Il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa 2023-2025

 

Il 16 ottobre 2023, con l’ormai consueto ritardo rispetto alla data del 30 aprile prevista ai sensi della Legge 244/2012, è stato inoltrato al Parlamento il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa (DPP 2023-2025): un ritardo pressoché record, che si colloca nella scia di quanto già avvenuto nel 2018 e nel 2020.

Del resto dal momento della sua nascita, solo la prima volta (nel 2012) la presentazione del DPP ha rispettato i termini di legge previsti mentre da quel momento in poi i ritardi sono diventati sempre più consistenti fino a generare l’attuale paradosso: con i dati completi del Bilancio Difesa 2023 che arrivano mentre in Parlamento sta già per iniziare la sessione di bilancio per il 2024. E il Parlamento si troverà a discutere pressoché in contemporanea il DPP 2023-2025 e il Disegno di Legge (DdL) di Bilancio 2024-2026.

 

L’introduzione del Ministro della Difesa

Il ministro Guido Crosetto fin da subito ha messo in chiaro come: «Il deterioramento del quadro generale di sicurezza ci ha infatti ricordato che lo sforzo quotidiano … delle Forze Armate deve tornare ad essere orientato a preparare lo Strumento militare ad assicurare la difesa dello Stato in ogni momento e per tutto il tempo necessario, esprimendo livelli di prontezza ed efficienza adeguati e sostenibili nel tempo.»

Specificando dunque che: «lo Strumento militare deve tornare a rappresentare il principale baluardo in termini di difesa e deterrenza da tutti i tipi di minacce, presenti e future, che la nostra Nazione si potrebbe trovare ad affrontare e che possono mettere a rischio i nostri interessi nazionali».

In altri termini, viene scandito a chiare lettere una sorta di imperativo: lo Strumento Militare deve essere dunque reindirizzato verso quelle che sono le sue “vere” missioni.

Ovvero, la prima, e cioè la “Difesa dello Stato” contro ogni possibile aggressione, per salvaguardare l’integrità del territorio nazionale, gli interessi vitali del Paese, la sicurezza delle aree di sovranità nazionale e dei connazionali all’estero e, infine, la sicurezza nonché l’integrità delle vie di comunicazione di accesso al Paese.

Alla quale si aggiunge la seconda, e cioè la “Difesa degli spazi euro-atlantici ed euro-mediterranei” che consiste nel contributo alla difesa collettiva dell’Alleanza atlantica e nel mantenimento della stabilità nelle aree di interesse strategico (il c.d “Mediterraneo Allargato”), al fine della tutela degli interessi vitali o strategici del Paese.

La riflessione del Ministro prosegue poi con una ampia trattazione proprio del tema del Personale; considerato, a ragione, come elemento centrale di qualsiasi ragionamento sul futuro del nostro Strumento militare. Sennonché è evidente le scelte fatte e quelle non fatte (ma anche quelle ereditate) vadano in una direzione non particolarmente coerente con i buoni propositi espressi di arrivare al punto di «rompere gli schemi».

Di sicuro non lo fa la Legge 5 agosto, 119 del 2022 e non lo fa il successivo esercizio della delega che fa nascere il modello a 160.000 militari.  Insomma, per quanto le possibilità di adottare interventi innovativi in vari campi (come quelli preannunciati in tema di riorganizzazione interna alla struttura) siano ancora intatte, occorre onestamente riconoscere che la politica Italiana nel suo complesso continua a preferire scelte all’insegna di una sorta di facile ricerca del consenso su questi temi, piuttosto che operare scelte più coraggiose; che pure risulterebbero necessarie.

Inevitabili le indicazioni fornite rispetto alle caratteristiche del futuro Strumento Militare, che dovrà essere integrato e multidominio, capace cioè di generare effetti su tutti i domini e su tutte le dimensioni, comprese quelle emergenti. Da qui la massima attenzione verso l’integrazione Interforze e verso tutti gli sviluppi tecnologici e operativi.

Ma a questa spinta dedicata all’Investimento sotto forma di ammodernamento/ rinnovamento/ adeguamento tecnologico, se ne dovrà affiancare un’altra legata alla prontezza operativa dello Strumento stesso, con le recenti lezioni arrivate dal conflitto in Ucraina che dimostrano la grande importanza delle disponibilità di scorte adeguate. Operatività che ci riconduce la tema dell’Esercizio, da ormai 15 anni in una condizione di ipofinanziamento.

Da qui la sottolineatura della necessità di proseguire dunque nel percorso di incremento del bilancio della Difesa, fino raggiungere la fatidica soglia del 2% nel rapporto tra spese per la Difesa e PIL. Un obbiettivo che in realtà, come vedremo in seguito, rimane lontano.

Ultimi due passaggi da evidenziare; il richiamo a un rapporto sempre più stretto tra Difesa e industria del comparto e importanza attribuita al tema “cultura della Difesa”. In conclusione, le analisi sono corrette, le idee sono valide, i propositi encomiabili ma resta difficile tradurli in pratica.

Va poi evidenziata la totale assenza di qualsiasi riferimento a quella Strategia di Sicurezza Nazionale annunciata dal ministro stesso in occasione della esposizione delle sue linee programmatiche di fronte al Parlamento nel gennaio scorso; elaborazione che qualora fosse davvero portata a termine rappresenterebbe un punto estremamente qualificante per il Governo in carica.

Per non “appesantire” la lettura della presente lunga analisi si è ritenuto utile non trattare nel dettaglio due parti comunque importanti del DPP: “L’approccio strategico nazionale” (pagine 15÷38) e “Lo sviluppo delle Strumento Militare” (pagine 39÷90). Il lettore potrà approfondire come meglio crede gli argomenti, anche integrandoli con la lettura di un altro documento importante e cioè “l’Atto di Indirizzo” del Ministro della Difesa.

 

La Funzione Difesa e il “Bilancio Integrato della Difesa”

Per quanto riguarda il bilancio della Funzione Difesa propriamente detta, per una sua analisi di maggiore dettaglio da un punto di vista finanziario (anche in termini di confronto con gli anni precedenti) e di alcuni suoi aspetti più particolari, si rimanda il lettore all’approfondimento del marzo scorso sullo Stato di Previsione del Ministero della Difesa. Dopo aver comunque ricordato i tratti essenziali delle cifre per il 2023, in questa sede appare infatti più utile aggiungere semplicemente quegli elementi non ancora noti qualche mese or sono (oltre alle novità nel frattempo intervenute) e fornire quel minimo di quadro prospettico rispetto agli anni a venire; che è poi la caratteristica fondamentale del DPP stesso.

Ricapitolando, la Funzione Difesa passa dai 18.095,5 milioni del 2022 ai 19.055,9 milioni di quest’anno con un incremento di 1.460,4 milioni (+8,1%).  Non c’è dubbio, rispetto al picco negativo del 2017 (allora la Funzione Difesa valeva appena 13.211 milioni), la crescita è davvero notevole e ancora più notevole è l’accelerazione a partire dal 2020.

Il fatto che l’Italia partisse da livelli di spesa modesti costituisce ancora oggi un peso non indifferente nell’ambito del processo di crescita verso i famosi obiettivi definiti in sede NATO e la crescita del bilancio della Difesa rischia di non tenere il passo. I fondi per le missioni all’estero contabilizzati per il 2023 ammontano a 1.305,9 milioni (contro i 1.059,5 del 2022) mentre per quelli del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), si passa dai 2.426,8 dello scorso anno ai 1.872,6 milioni di questo.

Una crescita monetaria dunque relativamente modesta, direttamente recepita anche nell’ultimo aggiornamento elaborato dalla NATO sulla spesa militare dei Paesi membri; reso pubblico nello scorso luglio che certifica l’arretramento in “termini reali” del nostro Paese dall1,51% del  PIL raggiunto nel 2022 all’1,46% di quest’anno.

Inoltre, le cifre comunicate da Roma all’Alleanza Atlantica sono prive di riscontri oggettivi; al punto da alimentare (forti) dubbi sulla loro reale rispondenza alla realtà.

Qualche elemento di informazione aggiuntiva a questo proposito; che parte dalla considerazione in base alla quale, le spese per la Difesa calcolate in chiave NATO presentano un perimetro differente da quello abitualmente oggetto di discussione in Italia. Per essere più precisi, tale perimetro va considerare il c.d. “Bilancio della Difesa Integrato” (composto da Bilancio della Difesa nella sua interezza, più fondi del MEF per le missioni Internazionali, più fondi MIMIT per l’Investimento) che il DPP indica in 30.758,8 milioni per il 2023..

Da questa somma:

  • si scorpora l’intero importo della “Funzione Sicurezza del Territorio” presente nel bilancio della Difesa, a esclusione della quota parte afferente al personale dell’Arma dei Carabinieri impiegabile presso i teatri operativi fuori area (c.d. “deployable”) e fissata in complessive 8.600 unità; cifra stimabile in 7 miliardi circa.
  • detrae dalle Pensioni Provvisorie del Personale in Ausiliaria l’importo afferente all’Arma dei Carabinieri (a meno della quota “deployable”); cifra stimabile in 40 milioni;
  • aggiunge l’importo della spesa pensionistica del Personale Militare e Civile della Difesa sostenuta dall’INPS (includendo solo la solita quota “deployable” dei Carabinieri) con una stima per questa voce di circa 2,3 miliardi.

Per quanto la somma risultante presenti alcune approssimazioni, un valore finale di circa 26 miliardi di euro appare sufficientemente affidabile ma ben diversa dai 29.718 milioni, cioè 3.700 milioni in più. Urge quindi un chiarimento; perché la questione non è secondaria In termini di trasparenza e in termini pratici.

Sul primo aspetto si evidenzia infatti che qualsiasi dibattito sull’aumento (o meno) delle spese militari del Paese non può prescindere dalla puntuale definizione delle stesse. Sul secondo, la questione è altrettanto semplice dato che senza questi 3,7 miliardi così “magicamente” apparsi, l’Italia scenderebbe ancora più in basso nella classifica virtuale della NATO su valori intorno all’1,28%).

E comunque la situazione non è certo destinata a cambiare nei prossimi anni. Il DPP fa infatti proprio l’orizzonte temporale individuato dal Parlamento, indicando cioè nel 2028 l’anno entro il quale il nostro Paese dovrebbe raggiungere il più volte ricordato obiettivo del 2 pe cento del PIL destinato alla Difesa. Ebbene, lo stesso DPP offre oggi una realtà è ben diversa, perché a legislazione vigente quel “famoso” rapporto percentuale è addirittura visto in leggerissima diminuzione.

Un dato che future Leggi di Bilancio potranno ribaltare in vista del 2028, anno in cui l’Italia si è impegnata a raggiungere la fatidica soglia del 2 per cento. Nello stesso DPP non si fa cenno alla proposta avanzata al ministro della Difesa e fatta propria dal Governo circa lo scorporo delle spese per la Difesa (o dei soli Investimenti nella Difesa; in questo senso la posizione del Governo stessa non è perfettamente chiara) dal “Patto di stabilità e crescita” dell’UE. Per essere più precisi, lo scorporo di tali spese dal calcolo del deficit in modo da liberare risorse per il comparto.

In questo senso, è noto che una discussione su una riforma di quel “Patto” è in corso da tempo all’interno della UE ma è chiaro che senza novità positive da questo fronte sarà difficile se non impossibile raggiungere la soglia prevista nel 2028.

A complicare ulteriormente il quadro complessivo provvede inoltre l’inflazione, oltre l’8% nello scorso anno e intorno al 6% nel 2023, che erode il potere di acquisto anche dell’Amministrazione Difesa.

 

 Il Personale

Già in sede di analisi del marzo scorso, si era provveduto a evidenziare un aspetto preoccupante che emergeva dai primi dati provenienti dallo Stato di Previsione del Ministero della Difesa; ovvero, il nuovo e consistente aumento delle spese per il Personale; peraltro ancora più preoccupante alla luce del fatto che nella pianificazione procedente esso non era previsto. Con l’occasione, si era ipotizzato che la variazione fosse dovuta a dinamiche salariali; ipotesi confermata dal DPP che spiega come una serie di recepimenti di vecchi provvedimenti, di adeguamenti del trattamento economico di alcune categorie di Personale nonché i primi effetti della Legge 119/2022 abbiano per l’appunto determinato questo (significativo) movimento al rialzo.

Nel dettaglio dei numeri poi, si sta parlando di fondi che per questo capitolo di spesa passano dai 10.604,3 milioni del 2022 agli 11.118,8 di quest’anno; e cioè altri 514,5 milioni in più (+4,9%). Inoltre questo aumento si scontra con una diminuzione del Personale Militare che scende complessivamente di 936 unità dallo scorso anno, così come si registra la consistente diminuzione di quello Civile di quasi 2.500 unità (la sui spesa però passa dai 1.103,7 milioni del 2022 ai 1.228,8 del 2023). Con il quadro di insieme della situazione del Personale Militare e Civile (e annesse evoluzioni future in tema di consistenza organica) rappresentato dalle tabelle presenti tra le pagine 154 e 158 del DPP.

Inutile farsi illusioni, questa spirale in termini di aumento dei costi non è destinata ad arrestarsi perché se il DPP ci dice che (a legislazione vigente) la spesa per il Personale stesso è destinata a scendere leggermente nei prossimi 2 anni, in realtà possiamo già dire che così non sarà. Come dimostra il DdL di Bilancio 2024-2026 che fornisce indicazioni di carattere esattamente contrario; ovvero, un nuovo (ancorché modesto) aumento di tale spesa nel prossimo anno.

Intanto, già per il 2023 (con il Decreto legge n. 145) il Governo ha varato una norma cosiddetta degli “anticipi” che, di fatto, rappresenta una indennità contrattuale in attesa che per l’appunto si si chiuda il capitolo del rinnovo del contratto vero e proprio per il triennio 2022-2024.

Dunque, non solo i costi finali per il Personale per il 2023 saranno ben più alti di quelli indicati nello Stato di Previsione ma in un prossimo futuro a impattare su questo stesso capitolo di spesa ci saranno comunque anche altri fattori. In primis i già citati effetti della Legge 119/2022 così come quelli legati ai rinnovi contrattuali e poi, per quanto riguarda il Personale Civile, il pieno dispiegamento del piano di assunzioni straordinarie (assunzioni comunque assolutamente necessarie, dato che qui si è già scesi sotto le 20.000 unità prevista dalla stessa Legge 244/2012).

A questo si aggiungono gli effetti di un faticosissimo e lunghissimo riequilibrio fra i ruoli del Personale e, infine, il provvedimento che porterà alla nascita del Modello a 160.000 militari, destinato a sostituire quello attuale a 150.000.

Un ulteriore impatto sui costi legati al Personale arriverà anche dalla decisione del Governo (anch’essa contenuta nel DdL di Bilancio) di prorogare per tutto il 2024 l’operazione “Strade Sicure” con contingente aumentato da 5.000 a 6.000 militari, invertendo peraltro la tendenza degli ultimi anni che ne aveva invece vista la graduale riduzione dopo il picco di oltre 7.850 unità.

A questa proroga si associa poi quella cioè della sua “costola” nota come “Stazioni Sicure”: inizialmente finanziata per il periodo 1° ottobre – 31 dicembre 2023 con il Decreto Legge 133/2023, essa continuerà anche per tutto il 2024 e con contingente aumentato da 400 a 800 militari. Il tutto per un totale dunque di 6.800 militari e una spesa complessiva di ben 225,1 milioni in larga parte attribuibili proprio a costi per il Personale.

Insomma, gli ingredienti per confermare e consolidare un primato poco invidiabile ci sono tutti come testimoniato infatti dall’ultimo rapporto sulle spese militari dei Paesi membri della NATO in cui l’Italia è quello che presenta la più alta percentuale di spesa dedicata al solo Personale di tutta l’Alleanza Atlantica con poco più del 60%.

 

Esercizio

L’Esercizio nel 2023 conosce un significativo aumento delle risorse disponibili, passando infatti dai 2.070,2 milioni nel 2021 ai 2.336,6 milioni del 2023: ovvero, 266,4 milioni di euro in più che equivalgono a un significativo +12,9%.

Le ragioni di questo aumento sono spiegate dal DPP stesso: l’inclusione in bilancio delle risorse rinvenienti dal DL 14/2022 (“Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina”), il finanziamento delle spese per la realizzazione dell’infrastruttura del Polo Strategico Nazionale, il rifinanziamento del Fondo per gli assetti ad alta e altissima prontezza operativa, l’integrazione delle risorse finanziarie per il pagamento dei canoni relativi alle utenze e per l’acquisto di carbo-lubrificanti, l’aumento degli stanziamenti correlati alle somme versate all’entrata del bilancio e connesse con prestazioni/servizi resi dalle Forze Armate in ambito missioni internazionali (ma anche, per questo 2023, quelle legate agli aiuti militari all’Ucraina; parzialmente rimborsati attraverso il meccanismo EPF, European Peace Facility).

Gli stanziamenti a favore di questo capitolo di spesa comunque non si esauriscono con quanto messo a disposizione dal bilancio ordinario. Grazie infatti ai già ricordati fondi del MEF, l’Esercizio stesso ricevono una (comunque provvidenziale) integrazione; per il 2023, dei già menzionati 1.305,9 milioni di € considerati dal DPP in quanto relativi a impegni effettivamente esigibili per questo anno, 396,2 milioni sono da considerare come (ulteriori) spese per il Personale e 909,7 come spese per l’Esercizio medesimo.

Un sollievo molto parziale; che sicuramente non risolve i problemi, oramai quasi cronici, dato che è dal 2008 che questo settore si trova in una condizione di ipofinanziamento. Una situazione dunque molto difficile, emblematicamente testimoniata dal debito pregresso per il pagamento dei tributi ICI/IMU pari a 166 milioni.

Ecco perché, la formula adotta dal DPP, con i finanziamenti disponibili che: «riescono a sostenere efficacemente solo i settori di spesa di rilevanza strategica per l’assolvimento delle missioni istituzionali», in realtà è solo una maniera elegante per dire che mancano risorse per rispondere adeguatamente a tutte le esigenze.
Del resto, se per il Personale la percentuale che indica il suo peso all’interno del bilancio della Difesa alla fine pesa come abbiamo visto il 60%, l’Esercizio stesso continua a restare ancorato a percentuali non molto superiori al 10%, dimostrando appieno la gravità della situazione; che le misure adottate (centrali di acquisto uniche, riorganizzazioni/integrazione interforze, o lo stesso ricorso al capitolo dell’Investimento per interventi mirati in alcuni settori) non riescono certo a migliorare più di tanto.

Lo stesso ministro della Difesa indica nella sua introduzione riconosce che «negli ultimi 30 anni, grazie ai benefici derivanti dall’appartenenza alla NATO, l’Italia ha potuto impiegare il suo Strumento militare prioritariamente nella conduzione di operazioni e missioni per il mantenimento della pace e della stabilità internazionale nonché in operazioni di concorso, con le altre amministrazioni dello Stato, in particolari casi di straordinaria necessità e urgenza.

È un lusso che oggi, soprattutto alla luce dell’attuale contesto internazionale, l’Italia non può più permettersi.»

Un lusso che non ci possiamo più permettere proprio perché i loro effetti più negativi si si scaricano sulla operatività delle Forze Armate; con militari che per svolgere simili compiti finiscono con il sacrificare le loro normali attività addestrative e con l’utilizzo/usura dei mezzi che solo parzialmente viene compensato dai fondi disponibili.

Dal Disegno di Legge di Bilancio non giungono certo indicazioni incoraggianti. Già per il prossimo anno si profila nuova riduzione delle risorse disponibili, destinata poi addirittura ad accentuarsi nei 2 anni successivi.

 

Investimento

Il Bilancio il 2023 conferma che il settore di spesa più in salute nel bilancio della Difesa è quello dell’Investimento.

Per quest’anno ci sono i già noti 6.100,5 milioni a cui si sommano i 1.872,6 milioni stanziati dal MIMIT indicati dal DPP, per un totale di 7.973,1 milioni: ovvero, 125,3 milioni in più rispetto al 2022 che equivalgono a +1,6%.

Un incremento modesto ma comunque significativo perché alla fine resta l’importanza della cifra record in valore assoluto.

Grazie ai vari strumenti di finanziamento pluriennali messi in campo con le ultime Leggi di Bilancio, l’Investimento non solo può contare su un flusso importante di risorse già oggi proprio grazie all’orizzonte temporale molto lungo, tali ingenti risorse potranno affluire in maniera regolare/costante per molti anni a venire. Una caratteristica fondamentale quando si tratta di pianificare programmi di Investimento come quelli delle Forze Armate che, per loro natura, possono svilupparsi su un arco di tempo lungo; avere una certezza sul fronte delle risorse, consente così di programmare meglio l’intero processo.

Sul tutto resta comunque il dato importante; rappresentato dall’aumento vistoso per questo capitolo di spesa negli ultimi anni. Nel 2019 infatti, l’Investimento si era fermato a un totale di 4.136,1 milioni, nel 2023 ha raggiunto i 7.973,1 milioni: in percentuale si sta quindi parlando di un +85% circa!

Come appena anticipato poi, le indicazioni per il futuro sono addirittura ancora più incoraggianti; contrassegnate come sono da segnali di una ulteriore crescita per i prossimi anni. Se infatti già il DPP segnala che nel 2024 si dovrebbe superare quota 8 miliardi, in realtà il rifinanziamento del “Fondo per la realizzazione di programmi di investimento pluriennale per esigenze di difesa nazionale” incluso del DdL di Bilancio 2024-2026 porterà le risorse disponibili per l’Investimento iscritte nel Bilancio della Difesa fino a quota 7,5 miliardi circa per il prossimo triennio in media; queste ultime poi, sommate a quelle previste nel bilancio del MIMIT, faranno superare a questo capitolo di spesa i 9,3 miliardi mediamente disponibili sempre nel prossimo triennio. Cifre davvero notevoli!

Sempre il DPP, per completare il quadro delle risorse in termini di loro distribuzione, precisa che i per i programmi “di prossimo avvio” sono disponibili 246,6 milioni, mentre i restanti 7.708,5 vanno a quelli “operanti”.

Per quanto riguarda le linee di indirizzo generale, è lo stesso DPP a offrire la direzione verso la quale si muove il processo di ammodernamento e rinnovamento delle Forze Armate.

Lo sforzo in atto: «mira a realizzare e sostenere uno Strumento militare efficiente, pronto ed efficace, sostenibile in termini di risorse umane e finanziarie, perfettamente bilanciato, integrato ed interoperabile nelle sue diverse componenti, in ambito multinazionale e inter-agenzia, funzionale a realizzare una deterrenza credibile e ad esprimere concrete capacità operative, in grado di generare effetti multi-dominio, con l’obiettivo di conseguire efficienza sistemica e rilevanza complessiva.»

Dunque, si procede sulla strada tracciata dal precedente Ministro della Difesa, laddove: «il piano d’interventi risulta massimamente indirizzato ad innalzare le capacità complessive dello Strumento e plasmato alla luce della medesima profondità concettuale e metodologica dell’impianto precedente, in massima aderenza ai requirements dettati da scenari ipotizzabili da affrontare nel medio e nel lungo periodo ed aggiornati alla luce dei recenti avvenimenti geopolitici.

I programmi d’investimento della Difesa di seguito descritti sono, pertanto, una naturale prosecuzione della pianificazione avviata, orientati alla realizzazione, con principale scalabile e proiettabile, opportunamente dimensionata per le operazioni nei cinque domini, logisticamente autonoma e sempre integrabile in dispositivi multinazionali, capace di condurre una “operazione interforze autonoma, su scala regionale e di durata limitata” (Limited – Small Joint Operation Nazionale, LSJO-N). Tale forza dovrà assicurare prontezza all’impiego in scenari anche ad alta intensità – sia pure per un periodo limitato – al fine di garantire l’assolvimento della prima missione, fornire il contributo di high readiness forces per adempiere alla seconda nonché, da ultimo, completare l’inventario di sistemi schierabili sotto egida di terza missione.»

Dunque, i capisaldi che guidano gli investimenti delle Forze Armate rispondono prima di tutto a una logica di massima integrazione interforze  all’insegna dell’allestimento di uno Strumento Militare con uno specifico focus sulla difesa e sulla deterrenza che punta a rafforzare le forze impegnate nei domini tradizionali (con una rinnovata attenzione verso le forze terrestri, quale evidente “lesson learned” del conflitto in Ucraina) ma che, al tempo stesso, dedica la giusta e inevitabile attenzione a quelli nuovi (ovvero spazio e cyber).

Per quanto riguarda poi il prosieguo della presente analisi, si farà ricorso allo schema utilizzato dallo stesso DPP; ovvero, si parte con i cosiddetti. “Programmi di previsto avvio”, si proseguirà poi con il capitolo delle “Ulteriori Esigenze Prioritarie da Finanziare” (ovvero, quei programmi appena avviati ma privi della completa copertura finanziaria, così come di quelli per i quali è già stato individuato un requisito operativo ma per i quali mancano i finanziamenti) e, infine, i c.d. “Programmi operanti” (cioè, quelli già in essere).

Da notare che nella parte introduttiva di questo Tomo II dedicato all’investimento, il DPP fornisce un riepilogo degli interventi finanziari operati dalla presente Legge di Bilancio (tenendo conto anche degli strumenti di investimento pluriennali sopra ricordati) a favore delle 2 tipologie di programmi appena menzionati (per l’appunto, quelli nuovi e quelli già in essere), operando anche una utile distinzione fra quelli finanziati dalle Difesa e quelli invece dal MIMIT (alle pagine 168÷171).

 

“Programmi di previsto avvio”

L’impatto del conflitto in Ucraina ha inevitabilmente portato a una rivalutazione profonda delle esigenze operative delle forze terrestri; assolute protagoniste del conflitto in corso. E siccome proprio l’Esercito (per tutta una serie di fattori) era rimasto indietro nel processo di ammodernamento e rinnovamento negli ultimi anni, gioco forza adesso si assiste a una spinta particolare al rinnovamento di questa Forza Armata.

Quale nota metodologica, si precisa che oltre alla categoria “Interforze” e a quelle legate alle singole Forze Armate, il DPP di quest’anno inserisce anche quella definita “congiunta”.

Nella categoria Interforze (nella quale emerge una significativa attenzione per lo Spazio) abbiamo il “Il sistema di demilitarizzazione/neutralizzazione/distruzione delle armi chimiche” (5 milioni quest’anno e 29 in totale fino al 2028), il “Ground Mobility Vehicle (GMV) Flyer” per il comparto Forze Speciali e la Brigata Folgore (5,5 milioni in realtà solo nel 2024, su un totale di 114,3 fino al 2035 ma il fabbisogno complessivo è pari a 229,6 milioni) e poi, sempre in ambito Forze Speciali, le “Capacità aviolancistiche” (anche questo destinato a partire nel 2024 con 1,8 milioni ma il fabbisogno complessivo è di 20 milioni a fronte dei 6 oggi disponibili).

Prima di passare al settore spaziale, raccolto per praticità in un unico ragionamento, si segnala anche il programma di “Consolidamento ‘core network’ e connettività evoluta” per la Rete Integrata della Difesa (3 milioni per il 2023, per un fabbisogno complessivo di 47 milioni fino al 2028), fermo restando che tra i programmi interforze viene incluso anche quello SICOTE dell’Arma dei Carabinieri.

L’ambito Spaziale ò rappresentato dall’acquisto di un satellite per comunicazioni definito “SICRAL R1” direttamente sul mercato, (87 milioni per il 2023 a fronte di un impegno complessivo di 300 milioni fino al 2028), dall’avvio delle fasi di studio/sviluppo di una “costellazione di satelliti per comunicazioni e relay, a bassa orbita” (5 milioni per il solo 2023 ma il fabbisogno finanziario è di ben 900 milioni) e infine il programma per “l’acquisizione di capacità e/o servizi satellitari per l’occupazione della posizione in orbita geostazionaria” (18 milioni in tutto tra il 2023 e il 2024).

Per quanto riguarda i programmi congiunti, emerge quello relativo all’ingresso dell’Italia nel futuro “Future Cruise/Anti Ship Weapon” Franco-Britannico: notizie in proposito erano emerse già nel giungo scorso mentre ora arriva un primo finanziamento nel 2024 di 3 milioni sui 10 fino a oggi disponibili benché il fabbisogno complessivo sia di 150 milioni.

Tra i programmi dell’Esercito Italiano i più importanti sono l’acquisizione degli “MBT Leopard 2 e derivati” (recupero e soccorso, getta-ponte, pioniere) preannunciata mesi or sono in Parlamento e che adesso trova concretezza nel DPP anche se priva di numeri finali complessivi. Per quanto riguarda i finanziamenti, si parte nel 2024 con 100 milioni su un fabbisogno complessivo indicato in 8.246 milioni a fronte però di una attuale disponibilità di 4.090 milioni fino al 2037.

Piuttosto singolare invece il programma per la nuova famiglia di mezzi “Armored Infantry Combat System (AICS)” perché questo è il terzo anno consecutivo che viene inserito in questa lista. Anche in questo caso si parte nel 2024 con 48 milioni a fronte di una attuale disponibilità di 5.230,6 milioni distribuiti in 14 anni ma il fabbisogno complessivo è indicato in ben 15 miliardi.

Di rilievo anche il programma “Very Short Range Air Defense”, per nuovi sistemi missilistici di difesa aerea finanziato nel 2024 con 20 milioni su disponibilità attuale di 175 e un fabbisogno complessivo di 808 milioni.

Infine la decisione di acquistare 21 lanciarazzi multipli “High Mobility Artillery Rocket System HIMARS”; altro frutto evidente della analisi del conflitto in Ucraina. Ancora una volta, si parte nel 2024 con 1 milione a fronte dei 137 oggi disponibili su una richiesta totale è di 960 milioni.

La rassegna dei nuovi programmi per l’Esercito prevede poi l’acquisizione di “Poligoni di tiro in galleria per l’addestramento con armi da fuoco portatili” (8,2 milioni quest’anno e un totale di 63,5 milioni fino a 2028, interamente finanziati) e di “Sistemi di simulazione di nuova generazione” (avvio nel 2025 con 15,2 milioni, disponibilità attuale di 98,7 in 8 anni, a fronte però di una esigenza complessiva di 159 milioni).

Segue il “Rinnovamento dei mezzi supporto al suolo” (nel 2024 ci sono i primi 2 milioni, ma ne servono 31,8 a fonte della attuale disponibilità di 11 milioni in 3 anni), “Aggiornamento/ammodernamento del Data Center dell’Esercito” (1 milione nel 2023, 209 milioni come esigenza totale ma per ora sono disponibili 63 milioni in 9 anni) e, infine, la “Riprogettazione del Sistema Informativo Gestionale o SIMOGE” (1 milione quest’anno e 14,5 disponibili in 3 anni ma in tutto ne occorrono 42).

L’analisi dei programmi della Marina Militare vede le “Basi blu” quale vasto impegno sul piano infrastrutturale della Forza Armate (che riceve 9,4 milioni nel 2023, mentre a oggi ha a disposizione 762,4 milioni di finanziamento a fronte di una esigenza complessiva di 1.760 in 13 anni) e, sempre su questo versante, il “Piano di rinnovamento Arsenali” (3,1 milioni nel 2023, 143,7 finanziati in un periodo di 13 anni ma ne mancano 89,3 per soddisfare completamente il suo fabbisogno).

Si prosegue poi con un programma molto interessante finalizzato allo sviluppo/acquisizione di “Large Unmanned Underwater Vehicle o UAV” (qui si parte con 6 milioni in tutto fra 2023 e 2024, ma ne servono in tutto 254,3 in un periodo di 13 anni) e, sempre in ambito sistemi “unmanned”, anche in questo DPP viene riproposto il programma relativo a “Aeromobili a pilotaggio remoto (APR) imbarcati” (2,6 milioni quest’anno, altri 19 nei prossimi 5 anni ma ne servono in tutto 191,7).

Altra novità di notevole rilievo è l’avvio del programma relativo al missile antinave “Marte ER o Extended Range” (partenza effettiva nel 2024 con 2 milioni, altri 102 milioni fino al 2031 ma alla fine sono 390 i milioni quale costo dell’intero programma) mentre anche quello relativo alla “Unità BOnifiche Subacquee o UBOS” viene qui riproposto dopo una sua rimodulazione (tanto che la partenza è addirittura prevista nel triennio 2026/2028) con un fabbisogno complessivo di 70 milioni, contro i 64,4 a oggi disponibili. Da ultimo, il programma “Addestramento sintetico simulato” con stanziamenti per un milione nel 2023 e 8 in tutto il triennio su 120 totali.

La rassegna dei “Programmi di prossimo avvio” dell’Aeronautica Militare include i “Velivoli addestramento basico a vela” (0,4 milioni per il 2023 e un totale di 2 milioni fino al 2029), il “Lancio avioportato piccoli satelliti” (17 milioni tra il 2025 e il 2029), gli “Aeromobili a Pilotaggio Remoto o APR” non meglio specificati, con 21 milioni per il 2023 e altri 55 fino al 2030, l’”Adeguamento aeroporti aperti al traffico civile” (3,8 milioni per quest’anno, a fronte di un fabbisogno finanziario totale già coperto di 103,5 milioni fino al 2032), lo “Smart Energy Airfield o SEA” (primo finanziamento nel 2025 con 12,9 milioni a fronte di un fabbisogno completo fino al 2032 è di 177 milioni contro i 71 complessivamente oggi disponibili.

Infine il “Trasporto sanitario di urgenza” per una nuova flotta di velivoli adatti allo scopo, con 90 milioni nel 2023 e altri 240 fino al 2032 ma ne mancano 82,5 per il completamento del programma e il programma di “Ristrutturazione e adeguamento depositi carburante avio” (3,8 milioni nel 2025 sui 20,7 totali fino al 2032 ma anche qui però mancano all’appello quasi 135 milioni almeno).

 

“Ulteriori esigenze prioritarie da finanziare”

Questo elenco include non solo i programmi futuri a tutti gli effetti ma anche, quelli già avviati o prossimi a esserlo ma che non hanno ancora un finanziamento completo.

Esemplare in questo senso il primo elenco fornito circa lo sviluppo capacitivo della Difesa che indica i programmi che rivestono una maggiore importanza per il raggiungimento dei “Capability Targets” previsti dalla NATO nel 2028:

  • Satellite Ottico di 3ª Generazione;
  • Piattaforma da Pattugliamento Marittimo Multi-Missione (M3A);
  • Trasporto Strategico;
  • Joint Maritime Multi-Mission System (J3MS);
  • Famiglia dei Sistemi Superficie-Aria Futuri/Principal Anti-Air Missile System (FSAF/PAAMS);
  • Armoured Infantry Combat System (AICS);
  • Loitering Ammunition;
  • High Mobility Artillery Rocket System (HIMARS);
  • Offshore Patrol Vessel (OPV) – Pattugliatori Polivalenti (PPX) / European Patrol Corvette (EPC);
  • FRegate Europee Multi Missione (FREMM);
  • Ammodernamento Mezza Vita (AMV) Nave ETNA;
  • Piattaforma Aerea Multi Missione e Multi Sensore (P-MMMS).

Un “menù” evidentemente molto ricco che contiene sia programmi già avviati, sia altri che invece devono ancora partire; tra quali, più in particolare, si distinguono il satellite ottico, la Piattaforma da Pattugliamento Marittimo Multi-Missione, il trasporto strategico, il già citato Armoured Infantry Combat System, le “Loitering Ammunition” e il rinnovo delle unità di seconda linea della Marina Militare (ovvero i PPX e le future EPC).

Nel dettaglio poi, il DPP specifica che i fondi necessari al loro completamento è stimato in 6.783 milioni tra il 2024 e il 2037: una somma importante dunque ma anche “spalmata” su un arco di tempo piuttosto lungo e tale da far considerare il completamento di tutti questi stessi programmi assolutamente fattibile.

Questa sezione prosegue poi con una ulteriore serie di elenchi di programmi da finanziare, ciascuno dei quali associato ad altrettante Capacità Operative Fondamentali (COF) individuate dalla Difesa.

Abbiamo così il capitolo “Preparazione delle Forze” con una esigenza finanziaria complessiva di 829,1 milioni, “Proiezione delle Forze” (8.853,8 milioni), “Protezione delle forze e ingaggio” (il più corposo, con ben 73,257,2 milioni di fabbisogno finanziario complessivo), “Sostegno delle Forze” (e 20.417,7 milioni di esigenza complessiva), “Comando e Controllo (C2)” (e 4,059,4 milioni) e infine, “Capacità informativa” (e 7.153,4 milioni quale proprio fabbisogno finanziario totale).

Per un maggior dettaglio dei programmi inseriti, si ricorda che essi sono indicati nelle pagine 194÷197 del DPP.


I “Programmi operanti”

I “Programi operanti” sono poco meno di 190 solo considerando quelli legati alle Forze Armate in chiave Funzione Difesa; escludendo cioè quelli di competenza dell’Arma dei Carabinieri.  E’ dunque evidente che una loro rassegna anche solo schematica (nome del programma, stanziamenti e, magari, Ministero che fornisce gli stanziamenti stessi) sia pressoché impossibile; perché alla fine si trasformerebbe un elenco quasi infinito.

Anche in questo caso dunque, il consiglio che si rivolge al lettore è quello di consultare autonomamente le schede in oggetto (pagine 199÷240; e successive per i programmi dei Carabinieri nonché per i c.d. “non capacitivi”); in modo da concentrarsi eventualmente su quelli di maggiore proprio interesse. Di seguito dunque, si fornirà solo una descrizione di massima; con qualche riflessione aggiuntiva per quelli considerati di maggiore importanza/rilevanza.

Si comincia dunque con i “Programmi Interforze“; in totale sono 47 per un impegno finanziario complessivo di 1.265 milioni.

Andando rapidamente per macro-categorie ve ne sono diversi che riguardano interventi infrastrutturali di varia natura (in ambito nazionale e NATO), altri destinati alla capacità C2 (Comando e Controllo), altri nell’ambito dei sistemi di comunicazione/delle reti, diversi altri ancora in ambito spaziale (ovvero, satelliti per ricognizione o comunicazione), attività di ricerca, “cyber defence/cyber security”, “sostegno delle Forze”, ma anche programmi specifici (per le “Loitering Munition”, per la piattaforma navale Joint Maritime Multi-Mission System o J3MS, le Piattaforme Aeree Multi Missione e Multi Sensore o P-MMMS, i veicoli leggeri per Forze Speciali, l’MC-27J Praetorian, i sistemi anti-droni, le capacità NBC).

Nella nuova categoria “Programmi congiunti” ne troviamo in tutto 13, per un controvalore totale di 1.337,8 milioni, Tra i più significativi quelli per i “connettori di manovra” e il “Veicolo Blindato Anfibio o VBA”, l’ampio programma per la Difesa aerea/missilistica che comprende i sistemi “FASF/PAAMS e B-1NT”, il munizionamento Vulcano, i missili antiaerei CAMM-ER, l’elicottero NH-90 e il cacciabombardiere F-35 Lightining II.

Per quanto riguarda l’Esercito Italiano, si riscontra la presenza di un totale di 41 programmi per un controvalore finale di 1.265,8 milioni. Anche in questo caso si procede per macro-categorie, con interventi riguardanti le infrastrutture (al cui interno spicca il capitolo “Caserme Verdi”), poi i mezzi da combattimento (dall'”Ammodernamento di Mezza Vita” del carro Ariete alla blindo Centauro 2, dal VBM Freccia al VTLM 2), gli elicotteri (ovvero il “Nuovo Elicottero da Esplorazione e Scorta” o NESS, più il CH-47F), i sistemi di artiglieria/”Long Range Fires” (con il programma di aggiornamento degli M270 MLRS e relativo acquisto di razzi guidati GMLRS ER e l’aggiornamento degli FH-70), i mezzi “minori” (cioè quelli logistici, del genio, per il soccorso in caso di pubbliche calamità e quelli tattici/per il concorso alle forze di Pubblica Sicurezza), i “Sistemi Individuali di Combattimento” (SIC), i missili controcarro (Spike), i mezzi/materiali per la Brigata Folgore e per le Forze Speciali, le scorte di munizionamento, gli Aeromobili a Pilotaggio Remoto (o APR nelle categorie Micro, Mini e leggeri).

I programmi in ambito “Comando e Controllo (C2)/connettività multidominio”, il rinnovamento delle capacità “cyber defense”, l’ammodernamento e il potenziamento delle reti e, infine, i programmi di “Mantenimento Condizioni Operative” (MCO) di mezzi, veicoli e velivoli in dotazione all’Esercito Italiano stesso. Solo per citare quelli di maggiore interesse, laddove comunque ne sono presenti altri.

Anche per la Marina Militare i “Programmi Operanti” sono 41 per un totale di 1.769,3 milioni.

Oltre alla parte dedicata alle infrastrutture in generale, più altri programmi specifici quale, per esempio, il cosiddetto “Piano Brin”, molto ricca è quella delle nuove unità della Marina stessa; la LHD Trieste, le unità di supporto logistico LSS (sia per la prima piattaforma che per le 2 successive), l’unità di soccorso per i sommergibili SDO-SURS, le future unità anfibie LxD, i PPA della classe Thaon di Revel, i futuri cacciatorpediniere DDX, le nuove unità idro-oceanografiche, (NIOM e NIOC), i cacciamine di nuove generazione, i nuovi OPV/PPX, la nuova serie di sottomarini U-212 NFS.

Da ultimo la prosecuzione del programma FREMM con l’importante novità, comunque già anticipata mesi fa dallo stesso Capo di Stato Maggiore della Difesa, dell’acquisizione di ulteriori 2 fregate di nuova generazione indicate come FREMM EVO). Degni di nota anche gli Ammodernamenti di Mezza Vita (AMV) dei cacciatorpediniere della classe Doria e dei cacciamine della classe Gaeta.

Sempre in tema di nuove unità, anche i programmi “minori” legati alla logistica portuale e alle unità ausiliarie. Detto delle attività di potenziamento sia delle Forze Speciali che della Brigata San Marco nonché dei programmi di MCO per le unità navali e per i velivoli in servizio (in particolare, EH-101 e AV-8B), altri interventi riguardano infine il munizionamento (ovvero: Nuovo Siluro Pesante, MU-90, Teseo Mk-2E, munizioni per la componente aerea imbarcata e per l’artiglieria delle unità navali stesse).

Per ciò che riguarda l’Aeronautica Militare, i programmi sono in tutto 44; ai quali corrisponde un impegno finanziario di 1.884,6 milioni.

La rassegna inizia, come sempre da vari interventi in campo infrastrutturale (all’interno dei quali troviamo anche “Aeroporti Azzurri” e l’interessante potenziamento del Distaccamento Aeroportuale di Pantelleria), interventi sulle reti radar per il controllo del traffico aereo e per la difesa aerea e in ambito C4ISTAR (compreso l’aggiornamento dei pod in dotazione proprio per l’ambito ISR).

Prosegue poi l’investimento in termini di ammodernamento e rinnovamento delle Infra/Infostrutture di rete, ivi comprese quella per la raccolta di osservazioni meteorologiche; oltre all’acquisto di sistemi di autoprotezione destinati a velivoli della Difesa.

Passando al capitolo velivoli, si registrano investimenti destinati allo sviluppo, all’acquisto e anche all’aggiornamento di quanto già in servizio. Si comincia con quelli dedicati all’addestramento (T-345, T-346 e linea MB-339), si prosegue con quelli da combattimento (EF-2000 e Tornado mentre il futuro GCAP/Tempest continua ricevere importanti integrazioni in quanto a stanziamenti); infine, è la volta del rifornimento in volo/trasporto strategico (con il programma KC-767). Proseguono inoltre anche quelli in campo elicotteristico (HH-101 e HH-139) nonché in ambito “droni” (MQ-9 e il futuro EUROMALE).

Anche per l’Aeronautica troviamo uno specifico programma di acquisto di armamento (di lancio e di caduta) per i propri velivoli, oltre a programmi MCO/sostegno logistico per le varie linee di velivoli. Conclude la rassegna l’acquisto di mezzi terresti e antincendio per le esigenze aeroportuali e mezzi del genio; nonché, infine, il potenziamento delle Forze Speciali. Peraltro, a fattor comune di tutte e 3 le Forze Armate, si segnale anche la presenza di programmi denominati “ammodernamenti minori”.

La rassegna si chiude con la cosiddetta “Programmazione non capacitiva“: tre programmi in tutto per un controvalore di 167,5 milioni, all’interno della quale spicca la voce “Ricerca tecnologica”.

Su quest’ultimo punto, vale decisamente la pena di spendere qualche parola in più per almeno un paio di motivi. Il primo, più intuitivo, perché ovviamente è proprio dagli investimenti in questo capitolo che si può pensare di ottenere un ritorno più puntuale in termini di capacità tecnologiche future; come dimostra efficacemente l’elenco dei settori nei quali la Difesa (sia in ambito nazionale attraverso il Piano Nazionale di Ricerca Militare o PNRM, sia attraverso  le iniziative in ambito invece Internazionale condotte dalla UE e dalla NATO) investe le proprie risorse: C2 e “Multi Domain situational awareness”.

Tecnologie spaziali, tecnologie cyber, protezione e potenziamento capacità del soldato, sistemi autonomi, soluzioni di Intelligenza Artificiale (IA), contrasto alle “minacce emergenti”, “Underwater”; “Urban warfare”, sostenibilità, sicurezza e resilienza energetica, biotecnologie, “smart materials”, nano tecnologie e, da ultimo, difesa CBRN (Chimica, Batteriologica, Radiologica, Nucleare).

Il secondo riguarda invece gli obiettivi futuri, rappresentati dalla volontà di incrementare le risorse disponibili fino a raggiungere l’ammontare di almeno 100 milioni di € annui per il prossimo triennio; e, successivamente, di una ulteriore percentuale di incremento pari almeno al 20% all’anno. Somme dunque importanti ma comunque necessarie per sostenere lo sforzo (cruciale) in questo campo.

Foto: Difesa.it

 

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Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli

Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.

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