L’Italia nell’Indo-Pacifico: il monitoraggio delle sanzioni ONU alla Corea del Nord

La presenza della Marina Italiana nell’Indo-Pacifico, oltre ad essere motivata dalla promozione industriale e culturale del sistema-Paese, è anche incentrata sul sostegno all’azione internazionale per la sicurezza marittima.
Quale aderente al G7, l’Italia condivide infatti gli interessi dei Paesi membri sulla libertà di navigazione e sulla legalità dei traffici marittimi. Nell’ultima riunione del Gruppo tenutasi in Canada a gennaio tra i temi discussi c’è appunto la sicurezza marittima, in particolare la libertà di navigazione nel Mar della Cina e le sanzioni marittime contro la Corea del Nord.
L’attività delle Marine di tutto il mondo è oscurata dalla sea blindness che impedisce di conoscere quello che le navi fanno lontano dalle coste.
Questo è il caso delle operazioni di monitoraggio svolte dalla Fregata “Antonio Marceglia” nel Mar Cinese Orientale nel corso della Campagna in Estremo Oriente, come già era avvenuto per il Pattugliatore polivalente d’altura “Raimondo Montecuccoli con analoga missione del 2024. La politica estera non può però avere delle zone d’ombra.
Il monitoraggio dei traffici marittimi facenti capo alla Corea del Nord per contrastare la proliferazione di armi di distruzione di massa (WMD) e l’import-export di risorse energetiche è in effetti da tempo all’attenzione di Washington.
Agli USA si deve il lancio dell’iniziativa Pacific Security Maritime Exchange (PSME) a ciò dedicata in applicazione delle pertinenti risoluzioni delle NU, nel cui ambito operano Australia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Nuova Zelanda e Regno Unito.
I Paesi partecipanti collaborano nella Enforcement Coordination Cell (ECC), staff multinazionale istituito presso il Comando della VII Flotta USA in Giappone con cui si sono di certo coordinate le Unità italiane pur restando sotto comando operativo nazionale.
Dal punto di vista giuridico, le misure sanzionatorie decretate dalle Nazioni Unite non configurano comunque un vero e proprio embargo navale coercitivo, nel senso che non è possibile adottare “tutti i mezzi necessari” per visitare e sequestrare i mercantili coinvolti in traffici illeciti.
Questo avevano proposto gli Usa nel 2017, ma il CdS non l’ha autorizzato per il veto di Russia e Cina. Nemmeno è possibile fermare i mercantili non compliant come invece prevedono le risoluzioni sull’embargo alla Libia che vengono applicate in Mediterraneo da Eunavformed “Irini”.
L’obiettivo della PSME è quindi la deterrenza dei traffici illeciti marittimi con cui Pyongyang aggira le sanzioni stabilite dal CdS adottando la tattica del trasbordo su navi di bandiera in acque internazionali. Si vuole impedire che la Russia esporti petrolio con una dark fleet di mercantili con bandiere di convenienza analoghi a quelli che nel Baltico mettono a rischio l’integrità di cavi e condotte sottomarine.
La coalizione di volenterosi della ECC a guida statunitense si propone in definitiva di rendere difficili le attività marittime illegali della Corea del Nord in violazione delle sanzioni del CdS.
La libertà di navigazione, in mancanza di una risoluzione coercitiva, non subisce limitazioni. Ma si tenta di stringere il cerchio attorno ai mercantili implicati in traffici illeciti con Pyongyang per identificarli ed inserirli in una black list internazionale in vista dell’eventuale esercizio di poteri di giurisdizione da parte dei Paesi interessati.
Lo scopo principale è anche, oltre a contrastare il programma di proliferazione di Pyongyang e prevenire le sue ambizioni di dotarsi di capacità navali con nuovi assetti.
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Fabio CaffioVedi tutti gli articoli
Ammiraglio in congedo, docente a contratto di "Introduzione geopolitica e diritto internazionale del mare" presso l'Università di Bari. E' autore del "Glossario di Diritto del Mare", RM, 2020 disponibile in https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Documents/supplementi/Glossario_di_diritto_del_mare_2020.pdf