La Francia apre la strada alle società militari private

Il nuovo decreto francese che legalizza le Società Militari Private (SMP) non è un semplice ritocco normativo né un aggiornamento tecnico destinato a regolamentare un settore già attivo ai margini dello Stato.
È, al contrario, una svolta strategica che ridefinisce il modo in cui Parigi immagina il proprio ruolo militare fuori dai confini, proprio mentre le forze armate tradizionali faticano a sostenere una pressione crescente e la diplomazia francese cerca di recuperare margine in un ambiente internazionale sempre più competitivo.
Chiamando queste società “operatori di riferimento” del ministero delle Forze Armate, il governo attribuisce loro un riconoscimento formale che avvicina la Francia al modello anglosassone, accettando una privatizzazione parziale di compiti di cooperazione, formazione e persino supporto operativo.

La scelta di limitare queste società ai soggetti creati nell’Unione Europea o nello Spazio economico europeo offre un velo di controllo politico, ma rivela soprattutto la volontà di mantenere un presidio statale su uno strumento che, nel tempo, potrebbe diventare essenziale proprio nei teatri dove l’esercito francese è già in difficoltà: Sahel, Medio Oriente, Africa occidentale, Levante e aree grigie dove un intervento regolare espone Parigi a critiche interne e ritorsioni diplomatiche.
Autorizzando le società militari private a trasmettere competenze, addestrare eserciti partner e operare nel quadro di accordi internazionali, il decreto crea un dispositivo flessibile, utile per aggirare vincoli politici e continuare a presidiare aree strategiche senza dover dispiegare reparti francesi regolari.

In un’Europa percorsa da tensioni militari sempre più esplicite, questa evoluzione apre una domanda cruciale: si tratta di un rafforzamento della potenza francese o della presa d’atto dei suoi limiti?
Gli ultimi anni hanno mostrato come la Francia abbia dovuto ritirarsi bruscamente dal Sahel, lasciando spazio a nuovi attori statuali e privati, in primis russi ma anche mediorientali, più disposti a operare senza i vincoli democratici occidentali.

Le SMP diventano così un prolungamento discreto della presenza francese: un modo per continuare a influenzare governi fragili o coinvolti in conflitti senza pagare il costo politico di nuove operazioni militari ufficiali.
Questa privazione parziale dell’uso della forza si intreccia con un altro tema centrale: la Légion étrangère. Strumento unico tra le potenze occidentali, la Legione è da decenni la spina dorsale della proiezione francese. Ma l’accumulo degli impegni, la stanchezza interna e il calo del reclutamento costringono Parigi a diversificare gli strumenti.

Le recenti affermazioni del servizio segreto russo SVR, secondo cui gruppi di legionari sarebbero già stati spostati in Polonia per un possibile invio in Ucraina, rappresentano un punto su cui Mosca insiste per bollare l’attivismo francese come avventurismo politico.
Propaganda, certo, ma rivelatrice: agli occhi dei rivali della Francia, la riforma delle SMP appare come la reazione di un Paese che tenta di mantenere il suo rango in un contesto in cui le sue capacità tradizionali non bastano più.

L’adozione del decreto si inserisce dunque in questa zona grigia: necessità operativa, calcolo geopolitico, ricerca di strumenti più agili per restare presenti nelle aree dove la Francia non vuole cedere spazio ad altre potenze.
La possibilità di delegare attività di addestramento e assistenza a operatori privati permetterà a Parigi di sostenere in modo più continuo le sue esportazioni militari, rafforzando gli accordi industriali con Paesi partner e fornendo servizi di manutenzione, sicurezza e formazione direttamente collegati ai sistemi venduti. L’intreccio tra industria della difesa, diplomazia e presenza operativa diventa così ancora più stretto.

Siamo davanti a una svolta che ridefinirà il rapporto tra Stato, esercito e attori privati. Le società militari private diventano una sorta di cerniera tra la Francia e i suoi scenari esterni, una soluzione intermedia tra l’intervento militare diretto e la rinuncia a interi spazi d’influenza.
Nel clima internazionale attuale, dove i conflitti si moltiplicano e le potenze medie devono scegliere come mantenere il proprio peso, Parigi sembra aver deciso: meglio ampliare gli strumenti dell’azione militare che lasciare campo libero a rivali molto meno esitanti.
Foto Ministero delle Forze Armate francese
Giuseppe GaglianoVedi tutti gli articoli
Nel 2011 ha fondato il Network internazionale Cestudec (Centro studi strategici Carlo de Cristoforis) con sede a Como, con la finalità di studiare in una ottica realistica le dinamiche conflittuali delle relazioni internazionali ponendo l'enfasi sulla dimensione della intelligence e della geopolitica alla luce delle riflessioni di Christian Harbulot fondatore e direttore della Scuola di guerra economica (Ege). Gagliano ha pubblicato quattro saggi in francese sulla guerra economica e dieci saggi in italiano sulla geopolitica.








