Stati Uniti: l’ICE usa il riconoscimento facciale per individuare gli immigrati illegali

da Guerre di Rete – newsletter di notizie cyber a cura di Carola Frediani
Secondo 404 Media, che ha esaminato una serie di video, Immigration and Customs Enforcement (ICE) e il Customs and Border Protection (CBP) – ovvero le due agenzie federali statunitensi che in vario modo controllano le frontiere e l’immigrazione e che sono in prima linea nelle politiche repressive di Trump verso i migranti – stanno utilizzando la tecnologia di riconoscimento facciale degli smartphone sul campo, “anche in casi di fermi che sembrano avere poca giustificazione al di là del colore della pelle di una persona, per poi cercare ulteriori informazioni su quella persona, compresa la sua identità e potenzialmente il suo status di immigrazione”.
Non è chiaro quale app stiano utilizzando gli agenti nei video, anche se la stessa 404 Media aveva precedentemente rivelato che proprio ICE disporrebbe di una app, Mobile Fortify, che scansiona il volto di una persona e lo cerca su un database di 200 milioni di immagini per restituire il nome del soggetto, la data di nascita, e se è stato emesso un ordine di espulsione.
ICE acquista da anni anche la tecnologia dell’azienda di riconoscimento facciale Clearview AI. Il database di Clearview, che contiene miliardi di immagini, proviene in gran parte da foto postate sul web, che l’azienda ha raccolto in massa.
A settembre, la stessa 404 Media aveva riferito che ICE avrebbe speso milioni di dollari per la tecnologia Clearview al fine di individuare persone che riteneva avessero “aggredito” degli agenti. Sempre ICE avrebbe acquistato una tecnologia di scansione dell’iride da usare per strada per il suo reparto preposto alle espulsioni. In origine, tale tecnologia era progettata per identificare detenuti.
I social media sono la nuova frontiera della sorveglianza
Proprio alcuni giorni fa un’altra testata, The Lever, era uscita con una notizia riguardante ancora l’ampliamento delle capacità tech di ICE. Secondo i dati degli appalti federali esaminati dai suoi giornalisti, infatti, ICE avrebbe siglato un nuovo contratto da 5,7 milioni di dollari per un software di sorveglianza dei social media basato sull’intelligenza artificiale. Il contratto quinquennale fornirebbe le licenze per un prodotto chiamato Zignal Labs, una piattaforma di monitoraggio dei social media utilizzata dall’esercito israeliano e dal Pentagono.
Scrive The Lever: Un opuscolo informativo contrassegnato come riservato ma disponibile online pubblicizza che Zignal Labs “sfrutta l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico” per analizzare oltre 8 miliardi di post sui social media al giorno, fornendo “feed di rilevamento curati” ai propri clienti. Secondo l’azienda, queste informazioni consentono alle forze dell’ordine di “rilevare e rispondere alle minacce con maggiore chiarezza e rapidità”.
Dai lontani campi di guerra alla strada sotto casa
Tutto ciò mi ha ricordato un articolo recente uscito sul sito di sicurezza nazionale americano War on the Rocks, scritto da ex militari per militari o ambienti affini. In sostanza, si domanda l’articolo, i metodi e le tecnologie applicate in guerra si espanderanno anche nelle società cosiddette liberal-democratiche?
Cito testualmente: “La recente campagna militare di Israele a Gaza segna una svolta nella guerra moderna: la fusione tra contro-insurrezione e intelligenza artificiale”. Gli Stati occidentali, si domanda, saranno dunque influenzati dal modello algoritmico di Israele? “La posta in gioco è alta. Se l’approccio di Israele, caratterizzato da automazione, scala e logoramento (attrition, nel suo significato militare, ndr), diventasse un modello per le democrazie liberali, potrebbe normalizzare una forma di guerra che privilegia l’efficienza computazionale rispetto al giudizio umano”.
Foto: Biometric Update.com
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