La Zona Economica Esclusiva è legge: si rafforza la marittimità italiana

 

 

Analisi Difesa ha già affrontato il tema delle iniziative per l’istituzione della  Zona economica esclusiva (ZEE)  con cui il nostro Paese, al di là delle acque territoriali, eserciterà giurisdizione nei settori della pesca, dell’ambiente e delle energie rinnovabili.  Lo scorso 9 giugno il Senato ha  approvato in via definitiva la proposta di legge dell’On.le Di Stasio con un voto a larghissima maggioranza, anche da parte dell’opposizione, che testimonia lo spirito di condivisione nazionale della decisione parlamentare.

E’ bene subito premettere che l’iniziativa è maturata e si è sviluppata ad opera dei partiti senza che, a quel che sembra, ci fossero interventi governativi. La cosa potrebbe far riflettere sulla difficoltà delle istituzioni a confrontarsi con i temi marittimi, come del resto emerge chiaramente dalle questioni di pesca pendenti con la Libia.

C’è stata sinora una sottovalutazione dei nostri interessi marittimi imputabile ad una disattenzione che ha origini storiche e che forse risale allo Stato sabaudo, oltre che essere una reazione ai fasti marittimi celebrati nel periodo anteguerra. Indubbiamente, a catturare l’attenzione dell’opinione pubblica sono state finora le questioni del salvataggio in mare dei migranti che ci hanno visti protagonisti al di là delle nostre responsabilità internazionali, quelle di tutela ambientale (difatti la ZEE sostituirà la già esistente Zona di protezione ecologica) e non ultima la pesca.

La nuova ZEE creerà i presupposti per rafforzare la marittimità del Paese dando senso compiuto alle responsabilità ecologiche ed avviando il contrasto delle attività illegali di pesca condotte da flotte straniere vicino alle nostre coste, soprattutto per la cattura del tonno rosso. Resteranno però insoluti i problemi di pesca in acque pretese da Libia e Tunisia finchè non si faranno accordi di partenariato con quei Paesi e si definiranno con chiarezza i limiti delle rispettive zone di giurisdizione.

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Spazi piattaforma continentale delimitati con accordo (Fonte UN DOALOS)

 

Proprio su tale aspetto la nuova legge potrebbe consentire di adottare soluzioni pragmatiche e provvisorie, pur in mancanza di accordo: il provvedimento prevede infatti (art. 1, 3) che «I limiti esterni della zona economica esclusiva sono determinati sulla base di accordi con gli Stati [interessati]. Fino alla data di entrata in vigore di tali accordi, i limiti esterni della zona economica esclusiva sono stabiliti in modo da non compromettere od ostacolare l’accordo finale».

In Adriatico non dovrebbero esserci problemi a negoziare simili accordi: trattative sono già in corso con Croazia e Slovenia; con l’Albania ci sono le premesse per intavolare una proficua trattativa; con la Grecia si è già concordato (esattamente un anno fa) di far coincidere i limiti della ZEE con quelli già in vigore per la piattaforma continentale. Finalmente avremo la possibilità di avviare un dialogo con la Libia che è il nostro più importante Paese frontista nel senso che è vitale per noi “condividere acqua” con Tripoli per dare respiro alla nostra azione mediterranea ed evitare di essere confinati dalla pretesa ZEE maltese.

Con Malta bisognerà perciò riannodare le fila di un discorso troppo a lungo interrotto, partendo dalla decisione a noi favorevole adottata dalla Corte internazionale di giustizia nella causa Malta-Libia del 1985. Egualmente, si potrà ricominciare ad esprimere con chiarezza le nostre intenzioni verso la Tunisia volte a stabilire un confine della colonna d’acqua diverso dal fondale, magari prevedendo un regime comune di protezione e gestione della nota zona del “Mammellone”. Con l’Algeria si avrà lo strumento per rispondere ad armi pari -caso mai non si raggiunga un auspicato accordo di compromesso – alla provocazione di istituire unilateralmente una ZEE che giunge sino alle coste sarde nei pressi di Oristano.

In conclusione, la ZEE ci costringe ora a guardare con lo sguardo fisso all’interesse marittimo nazionale e alla realtà delle pretese dei Paesi con cui confiniamo, costringendoci, prima o poi, a definire accordi di delimitazione. Chiaro quindi che c’è una dimensione militare della ZEE: la sorveglianza del confine, sia pur provvisorio, della ZEE sarà il primo compito che la Marina dovrà assolvere ad evitare conflitti di giurisdizione o appropriazione di risorse nell’ambito della propria missione di  «difesa militare dello Stato» sul mare prevista dall’art. 110 del COM.

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Ipotetica ZEE italiana (Fonte Limes, 3, 2021)

 

Il secondo compito affidato alla Marina sarà quello già previsto dal nostro ordinamento da quarant’anni con la Legge per la Difesa del Mare del 1982. Vale a dire lo svolgimento del «Servizio di vigilanza sulle attività marittime ed economiche, compresa quella di pesca, sottoposte alla giurisdizione nazionale nelle aree situate al di là del limite esterno del mare territoriale».

Le aree della ZEE nazionale saranno molto vaste: ai circa 120.000 km di acque interne e territoriali vanno infatti aggiunti i circa 500.000 km2 di piattaforma continentale e sovrastante ZEE. Al loro interno il nostro Paese eserciterà, come detto, diritti sovrani in materia di gestione delle risorse naturali, comprese pesca e rinnovabili, e protezione ambientale. La nostra giurisdizione sarà perciò molto estesa dal punto di vista spaziale e molto articolata in relazione alle varie materie di competenza.

Per queste funzioni la Marina ha tutte le qualità, in termini di capacità alturiere dei mezzi dedicati (che tuttavia andranno incrementati) per sorvegliare la ZEE nazionale. In aggiunta, va considerato che l’art. 115 del COM assegna anche alla FA la sorveglianza per la prevenzione degli inquinamenti delle acque marine da idrocarburi e dalle altre sostanze nocive nell’ambiente marino e l’accertamento delle infrazioni alle relative norme» riconoscendo ai comandanti delle Unità di vigilanza la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria.

E’ ovvio, in ogni caso, che sarà necessario coordinare tali competenze con quelle del Corpo delle Capitanerie-Guardia Costiera e con quelle della Guardia di Finanza come peraltro già avviene secondo il Regolamento del 2013 della Legge Fini-Bossi sul controllo dell’immigrazione.

Per la Marina la sfida è ora quella di evidenziare, in ambito interforze, che le proprie consolidate attività di «polizia dell’alto mare» attinenti la sicurezza marittima (ex art. 111 COM)  si integrano con quelle di difesa e sorveglianza della ZEE secondo un modulo di continuità spaziale. Nel contempo, andrà sviluppato il già esistente rapporto con Capitanerie e Guardia di finanza improntato a reciproco rispetto istituzionale, in aderenza al principio, previsto dalla Strategia di sicurezza marittima dell’Unione europea (EUMSS), del «Cross-sectoral approach».

Per l’Italia l’occasione da non sprecare è considerare i mari circostanti come un patrimonio inalienabile della Nazione da difendere, tutelare e valorizzare nell’ambito della blue economy a beneficio della comunità internazionale e delle generazioni future.

 

 

E' Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto di diritto internazionale marittimo. Membro del CeSMar, è autore di vari scritti in materia, tra cui "Glossario del Diritto del Mare" (Rivista Marittima, V ed., 2020) disponibile in http://www.marina.difesa.it/media-cultura/.

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