Patriot in ritardo e F-35 più costosi scatenano le polemiche in Svizzera

 

Le prime forniture di missili Patriot alla Svizzera slitteranno a nuova data dopo la decisione statunitense di fornirle prioritariamente alla Germania che alienerà un altro paio di batterie all’Ucraina, mentre gli F-35A destinati a rinnovare la componente da combattimento delle forze aeree di Berna costeranno molto di più del previsto.

La decisione della Confederazione Elvetica di affidarsi a prodotti statunitensi per rinnovare la linea di aerei da combattimento e la difesa aerea a quote medio/alte viene oggi rimessa in discussione a quattro anni dall’adozione dei sistemi d’arma statunitensi nell’ambito del Programma AIR 2030 (leggi il testo completo del comunicato del Consiglio Federale del 30 giugno 2021 a questo link).

La Svizzera ha scelto di acquisire 36 caccia statunitensi F-35A per 5 miliardi di franchi con le prime consegne previste nel 2027 per sostituire la flotta di 30 F/A-18 e 26 F-5E Tiger II oltre a 5 batterie del sistema di difesa aerea a lungo raggio Patriot PAC-3 per 2 miliardi di franchi, come venne reso noto a fine giugno 2021.

“Il Consiglio federale ritiene che F-35 e Patriot siano i più adatti a proteggere la popolazione Svizzera contro le minacce aeree”, si leggeva nel comunicato. Tutte le offerte hanno soddisfatto i requisiti per la Svizzera, ma l’F-35A presenta la più ampia gamma di benefici ed è di gran lunga il modello più economico”.

L’unico velivolo di 5a generazione in gara (gli altri erano il Typhoon, il Rafale e l’F/A-18E/F Super Hornet) si era quindi imposto sui concorrenti (336 punti, 95 in più del secondo classificato), tranne che alla voce “compensazioni industriali” che però nella valutazione contava solo per il 10%. Su questo punto Francia e Germania avevano offerto ampie compensazioni in caso di scelta a favore di Rafale e Typhoon.

L’offerta di Lockheed Martin prevede 5,068 miliardi di franchi per l’acquisto di 36 velivoli e costi di manutenzione in 30 anni per 15,5 miliardi: costi che secondo il Consiglio Federale sono di 2 miliardi inferiori al velivolo secondo classificato, incluso il costo per ora di volo.

Anche il sistema missilistico Patriot PAC 3 aveva superato l’italo-francese SAMP/T in tutte le categorie di confronto inclusi i costi operativi (3,6 miliardi di franchi per 30 anni per il sistema statunitense).

Secondo diverse fonti citate all’epoca dai media francesi, il Consiglio federale sembrava più orientato a scegliere i prodotti francesi, specie dopo la visita a Berna del ministro delle Forze armate Floremce Parly, nel marzo 2021, ma la commessa aveva visto anche un colloquio tra Joe Biden e il presidente svizzero Guy Parmelin, il 16 giugno, cioè due settimane prima della decisione di Berna a favore dei prodotti statunitensi.

Oggi però i requisiti che portarono la Svizzera a scegliere F-35A e Patriot non sembrano più essere così solidi.

E mentre l’Italia stanzia ulteriori 7 miliardi per portare da 90 a 115 gli F-35 per Aeronautica e Marina, la Svizzera scopre che i Patriot saranno consegnati con un ritardo non quantificabile e che la promessa del “prezzo fisso” per gli F-35 non era stata correttamente interpretata.

Come raccontano i media elvetici, la bomba è esplosa nel giugno 2025, quando il ministro della difesa svizzero Martin Pfister è stato costretto ad ammettere pubblicamente che gli Stati Uniti stanno chiedendo tra 650 milioni e 1,3 miliardi di dollari aggiuntivi rispetto al prezzo concordato per i 36 velivoli a causa di un “malinteso” sulla natura del prezzo fisso, che secondo Washington si applica solo alla fase di produzione finale, non all’intero processo di approvvigionamento.

La questione non è solo finanziaria ma ha risvolti politico in una Svizzera in cui nel 2020 il referendum aveva approvato l’acquisto degli F-35 per 6 miliardi di franchi con un si talmente risicato da aver raggiunto il 50,12 per cento, meno di 9.000 voti in più dei no.

Del resto un analogo referendum nel 2014 aveva respinto con il 53,4% di no l’acquisto di 22 caccia Saab Gripen per 3,1 miliardi di franchi.

Un sondaggio effettuato nell’aprile 2025 ha rivelato che l’81% dei cittadini svizzeri è oggi contrario all’acquisto degli F-35, complice forse l’acceso dibattito sulle acquisizioni di armamenti statunitensi esploso in Europa dopo le pressioni statunitensi per elevare la spesa militare al 5 per cento del PIL e le minacce di Washington di porre dazi commerciali.

L’aspetto paradossale è che il problema dell’eccessiva dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti determinato dall’adozione degli F-35 venga discusso solo ora in Europa e anche in Svizzera, quando era ben noto fin dall’inizio della campagna condotta da Washington e Lockheed Martin per l’adozione del Joint Strike Fighter da parte degli alleati.

E non sarà certo l’assemblaggio a Cameri (Novara) degli F-35 italiani, olandesi, svizzeri e di altre nazioni alleate a limitare tale dipendenza tecnologica.

Analisi Difesa ha condotto per anni una lunga e difficile campagna giornalistica sottolineando come l’F-35 avrebbe compromesso le capacità europee di sviluppare e produrre velivoli da combattimento avanzati ponendoci sotto la totale sovranità militare e tecnologica degli Stati Uniti.

Silvio Lora Lamia, già capo redattore di Volare, sulle nostre pagine ha scritto un imponente numero di articoli sul programma F-35 (più di 50 tra il 2012 e il 2021, leggili qui).

Anche il tema dei costi finali del velivolo non è certo nuovo. Lo sviluppo continuo di nuovi “release” del software che sovrintende l’aereo e i suoi sistemi d’arma ed elettronici imbarcati, oltre ad essere da sempre in costante ritardo, determina l’impossibilità di conoscere quali costi dovranno venire affrontati, oggi come in futuro, per mantenere aggiornati i velivoli. Tema che ha determinato non poche polemiche negli Stati Uniti.

Come evidenzia il sito TVSvizzera.it “la Svizzera si trova ora a un bivio con opzioni tutte problematiche. Se la Confederazione decidesse di finanziare i costi aggiuntivi tramite un credito supplementare, sono da prevedere aspre controversie politiche e possibili ritardi.

Come ultima risorsa, la Svizzera potrebbe considerare la rottura del contratto, ma una decisione del genere avrebbe conseguenze finanziarie imprevedibili e potrebbe danneggiare i rapporti con Washington. Berna sta inoltre negoziando con il Governo statunitense in merito ai dazi doganali e non vuole compromettere le relazioni bilaterali in un momento di particolare tensione commerciale globale”.

Come ha ricordato SwissInfo il 27 giugno,  già nel maggio 2022, il Controllo federale delle finanze ha rilevato in un audit che non vi era alcuna certezza giuridica concernente la nozione di prezzo fisso per l’acquisto. Il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) ha respinto con veemenza questo avvertimento, facendo riferimento alle proprie perizie.

La Radiotelevisione Svizzera Italiana (RSI) ha evidenziato il 20 luglio  che perizie costose e non accurate sono state alla base alla base dell’acquisto degli F-35. Due testate domenicali – NZZ am Sonntag e Sonntagszeitung – hanno evocato “dubbi sullo studio legale zurighese incaricato di fornire le perizie, nonché sulla società di consulenze a cui lo studio si era affidato.

Le perizie in questione, effettuate dallo studio legale Homburger di Zurigo sarebbero già costate 875’000 franchi: 550’000 dei quali destinati, con un sottomandato volto a valutare la plausibilità finanziaria del contratto, ad una società di consulenze gestita da Alexander Gut, figlio di Rainer già presidente onorario di Credit Suisse”.

RSI sottolinea che “su questa società, e sulle sue competenze per un dossier del genere, sono però stati sollevati dei dubbi. Anzitutto poiché specializzata in transazioni nel settore privato. Ma poi anche perché in alcuni casi non si era dimostrata un granché, e le due testate riportano in questo senso alcuni esempi.

E anche all’interno del Dipartimento federale della difesa (DDPS), c’è stato chi non vedeva di buon occhio questo modo di procedere. Ma a non essere del tutto convinti erano anche i legali di Homburger, che hanno così preparato due altre perizie dopo un intervento del capo dell’armamento.

Il tutto, facendo lievitare i costi. Ma a questo punto, chi deve esser ritenuto responsabile? È lo studio legale, secondo un esperto di diritto commerciale chiamato in causa dai due domenicali. E non tanto per questo inghippo, quanto sul contratto globale per l’acquisto dei caccia ad un “prezzo fisso” che tale non è e che potrebbe costare alla Confederazione più di un miliardo di franchi in più. Stando poi allo stesso esperto anche uno stagista avrebbe dovuto realizzare che “prezzo fisso”, per gli statunitensi, significa un prezzo fissato inizialmente, che poi però può diventare flessibile”.

Lo stesso 20 luglio la testata Ticino on line (TiO) ha fatto il punto anche sul programma per i sistemi di difesa aerea Patriot PAC-3 che dovevano iniziare ad essere consegnasti nel 2026 e ora avranno un ritardo imprecisato benché Berna abbia già pagato quasi un terzo dell’intera commessa, cioè un acconto di 650 milioni di franchi.

Il contratto non prevede penali in caso di ritardo, aspetto che dovrebbe sollevare qualche perplessità nei confronti di chi ha negoziato la commessa. Gli USA si riservano il diritto di ridefinire le priorità, soprattutto «in caso di sviluppi legati alla sicurezza internazionale», ha fatto sapere Armasuisse (ente assimilabile all’italiano Segredifesa).

Foto: Lockheed Martin e Forze Armate Tedesche

 

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