Il “Caso Baud” e il ritorno dei russi cannibali

(Aggiornato alle ore 17,50)
L’Unione Europea esce indebolita e divisa dal rinnovo del sostegno finanziario all’Ucraina che la pone sempre più in contrapposizione non solo alla Russia ma anche agli Stati Uniti. Invece di rispondere degli errori compiuti negli ultimi quattro anni e di elaborare strategie alternative, la Commissione von der Leyen li reitera in nome dell’ardita scommessa che si verificherà prima il collasso della Russia di quello dell’Europa.
Scommessa al buio ma che i media, per la gran parte sempre più allineati alla narrazione UE/NATO/Ucraina, si sono già affrettati a cercare di avvalorare. In Italia qualche quotidiano ipotizza che, grazie ai fondi europei a Kiev, la Russia sarà costretta a chiedere una tregua, cioè a supplicare quel cessate il fuoco finora preteso disperatamente dagli ucraini ma sempre negato dai russi.
A sottolineare che la guerra deve continuare, nelle ultime ore è stato tenuto a bassa visibilità persino il chiaro appello lanciato da Papa Leone all’Angelus. “Chi oggi crede alla pace e ha scelto la via disarmata di Gesù è spesso ridicolizzato, spinto fuori dal discorso pubblico e non di rado accusato di favorire avversari e nemici”.
Un chiaro riferimento alle sempre più accese censure politiche e mediatiche attuate in Europa nei confronti di chi dissente dal mainstream bellicista (sempre con la pelle degli altri…ovviamente) e che lascia aperto un dubbio: che sia filo-russo anche questo Papa?
Meglio non dimenticare che nel 2024 il consigliere presidenziale ucraino Michaijlo Podolyak accusò di essere filo-russo Papa Bergoglio impegnato (unico in Europa fino a quel momento) a cercare di avviare negoziati tra Mosca e Kiev.
Russi cannibali e lupi cattivi

Per rafforzare la narrazione che vuole i russi cattivi ormai allo stremo, un quotidiano britannico ha diffuso nei giorni scorsi l’ennesima velina del servizio segreto militare ucraino (HUR) che avrebbe intercettato le comunicazioni radio di militari russi talmente affamati e a corto di cibo da mangiarsi tra di loro.
In realtà non si tratta di un tema nuovo per la propaganda ucraina, che già nei mesi scorsi aveva riferito (con ampio risalto anche su alcuni media italiani), sempre in base a intercettazioni radio, di aver ascoltato un militare russo che diceva a un commilitone di essersi divorato un compagno d’armi.
Invece di preoccuparci della disinformazione russa faremmo meglio a preoccuparci di quella ucraina e della nostra, sprofondate ormai da molto tempo sotto la soglia del ridicolo.
Sempre negli ultimi giorni l’0ffensiva dei media europei contro la Russia è ripartita in grande stile a sostegno della scommessa della Ue sul fatto che Mosca perderà la guerra.
Una performance da dilettanti se confrontata con la notizia diffusa pochi mesi or sono da un altro giornale britannico che riferiva di gruppi di soldati russi sieropositivi e kamikaze , destinati a farsi esplodere nelle trincee ucraina per contagiare i militari nemici.
Titolo: “I kamikaze contagiosi di Putin. La Russia invia truppe malate di HIV e altre malattie in un assalto al tritacarne, mentre la crisi sanitaria sta devastando le sue forze”.

La rinnovata offensiva mediatica anti-russa non ha risparmiato i media italiani, sempre in prima fila quando il gioco della propaganda si fa duro, anche a sprezzo del ridicolo.
Così c’è chi ha raccontato il sequestro di 50 anziane signore ucraine nella notte tra il 19 e il 20 dicembre, quando le truppe russe entrarono nel villaggio di Hrabovske, vicino al confine russo nella regio ne ucraina di Sumy, per deportarle in Russia.
Ovviamente nessuna prova, nessuna verifica e un racconto in cui vengono citate solo fonti ucraine. I romani di Romolo rapivano le fanciulle sabine mentre i russi sequestrano le nonne ucraine?
Battute a parte, per un’informazione più completa e bilanciata sulla vicenda potrebbe essere utile conoscere anche il punto di vista di Mosca, che accusa di Kiev di non aver evacuato i propri civili dalla zona di confine. Secondo la TASS , i cittadini ucraini evacuati dalla zona di combattimento nella regione di Sumy verso un luogo sicuro a Belgorod non hanno ricevuto da Kiev un corridoio di evacuazione.
La ha dichiarato la Commissaria russa per i diritti umani Tatyana Moskalkova.

“Sul territorio di Sumy, l’Ucraina non ha organizzato un corridoio umanitario per i propri cittadini, in modo che sapessero che le truppe russe stavano avanzando e potessero avanzare più in profondità in Ucraina. E le truppe russe, salvando le persone che si trovavano nella zona di combattimento, le hanno portate in un luogo sicuro a Belgorod”, ha dichiarato Moskalkova in un’intervista alla radio Komsomolskaya Pravda.
In precedenza, la Commissaria russa per i diritti umani ha affermato che i cittadini ucraini evacuati in Russia dalle zone di combattimento alloggiano in centri di accoglienza temporanei nella città di Belgorod e dispongono di tutti i beni di prima necessità.
Certo la versione russa può essere messa in discussione così come quella degli ucraini ma confrontarle dovrebbe essere uno dei compiti prioritari dell’informazione, specie in nazioni come quelle europee che non risultano essere belligeranti e tenendo conto che nelle regioni ucraine di confine, russofone e russofile, una buona parte della popolazione considera i russi liberatori, non come occupanti.
Un’altra storia affascinante viene raccontata in questi giorni. Da quando i cacciatori russi di lupi sono stati arruolati da Putin per combattere in Ucraina, i lupi della Carelia, lungo il confine tra Russia e Finlandia, si sono moltiplicati e ora fanno strage di renne, ovviamente finlandesi, oltre confine.

Considerando che i russi non effettuano richiami alle armi di riservisti o truppe di leva per la guerra in Ucraina, combattuta da professionisti e volontari a contratto, risulta difficile credere che i cacciatori di lupi russi si siano dovuti arruolare. Forse si sono arruolati tutti volontari?
Possibile che i lupi russi cattivi mangino solo le renne finlandesi buone e non le stesse renne che si trovano in territorio russo? In attesa che una Cappuccetto Rosso della Carelia ci spieghi il mistero, ci consola la consapevolezza che appena la Finlandia avrà seminato milioni di mine lungo il confine, un tempo neutrale e oggi Cortina di Ferro dopo l’ingresso di Helsinki nella NATO, i lupi cattivi russi staranno ben attenti ad attraversarlo e le buone renne finniche potranno vivere in pace.
Certo dovremmo chiederci se poi a finire sbranate non toccherebbe alle renne russe ma quelle, in quanto russe, sono cattive quasi quanto i lupi (russi) e quindi se lo meritano almeno un po’.
Che dire poi, cambiando argomento, delle notizie diffuse il mese scorso circa le ultime contromisure elettroniche ucraine di tipo “canoro” in grado di abbattere i missili ipersonici Kinzhal?

Di questo passo era prevedibile che, dopo il revival dei russi cannibali, non poteva mancare anche il ritorno, ormai ciclico, dei parallelismi tra Putin e Hitler, questa volta in base a un “modello retorico che li rende uguali”.

Curioso che nonostante l’eroe della Patria ucraino sia Stepan Bandera (alleato del Terzo Reich sterminatore di ebrei e polacchi), interi reparti ucraini (Azov, Ajdar….) siano apertamente nazisti e in Ucraina si celebrino i fasti dei reparti di SS della Seconda guerra mondiale (come la Divisione SS Galizien), per molti in Europa sia la Russia di Putin ad assomigliare al Terzo Reich.
Un tempo, nel 2019, c’era chi inorridiva davanti alle celebrazioni delle SS ucraine, come l’onorevole Emanuele Fiano, all’epoca deputato del PD . Oggi invece di quanto sfornato dalla propaganda ucraina media e politica europei digeriscono tutto, persino che i russi sono nazisti.

Possibile che non ci siano strategie comunicative meno ridicole da propinare all’opinione pubblica per sostenere la causa ucraina?
Inutile sorprendersi, della deriva dei media europei che già nei primi mesi di guerra del 2022 avevano dato ampia dimostrazione di conformismo e appiattimento ai diktat e alle note di linguaggio ucraine, NATO e Ue, come evidenziammo su Analisi Difesa nell’editoriale del febbraio 2023 dal titolo Credere, Obbedire, Soccombere.
Il caso Baud e la deriva illiberale della UE
Del resto per cercare di zittire ogni dissenso bollandolo come “putinismo” (come ha notato anche Papa Leone) la Ue sta oggi colpendo duramente la libertà d’espressione, come è apparso chiaramente dalle sanzioni applicate a Jacques Baud ()nella foto sotto), colonnello dell’intelligence svizzero in pensione e stimato analista, dichiarato colpevole di complottismo e di diffondere la narrazione propagandistica russa. Riportiamo qui sotto il “capo d’accusa” del Consiglio dell’Unione europea, in cui sono rappresentati i 27 Stati membri e che ha sostenuto la proposta del Servizio europeo per l’azione esterna.
“Jacques Baud, ex colonnello dell’esercito svizzero e analista strategico, è ospite fisso di programmi televisivi e radiofonici filorussi. Si fa portavoce della propaganda filorussa e diffonde teorie del complotto, accusando ad esempio l’Ucraina di aver orchestrato la propria invasione per aderire alla NATO.
Pertanto, Jacques Baud è responsabile, attua o sostiene azioni o politiche attribuibili al governo della Federazione Russa che minano o minacciano la stabilità o la sicurezza di un paese terzo (l’Ucraina) utilizzando la manipolazione e l’interferenza delle informazioni.”

Baud, manipolando informazioni ed esercitando influenze, contribuirebbe a minare o persino minacciare la stabilità e la sicurezza dell’Ucraina?
E viene condannato non da un tribunale ma dall’ufficio di Kaja Kallas, che potremmo oggi ribattezzare “Ministero della Verità”!
La signora Kallas peraltro, nota per le sue clamorose gaffes e per non avere le idee chiare neppure su chi abbia vinto la Seconda guerra mondiale, dovrebbe prendere ripetizioni di Storia da Jacques Baud invece di sanzionarlo.
Viene da chiedersi quanta credibilità abbiano i governanti che guidano UE e Ucraina se le analisi storiche e geopolitiche di un colonnello svizzero in pensione possono metterne a rischio sicurezza e stabilità.
Come ricorda Luca Anedda su Giano News, Baud è soggetto a un congelamento dei beni, comunica il Consiglio. Inoltre, ai cittadini e alle imprese dell’UE è vietato mettergli a disposizione fondi, permettergli attività finanziarie o concedergli risorse economiche.
La Ue impedisce a Baud di viaggiare o transitare nell’Unione mentre lamenta la decisione statunitense di impedire l’ingresso negli USA ad alcuni esponenti europei accusati di disinformazione.
Come Thierry Breton, il commissario europeo francese della prima Commissione von der Leyen che teorizzò l’applicazione del “metodo Georgescu” (l’abolizione delle elezioni rumene il cui vincitore era un pericoloso sovranista e, ça va sans dire, filorusso) alla Germania in caso di vittoria elettorale di Alternative fur Deutscheland .
In realtà dovremmo tutti preoccuparci da un Occidente incapace, sulle due sponde dell’Atlantico, di accettare il dissenso, vietando accessi alle frontiere, bloccando i conti correnti, censurando le opinioni difformi, incarcerando o respingendo ai confini chi ha espresso opinioni “non conformi” sui social media, impedendo la partecipazione a competizioni sportive o eventi culturali ad atleti ed artisti perché “colpevoli” di essere russi o bielorussi.
In attesa di comprendere in quale codice penale europeo sia presente un articolo che punisce la libertà di parola e di pensiero o che vieta nel caso di essere filo russi (o filo ucraini, cinesi, americani, francesi….) duole prendere atto della determinazione della Ue a difendere libertà e democrazia fino al punto da rinunciare ad applicarle.
Colpirne uno per educarne cento

Come appare chiaro, risulta molto arduo essere convincenti se si afferma di voler difendere la democrazia e poi si emula l’Unione Sovietica o il regime immaginato da Orwell in “1984”.
Se aver “diffuso disinformazione” (che per sua natura non è necessariamente solo filo-russa) diventa un reato nell’Unione Europea, i primi a doversi preoccupare dovrebbero essere Ursula von der Leyen, Kaja Kallas, Mario Draghi, diversi capi di stato e di governo e quasi tutti i commissari delle ultime due Commissioni.
Oltre alla gran parte dei giornalisti e opinionisti apparsi su tutti i media a raccontarci che le nostre sanzioni stavano mettendo in ginocchio la Russia che peraltro aveva finito missili e munizioni già nell’aprile 2022 e infatti i militari russi erano costretti a combattere con i badili agli ordini di un Putin afflitto da innumerevoli malattie, tutte mortali.
Si tratta poi degli stessi che oggi ci raccontano come i russi, che fino a ieri rubavano le schede elettroniche dalle lavatrici delle case degli ucraini, potrebbero invaderci tra due, tre, o quattro anni con milioni di soldati e armi potentissime.

In realtà le misure sanzionatorie Ue a Baud servono a colpire il dissenso e soprattutto quanti lo esercitano utilizzando gli strumenti storici e dell’analisi geopolitica invece di sostenere in modo acritico la causa ucraina e anti-russa.
Come nel regime di Orwell la Storia deve essere “revisionata” per poter essere riscritta, come hanno fatto in Ucraina cancellando la lingua russa, rimuovendo statue e strade intitolate a generali e artisti, bruciando i libri scritti in russo, vietando l’uso di quella lingua e mettendo fuori legge 11 partiti di opposizione definiti “filorussi”.
L’obiettivo della Commissione Europea non è forse sanzionare tutti i dissidenti ma scoraggiare chiunque dall’esprimere dissidenza o difformità di pensiero, secondo il vecchio motto cinese reso celebre da Mao Tse Tung durante la Rivoluzione Culturale: “colpirne uno per educarne cento”.
Missione agevole in un’Europa in cui la classe intellettuale, pur con molte lodevoli eccezioni, è stata sempre portata più a piegarsi ai diktat dei regimi che ad apporvisi per convenienza, conformismo o anche solo perché “tengono famiglia”.

Sarà un caso ma subito dopo l’annuncio delle sanzioni della Ue a Baud (e all’ex colonnello francese, oggi cittadino russo, Xavier Moreau), in Italia quattro illustri membri del comitato scientifico della rivista di geopolitica Limes si sono dimessi non condividendo l’approccio filorusso o non abbastanza filo-ucraino (che per molti è la stessa cosa) del direttore Lucio Caracciolo.
Curioso che Caracciolo venga definito filorusso perché sulle pagine di Limes offre spazio anche alle valutazioni di Mosca e ad autori russi.
A ben guardare la stessa “colpa” attribuita al corrispondente della RAI da Mosca Marc Innaro, che nel 2022 ci spiegava il punto di vista russo sulla guerra in Ucraina e per questo venne rimosso dopo che persino interrogazioni parlamentari lo accusarono di essere filo-russo.
Curioso anche che lo spirito critico di Caracciolo, indipendente dal mainstream dominante (e soffocante), venga giudicato filorusso e inaccettabile da alcuni membri del comitato scientifico di Limes dopo così tanti anni e proprio in concomitanza con le sanzioni europee contro Baud e la libertà di pensiero e di espressione.
L’aspetto più preoccupante in fondo è proprio questo: in attesa di accogliere Kiev nell’Unione, è la UE che tende ad assomigliare sempre di più all’Ucraina.
Foto: X
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.








