Il Bilancio Difesa 2019

Il Bilancio della Difesa 2019 rispecchia temi e problematiche già emerse in fase di presentazione del Disegno di Legge di Bilancio (DLB) 2019-2021.

Da esso, infatti, emergevano già i tratti caratteristici del bilancio della Difesa 2019: nuova impennata dei costi del Personale, interventi volti a “drogare” il capitolo di spesa dell’Esercizio e, infine, una sensibile riduzione delle risorse disponibili per gli Investimenti ottenuta con riprogrammazioni per 169,6 milioni di euro (di fatto, spostamenti negli anni successivi di pagamenti) oltre che con tagli veri e propri.

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Come se non bastasse, lo stesso articolato del DLB prevedeva ulteriori interventi a carico del Ministero della Difesa. Nel dettaglio, altri 60 milioni di euro di taglio cui si aggiunge un’ulteriore riduzione per 531 milioni di euro nel periodo 2019-2032.

Si tratta di risorse inserite nel “Fondone” (Art.1 co.140 della Legge 232/2016) e relative al programma missilistico CAMM-ER, presentato per l’approvazione Parlamentare nel settembre scorso ma prontamente ritirato per effetto di decisioni prese altrove. Sempre l’articolato del DLB prevedeva inoltre altre riprogrammazioni di spese per 2 diversi programmi finanziati dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE); quello per il caccia Eurofighter e quello per le fregate FREMM, per un totale di 78 milioni di euro.

Lo stesso iter parlamentare ha finito con il produrre diversi interventi per il comparto Difesa. In prima lettura alla Camera dei Deputati è stato infatti approvato un emendamento che istituisce un fondo con una dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021, destinato a: «… interventi e le dotazioni strumentali in materia di difesa cibernetica nonché di rafforzare le capacità di resilienza energetica nazionale.».

Per fornire un termine di paragone, la “Loi de Programmation Militaire 2019-2025” recentemente approvata in Francia prevede, proprio per la “cyber security” stanziamenti pari a 1,6 miliardi di euro!

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Ma è nella successiva fase di esame al Senato che si sono materializzati numerosi altri provvedimenti. Nell’ordine, l’autorizzazione ad assumere un contingente massimo di 294 persone (con profilo tecnico non dirigenziale): «Al fine di assicurare la funzionalità e l’efficienza dell’area produttiva industriale, in particolare degli arsenali e degli stabilimenti militari, …» .

Che esistano carenze in fatto di Personale civile, soprattutto rispetto ad alcune figure professionali, è un fatto indiscutibile; tuttavia, rimane qualche perplessità rispetto ai veri scopi di simili iniziative (forse rispondenti più ad altre logiche?) e rispetto al fatto che gli obiettivi di riduzione del personale stesso dettati dalla Legge 244/2012 sono ancora lontani.

Nell’ambito di un più ampio piano di vendita di immobili dello Stato, si è invece stabilito che se fino a oggi il 35% dei proventi derivanti dalla vendita dei beni militari era assegnata al Ministero della Difesa, per essere poi destinata a spese d’investimento, d’ora in avanti questa percentuale scenderà al 10%.

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Non meno discutibile, sia pure per altre ragioni, anche il chiacchierato provvedimento che potrebbe impegnare il Genio dell’Esercito nell’operazione mirata a: «… interventi di ripristino della piattaforma stradale della grande viabilità…» della città di Roma.

Nonostante i diversi distinguo, resta il fatto che nello Stato di previsione del Ministero della Difesa sono stati iscritti stanziamenti per 5 milioni di euro (per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021) destinati proprio all’acquisto di mezzi destinati a tali interventi di ripristino.

Da una parte si consideri che la Difesa è entrata in nuova era, quella cioè del “duplice uso sistemico”, dall’altra si ricordi che in un recente passato le Forze Armate sono state chiamate anche a raccogliere l’immondizia…

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L’ultima novità di rilievo introdotta al Senato, poi confluita come le altre nel testo definitivo della Legge di Bilancio 2019-2021, è quella riguardante gli accantonamenti introdotti quale misura di salvaguardia sui conti pubblici. Nel mese di luglio sarà infatti condotto un monitoraggio degli stessi, anche in relazione all’andamento del piano di dismissioni immobiliari.

Se l’esito sarà negativo, tali accantonamenti si trasformeranno in un’indisponibilità definitiva per i Dicasteri interessati. Nel dettaglio, per il Ministero della Difesa questa operazione vale 158 milioni di euro, di cui ben 150 milioni nuovamente ascrivibili all’Investimento. Un’altra cifra importante che dunque, nella migliore delle ipotesi non sarà comunque disponibile per 6 mesi; nella peggiore (e di gran lunga più probabile), si trasformerà in un altro taglio netto di risorse.

 

Il Bilancio del Ministero della Difesa

Nel suo complesso, il bilancio del Ministero della Difesa sale fino 21.432.2 milioni di euro, con un aumento di 463,3 milioni (+ 2,2%) sui 20.968,9 milioni del 2018. Una variazione che, seguendo quello che sarà il filo conduttore dalla presente analisi, è ascrivibile per intero alla “esplosione” dei costi del Personale (sia in ambito Carabinieri, sia nelle Forze Armate), a un aumento relativo dei fondi per l’Esercizio bilanciati da un pesante taglio all’Investimento.

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Passando alla tradizionale suddivisione delle spese per le diverse Funzioni, la rassegna ha inizio con gli stanziamenti per l’Arma dei Carabinieri, ricompresi nella «Funzione Sicurezza del Territorio» e alla quale sono assegnati 6.898,3 milioni di euro; una cifra che rappresenta un aumento di 356,6 milioni (+ 4%) rispetto ai 6.632,8 milioni del 2018. Ricordato come all’interno di questa voce sia ricompreso l’ex-Corpo Forestale dello Stato (oggi Carabinieri per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare) che assorbe 467,2 milioni di euro, scendendo nel dettaglio si rileva che il Personale impegna ora risorse pari a 6.383,8 milioni di euro, l’Esercizio arriva a 430,1 milioni e l’Investimento scende a 84,5.

Nel 2018 la spesa per il Personale era pari a 6.126 milioni, quella per l’Esercizio 408,4 mentre l’Investimento sfiorava i 100 milioni; per la precisione erano 97,3.

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I fondi assegnati alle «Funzioni Esterne» nel 2019 salgono ancora, sia pure lievemente, fino a 149,6 milioni. L’incremento è di appena 2 milioni dovuto agli aumenti che si registrano alla voce “Trasporto aereo di Stato”  (+ 4,5 milioni rispetto allo scorso anno) e a quella “Servitù militari” (in continua crescita negli ultimi anni).

In diminuzione invece quanto collegato a “Assistenza al volo traffico aereo civile” mentre le voci legate a “Contributi ad Enti e Associazioni culturali”, “Rifornimento idrico isole minori”, “Meteorologia” e “Ammortamento mutui” rimangono sostanzialmente invariate.

Per quanto riguarda il capitolo «Pensioni provvisorie del Personale in Ausiliaria» si registra un aumento; dai 391,4 milioni dell’anno passato fino ai 401,9 del 2019; una brusca inversione di tendenza rispetto al trend degli ultimi anni. Va tuttavia evidenziato che la voce relativa all’Ausiliaria in senso stretto in realtà continua a diminuire fino a 338,4 milioni (contro i 341,7 milioni del 2018) mentre a crescere sensibilmente è invece quella legata alla «Speciale Elargizione»: da 48,1 a 62 milioni. Volendo poi approfondire ulteriormente, il Trattamento di Ausiliaria di competenza dell’Arma dei Carabinieri è di 42,4 milioni; quello per le altre 3 Forze Armate è invece pari a 296 milioni.

 

La «Funzione Difesa» nel suo complesso

Circa la «Funzione Difesa» il dato complessivo del 2019 registra un aumento contenuto dai 13.797,2 milioni di euro del 2018 ai 13.982,4 milioni di quest’anno; in termini monetari si parla di +185,2 milioni mentre in termini percentuali la variazione finale è di +1,3%.

Una variazione positiva anche se insufficiente a sostenere il percorso di crescita del bilancio della Difesa che anche l’attuale Governo si è formalmente impegnato a rispettare in ambito NATO (2% del PIL) ma che, nell’analisi dei dati finanziari, indica un quadro ben poco ottimistico.

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Aumenta no anche quest’anno i costi per il Personale, dai 10.072,9 milioni di euro stanziati nel bilancio previsionale del 2018 ai 10.366,2 milioni del 2019 (+ 293,3 milioni e un balzo di quasi il 3% in un anno).

A determinare questo ennesimo aumento, il combinato disposto del rinnovo contrattuale («Recepimento del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze armate», Decreto del Presidente della Repubblica 40/2018), e del provvedimento di riordino dei ruoli e delle carriere («Disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate», Decreto Legislativo 94/2017).

Mentre il secondo dei due provvedimenti aveva peraltro già fatto sentire i propri effetti sullo stanziamento previsionale del 2018, il primo era stato invece recepito solo in fase di assestamento di bilancio.

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E’ quindi proprio a partire dal 2019 che lo Stato di Previsione del Ministero della Difesa riesce a incorporare entrambi i provvedimenti. E gli effetti si continueranno a vedere negli anni prossimi visto che (allo stato attuale) nell’arco del biennio 2020-2021 la spesa per il Personale permarrà su livelli molto elevati, garantendo risparmi che arriveranno ad appena un centinaio di milioni di euro alla fine del 2021.

Nella somma indicata si distinguono i 9.265,3 milioni stanziati per il Personale Militare (+ 265,7 milioni sul 2018) e i restanti 1.100,8 milioni per quello Civile (+27,6 milioni).

Paradossalmente, costa più il modello attuale (ancorché transitorio) a 170.000 militari che non il precedente a 190.000 a dimostrazione che sarebbero necessarie scelte drastiche, capaci di riportare le Forze Armate sulla strada tracciata dalla Legge 244/2012, mirate prima di tutto a favorire un riequilibrio fra i diversi ruoli del Personale sanando in particolare quella ormai mostruosa anomalia costituita dal ruolo dei Marescialli.

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Solo una volta ricondotto alla normalità tale equilibrio, si dovrebbe procedere con la riduzione del Personale, nel tentativo di recuperare risorse da destinare a nuove acquisizioni (Investimenti), addestramento e manutenzioni (esercizio).

Senza la crescita impetuosa delle spese per il Personale, nel 2019 la Funzione Difesa sarebbe assestata sui livelli record negativi del 2015.

Del resto, se osserviamo il rapporto percentuale tra Funzione Difesa e Prodotto Interno Lordo (PIL), premessa una certa difficoltà a definire il livello di PIL programmatico per il corrente anno, per il 2019 emerge un dato pari allo 0,767% del PIL, cioè un nuovo record negativo.

 

Esercizio

Per quanto riguarda l’Esercizio si registra un aumento dai 1.418,8 milioni di euro del 2018 ai 1.746,4 milioni di quest’anno. Una variazione positiva di ben 327,6 milioni; pari a un +23% grazie al massiccio ricorso al cosiddetto «Fondo scorta», cioè anticipazioni per provvedere a momentanee deficienze di cassa o a particolari/specifiche esigenze.

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Di fatto, una volta che si rendono disponibili risorse non presenti all’inizio dell’anno (risorse provenienti dai provvedimenti di autorizzazione delle Missioni internazionali o per servizi resi dalle Forze Armate), tali fondi scorta sono versati al bilancio dello Stato.

Questa la definizione del Ministero della Difesa: Il Fondo Scorta, che di fatto è una risorsa improduttiva di spesa e non costituisce pertanto un reale aumento di disponibilità finanziaria, è deputata ad assicurare adeguata copertura finanziaria agli Enti/Distaccamenti delle Forze armate e del Comando Generale dell’Arma nella fase iniziale dell’esercizio Finanziario, caratterizzato dalla non immediata disponibilità delle risorse attestate sul bilancio ordinario provenienti anche dai Decreti di proroga delle missioni internazionali.”

 Un maggiore utilizzo del “Fondo Scorta” si era già registrato con gli ultimi Governi anche se in misura inferiore rispetto a oggi.

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Il dato che emerge con forza dall’analisi della voce Esercizio nel 2019 è che la forbice tra “operatività” e “funzionamento” si è allargata ulteriormente. Nella prima categoria (“operatività”) ritroviamo infatti le voci relative a “Formazione e Addestramento” nonché “Manutenzione e Supporto” e il bilancio del 2019 prevede fondi in calo per entrambe. “Formazione e Addestramento” passa infatti dai 60,7 milioni del 2018 ai 59 di quest’anno. Non meno grave il taglio a “Manutenzione e Supporto”; dai 394 milioni dello scorso anno ai 375,8 per il 2019. Tutto il resto (cioè il “funzionamento”), registra invece variazioni positive.

Il settore delle “Infrastrutture” sale infatti a 257,2 milioni (dai 217,7 del 2018), il “Funzionamento” a 467,4 milioni (da 447.4), le “Provvidenze” a 17,6 milioni (da 16,1) mentre il sottosettore “Esigenze Interforze” è balzato da 282,9 milioni dello scorso anno ai 569,3 del 2019.

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È proprio in questo sottosettore che si trovano i cosiddetti “Fondi Scorta” per un totale, nel 2019, di 321,4 milioni. Appena lo scorso anno erano invece 122 i milioni in dotazione; un balzo di quasi 200 milioni.

Tra l’altro, sempre in questo sottosettore, un altro fattore che ha inciso in maniera sensibile sull’aumento dell’Esercizio è la robusta variazione del “Fondo da ripartire per esigenze correnti di funzionamento dei servizi”; da 121,2 milioni di euro a 215 nel 2019.

Ricapitolando, il Personale continua ad assorbire quasi i 3/4 della Funzione Difesa, sfiorando nuovi record assoluti, l’Esercizio resta relegato a cifre modeste mentre l’Investimento è ormai entrato in una crisi profonda. Il tutto in un contesto lontanissimo da livelli minimi di ripartizione percentuale ideale tra le varie voci di spesa: 50% Personale, 25% Esercizio + 25% Investimento)!

 

Una breve parentesi sulle Missioni internazionali

A proposito di Missioni internazionali kla Legge di Bilancio 2019-2021 ha provveduto anche a definire l’importo per il fondo destinato alla loro copertura in termini finanziari. Per quest’anno, la cifra risulta stabilizzata sul livello di 997,2 milioni di euro; pressoché uguale a quella inizialmente stanziata anche per il 2018.

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Fondi peraltro risultati fin dall’inizio insufficienti a coprire le esigenze per l‘interno anno; tanto è vero che, dopo la Delibera del Consiglio dei Ministri del gennaio 2018 che autorizzava le missioni solo fino al 30 settembre, per gli ultimi 3 mesi si è reso necessario un nuovo passaggio.

Caratterizzato peraltro da un forte ritardo, con il provvedimento del Consiglio dei Ministri presentato solo alla fine di novembre e con le Commissioni competenti che l’hanno discusso e approvato intorno alla metà di dicembre.

Comunque, la somma per l’appunto stanziata con riferimento al 2019 (basandosi sui dati finali del 2018) potrebbe essere anche sufficiente a coprire le esigenze, visto il progressivo disimpegno su più fronti.

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Per il 2020 invece, la dotazione del fondo per le missioni risulta fissata in 1.547,2 milioni di euro; una cifra inspiegabile alla luce sia delle esigenze degli ultimi anni, sia della graduale diminuzione dell’impegno militare italiano all’estero.

E’ peraltro da rilevare come la graduale riduzione delle forze dislocate all’estero, con la contestuale diminuzione dei fondi stanziati (il saldo netto delle risorse necessarie per coprire le spese di tali missioni, è negativo per oltre 250 milioni di euro tra il 2017 e il 2018), non farà altro che accrescere i problemi delle Forze Armate.

Negli ultimi anni queste avevano infatti potuto contare su un flusso di fondi supplementari per alimentare alcune specifiche esigenze nel campo dell’addestramento e in quello della preparazione/manutenzioni di mezzi e sistemi d’arma.

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L’inaridimento di tale flusso di risorse, non accompagnato da un contemporaneo aumento sul bilancio ordinario, non farà altro che amplificare i problemi su alcune specifiche voci di spesa dell’Esercizio; in particolare, proprio quelle che afferiscono all’operatività dello strumento militare.

In questo senso, finirà con l’acquisire ancora più importanza il programma SO.FU.TRA. (Sostegno Futuro alla Transizione); il problema è che con questo meccanismo, facente ricorso a spese in conto capitale per finanziarne altre di natura corrente, si finisce col sottrarre risorse all’Investimento. Una sorta di gioco perverso, che soprattutto dimostra come la coperta sia sempre più corta e le esigenze scoperte sempre più numerose.

Nel frattempo si attende ancora il provvedimento del Governo in materia di missioni all’estero per l’anno in corso.

 

Investimento

Per l’Investimento i fondi disponibili nel 2019 si fermano a 1.869,9 milioni, contro i 2.305,5 dello scorso anno. La variazione negativa in termini monetari per 435,6 milioni (- 18,9%). Nello specifico, al sottosettore “Ammodernamento e Rinnovamento” vanno 1.821,5 milioni di euro (l’anno scorso erano 2.256, cioè quasi il 20% in meno!); a quello legato alla “Ricerca e Sviluppo” 48,4 (contro i 49,4 del 2018).

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Per ritrovare valori simili, occorre tornare al 2006, con i suoi 1.837,5 milioni. Se poi si pensa che nel 2011 l’Investimento aveva potuto contare su qualcosa come 3.453,7 milioni di euro, ben si capisce cosa sia stato fatto negli ultimi anni con un’accelerazione violenta dei tagli a partire dal bilancio 2015 solo parzialmente compensata da un aumento dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE). Ora che anche il ruolo di questa preziosa “stampella” viene messo in discussione i problemi e le difficoltà non potranno che aumentare; e questo anche per la crescente instabilità del flusso di risorse causata dalle continue correzioni.

E per quanto un quadro più completo potrà essere tracciato solo con il Documento Programmatico Pluriennale (DPP) 2019-2021, è evidente che l’insieme di tagli e di riprogrammazioni determineranno gravi ripercussioni sul processo di ammodernamento delle dotazioni delle Forze Armate e sull’industria nazionale del settore.

In tutto questo, urge più che mai un chiarimento di fondo. Da una parte il Paese afferma che la strada della collaborazione europea nel campo della Difesa (sia dal punto di vista operativo, sia industriale) è quella maestra e f seguire passi in tal senso come la nutrita partecipazione ai programmi avviati in ambito PESCO (Permanent Structured Cooperation).

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E’ però evidente che per portare a termine simili passaggi occorre un’adeguata coerenza di fondo nella volontà/capacità di finanziare questi programmi così come altri non meno importanti che potrebbero nascere in ambiti diversi.

Già oggi l’Italia si sta ponendo in una condizione di difficoltà; stiamo cioè, di fatto, accumulando ritardi che non potranno che crescere vista la totale assenza di piani su stanziamenti futuri nutriti e stabili.

Una condizione che potrebbe peggiorare a fronte delle opportunità offerte dall’European Defence Fund, inserito nel bilancio dell’UE e destinato a cofinanziare progetti nel campo della Difesa.

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Se l’Italia non sarà in grado di mettere sul tavolo risorse sufficienti, che si tratti di programmi UE, Pesco, multinazionali (ma anche nazionali…), l’esclusione dai consessi che contano sarà automatica. E visto che di programmi importanti in ballo ce ne sono diversi e che molti Paesi si stanno già posizionando all’interno di essi, sarebbe preferibile che l’Italia facesse rapidamente altrettanto abbandonando dunque l’attuale immobilismo.

Anche se si ritenesse che la via maestra debba essere un’altra, diversa da quella dell’Unione Europea, poco cambierebbe da un punto di vista pratico poiché anch’essa dovrebbe essere perseguita coerentemente sul piano programmatico e finanziario.

 

I fondi del MISE per l’Investimento

Difficile, come al solito, produrre una stima attendibile anche sul fronte degli stanziamenti iscritti nel bilancio del MISE; nel dettaglio, i capitoli di spesa che hanno un’attinenza con gli investimenti della Difesa sono il:

  • 7419 (Contributi per il finanziamento di interventi nel settore marittimo a tutela degli interessi di Difesa nazionale, cioè il “Programma Navale” con 694,4 milioni di euro),
  • 7420 (Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese, con 308,2 milioni),
  • 7421 (Interventi agevolativi per il settore aeronautico, con 1.015,9 milioni),
  • 7423 (Interventi nei settori industriali ad alta tecnologia, con 311,7 milioni),
  • 7485 (Interventi per lo sviluppo e l’acquisizione delle unità navali della classe FREMM e delle relative dotazioni operative, con 472,6 milioni)
  • 7491 (Realizzazione di progetti di ricerca e sviluppo tecnologico dell’industria aeronautica, con 312,1 milioni).

Il totale finale è dunque di 2.803,2 milioni di euro con una contrazione di risorse disponibili pari ad almeno 300 milioni di euro rispetto al 2018.

Se dunBil 4que tale cifra trovasse conferma (ovviamente, nel prossimo DPP), una volta sommata con i tagli/riprogrammazioni operate sul bilancio della Difesa produrrebbe una diminuzione di risorse complessivamente disponibili per l’Investimento pari a oltre 735 milioni di euro rispetto all’anno precedente.

L’attuale Legge di Bilancio, all’interno dello Stato di Previsione del Ministero della Difesa, prefigura un ritorno a stanziamenti più consistenti per questo capitolo di spesa nel biennio 2020-2021 ma oggi il livello di risorse complessivamente disponibili per l’Investimento, sommando i fondi del MinDife con quelli del MISE, si posiziona a un livello tra i più bassi degli ultimi 10 anni.

Senza contare la “spada di Damocle” dell’accantonamento di altri 150 milioni e un possibile analogo accantonamento operato sui fondi del MISE. Se così fosse il taglio finale sull’Investimento rispetto al 2018 raggiungerebbe il miliardo di euro compromettendo anche la soglia del 20% quale percentuale minima di fondi da destinare all’Investimento (sommando gli stanziamenti di bilancio con quelli del MISE) fino a oggi rispettata.

Foto: Difesa.it, Leonardo e Alberto Scarpitta

 

Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli

Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.

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