Terre Rare, nuovo campo di battaglia geopolitico

Le terre rare rappresentano oggi uno dei fronti più strategici nella competizione tra potenze globali. La Cina ha costruito un quasi-monopolio sulla produzione e lavorazione di questi materiali critici, mentre l’Occidente cerca di recuperare terreno. La corsa al controllo di questi elementi è diventata cruciale per la sicurezza nazionale, l’industria tecnologica e la transizione energetica.
Cosa sono le terre rare?
Le terre rare costituiscono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica, tra cui lantanio, cerio, neodimio, samario, europio, disprosio e terbio. Nonostante il nome, questi elementi non sono particolarmente rari nella crosta terrestre, ma si trovano raramente in concentrazioni tali da renderne economicamente vantaggiosa l’estrazione. La loro importanza deriva dalle proprietà uniche: magnetiche, luminescenti e catalitiche. 1 La peculiarità delle terre rare sta nel fatto che si presentano naturalmente insieme nei giacimenti, rendendo complessa e costosa la loro separazione.
Il processo di raffinazione richiede tecnologie sofisticate, grandi quantità di energia e comporta rischi ambientali significativi legati all’utilizzo di acidi e sostanze inquinanti. Questa complessità ha permesso alla Cina di costruire un vantaggio competitivo nel settore. Le applicazioni di questi materiali spaziano dai magneti permanenti utilizzati nei motori elettrici e nelle turbine eoliche, ai componenti elettronici di smartphone e computer, fino ai sistemi di difesa avanzati. La transizione verso un’economia verde ha ulteriormente aumentato la domanda di terre rare, rendendole materiali strategici per il futuro industriale globale.
Perché le terre rare sono importanti per l’industria della difesa
L’industria della difesa dipende criticamente dalle terre rare per numerose applicazioni ad alta tecnologia. I magneti al neodimio-ferro-boro, incredibilmente potenti rispetto alle loro dimensioni, sono componenti essenziali nei sistemi di guida missilistica, nei radar e nei motori di aeromobili militari. Ogni caccia F-35 contiene circa 417 kg di leghe contenenti terre rare per vari componenti.
Il disprosio e il terbio sono particolarmente cruciali perché consentono ai magneti permanenti di mantenere le loro proprietà anche a temperature elevate, caratteristica fondamentale per i sistemi d’arma. Senza questi elementi, i magneti perderebbero efficacia durante le operazioni ad alta intensità, compromettendo l’affidabilità dell’equipaggiamento militare. I sistemi di puntamento laser utilizzano cristalli drogati con neodimio, mentre i visori notturni impiegano fosfori a base di europio e terbio. Le comunicazioni militari dipendono da amplificatori ottici contenenti erbio, e le leghe speciali per blindature avanzate contengono scandio.
Questa dipendenza rende la sicurezza dell’approvvigionamento di terre rare una questione di sicurezza nazionale per le potenze occidentali. La dominanza cinese nella produzione e lavorazione delle terre rare rappresenta una vulnerabilità strategica significativa per l’apparato militare-industriale occidentale. Gli Stati Uniti, nonostante siano una superpotenza militare globale, dipendono quasi interamente dalle importazioni per questi materiali critici. Questa situazione ha sollevato preoccupazioni nei circoli di difesa e intelligence, portando all’inclusione delle terre rare nella lista dei minerali critici per la sicurezza nazionale.
La Mountain Pass Mine in California, unica miniera attiva di terre rare negli Stati Uniti, produce principalmente ossidi grezzi che devono essere inviati in Cina per la lavorazione, evidenziando come la dipendenza vada oltre la semplice estrazione. Questa vulnerabilità è aggravata dal fatto che lo sviluppo di nuovi giacimenti e impianti di raffinazione richiede anni, rendendo impossibile una risposta rapida in caso di interruzione delle forniture.
Il potenziale impatto delle restrizioni cinesi
Le restrizioni imposte dalla Cina sulle esportazioni di terre rare potrebbero avere conseguenze devastanti per le catene di approvvigionamento globali. Nel breve termine, si assisterebbe a un’impennata dei prezzi di questi materiali sui mercati internazionali, con ripercussioni immediate sui costi di produzione di tecnologie avanzate. Le industrie automobilistiche, elettroniche e delle energie rinnovabili sarebbero le prime a risentirne. Per il settore della difesa, le restrizioni potrebbero tradursi in ritardi nella produzione di sistemi d’arma avanzati e nell’aumento dei costi dei programmi militari.
La ridotta disponibilità di terre rare potrebbe costringere i produttori a rivedere le specifiche tecniche di alcuni componenti, con potenziali compromessi sulle prestazioni. In uno scenario estremo, alcuni sistemi militari potrebbero diventare temporaneamente non producibili. A livello geopolitico, la Cina potrebbe utilizzare selettivamente le restrizioni come strumento di pressione in specifiche dispute internazionali. Questo approccio è stato già sperimentato nel 2010 durante le tensioni con il Giappone, quando Pechino ridusse drasticamente le esportazioni verso Tokyo.
La minaccia di interrompere le forniture di terre rare potrebbe diventare una potente leva negoziale nelle relazioni internazionali. Parallelismo con la guerra dei semiconduttori Esiste un parallelismo evidente tra il controllo cinese delle terre rare e il dominio occidentale, in particolare americano, sui semiconduttori avanzati. Mentre gli Stati Uniti utilizzano restrizioni all’esportazione di chip all’avanguardia come strumento di pressione su Pechino, la Cina risponde con la minaccia di limitare l’accesso alle terre rare.
Questa dinamica evidenzia come le interdipendenze tecnologiche stiano diventando armi nelle relazioni internazionali. Le recenti restrizioni americane sull’esportazione di chip NVIDIA avanzati verso la Cina hanno accelerato la risposta di Pechino sul fronte delle terre rare. Questo scambio di restrizioni commerciali rischia di frammentare ulteriormente le catene di approvvigionamento globali, con effetti potenzialmente destabilizzanti per l’economia mondiale nel suo complesso.
Che cosa sta facendo l’Occidente
Gli Stati Uniti hanno avviato diverse iniziative per ridurre la dipendenza dalle terre rare cinesi. L’Ordine Esecutivo 13817, firmato nel 2017, ha identificato le terre rare come materiali critici per la sicurezza nazionale, avviando una strategia di diversificazione delle fonti. Il Dipartimento della Difesa ha stanziato fondi significativi per progetti di estrazione e lavorazione domestici, mentre il Dipartimento dell’Energia supporta la ricerca su alternative e tecnologie di riciclo. La creazione di riserve strategiche di terre rare rappresenta un’altra misura di mitigazione.
Gli Stati Uniti hanno ampliato il National Defense Stockpile per includere maggiori quantità di questi materiali critici, garantendo forniture sufficienti per le necessità militari in caso di interruzioni temporanee. Parallelamente, vengono incoraggiati partenariati con paesi alleati ricchi di risorse come l’Australia e il Canada.
La ricerca di alternative tecnologiche sta accelerando, con investimenti in materiali sostitutivi che potrebbero ridurre la dipendenza dalle terre rare. Innovazioni come magneti a base di ferro-azoto o tecniche di riduzione del contenuto di disprosio nei magneti permanenti stanno mostrando risultati promettenti.
Tuttavia, il completo sviluppo e l’implementazione di queste alternative richiederanno anni. Riciclo e recupero: una soluzione parziale Il riciclo delle terre rare da prodotti a fine vita rappresenta un’opportunità significativa per ridurre la dipendenza dalle importazioni. Le tecnologie di recupero da hard disk, motori elettrici e turbine eoliche dismesse stanno diventando economicamente più sostenibili con l’aumento dei prezzi delle materie prime. Aziende come Western Digital hanno avviato programmi pilota per recuperare neodimio e disprosio da dispositivi elettronici.
Tuttavia, il riciclo presenta ancora sfide tecniche ed economiche. L’efficienza dei processi di recupero resta limitata per alcuni elementi, e le quantità ottenibili non sono sufficienti a soddisfare la domanda crescente. Inoltre, la progettazione attuale di molti prodotti non tiene conto del riciclo a fine vita, rendendo complessa l’estrazione dei materiali preziosi.
L’Europa può diventare sovrana nell’approvvigionamento di terre rare?
L’Europa si trova in una posizione particolarmente vulnerabile riguardo all’approvvigionamento di terre rare, con una dipendenza dalle importazioni cinesi che supera il 90%. Il Critical Raw Materials Act (CRMA), adottato nel 2023, rappresenta il tentativo più ambizioso dell’Unione Europea di affrontare questa vulnerabilità, fissando obiettivi ambiziosi: il 10% del fabbisogno europeo di terre rare dovrebbe essere estratto internamente entro il 2030, il 40% processato in Europa e il 25% provenire dal riciclo.
Le prospettive geologiche europee non sono completamente sfavorevoli. La recente scoperta del giacimento di Per Geijer in Svezia, con oltre un milione di tonnellate di ossidi di terre rare, rappresenta la più grande riserva conosciuta in Europa. Progetti minori sono in fase di sviluppo in Finlandia, Spagna e Portogallo. Tuttavia, i tempi di sviluppo di queste risorse sono lunghi, con un orizzonte di 7-15 anni prima che possano contribuire significativamente all’approvvigionamento.
La sfida maggiore per l’Europa resta lo sviluppo di capacità di raffinazione e separazione. Questi processi ad alta intensità energetica e potenzialmente inquinanti incontrano resistenze normative e sociali in Europa. Senza superare questi ostacoli, anche l’aumento dell’estrazione domestica non ridurrebbe la dipendenza dalla Cina per le fasi successive della lavorazione. Partnership internazionali e innovazione tecnologica Consapevole dei limiti interni, l’Europa sta cercando di diversificare le fonti attraverso partnership strategiche. L’accordo con il Cile per lo sviluppo congiunto di risorse minerarie e il dialogo con l’Australia per garantire forniture stabili rappresentano passi in questa direzione. Parallelamente, i programmi di ricerca Horizon Europe finanziano lo sviluppo di tecnologie innovative per la separazione e il riciclo delle terre rare.
L’European Raw Materials Alliance (ERMA) sta coordinando investimenti lungo tutta la catena del valore, con particolare attenzione alla creazione di “ecosistemi” che colleghino estrazione, lavorazione e utilizzo finale. Nonostante questi sforzi, la piena sovranità europea nel settore delle terre rare rimane un obiettivo di lungo termine, probabilmente non raggiungibile prima del 2040 nelle condizioni attuali.
Verso un nuovo equilibrio globale
La battaglia per il controllo delle terre rare riflette i profondi cambiamenti in corso negli equilibri geopolitici globali. La transizione verso economie a basse emissioni di carbonio e la corsa all’innovazione tecnologica hanno trasformato questi materiali da semplici commodities a risorse strategiche fondamentali. Come previsto da esperti come il mio amico ed ex ambasciatore britannico Stephen Nash già nel 2021, le terre rare sono diventate un terreno di scontro tra potenze globali.
La risposta occidentale alla dominanza cinese è iniziata con ritardo e procede a velocità insufficiente rispetto all’urgenza della sfida. Gli investimenti in nuove miniere, tecnologie di lavorazione e ricerca di alternative richiedono tempi lunghi per produrre risultati significativi. Nel frattempo, la vulnerabilità persiste e potrebbe accentuarsi con l’aumento della domanda guidata dalla transizione energetica e dalla digitalizzazione.
Un approccio puramente competitivo potrebbe risultare controproducente, frammentando ulteriormente le catene di approvvigionamento globali. Una combinazione di diversificazione 6 delle fonti, innovazione tecnologica, riciclo e, soprattutto, cooperazione internazionale rappresenta probabilmente la strategia più efficace per garantire un accesso stabile e sostenibile a questi materiali critici per il futuro dell’economia globale.
Foto: Kyiv Post e Lockheed Martin

Luca GabellaVedi tutti gli articoli
Consulente specializzato nell'analisi e nell'esecuzione di operazioni internazionali a favore delle aziende europee. Laureato in Scienze Politiche Internazionali presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e con un Master of Science (MSc.) in Middle East Politics presso la School of Oriental and African Studies (SOAS) di Londra. Con quasi venti anni di esperienza di lavoro negli Stati Uniti, Svizzera, Regno Unito, Iraq ed Emirati Arabi Uniti, ha uno spiccato interesse per le dinamiche politiche, economiche e di sicurezza nell'area del Mediterraneo allargato. Sito internet: https://www.mandati-internazionali.eu/.