In Ucraina gli scandali minano il fronte interno

 

Le difficoltà militari dell’Ucraina sembrano moltiplicare i segnali di instabilità politica interna. L’ultimo scandalo legato a corruzione e malversazione nello sforzo bellico dell’Ucraina è venuti a galla intorno a Ferragosto, con l’arresto nella regione centro-orientale di Khmelnytsky, nell’Ucraina centro-orientale, di un commissario militare sorpreso dai servizi di sicurezza interni mentre riceveva una tangente.

Lo hanno riferito gli organi inquirenti, precisando che l’uomo avrebbe ricevuto 4.500 dollari da una persona che voleva sfuggire all’arruolamento. In cambio della tangente il commissario avrebbe promesso d’influenzare la commissione medica militare per farlo dichiarare disabile e quindi non idoneo al servizio militare: diagnosi che consente ai maschi ucraini tra i 18 e i 60 anni di non essere più soggetti alla coscrizione né al divieto di recarsi all’estero. Il commissario è stato rimosso dall’incarico e rischia fino a otto anni di carcere.

La corruzione dei commissari adibiti al reclutamento non riguarda certo solo la regione di Khmelnytsky (una delle più colpite nelle ultime settimane dai bombardamenti di precisione russi scatenasti contro depositi di armi e munizioni) e del resto l’11 agosto il presidente Volodymyr Zelensky ha annunciato durante una riunione del Consiglio per la Sicurezza Nazionale lo scioglimento di tutti i comitati militari regionali. La decisione è stata presa dopo i risultati emersi dalle ispezioni che hanno portato ad avviare procedimenti penali contro 112 funzionari e commissari nelle regioni di Donetsk, Poltava, Vinnitsa, Odessa, Kiev e Lviv”.

Secondo quanto emerso dalle ispezioni, ha spiegato Zelensky, vi sono stati casi “arricchimento illegale e fondi ottenuti irregolarmente per profitti personali”.  Nell’ultimo mese alcuni responsabili dei Centri territoriali di reclutamento e sostegno sociale sono stati coinvolti in scandali con casi anche eclatanti come quelli a Odessa e Dniepropetrovsk, dove funzionari hanno ottenuto immobili all’estero e auto di lusso in cambio della cancellazione dei nomi di alcuni uomini chiamati alle armi.

“La soluzione è sciogliere i comitati militari regionali. Cinismo e corruzione in tempo di conflitto equivalgono a tradimento”, ha detto Zelensky, aggiungendo che “questa struttura dovrebbe essere gestita da persone che sanno esattamente cosa è la guerra, da soldati che sono stati al fronte e che non possono più stare in trincea perché hanno perso la salute o gli arti, ma hanno conservato la dignità e non hanno cinismo. Prima della nomina dei nuovi commissari militari ci saranno controlli da parte del servizio di sicurezza”, ha assicurato Zelensky.

Malaffare e malversazione non sono certo una novità in Ucraina, in testa fin da molto prima della guerra a tutte le classifiche negative di malgoverno e corruzione, ma il pessimo andamento del conflitto ha ingigantito il problema dei tanti uomini, giovani e meno giovani, che cercano in ogni modo di evitare l’arruolamento per non venire inviati nei tritacarne della controffensiva ucraina che in due mesi e mezzo ha già provocato perdite stimate in 45/50 mila uomini.

Testimonianze specifiche cui vanno aggiunte le continue manifestazioni spontanee a Kiev e in tante città ucraine in cui madri e mogli chiedono notizie dei propri cari poiché tantissimi militari risultano dispersi”.

Il Financial Times ha raccontato che il numero di uomini fermati al confine mentre cercava di fuggire all’estero equivale agli effettivi di cinque brigate dell’esercito ucraino. Il portavoce del servizio di frontiera ucraino Andrey Demchenko, ha rivelato che 13.600 maschi in età di arruolamento sono stati catturati mentre tentavano di attraversare il confine al di fuori dei valichi di frontiera mentre altri 6.100 sono stati fermati con documenti falsi ai punti di controllo regolari.

Nei mesi scorsi anche alti dirigenti del ministero della Difesa vennero arrestati dopo che era emerso che acquistavano viveri per i soldati a prezzi gonfiati intascandosi la differenza con il prezzo di mercato. Da mesi gira voce che il ministro della Difesa Oleksy Reznikov, uno dei fedelissimi di Zelensky, sia a rischio rimozione e possieda ricchezze sospette all’estero (come diversai membri del governo e delle forze armate). Lo stesso Reznikov (nella foto sotto con l’omologo polacco) ha detto il 19 agosto che potrebbe dimettersi presto.

Inoltre anche i rapporti con alcuni stati membri della NATO dell’Europa Orientale sembrano messi a dura prova dalla decisione di questi ultimi di non assorbire più parte dell’export di grano e cereali ucraino che danneggia i produttori agricoli locali. Se l’Ungheria è da tempo ai ferri corti con Kiev per il rifiuto del suo governo ad applicare sanzioni a Mosca e fornire armi all’Ucraina, ora sembra incrinarsi anche l’asse con la Polonia che manterrà il blocco alle importazioni di grano ucraino benché la Ue intenda revocarlo a partire dal 15 settembre.

Il 14 agosto il presidente polacco Andrzej Duda ha dichiarato che confermato che il suo Paese continuerà a sostenere l’Ucraina per tutta la  “sosteniamo costantemente l’Ucraina nella sua difesa contro l’aggressione russa, ma il nostro dovere più importante è quello di curare gli interessi del nostro Paese. Pertanto, per proteggere il mercato interno e il mercato dell’UE, dobbiamo iniziare da noi”, ha affermato Duda durante un’intervista al settimanale ‘Sieci’.

Duda ha poi anche criticato l’uso che le autorità ucraine stanno facendo delle dichiarazioni del segretario di Stato polacco, Marcin Przydacz, che rimproverava a Kiev la sua presunta mancanza di gratitudine per gli aiuti ricevuti.

Il tema della “gratitudine ucraina” era già emerso al vertice NATO di Vilnius con la diatriba tra Kiev e il ministro della Difesa britannico Ben Wallace. Przydacz ha detto che gli ucraini “dovrebbero iniziare ad apprezzare il ruolo che la Polonia ha svolto negli ultimi mesi”. Kiev convocato l’ambasciatore polacco, Bartosz Cichocki, provvedimento replicato allo stesso modo da Varsavia.

@GianandreaGaian

Foto: Twitter e Ministero Difesa Ucraino

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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