Missili aria-aria R-60 per i droni Geran-2 russi

 

Il missile aria-aria sovietico Vympel R-60 (nome NATO “AA-8 Aphid”) è una delle armi più longeve e versatili della storia aeronautica. Progettato negli anni ’70 per ingaggi a corto raggio, questo missile a guida infrarossa (IR) ha visto impieghi in decine di conflitti globali e tutt’oggi continua ad essere oggetto di aggiornamento da parte di paesi terzi.

L'”Aphid” è noto infatti per essere stato uno dei missili aria-aria più piccoli e leggeri della sua generazione, ideale per caccia leggeri e velivoli con limitata capacità di carico. La sua testa di ricerca a infrarossi passiva (IRCCM) garantisce un’azione “spara e dimentica” (fire-and-forget) a breve distanza non richiedendo l’illuminazione radar del bersaglio.

La sua storia operativa è ricca e variegata: durante la Guerra del Libano del 1982, i rapporti russi indicano che l’R-60 fu il principale e più efficace missile impiegato dai siriani nei combattimenti aerei sulla valle della Bekaa.

Nonostante le fonti israeliane attribuiscano tutte le perdite di aerei a missili terra-aria, è confermato che un MiG-21 siriano danneggiò gravemente un F-15 israeliano con un R-60 il 9 giugno 1982.

In Iraq, il missile fu utilizzato sia durante la Guerra Iran-Iraq, dove un MiG-23ML iracheno abbatté un F-14A iraniano nel 1984, sia durante la Guerra del Golfo, dove danneggiò due EF-111A Raven e fu rivendicato come causa dell’abbattimento di un Panavia Tornado della Royal Air Force.

L’R-60 fu inoltre operativo nei conflitti tra Angola e Cuba, come dimostra l’Operazione Moduler del 1987, dove danneggiò gravemente un Mirage F1CZ sudafricano. Infine, l’India utilizzò l’R-60 nel 1999 per abbattere un Breguet Atlantic della Marina pakistana, nell’incidente noto come “Incidente dell’Atlantic”.

Mentre gli analisti ne celebravano la ritirata dalle prime linee, il fronte ucraino ha riscritto il suo manuale operativo. La sua efficacia continua a dimostrare infatti che la semplicità (ovvero il contenuto costo economico) e la compattezza possono ancora avere un posto nel moderno campo di battaglia, a patto di trovare nuove piattaforme d’uso.

L’ultima e più inaspettata evoluzione del missile arriva direttamente dal conflitto in Ucraina. Rispondendo alla crescente attività dei velivoli ucraini (in particolare degli elicotteri) nella caccia ai droni russi, le Forze Armate di Mosca hanno introdotto una modifica rivoluzionaria del drone kamikaze “Geran-2” (Shahed-136) trasformandolo in un cacciatore di velivoli nemici.

Fonti ucraine e le prime immagini confermano l’impiego di droni Geran-2 equipaggiati con un missile aria-aria R-60 montato a bordo in posizione centrale superiore, utilizzando un lanciatore APU-60 capovolto in una configurazione destinata all’ingaggio verso l’alto e in avanti.

Questa combinazione risponde a una chiara esigenza tattica russa introducendo il concetto di “drone-caccia intercettore” a basso costo. L’installazione di missili implica un salto di qualità: i droni “Geran” non sono più mere loitering munition a rotta fissa, bensì sono pilotati attivamente da un operatore che ne visualizza la situazione in tempo reale. Questo li eleva allo status di autentici velivoli da combattimento aereo senza pilota, pronti ad attaccare in caso di necessità.

Inoltre, questa opzione armata funge da deterrente economico contro la caccia ai droni: il Geran armato di R-60 costringe i piloti ucraini a operare a distanze maggiori o a non intercettare affatto, sulla falsariga di quanto realizzato a Kiev con i droni navali armati.

La scelta dell’R-60 è ideale per questa conversione poiché la sua autoguida IR non richiede un radar di bordo sul drone, semplificando enormemente il sistema d’arma; inoltre, il missile è leggero e le scorte russe sono ampie, rendendolo una soluzione economicamente sostenibile.

La modifica del Geran-2 è un altro esempio della rapidissima innovazione e dell’asimmetria che definiscono il conflitto tra Mosca e Kiev.

L’R-60 “Aphid”, pur essendo un’arma obsoleta, continua a dimostrare la sua straordinaria adattabilità. L’arma ha trovato un nuovo e inatteso capitolo nella sua lunga storia in una guerra che oppone costosissimi armamenti all’avanguardia a un’incredibile capacità di adattamento empirico e funzionale, così come già avvenuto nel fronte ucraino, adattando ad esempio (ancora una volta) un missile aria-aria sovietico come l’R-73 “AA-11 Archer” sia nei droni navali (USV) che negli aerei da impiego agricolo.

 

 

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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