La ricompensa dei servi (sciocchi)

 

Quanto clamore per le dure critiche espresse nei confronti degli europei da Donald Trump e dagli Stati Uniti nel nuovo documento di Strategia di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, pubblicata dalla Casa Bianca.

Di tale documento si sono già occupati su Analisi Difesa sia Giacomo Gabellini che Giuseppe Gagliano, per cui non staremo a riproporne i contenuti se non per commentare il ruolo dell’Europa. Trump ha di fatto ribadito il disprezzo per la classe dirigente europea, o almeno per gran parte di essa, come aveva già fatto il vicepresidente JD Vance lo scorso anno alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco.

L’Amministrazione Trump denuncia le “aspettative irrealistiche” dei leader europei sulla guerra in Ucraina, cioè siamo così creduloni da ritenere che gli ucraini possano vincere quella guerra che proprio gli statunitensi della precedente amministrazione Biden e i britannici ci hanno imposto di continuare a sostenere perché avrebbe logorato la Russia.

Il documento statunitense parla apertamente di una “’progressiva erosione della civiltà europea”. L’Europa “rischia di diventare irriconoscibile entro vent’anni o meno” se le tendenze attuali non verranno invertite, riferendosi soprattutto a immigrazione selvaggia, crollo demografico, perdita delle identità nazionali e della fiducia collettiva a causa del dirigismo della Ue.

Trump ha perfettamente ragione in proposito ma, a dire il vero, non mi pare che in termini di immigrazione e sicurezza le città americane stiano meglio di quelle europee, considerato che lo stesso Trump le ha definite dei “campi di battaglia”.

L’agenda europea – ha detto il vice segretario di Stato Christopher Landau – è “contraria agli interessi americani” e la “burocrazia non eletta, antidemocratica e non rappresentativa dell’Ue a Bruxelles persegue politiche di suicidio di civiltà”.

Anche questa affermazione appare condivisibile nella sua seconda parte mentre l’affermazione “l’agenda europea è contraria agli interessi americani” tradisce l’aspettativa padronale tipica dell’atteggiamento statunitense nei confronti delle “colonie”. L’Europa, come Porto Rico o le Isole Marshall, dovrebbe agire per gli interessi degli USA e se non lo fa a Washington qualcuno alza il ditino per impartirci lezioni.

Con quale faccia quando proprio la politica statunitense da almeno 15 anni è incentrata a provocare danni gravissimi all’Europa?

Trump e il suo staff puntano il dito anche contro la NATO, che non deve essere più percepita “come alleanza in continua espansione”. Del resto, come Analisi Difesa aveva più volte sottolineato, Trump da molti mesi parla dell’Alleanza Atlantica come se fosse un organismo multinazionale estraneo agli Stati Uniti o di cui comunque gli USA non fanno più parte. Un ente pagatore (a nostro carico) per prodotti e servizi offerti dagli USA.

Per gli Stati Uniti, che non rinunciano a darci lezioni, il rilancio europeo passa attraverso quattro direttrici:

  • una ridefinizione del rapporto con la Russia (cioè fare la pace con Mosca);
  • una reale assunzione di responsabilità da parte dei Paesi europei in materia di difesa;
  • una maggiore apertura dei mercati dell’UE ai beni e servizi americani;
  • la rinuncia all’espansione della NATO

Non sorprende che il Cremlino consideri il nuovo documento sulla strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti in gran parte in linea con la visione di Mosca e una garanzia di lavoro costruttivo sull’Ucraina, come ha detto il portavoce Dmitry Peskov.

“Le modifiche che stiamo vedendo, direi, sono in gran parte coerenti con la nostra visione” e “forse possiamo sperare che questo possa essere una modesta garanzia che potremo, come minimo, continuare in modo costruttivo il nostro lavoro congiunto per trovare una soluzione pacifica in Ucraina”, ha dichiarato Peskov.

 

In ginocchio da te

La vera beffa per noi è che oggi Washington rimproveri con l’attuale amministrazione gli europei per aver seguito pedissequamente i diktat degli Stati Uniti, non come alleati ma come vassalli (per dirla alla Macron) o per meglio dire come servi.

Dalla società multietnica e multiculturale alle politiche woke, dal cancel-culture all’espansione della NATO fino alla russofobia dilagante, sono tutte iniziative culturali, ideologiche e geopolitioche nate negli USA e facilmente esportate in un’Europa da sempre “prona a tutto” pur di compiacere lo Zio Sam.

Tanti politici europei hanno espresso in più occasioni scetticismo per il rischio che l’ampliamento a est della NATO potesse irritare Mosca ma nessuno ha avuto mai gli attribuiti per mettersi di traverso a Washington e Londra quando si prendevano le decisioni.

L’Europa è e resta una gigantesca conigliera dove siamo così pavidi da non difendere neppure i nostri interessi vitali (come energia e sicurezza): non sorprende che tutti i presidenti americani ci abbiano trattato da servi mentre colpivano al cuore i nostri interessi.

Obama alla testa di un’America divenuta autosufficiente per l’energia, organizzò e sostenne con la Fratellanza Musulmana le primavere arabe e le guerre civili in Libia e Siria per destabilizzare le aree energetiche necessarie ancora a noi e alle economie asiatiche, rivali degli USA. Gli europei, emuli di Tafazzi, hanno difeso i loro interessi con tale determinazione da partecipare a quei conflitti contro Assad e Gheddafi.

Non abbiamo protestato neppure davanti al golpe americano del Maidan in Ucraina (ancor oggi difeso da molti come una rivoluzione popolare filo-europea), evidentemente teso a interrompere i flussi di gas russo che faceva grande la nostra economia. Eppure Obama venne di persona in Europa a dirci, nel marzo 2014, di smettere di comprare gas russo e di acquistare il GNL americano, cinque volte più caro.

Abbiamo fatto finta di non capirlo ma non abbiamo fatto nulla per fermare la guerra in Donbass né per indurre la NATO, cioè gli anglo-americani con i soliti baltici, a non armare l’Ucraina e nel dicembre 2021 abbiamo permesso alla stessa NATO di respingere la proposta di negoziato formulata da Putin per evitare la guerra in Ucraina.

Neppure la distruzione dei gasdotti Nord Stream, più volte preannunciata dai nostri “alleati”  Joe Biden e Victoria Nuland ha portato tedeschi ed europei a comprendere chi erano i nostri veri nemici e a fare i conti con la facile considerazione che un alleato non compie attentati terroristici contro le tue infrastrutture strategiche.

Facile intuire che Trump oggi voglia bastonare i leader della Ue e di alcune nazioni europee i cui traballanti governi hanno tifato per Kamala Harris senza mai nascondere il disprezzo per il tycoon e dopo aver distrutto l’economia europea seguendo i diktat dell’Amministrazione Biden.

Amministrazione che peraltro era stata così “alleata” da incoraggiare l’Europa a rinunciare all’energia russa per poi varare, nel 2022, una Legge per la Riduzione dell’Inflazione che fece ponti d’oro alle aziende europee che si traferiscono negli USA, dove l’energia costa cinque volte meno.

Francia e Germania protestarono per un attimo per poi riassumere con rassegnata fermezza la postura a 90 gradi che più si confà agli europei. Da veri servi (sciocchi) abbiamo continuato a leccare la mano che ci bastonava anche quando alla Casa Bianca è arrivato Trump.

Trattandoci con un’arroganza senza precedenti e riservandoci continue umiliazioni, Trump ci ha imposto l’acquisto di 750 miliardi di dollari di energia americana in tre anni, 600 miliardi di dollari di investimenti nell’industria statunitense e il 5 per cento del PIL devoluto alla Difesa che significa soprattutto acquisti in grande stile di armi made in USA.

Le stesse armi americane che dovremmo comprare per 100 miliardi di dollari anche per poi donarle agli ucraini che Trump non sostiene più gratis.

Come aveva fatto con l’Afghanistan nel suo primo mandato, si è accorto anche quella in Ucraina non è “la sua guerra” lasciandoci ancora una volta col cerino in mano. Bastonati e umiliati prima in Afghanistan e poi in Ucraina.

Ora i nostri alleati di Washington esortano l’Europa a sequestrare i fondi russi congelati, ben sapendo che un simile illecito farebbe fuggire dal Vecchio Continente tutti gli investitori internazionali che gli Stati Uniti sono ovviamente pronti ad accogliere.

Anche per il piacere di ridicolizzarci agli occhi del mondo, Trump ci rimprovera pure di essere “russofobi”. Oltre ai danni, tante beffe!  Dopo aver ceduto la nostra sovranità agli Stati Uniti ora scopriamo con stupore che ci disprezzano.

Se non coglie l’amara ironia di quanto sta succedendo l’Europa è davvero perduta.

 

Si paparino (Yes daddy)

Infatti come abbiamo risposto ai diktat di Trump? Abbiamo accettato tutte le imposizioni rispondendo “Yes daddy”, per citare l’autorevolissimo segretario della NATO Mark Rutte, sempre a schiena diritta davanti al presidente USA.

In ginocchio davanti al “paparino biondo” così come eravamo proni davanti a Biden e prima a Obama.

Perché stupirci se ai calci nel sedere rifilatici da Trump si aggiungono le pernacchie di Elon Musk, per il quale l’Unione Europea dovrebbe “essere abolita e la sovranità tornare ai singoli Stati”.

intendiamoci, si tratta di un’ipotesi assolutamente da prendere in considerazione, soprattutto nei nostri interessi  tenuto conto della fallimentare deriva assunta dalla UE e dalla sua “nomenklatura”, ma non è accettabile che a indicare i nostri mali siano gli Stati Uniti che ne portano molte responsabilità e poi siano di nuovo esponenti statunitensi, per giunta neppure governativi, a dettarci la cura.

“Nel lungo termine è plausibile che entro la fine del decennio alcuni membri della NATO avranno una popolazione a maggioranza non europea. Quindi, è una questione aperta se loro metteranno in dubbio il loro posto nel mondo o la loro alleanza con gli Stati Uniti nello stesso modo in cui lo facevano coloro che hanno firmato la Carta della NATO”, si legge nel documento di 33 pagine che illustra la Strategia per la Scurezza Nazionale statunitense.

Osservazione non banale e realistica che conferma la percezione statunitense circa la minaccia islamica che incombe sull’Europa ma possiamo accettare che siano gli Stati Uniti a darci lezioni? Proprio loro che oggi sono i primi a mettere in discussione l’Alleanza Atlantica valutano che in futuro potrebbe essere un’Europa etnicamente e culturalmente alterata a farlo?

 

Autonomia militare?

Benché il documento di Washington faccia ampi cenni al multilateralismo, gli Stati Uniti non perdono infatti il vecchio vizio di voler dettare la loro agenda a suon di diktat, soprattutto nel continente americano, dove pretendono ancora di essere egemoni, ed in Europa. Dovremmo quindi comprare più prodotti americani e anche più armi made in USA per essere indipendenti nella Difesa, a quanto sembra già a partire da 2027.

Secondo il Pentagono entro quell’anno gli europei dovrebbero assumere il controllo della maggior parte delle capacità convenzionali della NATO consentendo una forte riduzione delle forze statunitensi in Europa già oggi in parziale fase di rimpatrio come dimostrano i 400 veicoli da combattimento 8×8 Stryker che il Pentagono vorrebbe vendere a prezzo simbolico alla Polonia per non sobbarcarsi i costi di rimpatrio via mare.

Le reazioni alle aggressive e perentorie affermazioni statunitensi, nella conigliera Europa sono state molto timide e timorose, quasi a evidenziare che i servi si sono un po’ risentiti per i pessimi giudizi espressi dal padrone che in ogni caso ringraziano per essersi interessato a loro e aver gentilmente offerto consigli, anche se a esclusivo vantaggio degli USA.

L’alto rappresentate dell’Ue Kaja Kallas ha smorzato i toni ammettendo che alcune delle critiche americane sono “anche vere” ma ribadendo con la consueta autorevolezza che gli Stati Uniti sono ancora il “maggiore alleato” europeo. Sarebbe interessante vedere chi è l’alleato minore, in fondo alla classifica stilata da Kallas.

Un portavoce della Commissione europea ha affermato che “quando si tratta di decisioni che riguardano l’Unione europea, queste vengono prese dall’Unione europea, per l’Unione europea, comprese quelle che riguardano la nostra autonomia normativa, la tutela della libertà di espressione e l’ordine internazionale fondato sulle regole”.

Affermazioni che devono essere sembrate un po’ troppo “dure” considerato che subito dopo il portavoce ha aggiunto che gli “alleati sono più forti insieme che in contrapposizione tra loro”.

Anche il polacco Donald Tusk, sempre molto aggressivo con Mosca, si è mostrato un vero agnellino con Trump. “Cari amici americani, l’Europa è il vostro alleato più stretto, non il vostro problema. E abbiamo nemici comuni. Almeno così è stato negli ultimi 80 anni. Dobbiamo attenerci a questa strategia, questa è l’unica ragionevole strategia per la nostra sicurezza comune. A meno che qualcosa non sia cambiato”, ha detto l’intimidito premier polacco.

In Italia il presidente del consiglio  Giorgia Meloni non vede “nessuna incrinatura” nei rapporti fra Stati Uniti ed Europa, e ribadisce che se il Vecchio Continente “vuole essere grande deve essere capace di difendersi da solo”.

Per il ministro della Difesa Guido Crosetto “il competitor degli Stati Uniti è la Cina ed in questo duello l’Europa non è utile agli interessi di Washington. L’Ue – e l’Italia – dovranno dunque sempre di più provvedere da sé alla propria sicurezza, senza contare su regali dagli USA”.

 

Una narrazione servile

Certo i toni aggressivi del documento statunitense avrebbero meritato qualche reazione più animosa e circostanziata. Anche perché gli elementi per farlo non mancano. La leggenda che gli Stati Uniti spendono da decenni soldi per proteggere l’Europa continua a costituire l’ossatura della narrazione di tutte le amministrazioni statunitensi ormai da decenni ed è stata recepita in termini autocritici dagli europei.

Vero che il bilancio della Difesa statunitense è più del doppio di quello dei paesi europei della NATO o della Ue messi insieme ma gli Stati Uniti con quelle centinaia di miliardi (ormai mille) non si occupano certo solo della difesa dell’Europa mentre gli europei hanno fornito e pagato contributi di truppe rilevanti a tutte le (fallimentari) missioni militari statunitensi.

Inoltre gli Stati Uniti grazie alla piena dominanza politica, economica e militare sulla NATO esercitano un’influenza diretta sulla vita politica dell’Europa con condizionamenti di assoluto rilievo. Solo per fare un esempio, sono molte le nazioni europee dove i ministri di Esteri e Difesa devono godere del gradimento del Washington per assumere tali incarichi e l’Italia è tra questi.

Ora l’obiettivo di Washington non è certo emancipare l’Europa ma mantenerla sotto stretto controllo politico, economico e militare, riducendo le truppe e gli investimenti americani ma aumentando i condizionamenti politici ed economici. Non sfugge che nell’ottica della sicurezza nazionale americana gli europei dovrebbero essere più autonomi sul piano militare comprando più prodotti statunitensi. Cioè, con una contraddizione in termini, divenendo sempre meno autonomi e sempre più dipendenti sul piano economico e strategico.

 

Liberarsi dei liberatori?

Al netto di tutti gli aspetti critici elencati, la Strategia per la Sicurezza Nazionale statunitense offre però una grande opportunità agli europei per emanciparsi dagli Stati Uniti. Indipendentemente da chi sieda alla Casa Bianca è tempo di “liberarci dei liberatori”, sempre che le nazioni europee abbiano il coraggio di farlo.

Non per costituire un moloch intorno alla fallimentare istituzione della Ue, mai come oggi causa dei guai e freno allo sviluppo dei popoli e delle nazioni europee al pari degli Stati Uniti, ma per rivitalizzare una politica estera e di difesa in linea con gli interessi nazionali e rafforzare le convergenze tra alcune nazioni d’Europa.

Del resto dovrebbe essere oggi chiaro a tutti che né Trump né von der Leyen si occuperanno mai dei nostri interessi se non per demolirli e contrastarli.

Chiudere il conflitto in Ucraina e ripristinare relazioni diplomatiche ed energetiche con la Russia è negli interessi soprattutto degli europei e occorre farlo ora prima che l’intesa tra USA e Russia si consolidi a tal punto da vedere in una Nuova Yalta i presidenti Putin e Trump dividersi il vecchio continente in aree di influenza come nel 1945.

E’ tempo di provvedere, come nazioni, alla nostra sicurezza e alla nostra politica estera non per obbedienza all’ennesimo diktat di qualche presidente americano né acquistando armamenti statunitensi ma investendo sulla nostra industria nazionale e sulle cooperazioni europee e internazionali già in essere.

Inutile riempirsi la bocca di parole quali “sovranismo” e “sovranità” per poi continuare a mendicare l’amicizia di un’America arrogante che ha interessi del tutto opposti alla nostra prosperità.

Non si tratta di attribuire colpe né di trovare buoni e cattivi, o aggressori e aggrediti, come va tanto di moda oggi, ma di accettare il fatto che gli Stati Uniti perseguono pervicacemente e in modo del tutto spavaldo e spietato i propri interessi nazionali. Che da molti anni non coincidono con i nostri di italiani ed europei.

Il contesto attuale costituisce una doccia fredda per quanti si erano illusi che la vittoria di Trump fosse un successo del sovranismo globale. Del resto il sovranismo, per sua natura, non può essere globale. Trump è un sovranista americano e cura gli interessi degli Stati Uniti, non i nostri.

Sarebbe utile facessimo altrettanto anche noi italiani (parlare di europei come un corpo unico è del tutto velleitario e inutile), magari elaborando un documento di strategia per la Sicurezza Nazionale con contenuti analoghi a quello americano circa la ridefinizione del rapporto con la Russia, la reale assunzione di responsabilità in materia di difesa e la rinuncia all’espansione della NATO.

Con un quarto punto da aggiungere. Considerato che il Pentagono pretende che si diventi autonomi dagli Stati Uniti nei compiti di difesa a partire dal 2027, sarebbe utile informare fin d’ora Trump e il segretario alla Guerra Pete Hegseth che entro quella data anche l’Italia pretende lo sgombero completo delle basi di Aviano, Sigonella, Camp Darby (magari anche le atomiche B-61-12 basate a Ghedi) e altre infrastrutture militari utilizzate dagli Stati Uniti sul suolo italiano.

Così come le altre nazioni europee dovrebbero invitare Washington a sgomberare le basi americane sui loro territori. Anche solo per dimostrare la necessaria reciprocità nelle alleanze.

In un  mondo che sembra cambiare alleanze e regole in tempi rapidissimi, sarebbe una buona occasione per “liberarci dei liberatori” ma anche un test interessante a rilevare quanta comprensione mostrerebbero i sovranisti a stelle e strisce nei confronti dei sovranismi (e della sovranità) delle nazioni europee.

Del resto, anche alla luce delle crescenti intese tra Washington e Mosca, se gli Stati Uniti ci esortano oggi a tornare a essere amici dei russi perché mai dovremmo continuare ad avere bisogno della tutela militare americana?

Foto: Casa Bianca

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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