La Turchia riprende il comando di KFOR e fornisce migliaia di droni FPV al Kosovo

 

Una grossa partita di droni Skydagger ordinati in Turchia è stata consegnata ieri alla Forze di Sicurezza del Kosovo Nel darne notizia, il premier Albin Kurti – citato dai media serbi – ha detto che la consegna dei droni a Pristina era prevista per il prossimo gennaio, ma sono stati consegnati con tre mesi di anticipo in seguito a un accordo con la compagnia turca Baykar, la stessa che aveva già consegnato alle forze kosovare droni armati Bayraktar TB2.

Gli Skydagger RFT15 sono droni FPV  in grado di trasportare fino a 5 chili di carico utile incluso esplosivo e volare per 10 chilometri a una velocità di 130 km/h. Sono stati forniti in grandi quantitativi alle forze di Pristina che, in base agli accordi che prevedono la presenza delle forze della NATO (KFOR) dovrebbe avere solo compiti di sicurezza interna e non dovrebbe disporre di armi offensive.

Con un messaggio postato su Facebook, Kurti ha pubblicato alcune foto di camion carichi all’aeroporto di Pristina, sottolineando che si tratta di ‘migliaia di droni’. La formazione in Kosovo di un Esercito regolare, oltre a violare gli accordi che portarono alla fine della guerra nel 1999, è fortemente osteggiata dalla Serbia, che non riconosce l’indipendenza del Kosovo, che considera ancora parte integrante del proprio territorio.

Belgrado invoca la Risoluzione 1244 adottata dal consiglio di sicurezza Onu nel 1999 al termine del conflitto armato in Kosovo, in base alla quale l’unica Forza armata autorizzata a stazionare in Kosovo è la KFOR della NATO.

La risoluzione prevede al tempo stesso la completa smilitarizzazione dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK) e degli altri gruppi armati della componente albanese. Pristina nel 2009 avviò la formazione di una Forza di sicurezza del Kosovo, con mandato civile e di intervento in casi di catastrofi e calamità, ma nel 2018 il parlamento kosovaro adottò un provvedimento sulla trasformazione della Forza di sicurezza in un Esercito regolare.

Le autorità di Pristina hanno inoltre raggiunto un accordo con l’azienda turca MKE per la costruzione di una fabbrica per la produzione di armi e lo sviluppo di droni. Negli ultimi tre anni, il governo del Kosovo ha speso oltre 239 milioni di euro per l’acquisto di armi e la maggior parte di questi fondi è apparentemente finita nell’industria militare turca. Oltre ai droni Bayraktar TB2, le autorità del Kosovo hanno acquistato mortai e munizioni dalla Turchia per un valore di 27,5 milioni di euro.

Nei mesi scorsi, Pristina ha ottenuto altri droni turchi TB2 ‘Bajraktar’ e americani ‘Puma’. Gli Stati Uniti avevano già forniti armi anticarro Javelin, veicoli e altro materiale

Dura la reazione del presidente serbo Aleksandar Vucic che con un commento postato oggi su X si è detto “terrorizzato” dal comportamento della Turchia e dalla brutale violazione della Carta dell’Onu e della risoluzione 1244 del consiglio di sicurezza.

“Ora è del tutto chiaro che la Turchia non vuole la stabilità dei Balcani occidentali e che sogna di nuovo il ripristino dell’Impero ottomano. La Serbia è un piccolo Paese, ma abbiamo capito bene il messaggio!”, ha osservato Vucic nel suo messaggio.

Ferma condanna della fornitura di droni Skydagger (nella foto sotto) al Kosovo è giunta anche da Petar Petkovic, responsabile dell’Ufficio governativo serbo per il Kosovo e capo negoziatore di Belgrado nel dialogo con Pristina facilitato dalla Ue.

 

“Invece di rispettare il diritto internazionale la Turchia, militarizzando Pristina, cosa che va avanti da anni, calpesta apertamente la Carta dell’Onu e diventa complice di Kurti nell’affossamento della pace e della stabilità nella regione dei Balcani occidentali”, creando nuove tensioni e crisi, ha detto Petkovic.

“Contro chi è diretta questa militarizzazione di Pristina con la consegna di armi letali nelle mani del piromane Albin Kurti, se non contro il pacifico popolo serbo?”, ha aggiunto, sottolineando come “non sia un caso che i droni siano stati consegnati a Kurti tre mesi in anticipo e a pochi giorni dalle elezioni locali del 12 ottobre, per dare appoggio a Kurti e consentirgli di proseguire nella sua azione di terrore contro i serbi”.

Il capo di stato maggiore dell’Esercito serbo, generale Milan Mojsilovic, in un colloquio telefonico oggi con il comandante della KFOR, il generale turco Ozkan Ulutas, ha protestato duramente per la fornitura di droni dalla Turchia al Kosovo, e per la brutale violazione della risoluzione 1244 del consiglio di sicurezza dell’Onu e dell’Accordo tecnico-militare sul Kosovo.

Come ha riferito il ministero della difesa a Belgrado, Mojsilovic ha detto che tutto ciò costituisce un segnale molto negativo e minaccia la sicurezza non solo in Kosovo ma nell’intera regione dei Balcani occidentali.

Il capo di stato maggiore ha ribadito che la Serbia, in linea con il diritto internazionale, la risoluzione dell’ONU e tutti gli altri accordi sottoscritti, ritiene la KFOR l’unica legittima formazione armata sul territorio del Kosovo.

Il generale serbo ha al tempo stesso chiesto che tale Forza internazionale attui il proprio mandato in maniera coerente e imparziale nel rispetto della risoluzione 1244, garantendo un ambiente sicuro e libertà di movimento per tutti, in primo luogo per la comunità serba residente in Kosovo, che Belgrado definisce ‘provincia meridionale serba’.

Due gli aspetti rilevanti politici e militari che si aggiungono l potenziamento delle capacità militari del Kosovo in un contesto di costante escalation della tensione con Belgrado e di discriminazioni della minoranza serba.

Il primo riguarda il silenzio (almeno per ora) dei governi europei e degli Stati Uniti per la consegna dei droni FPV alle forze kosovare e la diretta violazione degli accordi internazionali.

Il secondo aspetto, che ha un peso militare e rischia di influire anche sulla forza della NATO, riguarda il fatto che la consegna delle armi turche è avvenuta in anticipo rispetto alle previsioni ma quasi in concomitanza con il cambio della guardia al comando di KFOR.

Il 3 ottobre si é infatti tenuta presso il Quartier Generale della missione NATO-KFOR in Kosovo, la cerimonia di avvicendamento al comando della forza multinazionale tra il generale divisione italiano Enrico Barduani e il parigrado turco Özkan Ulutaş (nelle foto sopra e sotto), già alla guida della missione durante la sua 28ª rotazione dall’ottobre 2023 e ora nuovamente designato quale 30° Comandante della Kosovo Force.

La missione KFOR è istituita sulla base della Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza ONU. Il Contingente italiano è il più numeroso, con oltre 900 militari delle quattro Forze Armate. Operativamente, la missione è inquadrata nell’Allied Joint Force Command (JFCNP) di Napoli e per gli aspetti nazionali, fa capo al Comando Operativo di Vertice Interforze.

Foto Anadolu, Skydagger e Stato Maggiore Difesa italiano

 

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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