I porti iraniani e la resilienza strategica in caso di chiusura dello Stretto di Hormuz

 

Lo Stretto di Hormuz rappresenta una delle arterie più vitali del commercio energetico globale, un passaggio di appena 34 chilometri che separa l’Iran dall’Oman e attraverso il quale transita quotidianamente circa il 20% del petrolio mondiale. Per l’Iran, questa posizione geografica rappresenta contemporaneamente un’arma strategica e una vulnerabilità critica: mentre Teheran ha ripetutamente minacciato di chiudere il passaggio come risposta alle pressioni internazionali, una tale azione comprometterebbe gravemente le proprie esportazioni energetiche.

Questa apparente contraddizione ha spinto il governo iraniano a sviluppare una strategia di diversificazione infrastrutturale senza precedenti, costruendo una rete portuale alternativa che si estende dal Mar Caspio al Golfo di Oman. Comprendere questa architettura logistica complessa è fondamentale per valutare le reali capacità dell’Iran di resistere alle pressioni economiche e mantenere la propria autonomia strategica.

 

La distribuzione geografica strategica

L’Iran ha sviluppato quella che può essere definita una delle reti portuali più geograficamente diversificate al mondo, con 19 principali strutture portuali distribuite lungo 2.700 chilometri di costa che abbracciano tre corpi idrici distinti. Questa distribuzione non è casuale, ma rappresenta il risultato di decenni di pianificazione strategica volta a ridurre la dipendenza dal Golfo Persico.

Nel Golfo Persico, l’Iran opera otto porti principali, tra cui il gigantesco complesso di Bandar Abbas, che gestisce la maggior parte del traffico commerciale nazionale. Tuttavia, tutti questi porti condividono la stessa vulnerabilità fondamentale: per raggiungere i mercati internazionali, le navi devono necessariamente attraversare lo Stretto di Hormuz.

La vera innovazione strategica iraniana risiede nella sviluppo di alternative che bypassano completamente questo collo di bottiglia. Il porto di Chabahar, situato nel Golfo di Oman, rappresenta l’unico accesso iraniano diretto agli oceani, mentre i cinque porti del Mar Caspio offrono connessioni verso Russia e Asia Centrale.

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L’importanza strategica di Chabahar emerge chiaramente quando si considera il suo ruolo nel Corridoio Internazionale Nord-Sud (INSTC), un progetto infrastrutturale che connette l’India alla Russia attraverso l’Iran. Questo corridoio, lungo oltre 7.200 chilometri, potrebbe ridurre i tempi di trasporto tra Mumbai e San Pietroburgo da 40 a 25 giorni, rappresentando un’alternativa competitiva alle rotte tradizionali attraverso il Canale di Suez.

Il governo indiano ha investito oltre 500 milioni di dollari nello sviluppo di Chabahar, riconoscendone il valore strategico per accedere ai mercati dell’Asia Centrale evitando il territorio pakistano. Questa partnership indo-iraniana ha trasformato Chabahar in un simbolo concreto della capacità iraniana di attrarre investimenti internazionali nonostante le sanzioni.

 

I porti del Mar Caspio: la finestra verso nord

Il Mar Caspio rappresenta la seconda componente cruciale della strategia di diversificazione iraniana.I porti di Amirabad, Anzali, Nowshahr, Bandar Torkaman e Astara offrono accesso diretto a Russia, Kazakistan, Turkmenistan e Azerbaigian, creando opportunità commerciali che prescindono completamente dalle dinamiche del Golfo Persico.

Il porto di Amirabad, il più grande del Mar Caspio con capacità per 7,5 milioni di tonnellate annue, ha assunto un ruolo particolare nel nuovo scenario geopolitico. Le sue 15 banchine su 2.600 metri lineari gestiscono traffici verso la Russia che hanno acquisito importanza strategica crescente, specialmente dopo l’intensificarsi delle sanzioni occidentali contro Mosca.

Questi porti settentrionali non rappresentano semplicemente alternative logistiche, ma costituiscono i terminali di una rete di corridoi terrestri che stanno ridisegnando la geografia commerciale euroasiatica. Il collegamento ferroviario attraverso il Caspio permette all’Iran di raggiungere i mercati europei attraverso la Russia, creando una rotta alternativa che aggira completamente le tradizionali vie marittime occidentali.

 

I corridoi terrestri: la ferrovia Cina-Iran

Nel maggio 2025, l’inaugurazione della connessione ferroviaria di 4.000 chilometri tra Yiwu e Qom ha rappresentato un momento spartiacque nella strategia iraniana di diversificazione. Questa ferrovia, che attraversa Kazakistan e Turkmenistan, può trasportare oltre 10 milioni di tonnellate di merci annue entro il 2030, inclusi carichi di petrolio iraniano verso la Cina.

La portata strategica di questa infrastruttura emerge chiaramente quando si considera che permette il trasporto di energia iraniana verso il principale partner commerciale del paese senza utilizzare né lo Stretto di Hormuz né lo Stretto di Malacca. In un colpo solo, l’Iran ha creato una rotta commerciale che bypassa i due principali colli di bottiglia controllati dalle potenze occidentali.

Il progetto rappresenta inoltre un esempio concreto della crescente integrazione tra Iran e Cina nel quadro dell’iniziativa Belt and Road. Gli investimenti cinesi nelle infrastrutture iraniane non si limitano alla ferrovia, ma includono porti, raffinerie e impianti petrolchimici, creando un ecosistema economico sempre più autonomo dalle dinamiche occidentali.

 

La pipeline verso il Pakistan: L’alternativa energetica

Parallelamente ai corridoi ferroviari, l’Iran ha completato la propria sezione del “Peace Pipeline” verso il confine pakistano. La Cina ha firmato un accordo da 2 miliardi di dollari per costruire la sezione pakistana, collegando il hub energetico di Assaluyeh al porto di Gwadar. Questo progetto rappresenta un’altra via per esportare gas iraniano aggirando completamente le rotte marittime tradizionali.

Il pipeline Assaluyeh-Gwadar, una volta completato, permetterà all’Iran di raggiungere i mercati asiatici attraverso il territorio pakistano, utilizzando Gwadar come porto di esportazione alternativo nel Mare Arabico. Questa strategia riduce ulteriormente la dipendenza iraniana dalle proprie infrastrutture portuali del Golfo Persico.

 

Capacità insufficienti delle alternative

Nonostante gli investimenti significativi in infrastrutture alternative, le analisi tecniche rivelano limitazioni strutturali che impediscono una sostituzione completa delle rotte attraverso Hormuz.

Secondo le stime dell’Energy Information Administration statunitense, tutte le rotte alternative iraniane potrebbero gestire approssimativamente 3,5 milioni di barili al giorno, circa il 15% del greggio che normalmente transita attraverso lo Stretto.

Questa disparità di capacità riflette non solo limitazioni tecniche, ma anche la realtà economica che rende lo Stretto di Hormuz la rotta più efficiente per il trasporto marittimo di massa.

Le navi da 300.000 tonnellate che attraversano quotidianamente lo Stretto trasportano volumi che richiederebbero decine di treni merci o pipeline per essere eguagliati.

Il porto di Chabahar, pur rappresentando un’alternativa strategica cruciale, non può competere in termini di volumi con il complesso portuale di Bandar Abbas. La differenza di scala è drammatica: mentre Bandar Abbas gestisce oltre 85 milioni di tonnellate annue, Chabahar nella sua configurazione attuale può gestirne appena 8,5 milioni.

 

Vincoli geopolitici e dipendenze esterne

Le alternative iraniane presentano inoltre vulnerabilità geopolitiche spesso sottovalutate. La ferrovia verso la Cina attraversa Kazakistan e Turkmenistan, paesi che mantengono relazioni complesse sia con Teheran che con l’Occidente. Una pressione diplomatica occidentale su questi paesi di transito potrebbe compromettere l’operatività del corridoio.

Similmente, i porti del Mar Caspio dipendono dalla cooperazione russa per l’accesso ai mercati europei. Questa dipendenza espone l’Iran alle dinamiche delle relazioni russo-occidentali, creando una vulnerabilità indiretta che potrebbe limitare l’efficacia di queste rotte alternative in caso di deterioramento delle relazioni tra Mosca e l’Occidente.

Il progetto Chabahar-India, pur strategicamente importante, rimane soggetto alle pressioni che Washington può esercitare su Nuova Delhi. L’India, pur mantenendo relazioni strategiche con l’Iran, deve bilanciare questi interessi con la propria partnership strategica con gli Stati Uniti, creando incertezze sulla sostenibilità a lungo termine degli investimenti indiani in territorio iraniano.

 

L’espansione delle esportazioni non-petrolifere

Una componente spesso trascurata della resilienza iraniana risiede nella crescente diversificazione economica. Nel 2024, le esportazioni non petrolifere hanno raggiunto 49,3 miliardi di euro, con una crescita del 28% rispetto al 2023. Questo dato riflette una strategia deliberata di riduzione della dipendenza dalle esportazioni energetiche, tradizionalmente vulnerabili alle fluttuazioni geopolitiche.

I prodotti petrolchimici rappresentano 21,4 miliardi di euro di questo totale, seguiti dai minerali con 12,7 miliardi. Questa diversificazione non solo riduce la vulnerabilità economica iraniana, ma modifica anche i requisiti logistici del paese. I prodotti petrolchimici e minerali possono essere trasportati più facilmente attraverso corridoi terrestri rispetto al petrolio greggio, rendendo le alternative a Hormuz più praticabili per una quota crescente dell’economia iraniana.

Il settore agroalimentare iraniano ha registrato crescite particolarmente significative, con esportazioni di pistacchi e datteri che hanno raggiunto nuovi record. Questi prodotti ad alto valore aggiunto possono essere trasportati economicamente attraverso le rotte aeree e terrestri, riducendo ulteriormente la dipendenza dalle rotte marittime tradizionali.

 

Nuovi partenariati commerciali e sistemi di pagamento

L’Iran ha sviluppato sistemi di pagamento alternativi per aggirare le sanzioni finanziarie occidentali, inclusi accordi di swap valutario per 8,9 miliardi di euro con Russia e Cina. Questi meccanismi hanno ridotto la dipendenza dal dollaro del 34%, creando un ecosistema finanziario parzialmente autonomo dalle dinamiche occidentali.

L’approvazione dell’accordo di libero commercio con l’Unione Economica Euroasiatica nel 2025 rappresenta un’altra tappa fondamentale nella strategia di diversificazione. Con l’87% del commercio con i paesi UEE ora esente da dazi, l’Iran ha creato uno spazio economico alternativo che può operare indipendentemente dalle rotte commerciali tradizionali.

 

Conclusioni

L’analisi dell’infrastruttura portuale iraniana rivela una strategia di resilienza sofisticata ma incompiuta. L’Iran ha dimostrato capacità notevoli nel diversificare le proprie rotte commerciali e sviluppare alternative credibili allo Stretto di Hormuz, tuttavia queste alternative non possono ancora sostituire completamente il volume e l’efficienza delle rotte tradizionali.

La vera forza della strategia iraniana risiede nella sua capacità di creare opzioni multiple piuttosto che singole alternative. La combinazione di Chabahar, dei porti del Caspio, dei corridoi ferroviari e della diversificazione economica crea un ecosistema di resilienza che, pur non potendo sostituire completamente Hormuz, riduce significativamente la vulnerabilità strategica del paese.

Questa resilienza parziale ha implicazioni geopolitiche profonde. Se da un lato l’Iran non può permettersi di chiudere indefinitamente lo Stretto di Hormuz senza gravi conseguenze economiche, dall’altro ha sviluppato capacità sufficienti per resistere a pressioni economiche intense e mantenere funzioni economiche essenziali anche in scenari di grave isolamento internazionale.

Per l’Occidente, questa realtà impone una riconsiderazione delle strategie di pressione economica. Le sanzioni tradizionali, progettate per un’economia dipendente dalle esportazioni attraverso Hormuz, risultano meno efficaci contro un Iran che ha sviluppato rotte alternative multiple. La resilienza iraniana, pur limitata, rappresenta un fattore che le cancellerie occidentali devono necessariamente considerare nella formulazione delle proprie politiche regionali.

Il caso iraniano illustra inoltre una tendenza più ampia verso la regionalizzazione degli scambi commerciali e lo sviluppo di corridoi alternativi alle rotte tradizionali controllate dalle potenze occidentali. In questo senso, la rete portuale iraniana rappresenta non solo una strategia di sopravvivenza nazionale, ma anche un modello per altri paesi che cercano di ridurre la propria dipendenza dalle infrastrutture commerciali globali tradizionali.

Foto: Star Marine Services, The Strauss Center, World Atlas, India Shipping News, Dhip Technology e Press TV

 

Consulente specializzato nell'analisi e nell'esecuzione di operazioni internazionali a favore delle aziende europee. Laureato in Scienze Politiche Internazionali presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e con un Master of Science (MSc.) in Middle East Politics presso la School of Oriental and African Studies (SOAS) di Londra. Con quasi venti anni di esperienza di lavoro negli Stati Uniti, Svizzera, Regno Unito, Iraq ed Emirati Arabi Uniti, ha uno spiccato interesse per le dinamiche politiche, economiche e di sicurezza nell'area del Mediterraneo allargato. Sito internet: https://www.mandati-internazionali.eu/.

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