Il referendum svizzero boccia il Gripen

Lo stanziamento di 3,1 miliardi di franchi svizzeri in undici anni per finanziare l’acquisto di 22 cacciabombardieri Saab JAS 39 Gripen è stato respinto nella Confederazione elvetica dal referendum popolare con il 53,4%. La bocciatura del finanziamento rappresenta una vittoria per la sinistra e il mondo pacifista elvetico forti soprattutto nel Ticino e nei cantoni francofoni dove infatti gli elettori si sono espressi a larga maggioranza contro l’acquisto del velivolo che doveva rimpiazzare 54 vecchi F-5E Tiger mentre i cantoni germanofoni si sono espressi in favore dell’acquisto. Il governo elvetico, e in particolare il suo ministro della Difesa Uli Maurer, è in gioco la sicurezza del paese e la capacità delle forze armate di far fronte a eventuali minacce. Ma per i contrari la spesa era una scelta irragionevole dal punto di vista finanziario e superflua dal punto di vista della sicurezza: calcolando l’acquisto, l’esercizio e le revisioni, i Gripen sarebbero costati circa 10 miliardi di franchi, in un momento in cui si prevedono tagli di risorse per la previdenza, la formazione e la svolta energetica. Il referendum non prolungherà la vita utile degli F-5E e lascerà la difesa aerea svizzera sulle spalle di 34 F/A-18. Nei giorni scorsi era balenata l’ipotesi di trovare soluzioni alternative come il leasing dei velivoli svedesi. Ipotesi poi smentite dal ministro Maurer.

Riproduciamo qui sotto l’articolo di  Daniele Mariani su swissinfo.ch che racconta le reazioni della stampa elvetica
La stampa svizzera dà ampio spazio lunedì al rifiuto degli elettori svizzeri di acquistare i caccia Gripen, prima vera sconfitta alle urne per l’esercito svizzero nella storia moderna della Svizzera. Nei loro commenti, i giornali elvetici puntano il dito soprattutto contro il ministro della difesa Ueli Maurer. «Berezina», «Waterloo», «Marignano»… la stampa svizzera si rifà alla storia per commentare la decisione dei cittadini svizzeri di non acquistare 22 nuovi aerei da combattimento Gripen per 3,1 miliardi di franchi. «Il ‘no’ al Gripen è la prima vera sconfitta alle urne per l’esercito svizzero», annota il Tages-Anzeiger, rilevando che i due precedenti insuccessi – la creazione della piazza d’armi di Rothenturm e la partecipazione di truppe svizzere ai caschi blu dell’ONU – avevano a che fare più che altro con questioni legate all’ambiente e alla neutralità
Il risultato del voto di domenica, non significa però che «la Svizzera sia meno favorevole di prima all’esercito», osserva il Bund, ricordando che un anno fa i votanti hanno sostenuto massicciamente l’esercito di milizia. Sicuramente, però, più critica, sottolinea Le Temps. «Il riflesso che consisteva nel dire sempre sì ai militari, sotto pena di essere tacciati di ‘pericolosi simpatizzanti di estrema sinistra’, appartiene definitivamente al passato», scrive il giornale romando. Per il Bund è ora necessario che l’esercito definisca meglio «quali sono le minacce possibili per la Svizzera e quali rientrano nel campo dell’immaginario».

Per il Giornale del Popolo, «chi ha seguito l’appello al «no», pur senza dubitare della necessità di un piccolo esercito svizzero, ha probabilmente ritenuto che questi aerei fossero un gingillo troppo costoso in tempi di instabilità economica e di allarmi continui sui bilanci pubblici in rosso»  Anche per il Tages-Anzeiger il rifiuto del Gripen non significa «né un no all’esercito, né alle forze aeree». Per il giornale zurighese, gli svizzeri hanno soprattutto inviato un messaggio di pragmatismo e hanno espresso la volontà di definire meglio le missioni dell’esercito. La domanda che ci si dovrà porre è di sapere se rafforzare o meno la cooperazione internazionale. «Condurre una politica di sicurezza isolazionista in mezzo all’Europa […] è un anacronismo» e il no di domenica al Gripen «rappresenta una chance per un maggiore pragmatismo nel dibattito sulla politica di sicurezza».
La Neue Zürcher Zeitung teme invece che il ‘crash’ del Gripen non indebolisca solo le forze aeree, ma l’esercito nel suo insieme, che sembra non essere «più ancorato così saldamente con la popolazione». Il rischio – scrive la NZZ – è che in futuro «ogni importante acquisto di armamento sia rimesso in discussione» e che il budget dell’esercito sia «combattuto con ancora più veemenza di prima».
Il Corriere del Ticino, che parla di «un’importante e significativa battaglia» vinta dalla sinistra nella sua lotta «per l’indebolimento e quindi l’abolizione dell’esercito svizzero», non si fa illusioni: «La guerra continuerà; se infatti nessuna delle battaglie fin qui perse dai riduzioni- abolizionisti li ha spinti a desistere, non c’è ragione perché la stessa linea non debba valere per i sostenitori dell’esercito».
Al centro della tempesta vi è però soprattutto un uomo: il ministro della difesa Ueli Maurer. Il fallimento del Gripen è prima di tutto quello di Maurer, che ha «moltiplicato le stonature», rilevano L’Express e L’Impartial di Neuchâtel.Impartial di Neuchâtel. «Questa domenica ha perso la madre delle sue battaglie, il solo vero progetto del suo regno, diventato di colpo quasi insignificante», sottolinea Le Matin.

«Cocente, la sconfitta dell’esercito nelle urne è prima di tutto quella di Ueli Maurer. Incoerente durante tutta la campagna, ha cambiato strategia come si cambiano i calzini, trattando un tema serio con la disinvoltura di un pagliaccio triste e accrescendo il deficit di argomenti dei sostenitori di un nuovo aereo da combattimento», scrive 24Heures.  Il ministro della difesa non è stato di certo aiutato dai partiti borghesi, relativizza la Neue Luzerner Zeitung, ricordando le parole del presidente del Partito liberale radicale Philipp Müller, che aveva definito i Gripen degli «aerei di carta».

Per l’Aargauer Zeitung, la frase martellata come un mantra da Maurer durante la campagna – «chi è contro i Gripen, è contro l’esercito» – ha avuto l’effetto di un boomerang. Oggi, anche chi è favorevole all’esercito non obbedisce più senza fiatare «a un ordine di marcia del ministro della difesa». Decisivo è però stato soprattutto un altro punto: «Maurer non è riuscito a fornire spiegazioni convincenti sulla necessità di avere questi aerei adesso». «Prima di lanciare un nuovo progetto [ndr. per l’acquisto di nuovi jet] Maurer farebbe bene a analizzare con esattezza le minacce che pesano sul paese – analizza infine il Blick. Solo così riuscirà a far sì che la popolazione torni ad aver fiducia nell’esercito».

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