Le navi-quarantena per migranti nuovo pull-factor per i flussi illegali ?

Come era logico prevedere, proprio il giorno di Pasqua, si è concluso positivamente, con perfetto tempismo, la vice da della nave “Alan Kurdi”.

Tutti ne escono soddisfatti: i migranti disperati (transitati dall’inferno libico, ma forse in parte provenienti da Paesi di origine sicuri); Ong “Sea Eye” che vede realizzati i suoi scopi; l’Italia che chiede alla Germania di esercitare giurisdizione verso la nave di propria bandiera; la Germania che ammonisce la nave a rispettare la chiusura sanitaria dei nostri porti e forse,  al termine si offrirà di ricollocare parte dei migranti; la Guardia Costiera che si attiene alle decisioni del ministero dell’Interno; la Protezione Civile che provvede a noleggiare un mezzo privato in cui i migranti passeranno la quarantena fuori delle nostre acque.

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La storia ha dunque avuto un esito mirato ad evitare quelle diatribe che in passato avevano contrapposto la Guardia Costiera al Viminale e l’Italia all’Olanda.

Ma non a caso, perché ogni cosa si è svolta secondo un piano che pare ben costruito. L’Interno aveva correttamente emanato il 7 aprile scorso un decreto “Porti chiusi” applicabile alle sole navi trasportanti migranti, basato sul regime del Place of Safety (POS) stabilito nella regola 33 del Cap.V della Convenzione Solas, secondo cui “A place of safety (as referred to in the Annex to the 1979 SAR Convention, paragraph 1.3.2) is a location where rescue operations are considered to terminate. It is also a place where the survivorsí safety of life is no longer threatened and where their basic human needs (such as food, shelter and medical needs) can be met. Further, it is a place from which transportation arrangements can be made for the survivors next or final destination”. 

Il decreto dispone infatti il divieto di sbarco delle persone salvate al di fuori dell’area SAR italiana, motivandolo con l’assenza di garanzie sanitarie per gli stessi migranti, prima ancora che per il rischio di contagio della nostra popolazione.

Proprio questo, d’altronde, aveva fatto il ministro dell’Interno Robertro Maroni per Lampedusa, nel 2009, durante un’ennesima crisi con Malta. Il decreto del 7 aprile è dunque stato applicato secondo un giusto approccio giuridico.

Unica incongruenza il fatto che nel suo preambolo si richiamino le Linee guida del Comitato dei Trasporti per la Sicurezza Marittima in cui si prevede che la scelta del POS competa al Paese responsabile della zona SAR in cui sono avvenuti i soccorsi: di fatto queste prescrizioni (mutuate dalla Convenzione Solas) sono state disattese perché i soccorsi sono avvenuti nella SAR libica e noi non li abbiamo coordinati.

IFRONTEX

E’ vero invece che è stato il comandante della nave ”Alan Kurdi” a decidere di far rotta verso la Sicilia. Se così è, può dirsi che si sia data applicazione alla recente sentenza della Cassazione relativa al caso Rackete che, interpretando evolutivamente la normativa internazionale, ha stabilito che l’obbligo di soccorso non possa prescindere dall’assicurare alle persone salvate un POS in cui siano  valutate le loro istanze a protezione internazionale.

Il punto è che questo approccio non è condiviso né dall’Ue (la quale tra l’altro non ha competenze in materia di SAR) né da alcun altro Paese membro, a cominciare dai nostri vicini maltesi che,  per negare l’approdo a La Valletta, hanno spesso eccepito  che il soccorso era iniziato nella SAR libica.

E corretto è anche il comportamento tenuto dalla Farnesina quando – come peraltro fatto, in circostanze del tutto identiche, con la Nota verbale di un anno fa –  aveva richiesto alla Germania di esercitare giurisdizione di bandiera nei confronti della propria nave  provvedendo all’individuazione del POS. Inutile dire che i successivi sviluppi del caso hanno sì evidenziato il rispetto del decreto italiano, ma anche il “rifiuto, da parte della Alan Kurdi, di seguire la procedura per l’accoglienza nel proprio paese di bandiera che è la Germania”.

MMI

Sulla base della situazione  venutasi a creare,  proprio per evitare  quelle  fasi di stallo con le Ong o con le Unità della nostra Guardia costiera poi sfociate nell’autorizzazione allo sbarco per necessità umanitarie,  ma soprattutto per   prevenire  l’ingresso di persone a rischio sanitario,

Il Ministro dei Trasporti ha richiesto infine alla Protezione civile di adottare   un provvedimento il quale “prevede che venga individuata, con il supporto tecnico della Guardia Costiera, una nave sulla quale, nelle prossime ore, potranno essere trasferiti i migranti per la quarantena e i controlli da parte della Croce Rossa Italiana e delle autorità sanitarie locali”. Il problema è che ora si apre una nuova fase, considerato che nella “nave quarantena” saranno forse ospitati i migranti giunti in Sicilia con propri mezzi e che ulteriori navi Ong vi potrebbero trasportare altre persone salvate nella SAR libica creando di fatto quello che gli Inglesi definirono nel 2014, al tempo di Mare Nostrum, come “pull factor”.

La scelta di questo tipo di soluzione potrebbe presentare anche criticità non dissimili da quelle che avevano sconsigliato, nel 2016, la creazione -da noi ipotizzata- degli  “hot spot galleggianti”. Oltretutto una certa contraddittorietà c’è nel non aver preso in considerazione, lo scorso marzo, in piena emergenza Covid 19, l’idea di dislocare in alcuni porti navi passeggeri adibite ad assistenza sanitaria e nemmeno  di aver pensato di richiedere alla Difesa di destinare a eguali scopi idonee Unità della Marina.

epa07833715 (FILE) - A handout photo made available by German civil sea rescue organisation sea-eye shows the Alan Kurdi vessel, at an undisclosed location, 29 June 2019 (reissued 10 September 2019). According to media reports, five people on board the NGO rescue vessel Alan Kurdi were brought to Malta and will then 'immediately' transferred to two EU member states, the Maltese government said on 10 September. The transfer agreement was negotiated and put into effect after talks with the European Commission after Sea-Eye, the NGO that runs the Alan Kurdi, agreed to withdraw a judicial protest it filed last week against Malta. EPA/FABIAN HEINZ / SEA-EYE HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

In definitiva, l’Italia ha confermato la propria grande vocazione umanitaria, ma lo ha fatto in via unilaterale, senza alcun coordinamento Ue e con un limitato impegno della Germania.

L’organizzazione delle “navi quarantena” al momento sembra una misura opportuna e necessaria, ma, oltre a presentare alcune criticità e contraddittorietà, bisognerà presto valutarla in termini di sostenibilità organizzativa ed anche economica non essendo prevedibili i suoi oneri in termini di personale e navi da noleggiare: aspetto, questo, non da poco in un momento in cui i nodi del bilancio pubblico verranno presto al pettine.

Quel che è certo è che  la Protezione civile – dopo un lungo cammino iniziato con il terremoto dell’Irpinia – ne esce ulteriormente rafforzata, quasi fosse una sorta di nuova Forza armata: con riguardo al caso in esame, è infatti indubbio che si sia consolidato anche il suo profilo marittimo, già  evidenziato nel  recupero della “Costa Concordia” e attribuito dalla legge che  le affida la gestione delle emergenze antinquinamento cui concorrono Guardia costiera e Marina.

 

E' Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto di diritto internazionale marittimo. Membro del CeSMar, è autore di vari scritti in materia, tra cui "Glossario del Diritto del Mare" (Rivista Marittima, V ed., 2020) disponibile in http://www.marina.difesa.it/media-cultura/.

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