Contrordine in Afghanistan: Trump a sorpresa interrompe i negoziati coi Talebani

Gli Stati Uniti hanno deciso ieri di interrompere i negoziati di pace con i talebani alla vigilia del vertice che si sarebbe dovuto tenere a Camp David per suggellare un accordo di pace in Afghanistan.

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A pochi giorni dal 18mo anniversario delle stragi dell’11 settembre negli Stati Uniti (circa 3mila morti) un tweet di Donald Trump ha reso noto lo stop alle trattative motivandolo con la recrudescenza degli attentati e degli attacchi militari condotti in diverse aree dell’Afghanistan dai Talebani e che hanno provocato 12 morti, incluso un soldato americano.

“Che razza di gente può uccidere così tante persone per tentare di avere più potere negoziale? Così hanno solo peggiorato le cose!”, ha lamentato Trump.

La motivazione però non regge perchè i Talebani hanno sempre abbinato i colloqui di Doha (Qatar) con forti pressioni militari nelle aree più esposte dove i governativi sono più deboli e con azioni terroristiche incentrate a Kabul provocando in passato un numero di morti ben maggiore che negli ultimi giorni.

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Washington ha richiamato l’inviato speciale per l’Afghanistan, Zalmay Khalizad, che aveva seguito le ultime trattative dopo ben nove tornate negoziali. Come ha rivelato lui stesso nel tweet, Trump ha annullato anche il vertice che aveva convocato segretamente a Camp David, la residenza presidenziale del Maryland già teatro di accordi di pace per il Medio Oriente, invitando i leader Talebani e il presidente afghano Ashraf Ghani.

Trump li avrebbe ricevuti separatamente, ma puntava poi a farli incontrare alla sua presenza.

A quanto sembra Trump ha dovuto cedere agli inviti alla cautela formulati dal segretario di Stato, Mike Pompeo, dal Pentagono e dal governo afghano del presidente Ghani che lamenta da tempo di essere stato escluso dai negoziati.

Afghan security personnel prepare for a operation against Taliban militants in Kunduz province on April 18, 2016. Afghan security forces drove Taliban fighters back from Kunduz city, officials said, as the insurgents began the 2016 fighting season by targeting the northeastern provincial capital they briefly captured last year. / AFP PHOTO / NASIR WAQIF

La bozza di intesa prevedeva il graduale ritiro delle truppe Usa dal Paese entro 16 mesi, quindi subito prima delle presidenziali del 2020. I primi 5.000/5.400 militari statunitensi sarebbero stati rimpatriati entro 135 giorni dalla firma dell’accordo e il ritiro totale delle truppe Usa e alleate era previsto entro 16 mesi.

“Il presidente Trump ha fatto bene”, ha commentato il portavoce del presidente afghano, “ora i talebani devono trattare direttamente col governo afghano, anche se per adesso non ci sono le condizioni”.

Pompeo ha spiegato che gli Usa continueranno a premere sui talebani per ottenere impegni significativi, fornendo nel contempo assistenza militare alle forze armate di Kabul.

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La reazione dei talebani è stata minacciosa: “Gli Usa pagheranno il prezzo più alto per questo”, ha detto il portavoce Zabiullah Mujahid, senza escludere che i colloqui con gli Usa possano riprendere anche se su ogni ipotesi di accordo grava l’incognita del riconoscimento reciproco tra il governo afghano e i Talebani.

Secondo l’agenzia Ansa alcuni osservatori sottolineano che anche molti Talebani abbiano accolto con un sospiro di sollievo la cancellazione del meeting di Camp David: per loro partecipare a un incontro alla presenza di Ghani – considerato a capo di un governo fantoccio degli USA – sarebbe stato un suicidio politico.

Il 6 settembre il generale David Petraeus, ex direttore della Cia e già comandante delle truppe Usa e alleate in Afghanistan, intervistato al Forum Ambrosetti aveva espresso critiche nei confronti del ritiro statunitense dall’Afghanistan.

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“Mi preoccupa. Siamo andati in Afghanistan per una ragione precisa: grazie ai talebani il paese era diventato il santuario, il rifugio dal quale al-Qaeda ha preparato gli attacchi delll’11/9. E ci siamo rimasti per impedire a loro o allo Stato islamico di mantenere quel rifugio. Adesso l’ultima cosa che vorremmo è dare di nuovo a qualcuno questa possibilità”.

Circa l’accordo con i Talebani il generale Petraeus ha ribadito che “servono delle salvaguardie e un periodo per confermare che i talebani abbiano la capacità e la volontà di mantenere la parola data. Personalmente ne dubito.

Un nostro ritiro parziale dovrebbe comunque mantenere una capacità militare di supporto aereo, antiterrorismo, intelligence, evacuazioni sanitarie. Vediamo come si evolve ma nutro preoccupazioni circa la reale volontà dei talebani di onorare la Costituzione democratica dell’Afghanistan e di lasciare che le donne abbiano una propria vita o che le ragazze studino”.

Foto US DoD, Operation Resolute Support e AFP

 

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