LA DIFESA ANTIMISSILE ISRAELIANA PUNTA SULL’ARROW 4
Il Ministero della Difesa israeliano ha cominciato a sviluppare quello che con tutta probabilità diventerà l‘Arrow-4, un nuovo sistema di intercettazione missilistica in grado di difendere la sicurezza interna da future minacce balistiche sempre più’ sofisticate. Le autorità del MAFAT Ricerca e Sviluppo della Difesa stanno lavorando con le Industrie Aerospaziali per valutare le tecnologie necessarie al fine di migliorare la capacità di identificare e combattere tali minacce.
Il sistema Arrow è un missile di difesa antibalistico di teatro (TMD) ad alta accelerazione e dovrebbe essere l’unico sistema al mondo operativo capace di intercettare bersagli nell‘alta stratosfera. “L’architettura della difesa contro i missili balistici israeliana funziona bene – ha affermato Moshe Patel, Direttore per l’Organizzazione per la Difesa Missilistica israeliana – ma non possiamo rimanere fermi. Dobbiamo trovarci almeno un passo avanti rispetto alla minaccia“ ha aggiunto, sottolineando che il progetto è ancora agli stadi iniziali e la via da percorrere in termini di tecnologia deve ancora essere analizzata.
Israele è l’unico paese al mondo coperto totalmente da una costosissima rete di difesa ABM (anti Ballistic Missile) ma nemmeno i recenti successi servono a tranquillizzare le autorità e gli esperti di sicurezza.
Gli studi non si concentrano solamente sullo sviluppo di un nuovo sistema d’intercettazione ma anche e soprattutto sulle infrastrutture di cui necessiterebbe e recentemente Israele avrebbe condiviso i risultati prelimimari del concept work – i cui contenuti sono ancora riservati – con i partner americani e in particolare con l’Agenzia per la Difesa Missilistica del Pentagono.
L’importanza crescente della special relationship è evidente nella costruzione del missile Arrow 4 ed è stata confermata dallo stesso Patel in un’intervista a Defense News. Second Boaz Levy, vice presidente esecutivo di Isreali Aerospace Industries (IAI) è troppo presto chiamare il nuovo progetto Arrow 4. Tuttavia, siamo chiaramente di fronte ad una nuova generazione del missile Arrow e gli studi attuali hanno lo scopo di avviare la costruzione di un nuovo sistema che estenderà le sue capacità ben oltre le capacità dei sistemi di intercettazione attuali.
La difesa anti-aerea israeliana è strutturata su tre livelli principali: l’Iron Dome contro razzi, proiettili di artiglieria e missili a corto raggio, il sistema anti-missile David Sling (la “Fionda di David”) progettato per intercettare missili a breve raggio, ed il sistema Arrow per missili balistici a medio/lungo raggio.
Il progetto Arrow ABM prese il via dopo un accordo del 1986 tra gli Stati Uniti ed Israele con particolare riguardo alla minaccia portata dai programmi di missili avanzati sviluppati da Iraq e Iran. Il primo sistema operativo venne dispiegato nel 2000.
Il sistema Arrow 2, versione migliorata dell’Arrow, intercetta missili balistici a corto-medio raggio entro l’atmosfera terrestre, mentre Arrow-3, testato nel dicembre 2015, ha un raggio di azione di oltre 200 chilometri ed è in grado di intercettare obiettivi che viaggiano a un’altitudine di 50.000 metri, quando sono ancora al di sopra della stratosfera.
L’intera rete di sicurezza israeliana è imperniata sulla negazione al nemico dell’accesso al proprio spazio aereo e gli Stati Uniti hanno sviluppato o finanziato congiuntamente tutti e tre i livelli di difesa missilistica: Iron Dome contro i rszzi a corto-medio raggio (in dotazione ad Hamas a Gaza e a Hezbollah in Libano), David Sling contro i razzi a medio-lungo raggio in dotazione a Hezbollah ed Arrow contro i missili balistici di cui sono dotati siriani e iraniani, per citare gli Stati che Gerusalemme considera nemici.
L’accelerazione degli sforzi in tema di difesa missilistica intrapresi da Israele nell’ultimo anno va letta alla luce dell’obiettivo di inviare un chiaro segnale ai nemici. Con Iron Dome, David Sling e Arrow (e in futuro Arrow 4), Gerusalemme potrebbe risultare “blindata” rispetto a qualunque tipologia di minaccia aerea.
David Sling (nella foto a lato) è diventato operativo lo scorso aprile e in tale occasione il primo ministro Netanyahu aveva ribadito che: «chiunque minaccia la nostra esistenza, si mette egli stesso in pericolo esistenziale».
Anche questa dichiarazione va letta alla luce delle tensioni che nel corso della primavera si erano riaccese lungo i confini a nord e a Gaza e poco dopo l’intercettazione di un missile terra-aria siriano, occasione ideale per testare per la prima volta il nuovo Arrow 3.
Nonostante la distanza fra i missili siriani e gli aerei israeliani fosse tale da non mettere in pericolo velivoli e piloti, il ricorso al sistema Arrow-3 è stato deciso per impedire che il missile siriano esplodesse in territorio israeliano.
Arrow del resto è concepito specialmente per contrastare la minaccia balistica iraniana.
Un mese fa, Netanyahu ha accusato pubblicamente l’Iran di costruire siti di produzione missilistica in Siria e Libano. Poco prima, in agosto, i media israeliani riportavano foto satellitari che mostravano un sito sospetto nel nord est della Siria vicino alla città di Baniyas. Tale sito sarebbe largamente utilizzato come deposito missilistico.
Israele sperava si sarebbe trasformata in un pantano per gli alleati chiave di Bashar Assad, ossia Teheran ed Hezbollah ma dopo l’intervento della Russia, Israele si trova sempre piu’ preoccupata dall’ipotesi di uno scenario che vedrebbe l’influenza iraniana proiettata direttamente alle sue porte, e senza intermediari.
La capacità operativa iniziale del sistema di intercettazione Arrow 3 era stata dichiarata dall’aeronautica israeliana appena 8 mesi fa, a metà gennaio 2017. Secondo il Pentagono l’Arrow 3 aumenta di quattro volte la capacità di distruggere le minacce avanzate, può essere lanciato in anticipo dopo il rilevamento delle minacce ed impegnare obiettivi ad altitudini maggiori al di fuori dell’atmosfera terrestre rispetto ai sistemi precedenti.
“Iron Dome” ha avuto un impiego più intenso registrando un tasso di successo nell’intercettazione pari all’85% ed è Stato usato principalmente contro i razzi lanciati da Hamas a Gaza.
Hezbollah costituisce però un pericolo maggiore e si calcola disponga di almeno 100.000 razzi campali che potrebbero essere lanciati contro Israele, un numero imprecisato dei quali a lunga gittata.
Secondo l’Institute for National Security Studies, gli strateghi del governo israeliano devono ancora mettersi d’accordo e decidere che cosa esattamente debba essere difeso da David Sling e che cosa da altri sistemi come l’Arrow ammettendo che non esistono garanzie di protezione al 100 per cento. Accanto alla sindrome da accerchiamento bisogna contare anche i costi di tale sistema a tre livelli: un missile David Sling è stimato attorno a un milione di dollari americani, 100.000 dollari per un intercettore dell’Iron Dome e 3 milioni per un missile Arrow di seconda e terza generazione e non sono ancora noti i costi di Arrow 4 circa il quale non è chiaro il raggio d’azione operativo.
Levy si mantiene vago rispetto al progetto affermando «stiamo appena lavorando per definire la prossima generazione di minacce. Lo sviluppo di tali sistemi richiede un preparazione che può durare anni, e il nostro prossimo obiettivo è quello di essere preparati alla futura minaccia». Pur non menzionando l’Iran, il riferimento appare piuttosto esplicito e del resto anche Arrow 3 era stato congeniato per far fronte agli arsenali balisitici della potenza sciita.
Il successo del sistema Arrow 3 “è un importante passo avanti per far diventare operativo uno dei più significativi progetti per Israele e la sua industria aerospaziale” aveva riferito l’amministratore delegato di Israeli Aerospace Industries (IAI) e le dichiarazioni iniziali su Arrow 4 sembrano ricalcare la stessa linea.
Tal Inbar, a capo Centro di ricerca aerospaziale all’interno dell’Institute for Air and Space Strategic Studies, è responsabile di monitorare accuratamente i discorsi politici, la “narrativa”, le immagini ed i nuovi trend strategici che provengono dall’Iran, e se possibile di anticiparli.
Il Ministro della Difesa iraniano Hosseign Dehghan circa un anno fa aveva parlato della necessità evadere i sistemi di difesa antimissilitici del nemico con missili balistici capaci di distruggere bersagli “massicci e multipli”, con un linguaggio che ricorda la narrativa della massive retaliation di dullesiana memoria.
Le fonti citate dalle autorità israeliane per indicare la crescente minaccia iraniana sono alquanto bizzarre: una recente illustrazione ufficiale di un artista conterrebbe l’immagine di un missile Sahab che rilascia munizioni nello spazio.
Per Inbar sarebbe dunque chiaro che l’Iran sta muovendo in una direzione minacciosa per Israele ed il prossimo passo logico è evidentemente il missile a testata multipla. Nel frattempo, si attende con trepidazione il test Caravan-3 pianificato per l’anno prossimo sull’isola di Kodiak, in Alaska. Il test è stato preparato assieme all’ Agenzia per la Difesa Missilistica del Pentagono e fa parte del programma a più largo spettro US-Israel Arrow System Improvement Program, che permetterà ad Israele di “validare” le sue capacità contro bersagli di lungo raggio.
Il Mare Mediterraneo è limitato per ragioni strategiche, politiche e di sicurezza ed anche a causa della portata del test è stato deciso di tenerlo in Alaska. L’ultima volta che Israele ha testato il sistema Arrow fuori dal territorio nazionale è stato nel 2009-2011, durante un test Caravan-2 a Point Mugu, in California. Sempre a Point Mugu un test Caravan-1 era stato completato nel 2004.
L’obiettivo è quello di testare la performance del nuovo sistema contro le possibili minacce balistiche in n contesto realistico e non limitato dalle restrizioni legate alla sicurezza che inficiano i i test effettuati sul territorio israeliano.
Qualunque sia l’esito di Arrow-4, la cooperazione tra Stati Uniti e Israele ne esce rafforzata. A settembre 2016, Stati Uniti ed Israele hanno siglato un nuovo programma di assistenza militare pari a 38 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. L’attuale memorandum, fissato a 3,1 miliardi di dollari l’anno, scadrà nel 2018 e costituisce più grande accordo di assistenza militare all’estero degli Stati Uniti.
All’indomani della firma del patto di cooperazione energetica e a pochi mesi dall’approvazione di due leggi per sviluppare programmi e prodotti congiunti legati alla cybersecurity, la cooperazione strategica Tel Aviv – Washington assume quindi una portata sempre più ampia. Specie dopo che il 18 settembre è stata inaugurata la prima base permanente statunitense in territorio israeliano, presso la Mashabim Air Base nel deserto del Negev dove sono presenti reparti della difesa aerea missilistica israeliana
Si tratta di un piccolo distaccamento militare di poche decine di uomini che operano con gli israeliani nella gestione dei sistemi di scoperta come il radar mobile AN/TPY-2, presente dal 2009 in Israele ed in grado di rilevare il lancio di missili balistici fino a oltre 5mila chilometri di distanza.
Un elemento che rende gli statunitensi protagonisti diretti della difesa aerea strategica di Israele
La base Usa, pur inserita all’interno dei quella israeliana, dipende direttamente dallo Us European Command (EuCom) e di fatto rappresenta l’ufficializzazione di una presenza statunitense già consolidata, non il potenziamento delle forze di Washington in Israele.
“L’obiettivo di questa presenza non sono le esercitazioni; si tratta piuttosto di una parte dello sforzo congiunto americano e israeliano a sostenere e rafforzare le capacità di difesa”, ha rimarcato John Gronski, vice comandante delle forze dell’Us Army in Europa.
Foto: Us Missile Defence Agency, IAI, Times of Israel, IDF e AP
Sigrid LipottVedi tutti gli articoli
Classe 1983, Master in Relazioni Internazionali e Dottorato di Ricerca in Transborder Policies IUIES, ha maturato una rilevante esperienza presso varie organizzazioni occupandosi di protezione internazionale delle minoranze, politica estera della UE e sicurezza internazionale. Assistente alla cattedra di Storia delle Relazioni Internazionali e Politica Internazionale presso l'Università di Trieste, ricercatrice post-dottorato presso il Centro di Studi Europei presso l'Università Svizzera di Friburgo, e junior member presso la Divisione Politica Europea di Vicinato al Servizio Europeo per l'Azione Esterna. Lavora attualmente presso Small Arms Survey a Ginevra come Ricercatrice Associata.