Armiamoci e partite!  

 

La Russia si rafforza, l’Ucraina si dissangua al momento senza prospettive e gli Stati Uniti appaiono sempre più lanciati verso il disimpegno dalla guerra indipendentemente dall’esito delle elezioni di novembre. In questo contesto il Consiglio Europeo del 22 e 23 marzo non ha fornito segnali di discontinuità rispetto all’impegno a sostenere Kiev fino alla riconquista dei territori perduti.

Le concrete difficoltà a produrre con costi e tempi ragionevoli le armi e munizioni necessarie all’Ucraina ma anche a un’Europa sempre più debole e con le forze armate in continuo e progressivo calo di effettivi, sono state esorcizzate dalla determinazione, da tempo in discussione, a utilizzare alcuni miliardi di euro prelevati dai rendimenti degli assetti finanziari russi congelati in Europa dopo l’inizio della guerra.

Per il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ”usare i profitti straordinari” derivanti dal congelamento degli asset della Banca Centrale Russa, circa 3 miliardi di euro l’anno, per ”armi e munizioni” da inviare all’Ucraina sarebbe ”un grande passo avanti”. Del resto, ha aggiunto, si tratta di ”profitti inattesi” che finora sono stati incamerati dalle società di clearing, e che lo Stato belga, dove ha sede Euroclear, tassava, ”quindi l’Ue li può usare” per fornire armi a Kiev.

Curiosa l’idea che tali fondi vengano prelevati dalle società di clearing, che finora hanno tratto utili dalla permanenza nei loro bilanci di liquidità di 210 miliardi di asset russi i cui frutti appartengono al legittimo proprietario, cioè la Banca Centrale Russa.

Tre miliardi di euro l’anno, ha notato Scholz, sono una cifra non trascurabile, che aumenterà in modo percepibile l’assistenza militare all’Ucraina. La prudenza dei mesi scorsi, condivisa da diversi Paesi, ha spiegato il cancelliere, era motivata dal fatto che una mossa simile deve avere una ”base giuridica” robusta.

Anche se girare all’Ucraina solo i profitti degli assetti finanziari russi congelati è cosa diversa dal trasferire a Kiev tutti i beni russi bloccati in Europa, non può essere trascurato il rischio a cui una simile azione espone la UE e la sua residua credibilità internazionale. Difficile non notare che molte nazioni potrebbero trovare sconveniente investire in Europa con il rischio che domani proprie iniziative politiche o militari non condivise da Bruxelles (o semplice ente l’elezione di un capo dello stato non gradito all’Occidente) possano portare alla sottrazione di tali assetti e persin o a fornire a stati terzi i frutti di tali investimenti. Vale la pena correre rischi simili, di portata strategica per la già traballante economia europea, per fornite 3 miliardi all’anno di aiuti all’Ucraina in guerra?

 

Eurobond per la difesa?

Al Consiglio Scholz ha inoltre ribadito la contrarietà tedesca agli Eurobond per mettere a disposizione di Kiev e del riarmo dell’Europa 100 miliardi, come proposto dal premier estone Kaja Kallas con il sostegno del presidente francese Emmanuel Macron.

”Penso che nelle prossime settimane convergeremo – ha detto Macron – bisogna definire degli strumenti innovativi per poter raccogliere fondi sui mercati per finanziare degli sforzi militari in maniera più massiccia” di quanto non sia possibile fare a livello individuale, come Paesi singoli”.

Per il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez la sicurezza ”è un bene pubblico europeo” e, dunque, bisogna finanziarla ”in comune ma se andiamo verso una maggiore industria europea della difesa e della sicurezza, allora in futuro dovremo valutare l’emissione di debito comune, per finanziare un bene comune europeo”.

Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto che emettere Eurobond per la difesa comune è ”una buona idea”. Nelle conclusioni il Consiglio Europeo ”invita ad esplorare tutte le opzioni per mobilitare fondi e riferire entro giugno” e ”sottolinea la necessità imperativa di una aumentata preparazione militare e civile e della gestione strategica delle crisi nel contesto delle minacce in evoluzione”.

 

Armiamoci…  

L’Alto Rappresentante Josep Borrell ha detto che ”la guerra non è imminente” e che ”non bisogna spaventare la gente inutilmente”. Per il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ”è ovvio, siamo in un conflitto”, quindi ”bisogna tenere monitorati gli scenari” ma ”non ho visto in questo Consiglio Europeo un clima da mettiamoci l’elmetto in testa e andiamo a combattere”. Sanchez ha aggiunto che ”non si può parlare allegramente di terza guerra mondiale e mandare messaggi che preoccupano i cittadini. E’ evidente che i cittadini vogliono che continuiamo ad appoggiare l’Ucraina, ma dobbiamo utilizzare un altro linguaggio e non contribuire all’escalation bellica. Non mi sento rappresentato quando si dice che dobbiamo trasformare l’Europa in una economia di guerra, né da espressioni che parlano di terza guerra mondiale”.

Quasi tutti i leader europei sembrano quindi voler smorzare i toni interventisti espressi nei giorni scorsi soprattutto da Macron che aveva anticipato l’invio di truppe francesi in Ucraina. Affermazioni suffragata dal quotidiano Le Monde che ha individuato nel 126° Régiment d’Infanterie (9a brigade d’infanterie, 1a Division des Troupes de marine) dotata di blindati ruotati Griffon, la prima unità dell’Armèe pronta al dispiegamento con 1200 militari rinforzati da 200 riservisti.

Un reparto che alle sue spalle non ha certo una tradizione benaugurale: costituito nel 1810, venne annientato due anni dopo nella Campagna di Russia napoleonica.

L’iniziativa di Macron sembra avere il preciso obiettivo politico di raccogliere la partecipazione di qualche altro partner per porre la Francia, unica potenza nucleare della Ue, alla testa dell’iniziativa strategica e militare europea nel momento in cui gli Stati Uniti sono “distratti” dalle difficoltà interne e dalla campagna elettorale mentre la Germania sembra tentennare di fronte al rischio di allargamento della sfida alla Russia, come conferma il dibattito sui missili da crociera Taurus (nella foto sotto).

Difficile quindi dire se Macron attuerà i propositi bellici annunciati, anche tenendo conto della contrarietà delle opposizioni, della gran parte dell’opinione pubblica e di molti ambienti militari a un’avventura militare in Ucraina che peraltro, considerati i numeri ridotti di truppe impiegabili, avrebbe solo un valore simbolico e non certo risolutivo in quel conflitto. Senza tenere conto dell’impatto politico e sociale che avrebbe a Parigi la morte di qualche centinaio di soldati regolari francesi, il cui peso sarebbe certo maggiore di quello dei 147 “volontari” d’Oltralpe che i russi sostengono di aver ucciso sui fronti ucraini.

Il documento conclusivo del Consiglio d’Europa conferma in ogni caso la volontà comune di ”aumentare in modo sostanziale la spesa militare, investire e più rapidamente insieme” mentre sulla guerra in Ucraina la posizione ribadita è che ”la Russia non deve prevalere”. Peer questo occorre “accelerare e intensificare” la consegna degli ”aiuti militari” e si ”accoglie con favore” l’iniziativa della Repubblica Ceca, che sta acquistando 800mila proiettili d’artiglieria da Paesi terzi, consentendo all’Ue di ”onorare l’impegno di fornire all’Ucraina un milione di munizioni pesanti”.

La parola d’ordine europea sembra quindi confermata: “Armiamoci” ma senza inviare truppe in Ucraina.

 

….e Partite!

Quasi contemporaneamente al Consiglio d’Europa, l’Alleanza Atlantica ha lanciato un appello al governo ucraino esortandolo a varare l’arruolamento di un gran numero di reclute per sostituire i tanti caduti e feriti.

Nei giorni scorsi erano apparse valutazioni militari francesi che ritenevano necessario l’arruolamento di 31 mila nuove reclute ogni mese per ripianare le perdite al fronte, cioè oltre 360 mila all’anno, in un contesto in cui da tempo gli ucraini cercano di sfuggire in ogni modo alla chiamata alle armi.

Il 20 marzo il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha affermato che le perdite ucraine dall’inizio dell’anno hanno superato le 82 mila unità, cioè il triplo rispetto allo scorso anno, sempre secondo fonti russe.  Secondo il ministro russo “le forze armate ucraine non riusciranno a contenere le forze russe senza la mobilitazione di 250mila uomini”.

Il 21 marzo l’ammiraglio olandese Rob Bauer (nella foto sopra), presidente del Comitato Militare della NATO ha precisato che “non servono soltanto nuove granate, carri armati e veicoli blindati. Servono anche, purtroppo, nuovi soldati, perché i soldati muoiono e sono feriti. E poi si parla di mobilitazione, di coscrizione, di tutte le cose che si discutono e che sono difficili per una nazione. Lo capisco. Quindi non si tratta solo di materiale, non si tratta solo di denaro, ma di persone, di sostegno da parte della società. Non è un problema del capo della difesa o del ministro della Difesa difendere il Paese. È una responsabilità di tutti”, ha detto Bauer al Forum sulla sicurezza di Kiev. La NATO invita quindi ufficialmente gli ucraini, che da tempo disertano gli uffici di arruolamento, a “partire” per il fronte.

Il messaggio che in questi giorni è giunto  dall’Occidente all’Ucraina è quindi sintetico e chiaro: “Armiamoci e Partite!”

@GianandreaGaian

Foto:  NATO, MBDA, Governo Tedesco, Ministero Difesa Ucraino e Telegram

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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