A caccia di aquiloni: il “kite terrorism” palestinese

Dal 30 marzo migliaia di palestinesi si sono ammassati al confine tra Gaza ed Israele per la cosiddetta “Marcia del Ritorno”; protesta organizzata da Hamas in memoria delle terre confiscate dagli israeliani. Nei tentativi di raggiungere gli insediamenti oltreconfine ci sono stati almeno 136 morti ed oltre 15.000 feriti tra i manifestanti.

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La tattica palestinese più azzeccata, nonché l’unica ad aver permesso loro di “valicare” la tanto odiata barriera è stata quella del Kite Terrorism.

Il lancio di aquiloni e palloncini incendiari per provocare danni in territorio israeliano si è rivelata una scelta quanto mai semplice ed economica, ma talmente efficace da tenere in scacco uno degli eserciti più avanzati al mondo. Tuttavia, se da una parte le tanto decantate contromisure israeliane hanno ottenuto successi solamente minimali, la vittoria psicologica che Hamas crede di aver ottenuto sul nemico non è poi così schiacciante. Insomma, un paio di qui pro quo stanno portando i contendenti ad un’escalation terrestre che entrambi vorrebbero evitare.

 

Il fenomeno

 Il Kite Terrorism o terrorismo degli aquiloni rappresenta una “branca” di quell’Arson Terrorism  –  piroterrorismo –  tanto caldeggiato da al-Qaeda ed ISIS nei loro proclami e riviste come Inspire, Dabiq e Rumiyha.

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Iniziato spontaneamente e su scala ridotta durante la terza settimana della “Marcia del Ritorno”, l’impiego di aquiloni incendiari ha via via acquisito una maggior diffusione durante le ultime settimane, sotto la direzione di Hamas. Oltre agli aquiloni sono stati impiegati palloncini riempiti di elio – a volte preservativi! –  a cui sono stati assicurati materiali e liquidi in fiamme o, addirittura, veri e propri IED. I palloncini costituiscono un vettore preferibile agli aquiloni riuscendo a penetrare maggiormente in territorio nemico: la massima distanza raggiunta è stata di 17 chilometri.

In 75 giorni consecutivi sono stati lanciati più di 800 tra aquiloni e palloncini, provocando circa 1000 incendi e mandando in fumo 8.200 acri di foreste e terreni agricoli. Una media approssimativa di 11 incendi al giorno con un picco di 25 raggiunto il 16 giugno.

Secondo le autorità israeliane sono stati spesi finora 550.000 dollari per domare gli incendi, mentre i danni ammonterebbero a 1.925.000 dollari. Il tutto condito dalla diffusione di un clima di terrore ed insicurezza tra le comunità a ridosso del confine.

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Questo a fronte di una fattibilità ed economicità disarmanti. Gli aquiloni, da sempre popolari ed intramontabili simboli di libertà a Gaza, vengono facilmente realizzati con imballaggi di plastica, legno e contenitori per carboni ardenti, cocktail Molotov od altre sostanze infiammabili, ad un costo unitario inferiore ai 3 dollari.

Il lancio di aquiloni è accompagnato da una forte propaganda mirata a terrorizzare gli israeliani e a glorificare gli appartenenti all’unità di lanciatori: la “al-Zouari “, in onore del tecnico aereonautico tunisino, Muhammad al-Zouari ucciso dal Mossad per aver sviluppato droni per Hamas ed Hezbollah.

Detta unità ha minacciato il lancio di ben 5.000 tra aquiloni e palloncini incendiari in occasione della festa di Eid al-Fitr, a fine Ramadan e qualora Israele non avesse tolto l’assedio a Gaza.

 

Il ruolo di Hamas

Hamas ed i palestinesi sono convinti di aver ottenuto una tale vittoria psicologica sugli israeliani da vederli, a breve, abbandonare letteralmente il Negev. Perciò, si è deciso di investire fondi ed impiegare i migliori uomini nel terrorismo degli aquiloni.

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Pur essendosi appropriato di questa forma di “resistenza popolare”, Hamas si è sempre mostrato cauto nel dichiararvisi apertamente coinvolto per evitare rappresaglie israeliane.

Esisterebbero comunque prove inequivocabili della partecipazione diretta di almeno 4 suoi operativi, scovati in foto e video su Facebook. L’ala militare di Hamas, dopo aver preparato in serie aquiloni e palloncini, li trasporterebbe con veicoli militari nei punti di lancio; in alcuni casi vere e proprie postazioni e punti di osservazione ufficiali presso il confine.

I lanci vengono programmati a livello centrale, diretti dal comandante militare di settore che decide quando e dove effettuarli; possibilmente di tipo multiplo per ottenere maggiori effetti fisici e propagandistici. In caso di rappresaglie israeliane, Hamas ha promesso pubblicamente di proteggere i lanciatori palestinesi con razzi e salve di mortaio.

 

Le risposte di Israele

Inizialmente Israele non rispondeva al Kite Terrorism, tuttavia, quando il numero di incendi e l’ammontare dei danni è cresciuto si è corsi ai ripari in vari modi. Il sistema maggiormente impiegato è un sensore elettrottico chiamato Sky Spotter.

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Sviluppato dalla Rafael Advanced Defense Systems inizialmente per i droni, è stato schierato al confine con Gaza per individuare quei bersagli come palloni ed aquiloni che, per dimensioni particolarmente ridotte, non vengono solitamente individuati dai radar. Una volta identificato un oggetto volante infuocato, Sky Spotter ne individua il punto di lancio, lo traccia mentre è in volo e ne determina traiettoria e punto di caduta. Gli operatori indirizzano quindi i droni per abbatterli ed allertano tempestivamente i vigili del fuoco.

Attualmente i droni-intercettori vengono pilotati da personale militare o civile a terra, ma ben presto Sky Spotter disporrà di una funzione di controllo per inviarli direttamente ed automaticamente sulla minaccia.

Per l’abbattimento vengono utilizzate essenzialmente due tipologie di droni: una più piccola e robusta dotata di lame affilate per speronarli, oppure un’altra di dimensioni maggiori, dotata di un artiglio per afferrarli e portarli a terra.

A pilotarli, per la prima volta, sono stati chiamati hobbisti e professionisti del mondo civile. Inquadrati in unità del Genio, utilizzano potenti sistemi di controllo remoto ed occhiali da realtà virtuale per condurli in inseguimenti ad alta velocità.

Raffinatezze tecnologiche a parte, l’Aeronautica israeliana ha compiuto una serie di attacchi di avvertimento, sia contro i civili impegnati nel lancio di aquiloni che infrastrutture di Hamas. In particolare è stato colpito il veicolo del leader dell’unità di aquiloni.

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L’automobile era vuota, così come gli altri raid non hanno causato vittime, ma gli avvertimenti hanno sicuramente dimostrato la disponibilità dello Stato ebraico ad un’escalation militare per porre fine alla minaccia.

Sul fronte legislativo il primo ministro Netanyahu ha disposto la decurtazione di parte dei fondi destinati all’Autorità Palestinese per risarcire i cittadini che hanno subito danni. Fondi per decine di milioni di dollari che, secondo un accordo economico del 1994, provengono da dazi doganali riscossi annualmente su merci destinate ai mercati palestinesi e transitanti in porti israeliani.

A livello diplomatico, attraverso mediatori egiziani e l’inviato ONU, Nickolay Mladenov, Israele ha proposto benefits economici immediati ed il miglioramento delle forniture idriche ed elettriche alla Striscia di Gaza, nonché la propria intercessione affinché il presidente Trump versi gli aiuti economici tagliati, qualora venga immediatamente interrotto il terrorismo degli aquiloni.

Una curiosa e brancaleonica reazione è stata quella di tre cittadini israeliani fermati dalla polizia per aver tentato di lanciare un aquilone infuocato nella Striscia di Gaza. L’aquilone, caduto sul lato israeliano del confine provocando un piccolo incendio, doveva apparire in un video motivazionale dedicato a coloro che hanno sofferto a causa del Kite Terrorism.

 

Qualche considerazione

 Il terrorismo degli aquiloni e palloncini, così come il piroterrorismo, non è una novità. Durante la Seconda Guerra Mondiale i giapponesi hanno lanciato ben 9.000 palloni aerostatici incendiari contro gli Stati Uniti: danni diretti e vittime sono stati molto contenuti, ma incalcolabile è risultato l’impatto psicologico ed il dispiegamento di risorse economico-militari per il contrasto.

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Relativamente “all’intifada incendiaria” palestinese troviamo tracce già all’inizio del XX secolo (anni 20, 30 e 40) con una maggior diffusione durante la Prima Intifada (anni 80). Secondo l’International Forest Fire News (IFFN), tra il 1988 ed il 1991 gli incendi in Israele sarebbero aumentati di oltre il 30% a causa di una recrudescenza del dolo politicamente motivato. Durante la Guerra del Libano (estate 2006) Hezbollah ha condotto operazioni di piroterrorismo lanciando razzi Katyusha sulle foreste della Galilea per esaurire – congiuntamente ad azioni di guerriglia – le risorse di Israele.

Altri attacchi incendiari sono stati condotti ripetutamente dal 2009 al 2015, raggiungendo l’apice con l’incendio del Monte Carmelo nel 2010 (44 morti). I 1.773 incendi che hanno martoriato Israele a fine novembre 2016, dolosi o meno, hanno ridotto in cenere 600 abitazioni, circa 40.000 acri tra aree protette e foreste, causato danni per 250 milioni di euro, 75.000 sfollati, 180 feriti ed impegnato nei soccorsi 3.200 tra vigili del fuoco, poliziotti e militari. Grandi e costose mobilitazioni che, come indicato nella strategia delle “mille ferite” di Bin Laden, possono “dissanguare” economicamente e psicologicamente l’Occidente – Israele, in questo caso – senza bisogno di particolari preparativi, equipaggiamenti od investimenti esorbitanti.

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Per quanto riguarda il Kite Terrorism, esso ha creato scompiglio e divisioni nella politica israeliana. Da una parte le autorità hanno parlato di successo delle contromisure adottate, con almeno 500 tra aquiloni e palloncini abbattuti grazie ad operatori in grado di intercettarli in 40 secondi, con percentuali di riuscita fino al 90%. Dall’altra invece, emittente televisiva Kan in primis, c’è chi parla di percentuali di successo nettamente inferiori ed operazioni di contrasto fallimentari.

Alcune figure istituzionali, tra cui lo stesso ministro della pubblica sicurezza Gilad Erdan, insistono per un cambio di politica. Erdan ha chiesto infatti di trattare i civili che lanciano gli aquiloni alla stessa stregua dei terroristi, trasformandoli in bersagli legittimi.

Ad opporsi le Forze Armate, ben consapevoli del fatto che molti di quei civili sono ragazzini e che, spesso, gli aquiloni vengono lanciati dai tetti di abitazioni. Bombardandoli, non solo si attirerebbero le critiche della comunità internazionale già furente per le vittime della “Marcia del Ritorno”, ma si rischierebbe un’ulteriore escalation di violenza tale da render necessario un ampio intervento di terra a Gaza. Perciò, i militari hanno definito quella degli aquiloni una minaccia non seria né così immediata da richiedere l’impiego della forza letale.

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Tuttavia, da quando a maggio un aquilone è stato ritrovato nei pressi del kibbutz di Nahal Oz con quello che è sembrato un ordigno esplosivo improvvisato, sempre più aquiloni sono stati caricati con detonatori, timer, cellulari ed altri componenti elettronici. Secondo gli israeliani questi sarebbero dei test per raggiungere, a breve, un preoccupante step evolutivo: da Molotov a bombe volanti!

Sulla decurtazione dei risarcimenti dai fondi devoluti ai palestinesi i critici sostengono si tratti di un provvedimento inutile ai fini della deterrenza in quanto, essendo destinati all’ Autorità Palestinese, essi non andrebbero a colpire il lancio di aquiloni sotto responsabilità di Hamas che dal 2007 controlla la Striscia di Gaza.

Nel frattempo le forze armate israeliane stanno collaborando con diversi contractors della difesa e professionisti di vari settori del mondo civile all’individuazione di una soluzione definitiva.

A fine giugno una community tecnologica si è riunita in un hackathon; evento a cui hanno partecipato più di 250 tra esperti di sicurezza, programmatori, ingegneri, piloti di droni e perfino addestratori di uccelli pronti a schierare volatili per intercettare gli aquiloni. Né Israele né Hamas vogliono un’altra operazione terrestre a Gaza.

Palestinians prepare kites as they stage a demonstration to protest Israeli violations against Palestinians, within the "Great March of Return" near Gaza-Israel border in Khan Yunis, Gaza on May 04, 2018. Photo by Abed Rahim Khatib/ Flash90 *** Local Caption *** ???????? ????? ???? ????? ???? ??? ??????? ?????? ???????? ??? ????? ??? ??? ?????

Hamas sa che verrebbe sconfitto militarmente e che perderebbe il controllo della Striscia di Gaza; Israele invece teme l’ennesima “vittoria di Pirro” con la malaugurata possibilità di dover restare ad amministrare Gaza in caso di collasso di Hamas. Tuttavia l’errata convinzione di Hamas di aver ottenuto una determinante vittoria psicologica sui civili israeliani grazie a palloncini ed aquiloni, rischia di provocare l’escalation.

Secondo il giornalista Ron Ben-Yishai, Israele deve far capire che la realtà è diversa: la popolazione non è così terrorizzata, gli attacchi stanno diminuendo grazie alle contromisure adottate e i danni effettivamente arrecati si sono rivelati ben inferiori rispetto alle stime. Una volta che Hamas avrà capito la situazione, continua Ben-Yishai, allora abbandonerà il Kite Terrorism come ha fatto recentemente con i tunnel per infiltrare operativi nel deserto del Negev. Questa potrebbe esser la soluzione definitiva in grado di scongiurare l’ennesimo ingresso di truppe israeliane a Gaza. Un successo per gli israeliani quindi, ma anche per i palestinesi!

Foto: AP, AFP, The Jewish Express, Times of Israel, Flash 90,

 

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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