L’offensiva russa procede lentamente ma su più fronti

 

 

(aggiornato alle ore 23,58)

La nuova offensiva russa definita da molti “di primavera” è iniziata da diverse settimane anche se con scarsa visibilità mediatica in Europa e in Italia.

Dopo le ritirate strategiche degli ultimi mesi del 2022 dalle regioni di Kharkiv e Kherson, attuate per accorciare il fronte e acquisire posizioni difensive vantaggiose in attesa dei rinforzi, dei volontari arruolati e dei riservisti mobilitati, i russi sono tornati a condurre azioni offensive.

Da un lato le forze di Kiev, dopo le pesantissime perdite subite negli ultimi mesi nel tentativo di non cedere un metro di terreno nel Donbass, non sembrano in condizioni di impedire l’avanzata nemica ma solo di rallentarla né di attuare azioni di contrattacco se non su scala tattica. Dall’altro non mancano le incognite circa la capacità e volontà di Mosca di premere con forza sull’acceleratore.

Nelle ultime settimane i russi hanno effettuato avanzate rilevanti su tutti i fronti e se i vantaggi territoriali acquisiti concernono la conquista di pochi chilometri di territorio non va dimenticato che nel Donbass (e soprattutto nella regione di Donertsk) le posizioni difensive ucraine sono fortificate e strutturate in modo impeccabile grazie anche al supporto fornito dal 2014 dai consiglieri militari dei paesi della NATO.

 

Il fronte di Luhansk

Nelle regioni di Kharkliv e Luhansk i russi hanno compiuto progressi in diversi settori. A nord minacciano di nuovo Kupyansk che fui centro logistico delle forze russe nei primi mesi dell’Operazione militare speciale varata da Mosca e ora rappresenta il caposaldo delle truppe di Kiev in quel settore. Ieri i russi hanno conquistato il villaggio di Gryanikovka contro cui si è scatenato la notte scorsa un contrattacco ucraino appoggiato da aerei decollati dall’aeroporto di Milgorod (regione di Poltava) e dal fuoco delle artiglierie schierate a Dvurechnaya, di cui riferiscono fonti russe ufficiali e informali russi che riportano di aver respinto l’attacco nemico.

Kharkiv Battle Map Draft February 18,2023

Le stesse fonti riferiscono dell’arrivo di un convoglio di rinforzi ucraini giunto nella zona nelle ultime ore per rafforzare le linee difensive e che le forze ucraine stanno preparando seconde linee di difesa e si apprestano a evacuare gli abitanti di Kupjansk.

Il governatore ucraino di Luhansk, Serhiy Haidai, ha riferito che gli “attacchi delle forze russe aumentano lungo tutte le direzioni e ci sono continui tentativi di sfondare le nostre linee di difesa”. Haidai ha riferito di intensi combattimenti nel settore di Kreminna/Svatove dove le truppe russe stanno cercando di riprendere il controllo dei fitti boschi in cui le forze di Kiev erano penetrate nelle scorse settimane durante l’ultimo tentativo offensivo ucraino esauritosi a quanto sembra per la necessità impellente di trasferire truppe nei settori più critici del fronte di Donetsk quali Soledar e Bakhmut.

Dal rafforzamento delle posizioni difensive intorno ai capisaldi di Svatove e più a sud di Kreminna, le forze russe incentraste sulla 3a Divisione Motorizzata sono passate all’offensiva giungendo a minacciare Lyman, il cui controllo è fondamentale anche per puntare alla penetrazione da nord nella regione di Donetsk e per minacciare le difese ucraine a Siversk e, più a ovest, a Slovyansk.

L’avanzata russa in questo settore è lenta ma costante con l’obiettivo di ridurre le perdite e per non esporsi ai contrattacchi delle truppe ucraine che sono schierate su ottime postazioni difensive anche se sembrano aver perso la capacità di attaccare per interrompere le vie di rifornimento che corrono nelle retrovie russe, obiettivo che le truppe di Kiev hanno perseguito fino all’inizio dell’anno penetrando in forze nella foresta di Serebryanskoye.

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Fonti russe riportano che in questo settore vengono impiegati in modo consistente i droni-suicidi (munizioni circuitanti) ZALA Lancet che avrebbero distrutto molti pezzi d’artiglieria nemici e i tank T-90M abbinati ai veicoli corazzati BMPT Terminator armati di due cannoni a tiro rapido da 30 mm, lanciagranate e missili anticarro Ataka.

I russi per ora non sembrano voler accelerare l’attacco a Kupyansk e Lyman ma preparano le condizioni per farlo: la loro caduta permetterebbe ai russi di tornare sulle posizioni che controllavano prima dei massicci contrattacchi ucraini dell’estate e autunno del 2022.

 

Fronte di Donetsk

Anche in questa regione i russi hanno conseguito progressi ovunque come evidenzia la mappa dell’ISW qui sotto.

Dopo la caduta di Soledar la chiave di volta della linea difensiva ucraina è Bakhmut (Artyomovsk per i russi) dove le truppe russe, i miliziani della Repubblica Popolare di Donetsk (DPR) e i contractors della compagnia militare privata (PMC) Wagner hanno preso il controllo di gran parte delle strade che permettono di rifornire la guarnigione ucraina composta da almeno 8 mila combattenti. In città sarebbero ancora presenti, nonostante mesi di bombardamenti, almeno 5 mila civili che le autorità ucraine non sono mai riuscite ad evacuare a conferma che in molte zone del Donbass parte della popolazione attende l’arrivo dei russi.

Donetsk Battle Map Draft February 18,2023

Dopo aver assunto ieri il controllo di Paraskoviyivka assumendo il controllo della strada M-03, unità della PMC Wagner hanno attaccato la periferia nord occidentale di Bakhmut e i villaggi di Yagodnoe e Berkhovka dove gli ucraini oppongono (come ammettono fonti russe) una fiera resistenza, consapevoli del rischio di restare accerchiati dopo che il governo di Kiev ha negato più volte l’autorizzazione al ritiro che pare sia stata chiesta con insistenza ma invano dallo stato maggiore ucraino.

Il capo ad interim della DPR, Denis Pushilin ha riferito all’agenzia TASS che le forze russe avrebbero rafforzato le loro posizioni intorno ad Artymovsk. La liberazione di Paraskovyevka ci consente anche di avvicinarci al blocco della strada rimanente verso Chasov Yar, che è l’unica delle cinque strade che rimane utilizzabile per i rifornimenti nemici. Deve essere bloccata e poi avvicineremo drasticamente la liberazione di Artyomovsk”,

Una ritirata delle forze ucraine da Bakhmut potrebbe risparmiare la vita o la prigionia ad almeno 8mila soldati di Kiev che nella regione schiera circa 50 mila combattenti dopo aver subito negli ultimi mesi perdite spaventose per obbedire alla strategia volta a non cedere un metro di terreno.

Le stesso fonti NATO e ucraine ammettono che in questo settore la situazione è molto difficile e un ripiegamento da Bakhmut finché è possibile attuarlo imporrebbe agli ucraini di attestarsi più indietro tra Kramatorsk e Slovyansk, peraltro già sotto il tiro dei bombardamenti russi.

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Si tratta di una regione pesantemente fortificata dagli ucraini negli otto anni di guerra contro i secessionisti, dove ogni villaggio espugnato comporta un forte prezzo di sangue da pagare per attaccanti e difensori.

Più a sud i russi hanno conseguito lenti progressi anche ad Avdivka e Mariynka, comunque insufficienti a respingere gli ucraini fuori dal raggio d’azione delle artiglierie che continuano a bombardare la città di Donetsk, “capitale” della DPR.

A sud ovest, nel settore di Vhuledar, all’attacco russo contro la cittadina ha risposto un efficace contrattacco favorito dalle pesanti perdite subite la scorsa settimana dai russi durante un assalto frontale in campo aperto anche se non è chiaro se a finire sotto il fuoco incrociato dell’artiglieria e delle postazioni anticarro ucraine siano state le forze della 155° Brigata Fanteria di Marina russe o una brigata di miliziani della DNR.

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Fonti militari russe ammettono in ogni caso le difficoltà in questo settore riconoscendo l’abilità tattica degli ucraini nello sfruttare gli errori tattici commessi dagli attaccanti e che “l’offensiva si è impantanata” in attesa di rinforzi già in arrivo.

Fonti militari informali russe segnalano che proprio nella regione di Donetsk dovrebbe scatenarsi presto l’offensiva più intensa grazie al concentramento di ben 160/190 battaglioni lungo tutto il fronte tra Siversk e Vhuledar. Numeri che appaiono esagerati (forze di tale entità non sfuggirebbero alla ricognizione satellitare) e forse diffusi per indurre a credere che sarà ancora una volta il settore di Donetsk al centro delle offensive di Mosca.

 

Fronti di Zaporizhzhia e Kherson

Più a ovest, nella regione di Zaporizhzhia, dopo l’avanzata russa delle scorse settimane il fronte sembra essersi stabilizzato e le truppe di Mosca hanno assunto una postura difensiva come se attendessero un contrattacco nemico o attendessero rinforzi per riprendere ‘l’iniziativa.

In gennaio sembrava che proprio in questa regione gli ucraini preparassero un attacco in forze teso a spezzare in due il territorio in mano ai russi puntando verso Melitopol o Berdyansk, sul Mare d’Azov.

I successi conseguiti dai russi avrebbero quindi avuto l’obiettivo limitato di anticipare l’attacco ucraino e scongiurarlo, tenuto conto anche che molte forze di Kiev schierate in questo settore sono stata dirottate sui Bakhmut nelle ultime sei settimane.

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Resta invece immobile il fronte a Kherson dove il fiume Dnepr separa i contendenti che si scambiano colpi di missili e tiri dei cecchini dalle rive del fiume e salve di artiglieria. I russi segnalano l’’arrivo di 500/1.000 “mercenari” polacchi e di lingua inglese e hanno annunciato di aver respinto un’incursione sulla sponda meridionale del Dniepr effettuata da una ventina di incursori ucraini dotati di imbarcazioni veloci (nella mappa qui sopra).

 

Fronti di Sumy e Kharliv

Kiev ha reso noto ieri che circa 10 mila soldati russi sono concentrati al confine di Sumy, nell’Ucraina nord orientale, da dove i russi si erano ritirati nella primavera del 2022 dopo una prima puntata offensiva.

Secondo fonti militari ucraine citate dal Times “dall’altra parte del confine sono concentrati 10.000 soldati russi. Questa è la più grande concentrazione che ci sia mai stata qui”, riporta il Times citando il tenente delle forze armate ucraine Andrii Gulakov aggiungendo che i russi hanno costruito un ospedale da campo nella loro sede e questo indicherebbe che stanno pianificando azioni offensive.

Non è chiaro se le truppe russe pianifichino di varcare il confine e tornare ad attaccare nelle regioni di Sumy e Kharkiv dove nelle ultime ore l’artiglieria ha bersagliato le postazioni ucraine. Mosca sostiene che in queste regioni siano stati concentrati battaglioni dell’esercito ucraino e di “mercenari” stranieri trinceratosi in posizioni difensive anche dentro i centri abitati con la prima linea costituita tre chilometri all’interno del territorio ucraino.

 

Prospettive

Mosca sembra puntare a impiegare le forze in campo rafforzate dai 300 mila riservisti (e 200 mila volontari arruolatisi nell’esercito e nella PMC Wagner) che hanno ormai terminato l’addestramento per rafforzare i fronti dove i progressi sono stati rilevanti anche se per ora non decisivi e per minacciare di aprirne di nuovi.

Fonti russe riportano che in vista di una prossima offensiva su vasta scala sono stati concentrati nel raggio di 200 chilometri dal confine ucraino 450 aerei e 300 elicotteri (cui si aggiungono 11 navi dislocate nel Mar Nero) mentre il concentramento di truppe e mezzi russi in Bielorussia alimenta l’ipotesi una nuova puntata offensiva verso Kiev o a ovest della capitale, per tagliare le strade e linee ferroviarie che portano al fronte gli aiuti militari occidentali.

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Da un lato tale minaccia potrebbe essere solo in diversivo per imporre a Kiev di concentrare forze nell’ovest e a difesa della capitale sguarnendo i fronti più caldi ma fonti ucraine affermano di temere un attacco che coinvolga anche le forze di Minsk, ipotesi politicamente poco credibile.

Difficile quindi dire se i russi intendano scatenare una nuova offensiva su vasta scala su più fronti in occasione dell’anniversario dell’attacco del 24 febbraio 2022 o se invece puntino a logorare gli ucraini per indebolirli in vista di un attacco che potrebbe concretizzarsi solo in tarda primavera.

Tra un mese, presumibilmente con l’arrivo di temperature più tiepide, l’Ucraina si ricoprirà di fango, terreno ben poco ideale alle offensive meccanizzate. Per questo è possibile che i russi puntino ad acquisire successi nelle prossime settimane tesi a guadagnare posizioni vantaggiose ma senza accelerare troppo per poi scatenare un attacco più ampio in aprile o maggio.

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Anche sul piano strategico i russi potrebbero non avere fretta: la guerra sta distruggendo l’Ucraina e le sue forze armate in termini di uomini e mezzi e sta svuotando gli arsenali europei e occidentali delle armi cedibili a Kiev. Anche i carri armati, di cui a lungo si è discusso in Occidente, verranno forniti a Kiev in numero ben più limitato del previsto e con tempi più lunghi per non parlare degli aerei da combattimento, consegnati forse tra qualche anno e a guerra terminata.

Fonti dì intelligence della NATO riprese dai media diffondono messaggi tranquillizzanti sostenendo che i russi stanno affrontando “enormi difficoltà” nel mettere in piedi l’offensiva in occasione del primo anniversario del conflitto in Ucraina, pagando “costi astronomici” in termini di vite umane per sostenere un’offensiva che non si sta sviluppando lungo tutto il fronte ma su “piccoli punti di pressione”. Le truppe russe vengono definite “male equipaggiate e male addestrate” e al momento gli ucraini sembrano avere la situazione “sotto controllo”.

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Opposte le valutazioni che emergono dai fonti russe dove vengono esaltate le capacità offensive e mostrate le linee di produzione negli stabilimenti di UralVagonZavod dei più recenti e moderni mezzi corazzati (T-14 Armata, T-90M e BMPT Terminator – nelle foto sopra e sotto) mentre emergono dichiarazioni di prigionieri ucraini che evidenziano le difficoltà delle truppe di Kiev anche sul piano della tenuta e del morale a causa delle tragiche perdite subite e della crescente carenza di armi e munizioni.

Tutte informazioni da prendere con le molle, sui due lati della barricata, poiché ogni notizia resa nota persegue precisi scopi propagandistici. Basti pensare che il ministero della Difesa russo fornisce notizie di ampie perdite ucraine su tutti i fronti e i servizi segreti britannici, che pubblicano ogni giorno un bollettino di guerra che fornisce valutazioni pessimistiche sulle capacità e le forze russe infarcito cautamente di “forse” e “probabilmente”, valutava il 16 febbraio che le perdite sostenute dai russi in un anno di guerra fossero di ”circa 40-60mila” caduti.

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Fonti statunitensi riferiscono che solo la PMC Wagner avrebbe registrato 9mila caduti sul fronte di Bakhmut negli ultimi 2 mesi e mezzo. Stima impossibili da verificare, del resto c’è una bella differenza tra 40 mila morti e 60 mila e inoltre vale la pena evidenziare che gli ucraini sostengono di aver ucciso quasi 143 mila russi mentre un mese or sono il Pentagono valutava che i caduti di Mosca fossero circa 100mila.

Mentre circa i caduti tutti “danno i numeri”, nulla sembra muoversi sul fronte di possibili negoziati. Il Cremlino ha definito ieri “improbabile” che il presidente americano Joe Biden accetti la proposta del leader bielorusso Alexander Lukashenko di partecipare a un summit con il presidente russo Vladimir Putin a Minsk, mentre si trova in Europa. “Avrete sentito il comunicato della Casa Bianca, secondo il quale il presidente Usa non prevede altri scali oltre a quello in Polonia. Quindi, è improbabile che Washington dia una risposta positiva a questa iniziativa” bielorussa, ha sottolineato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.

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La proposta di un vertice formulata da Lukashenko contiene però un elemento utile a comprendere gli equilibri geopolitici attuali di questo conflitto: un eventuale dialogo non sarà tra Kiev e Mosca (o sarà solo di facciata tra i due belligeranti) ma tra Mosca e Washington.

All’iniziativa bielorussa si è aggiunta anche la proposta di Pechino con il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, che in un messaggio alla Conferenza di Monaco ha affermato che “la guerra in Ucraina deve finire. Siamo dalla parte del dialogo, la pace deve avere una chance”, anche perché “si deve evitare un disastro nucleare”.  I dettagli della proposta sono ancora ignoti ma dfi certo Washington l’ha accolta con scetticismo accusando Pechino di sostenere militarmente Mosca con forniture di droni e relativa tecnologia da parte della società cinese DJI (leader mondiale nei droni per uso civile e commerciale) e con triangolazioni dagli  Emirati Arabi Uniti.

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Giusto per non lasciare spazio a toni concilianti, il 16 febbraio il sottosegretario per gli affari politici Victoria Nuland ha detto che l’Ucraina non potrà essere mai “sicura” se la Crimea, controllata dai russi, non verrà “quanto meno demilitarizzata”. La Russia, ha aggiunto la Nuland, “ha massicci dispositivi militari nella penisola di Crimea. Questi sono bersagli legittimi per l’Ucraina che sta colpendo la Crimea con il nostro sostegno”.

Una rivendicazione del ruolo statunitense che fa il paio con le dichiarazioni del segretario generale della NATO, Lens Stoltenberg, che ha ammesso che le forze dell’Alleanza Atlantica hanno addestrato dal 2014 (cioè da dopo i fatti del Maidan che hanno determinato il “regime change” a Kiev) le truppe ucraine a combattere i russi. Una realtà oggettiva che in termini politici costituisce però un autogol poiché è esattamente quello che ha sempre sostenuto Vladimir Putin per giustificare la necessità di scatenare l’operazione militare speciale in Ucraina.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Difesa Ucraino, Ministero Difesa Russo, Krasnaya Zvezda e Telegram,

Mappe: Institute for the Study of the War (ISW) e RVvoenkor

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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