QUALCHE IDEA PER COLMARE LE ASIMMETRIE NEI CONFLITTI

La lunga crisi siriana conferma la regola degli ultimi venti anni: pochi giorni o settimane dall’avvio delle operazioni, la macchina bellica si inceppa sempre. Nel frattempo le crisi progrediscono indisturbate o quasi.

L’uso della forza quale strumento risolutivo di controversie è un’opzione che diventa giorno dopo giorno sempre meno praticabile anche dal punto di vista tecnico. Perché, dunque, questa difficoltà crescente ad interagire tra i dispositivi militari e gli scenari sul terreno?

Per rispondere bisogna innanzi tutto chiedersi perché su questo tema cruciale manchi ancora una riflessione istituzionale. Perché si getti denaro al vento senza alcun progresso contro le vere minacce di oggi. La questione non è semplice, va affrontata scomponendo completamente il puzzle e ricomponendolo in un nuovo disegno.

Intelligence (umana, più che elettronica o automatizzata), capacità di missioni di lunga durata per non dover decidere tutto in pochi secondi (quindi droni, elicotteri, persino cannoniere volanti), mezzi per raccogliere e distribuire dati in tempo reale a chiunque ne abbia bisogno (come fanno gli F-35, che al contrario di quanto pensano i disinformati sono più computer volanti che bombardieri). Il tutto condito da una robusta dose di etica, un fattore che sembra essere stato il primo “danno collaterale” delle moderne guerre asimmetriche.

Dottrina o minestra riscaldata?

La NATO continua a mettere in campo la dottrina di sempre, che si potrebbe chiamare quella dei “russi cattivi”, riesumata in occasione della recente crisi dell’Ucraina. Il più recente pensiero militare dell’Europa non è andato oltre la poco comprensibile Eunavformed, una flotta multinazionale di tutto rispetto la cui missione di protezione avrebbe potuto essere portata a termine da qualunque Guardia Costiera, a maggior titolo e con costi minori. Anche la più recente esercitazione NATO, la Trident Juncture svoltasi in Sardegna, è stata impostata su uno scenario di confronto simmetrico o giù di lì, senza alcun tentativo di ipotizzare (come è necessario che sia affinché le simulazioni esercitative abbiano un senso) un quadro di situazione più realistico tipo Siria, Iraq o Libia.

Difficile dire se gli Stati Maggiori di Nato ed EU stiano mettendo a punto dottrine e criteri di impiego più rispondenti ai roventi scenari che conosciamo, quelli veri insomma e non quelli costruiti ad arte nel Corno d’Africa o lungo le rotte mediterranee. Quello che è certo è che se domani si dovesse varare una vera coalizione contro ISIS, ci si troverebbe ancora una volta nella difficoltà di colmare le asimmetrie, ancora una volta lì, in tutta evidenza. ….

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Entrato in Accademia Aeronautica nel 1961, dove ha volato oltre 3mila ore su velivoli monoposto da caccia e da addestramento, è stato comandante della Quinta Forza Aerea Tattica Alleata della NATO di stanza a Vicenza e durante la guerra in Kosovo del 1999 ha assunto gli incarichi di comandante operativo delle Forze Aeree Italiane e di Vice Comandante della Forza Multinazionale impiegata nel conflitto. Consigliere militare di tre presidenti del Consiglio (D'Alema, Amato e Berlusconi) è stato Capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare dal 2004 al 2006. Attualmente è presidente della Fondazione ICSA.

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