del territorio ucraino al fine di identificare ed esplorare ulteriormente gli oggetti strategici per il targeting”, ha detto Aleksandrov a Ukrinform. “Come abbiamo visto negli ultimi mesi, questi siti potrebbero appartenere a investitori stranieri”.
Il presidente Volodymyr Zelensky e i funzionari regionali hanno dichiarato che un attacco missilistico russo ad agosto ha colpito una fabbrica di elettrodomestici di proprietà degli Stati Uniti nella regione occidentale di Zakarpattia, ferendo 15 persone. Sempre ad aprile Zelensky ha dichiarato che la Cina stava fornendo armi e polvere da sparo alla Russia. Ha anche detto che il suo governo aveva informazioni secondo cui la Cina stava producendo armi sul territorio russo.
“Ci sono prove di alto livello”. Ovviamente, l’informazione riferita da Aleksandrov all’agenzia di stampa statale ucraina Ukrinform e ripresa da Reuters non è verificabile. Il che non significa necessariamente che sia falsa. La tecnica usata da Reuters in questo articolo è quella ben nota dell’accumulo degli indizi: trattandosi di indiscrezioni provenienti da servizi segreti, per definizione sono tutte informazioni coperte da segreto militare e, quindi, non facilmente verificabili da fonti indipendenti.
Accostando, però, altri indizi (anch’essi non verificati e non verificabili), si fa volume e si crea un effetto di mutua convalida in base al celebre principio di Agatha Christie, secondo cui “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi fanno una prova”.
Un indizio corrobora l’altro e viceversa. In sintesi, niente di quanto riporta Reuters è accertato. Potrebbe essere vero, potrebbe essere falso o, più probabilmente, potrebbe contenere qualche verità mescolata a fantasia.
L’assenza di prove conclusive viene abilmente coperta da una coltre di indizi non verificabili. Sostanza poca, volume tanto. Nel frattempo, il messaggio che si voleva veicolare è arrivato al destinatario come notizia presumibilmente credibile grazie all’autorità di Reuters.
Il Cremlino, come prevedibile, ha negato la notizia. Il portavoce Dmitry Peskov (nella foto sopra), rispondendo a chi gli chiedeva se confermasse l’indiscrezione di Oleh Aleksandrov, secondo cui la Cina starebbe trasmettendo informazioni satellitari per colpire obiettivi in Ucraina, ha risposto che la Russia “possiede le proprie capacità per coprire tutte le sue esigenze sul campo di battaglia”.
La Russia sta addestrando la Cina a uno sbarco a Taiwan
Veniamo ora alla seconda notizia, quella secondo cui la Russia starebbe addestrando la Cina su come lanciare veicoli corazzati e truppe da un aereo in preparazione a una probabile imminente invasione di Taiwan. Il video di CNN è in realtà la versione visiva, semplificata e infarcita della consueta enfasi retorica americana di un articolo pubblicato dal RUSI lo scorso 26 settembre a firma di Oleksandr V. Danylyuk, intitolato “Come la Russia sta aiutando la Cina a prepararsi a conquistare Taiwan”.
Il presidente cinese Xi Jinping ha ordinato all’Esercito Popolare di Liberazione di essere pronto a conquistare militarmente Taiwan entro il 2027. Un’operazione anfibia su larga scala è altamente rischiosa, poiché i siti adatti ai mezzi da sbarco per trasportare truppe e attrezzature a terra sono limitati dalla pendenza delle coste e dalla capacità di carico delle spiagge.[…]
Sebbene le aree in cui la Russia supera la Cina in termini di capacità militare stiano diminuendo, la Russia ha esperienza pratica e capacità di manovra aerea che mancano alla Cina. Secondo i contratti e la corrispondenza ottenuti dal gruppo di hacktivisti Black Moon, nel 2023 la Russia ha accettato di fornire all’Esercito popolare di liberazione un set completo di armi e attrezzature per equipaggiare un battaglione aviotrasportato, nonché altre attrezzature speciali necessarie per l’infiltrazione aerea delle forze speciali, insieme a un ciclo completo di formazione per operatori e personale tecnico per l’utilizzo di queste attrezzature. Inoltre, la Russia sta trasferendo tecnologie che consentiranno alla Cina di aumentare la produzione di armi e attrezzature militari simili attraverso la localizzazione e la modernizzazione.
Le circa 800 pagine di contratti e materiali collaterali sembrano autentici e i dettagli all’interno dei documenti sono stati verificati in modo indipendente. Tuttavia, esiste anche la possibilità che parti dei documenti siano state modificate o omesse.
Gli accordi prevedono la vendita da parte della Russia alla Cina di:
- 37 BMD-4M, veicoli d’assalto anfibi leggeri con cannone da 100 mm e cannone automatico da 30 mm (nella foto sopra).
- 11 cannoni semoventi anticarro anfibi leggeri Sprut-SDM1 con cannone da 125 mm.
- 11 veicoli corazzati aviotrasportati BTR-MDM ‘Rakushka’ (nella foto sotto)
- Diversi veicoli di comando e osservazione Rubin e veicoli di comando KSHM-E.
Prima di continuare, sarà forse il caso di dare qualche informazione sulla testata, l’autore e la fonte della notizia, affinché chi ci legge possa stabilire il grado della sua attendibilità.
Il RUSI, acronimo di Royal United Services Institute, è un think tank fondato nel 1831 dal Duca di Wellington con sede nel Regno Unito, specializzato in difesa e sicurezza. Benché si presenti formalmente come un organo indipendente, è noto per i suoi strettissimi legami con il governo britannico e i servizi segreti, derivanti da finanziamenti, collaborazioni, eventi congiunti e influenze storiche. Riceve fondi dal governo britannico, inclusi contributi dal Ministero della Difesa, e altre entità statali.
Il RUSI ha stretti legami anche con agenzie di intelligence americane e collabora con il Center for Strategic and International Studies di Washington. È particolarmente attivo in materia di disinformazione, guerra informativa, attori statali e minacce ibride, con particolare attenzione alla Russia.
Oleksandr Volodymyrovych Danylyuk è un esperto di difesa, sicurezza e intelligence ucraino che vanta nel proprio curriculum numerosi incarichi di rilievo come consulente presso il Ministro della Difesa e, successivamente, come consulente speciale a capo del SZRU, il servizio di intelligence estera dell’Ucraina, per pura coincidenza lo stesso da cui proviene l’Oleh Aleksandsrov citato sopra da Reuters.
È stato anche coordinatore del movimento pubblico (ora partito) “Spilna Sprava” e ha partecipato attivamente alle proteste di Euromaidan. Dal 2015, Danylyuk è presidente del Centre for Defence Reforms, un think tank ucraino focalizzato su riforme della sicurezza nazionale, dove ha contribuito a concetti come la risposta asimmetrica all’aggressione russa, la riforma delle Forze Armate, la creazione del SOCCOM (Comando delle Operazioni Speciali), un Joint Intelligence Committee, un comitato per la guerra economica e strategie di guerra informativa. Attualmente, è “Associate Fellow in Military Sciences” presso il RUSI e coordina la piattaforma Ucraina-NATO per il rilevamento precoce e il contrasto alle minacce ibride.
“Le circa 800 pagine di contratti e materiali collaterali sembrano autentiche e i dettagli all’interno dei documenti sono stati verificati in modo indipendente.” Sembrano autentiche. E da chi provengono? Dal “gruppo di hacktivisti Black Moon”, scrive Danylyuk. E chi sarebbe questo fantomatico gruppo?
Il Black Moon è un gruppo decentralizzato di hacker e ricercatori di sicurezza informatica focalizzato sull’esposizione di attività militari e geopolitiche nei regimi autoritari, in particolare Russia e Cina. Mantiene una presenza pubblica principalmente attraverso il proprio account X, dove si fa chiamare BlackMoon. The Quiet Protocol Initiative, che usa come principale piattaforma per condividere documenti, analisi e previsioni trapelate sulle minacce globali. Poco o nulla si sa pubblicamente delle sue origini.
Il suo lavoro sembra incentrato sull’hacking di sistemi russi per ottenere documenti classificati. Il gruppo si presenta come oppositore di regimi autoritari come la Russia di Putin ed è noto soprattutto per aver esposto il progetto “Sword 208” (o “Mech 208”), un sistema automatizzato di comando e controllo sviluppato dalla Russia per operazioni aviotrasportate, venduto alla Cina nel 2017 per circa 28,56 milioni di euro. Da tempo Black Moon sostiene che questo sistema è fatto su misura per una potenziale invasione di Taiwan da parte della Cina, che il gruppo prevede avverrà nell’autunno del 2027.
Sebbene non lo dichiari esplicitamente, il gruppo mostra forti tendenze filo-ucraine. Nel complesso, Black Moon si presenta come un’entità a dir poco opaca, che tuttavia, grazie al rilancio del RUSI, ha guadagnato l’attenzione di testate occidentali come CNN, AP, The Washington Post, Newsweek e varie testate europee.
Non a caso, nel riprendere l’articolo del RUSI per il proprio video, la CNN si è cautelata: “La CNN non ha verificato i documenti trapelati e non è chiaro se l’accordo sia in vigore”.
Insomma, la CNN mette le mani avanti. Intanto, però, milioni di americani hanno visto il servizio e sono stati informati che la Russia sta aiutando la Cina a invadere Taiwan. Ben presto, c’è da giurarci, altri milioni di europei sentiranno parlare di questo argomento, quando fatalmente verrà ripreso da altre testate del nostro continente.
È così, partendo da una base di dati non verificata, da fonti anonime e opache, da personaggi legati a doppio filo ai servizi segreti dell’Ucraina, un paese direttamente coinvolto nella guerra contro la Russia, quindi fatalmente di parte, tutto il mondo verrà informato su una notizia che potrebbe essere vera, potrebbe essere completamente falsa o, caso forse più probabile, potrebbe contenere qualche verità infarcita di invenzioni e pura propaganda. Il messaggio finale che si trasmette al grande pubblico è comunque chiaro: “Preparatevi, il nemico non dorme, la guerra è alle porte”.
Conclusioni
L’analisi di queste due recenti “notizie” ci rivela parecchie cose e nessuna di esse è positiva per chi si augura una rapida mitigazione dell’escalation che scongiuri un conflitto su vasta scala.
Ci dice, innanzitutto, che siamo entrati a tutti gli effetti in una fase di guerra fredda, nella quale notizie di questo tenore troveranno fatalmente sempre più spazio su testate mainstream a larga diffusione.
Poco importa che la base di dati sia a dir poco fragile, le fonti dubbie o opache, le informazioni non verificate e non verificabili, in ogni caso platealmente di parte. Alla fine, è la confezione a conferire credibilità al prodotto. Sono il marchio “Reuters” e il marchio “CNN” a rendere verosimili agli occhi del lettore medio rivelazioni che, se pubblicate da fonti meno note, rischierebbero facilmente di essere declassate al rango di dicerie, se non di vero e proprio complottismo.
O, magari, verrebbero semplicemente ignorate e considerato che la maggior parte dei lettori si limita a giudicare il prodotto dalla confezione, è facile immaginare quale sia il risultato finale.
Ci dice anche che il livello di interazione e contiguità tra servizi segreti ucraini e intelligence occidentale, soprattutto britannica, è ormai tale che si fatica a capire dove finiscano gli uni e dove inizi l’altra.
Ci rivela che l’Ucraina è ormai quasi completamente integrata nel sistema dell’informazione occidentale, anche se formalmente resta per il momento fuori dall’Alleanza Atlantica.
Sempre più spesso i media occidentali diffondono notizie non verificate che hanno origine da fonti di intelligence militare ucraina.
Informazioni che, per loro natura, saranno sempre coperte da un inevitabile manto di discrezione, riservatezza e sfumatura, che le renderà tutte potenzialmente vere e, allo stesso tempo, tutte potenzialmente false.
Presumibilmente conterranno tutte un livello di verità minimo che impedirà di definirle completamente false, ma anche un abbondante dose di ipotesi incerte, affermazioni dubbie, indimostrate e indimostrabili e vera e propria propaganda, che non permetterà mai di classificarle come completamente vere.
Quello che conta, alla fine, è il marchio di garanzia del veicolo di divulgazione finale. L’autorità di cui marchi informativi come Reuters e CNN tuttora godono nelle nostre società permette loro di trasformare una voce in notizia.
Infine, ci dice anche che in futuro sarà sempre più illusorio trovare autorità epistemiche terze, abbastanza imparziali da garantire un ragionevole grado di obiettività. In un mondo che si sta sempre più dividendo in blocchi, sarà sempre più arduo trovare una fonte che sia completamente al di sopra di qualsiasi sospetto di bias e parzialità.
La fatale conseguenza di questo fenomeno è che la verità passerà in secondo piano rispetto alla narrazione di parte. Qualunque informazione che confermerà la “nostra” narrazione verrà tendenzialmente presa per buona. Viceversa qualunque informazione che proverrà “dall’altra parte” verrà automaticamente classificata come propaganda, anche quando, almeno in astratto, potrebbe contenere un elevato grado di attendibilità o anche qualche riscontro.
La stessa sorte verosimilmente toccherà a qualunque analisi che si sforzi di essere obiettiva finendo però per mettere in discussione la narrativa dominante. Proprio questa trappola psicologica è la conseguenza più grave della fase storica che ci attende: cercare la verità esporrà inevitabilmente all’accusa di fare propaganda per il nemico.
Foto: Merketech, CSIS, Ministero Difesa Russo, La Stampa, Daily Mail, Rostec, Xinhua e CNN

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