Gli anglo-francesi cercano l’escalation con Mosca per impedire altri negoziati

 

“L’Ucraina ha colpito la notte scorsa con missili Storm Shadow un impianto chimico russo che produce polvere da sparo, esplosivi e carburante per razzi nella regione russa di Bryansk”, si legge sulle agenzie di stampa.

Ma ammesso che gli aerei fossero ucraini e non i francesi Mirage 2000 e ammesso pure che i piloti fossero davvero ucraini e non francesi, di certo i missili impiegati non sono ucraini e la loro missione non è stata pianificata e preparata tecnicamente da ucraini.

I missili prodotti da MBDA sono stati lanciati da aerei che hanno penetrato il sistema di difesa aerea russo, ha dichiarato lo stato maggiore delle forze armate ucraine. Alexander Bogomaz, governatore della regione di Bryansk e il ministero della Difesa russo hanno confermato l’attacco.

Sembrerebbe trattarsi del primo impiego contro obiettiviin territorio russo di queste armi fornite all’Aeronautica Ucraina da Gran Bretagna, Francia (e forse anche dall’Italia secondo il ministero della Difesa britannico anche se Roma non ha mai né smentito né confermato) nella primavera del 2023.

In realtà, pur se la gran parte delle incursioni compiute con missili Storm Shadow o SCALP sono state effettuate contr obiettivi russi situati nei territori ucraini occupati o in Crimea (la cui annessione alla Russia non è riconosciuta dalle potenze occidentali), già il 20 novembre 2024 erano stati colpiti obiettivi in territorio russo nella regione di Kursk, dove dall’agosto 2024 a marzo di quest’anno era in atto la penetrazione delle truppe ucraine che in quella regione avevano conquistato poco più di mille chilometri quadrati di territorio russo.

In quella circostanza l’Amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva autorizzato l’Ucraina a utilizzare i missili balistici tattici ATACMS forniti da Washington per colpire obiettivi all’interno della Russia, nella regione di confine di Bryansk, provocando una immediata e potente risposta da parte del Cremlino, che il 21 novembre devastò un impianto industriale nella periferia di Dnipro con un missili ipersonico Oreshnik, impiegato per la prima volta e a scopo dimostrativo e deterrente senza carica esplosiva.

Il think-tank statunitense Institute for the Study of War (ISW) aveva identificato lo scorso anno 225 obiettivi russi che sarebbero nel raggio d’azione degli Storm Shadow lanciati dall’Ucraina e che avrebbero avuto finora un raggio d’azione limitato a circa 250 chilometri anche a causa dell’integrazione su un velivolo di tipo russo/sovietico come il Sukhoi Su-24.

Gli Storm Shadow/Scalp hanno in realtà un raggio d’azione di circa 500 chilometri che potrebbe essere stato ridotto negli esemplari consegnati a Kiev. Considerate le ampie perdite subite dalla flotta di Su-24 ucraini non si può escludere che per lanciare gli Storm Shadow siano impiegati oggi anche i 6 Mirage 2000 (uno è stato abbattuto ma altri 6 sono in arrivo dalla Francia), probabilmente fornito alle forze aeree di Kiev proprio perché già predisposto per imbarcare e impiegare questi missili da crociera (come lo è il Saab JAS-39 Gripen che la Svezia considera di fornire all’Aeronautica Ucraina).

I russi hanno già abbattuto diversi Storm Shadow ma il valore dell’attacco con questi missili compiuto la notte scorsa è soprattutto politico. Il raid contro il centro industriale è stato effettuati con un attacco combinato tra droni e missili da crociera Storm Shadow/e/SCALP e questi ultimi vengono gestiti da personale militare francese e britannico.

Proprio per questa ragione la Germania ha sempre rifiutato di inviare a Kiev i missili fa crociera Taurus, cugini degli Storm Shadow e proprio per la stessa ragione non si può escludere una ritorsione russa a breve termine.

Quindi l’attacco di questa notte al territorio russo non è solo ucraino ma anche anglo-francese. Teso forse a determinare, come lo scorso anno, una massiccia rappresaglia russa che permetta di cancellare ogni possibilità di dare seguito all’incontro tra Trump e Putin a Budapest (o altrove) e di dare una chanche ai negoziati per interrompere il conflitto.

Negoziati palesemente invisi alle tre “potenze” europee, ai baltici e agli scandinavi e alla Commissione europea che sostengono l’Ucraina nel chiedere a Mosca quello che i russi hanno già detto di non poter accettare: un cessate il fuoco incondizionato e immediato per poi negoziare l’accordo di pace.

La Russia ha ribadito le sue condizioni per un accordo di pace con l’Ucraina in una nota diplomatica riservata inviata a Washington durante il fine settimana scorso, ha riportato Reuters, citando due funzionari statunitensi.

Parafrasando il segretario generale della NATO Mark Rutte, che giorni fa in Slovenia affermò che “I russi dovrebbero essere idioti per attaccare la NATO”, appare già fin d’ora evidente che i russi non sono così “idioti” da accettare un cessate il fuoco che serve solo agli ucraini.

I russi avanzano ovunque, hanno conquistato quasi per intero le roccaforti di Pokrovsk e Kupyansk e stanno vincendo la guerra sul campo di battaglia e nelle retrovie ucraine dove sistema energetico e trasporto ferroviario sono quasi paralizzati. E la situazione peggiora di giorno in giorno per Kiev.

Una tregua oggi avvantaggerebbe solo gli ucraini permettendo loro di tirare il fiato, ricevere altre armi e munizioni dall’Europa e arruolare nuove reclute.

Meglio poi non dimenticare che Putin si fidò degli europei anche all’epoca degli Accordi di Minsk per far cessare il conflitto in Donbass. Accordi che sia l’ex cancelliere tedesco Angela Merkel che l’ex presidente francese Francois Hollande, definirono un escamotage per far guadagnare tempo all’Ucraina affinché si preparasse alla guerra contro la Russia.

Quell’errore strategico, fidarsi degli europei, costò a Putin aspre critiche interne alla Russia e di fatto questa guerra può considerarsi anche conseguenza dell’errore russo di non intervenire in armi già nel 2014/15 a difesa del Donbass.

Per questo Putin ha ribadito in questi giorni a Trump le condizioni di Mosca per concludere la guerra, non per congelarla, che restano le stesse di sempre: cessione di 5 regioni inclusa la Crimea, Ucraina fuori dalla NATO e priva di armi offensive e di truppe straniere (NATO) sul suo territorio.

A ben guardare le trattative si arenarono anche sei mesi or sono su questo scoglio: cessate il fuoco immediato contrapposto a un accordo di pace che chiudesse il conflitto. Il contesto militare e politico da allora non sembra essere cambiato.

Meglio non farsi illusioni su un “alleato” come Trump, consapevole che la priorità per gli Stati Uniti è ristabilire ottimi rapporti bilaterali con Mosca e soprattutto più che consapevole di avere nella gran parte dei governanti europei soprattutto nemici ideologici, schierati con i Democratici statunitensi e che dopo il suo arrivo alla Casa Bianca fanno buon viso a cattivo gioco.

Secondo Reuters, il presidente Putin si sarebbe mostrato disponibile a rinunciare ad alcune aree delle regioni di Zaporizhia e Kherson, controllate attualmente per il 76/80 per cento da Mosca, ma quando questa proposta sarebbe stata sottoposta a Volodymyr Zelensky nel summit con Donald Trump alla Casa Bianca, il presidente ucraino l’avrebbe respinta.

Trump ha quindi cercato invano di convincere Zelensky ad accettare un accordo di pace con le conseguenti cessioni di territori già peraltro in grandissima parte in mano ai russi, ma poi ha pubblicamente sostenuto la posizione di Kiev e degli europei a favore di un congelamento delle linee del fronte che i russi, sempre per restare allineati con Rutte, dovrebbero essere “idioti” ad accettare.

Non a caso Zelensky ha detto oggi di sostenere la proposta del presidente degli Stati Uniti di basare i negoziati con la Russia sull’attuale linea del fronte, ma ha affermato di dubitare che Putin l’accetti.

Nell’archiviare per ora il faccia a faccia con Putin a Budapest, Trump ha aggiunto che “molto sta accadendo sul campo di battaglia tra Russia e Ucraina. Vi informeremo entro i prossimi due giorni”, quasi ad attendersi che gli imminenti successi russi in alcune aree chiave del fronte possano cambiare l’atteggiamento di Zelensky.

Al momento la tregua è funzionale ai disegni di Kiev e della Commissione Europea finalizzati a impedire che un processo di pace decolli, a far saltare il summit di Budapest per tenere distanti Putin e Trump e impedire un grade successo all’Ungheria di Viktor Orban, considerata dalla UE “nemica” ancor di più della Russia.

Francia, Gran Bretagna, Germania così come baltici e scandinavi puntano a mantenere il conflitto in atto o pronto a riesplodere, elementi necessari a tenere alta la minaccia dell’invasione russa e a far conservare il potere a Zelensky come alla nomenklatura dell’Unione europea e qualche premier o presidente in Europa.

Con un paradosso: le nazioni che più insistono per continuare la guerra sono quella che più hanno da perdere dal prolungamento del conflitto. A conferma che simili iniziative rispondono puramente a interessi lobbystici, politici o finanziari di ambienti e settori specifici e limitati, non certo agli interessi di nazioni e popoli europei, Ucraina inclusa.

L’impiego degli Storm Shadow/SCALP sul territorio russo proprio oggi sembra avere quindi l’obiettivo di creare un’escalation limitata ma sufficiente a scongiurare quegli accordi di pace invisi a gran parte dei governi d’Europa ma non ai loro popoli.

Anche Rutte concorderebbe nel valutare che sarebbe “da idioti” ritenere casuale che l’attacco con missili europei su suolo russo sia stato scatenato proprio mentre Donald Trump riconosceva che non c’erano le condizioni per l’incontro con Vladimir Putin programmato a Budapest.

La pericolosità intrinseca di questa iniziativa militare anglo-francese si aggiunge alle sempre più precarie condizioni economiche, energetiche e finanziarie a cui governi e Commissione stanno condannando l’Europa, non ultimo il folle utilizzo, contro ogni regola e legge, dei beni russi congelati per finanziare l’Ucraina che rischia di trasformare l’Europa in un buco nero in cui nessuna nazione investirà più un centesimo.

Non a caso il Fondo Monetario Internazionale (non certo tacciabile di “putinismo”) ha ammonito gli europei circa i rischi connessi all’utilizzo degli asset russi congelati per finanziare l’Ucraina. Alfred Kammer, direttore del Dipartimento europeo dell’FMI, ha sottolineato la necessità di una «solida base giuridica» e di considerare le conseguenze per il sistema finanziario globale.

In questo contesto da “tempesta perfetta” sull’Europa si impone la necessità dei singoli governi di assumersi la responsabilità di precisare se si è o meno disposti a giocare così pericolosamente alla guerra totale.

Tutti i governi europei, italiano incluso, concordano sull’impiego oggi di missili Storm Shadow contro obiettivi in Russia? Tutti i governi dei paesi UE e NATO sono stati informati di questa escalation provocata dagli anglo-francesi ma le cui conseguenze potrebbero potenzialmente ricadere su tutta Europa?

Se qualcuno non è d’accordo meglio si chiami fuori ora e scenda subito dall’insana giostra dei bellicosi. Domani potrebbe essere tardi per farlo.

Foto: TASS, MBDA, NATO, Casa Bianca e Ministero Difesa Ucraino

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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