Parigi nega le imbarcazioni promesse a Tripoli e si schiera con Ong e trafficanti

La Francia ha rinunciato alla fornitura di 6 gommoni a scafo semi rigido Sillinger alla Guardia Costiera libica, gommoni militari da 12 metri che avrebbero dovuto venire consegnati in tre lotti alla Marina francese a Tolone, tra maggio e novembre di quest’anno per poi venire consegnati alla Libia.

La decisione non è stata presa alla luce dell’embargo ONU ancora vigente (ma solo a chiacchiere) per le forniture militari alla Libia né degli scontri in atto tra le milizie fedeli al GNA e le forze dell’Esercito Nazionale Libico (LNA) del feldmaresciallo Khalifa Haftar, scontri che peraltro non hanno mai avito una dimensione navale ma solo aerea e terrestre.

Parigi ha invece rinunciato alla fornitura annunciata nel febbraio scorso dal ministro Florence Parly in un incontro con il premier libico Fayez al-Sarraj, sull’onda delle crescenti pressioni del mondo delle Ong, in testa Medici senza Frontiere (MSF).

“La situazione in Libia non consente di realizzare questo dono di imbarcazioni”, ha reso noto il ministero della Difesa francese, confermando indiscrezioni di stampa trapelate in precedente. MSF si era rivolta alla giustizia per contestare la fornitura.

“Nel quadro del ricorso presentato dalle nostre associazioni davanti alla corte amministrativa d’appello di Parigi – si legge in una nota diffusa dalla Ong francese – il ministro Florence Parly, ha appena annunciato di rinunciare alla consegna di sei imbarcazioni alla Guardia Costiera libica, consegna che contestavamo. Ci rallegriamo della rinuncia questa iniziativa che avrebbe fatto della Francia la complice ufficiale dei crimini perpetrati su migranti e rifugiati in Libia”.

La decisione di Parigi è paradossale per almeno due ragioni: innanzitutto perché lascia ancora una volta sola l’Italia, di fatto unico paese a fornire motovedette, denaro, addestramento e supporto alla Guardia Costiera libica e poi perché sconfessa l’impegno sostenuto a parole da tutti i partner Ue a sostenere le autorità e le forze costiere di Tripoli per fermare l’immigrazione illegale e ostacolare i traffici di esseri umani gestiti dalle organizzazioni criminali.

Inoltre Parigi partecipa ufficialmente agli sforzi della Ue per addestrare la Guardia Costiera libica, benchè anche questo compito ricada per la quasi totalità sull’Italia.

La decisione del governo francese, al di là delle pressioni di MSF e delle Ong (peraltro finanziate anche da istituzioni francesi per raccogliere immigrati illegali in mare e sbarcarli in Italia) ha un profondo significato politico.

Dimostra al di là di ogni dubbio quanto vane sia le dichiarazioni di sostegno all’Italia e di contrasto all’immigrazione illegale da parte della Francia poiché è evidente che solo rafforzando e legittimando la Guardia Costiera libica si possono contrastare i trafficanti e ridurre o impedire i flussi clandestini verso l’Italia.

Negare tali aiuti, peraltro promessi, a Tripoli significa aiutare i trafficanti e le Ong, le quali hanno evidenti interessi in comune. La rinuncia a fornire le unità navali dimostra anche quanto sia assurda la pretesa del governo italiano di contare sul supporto francese e degli altri partner Ue per la gestione (e il contrasto?) dell’immigrazione illegale.

Non è un caso che i clandestini sbarcati in Italia quest’anno siano già saliti a 11.097, raddoppiati rispetto a quanti arrivarono nei primi 8 mesi dell’anno con il precedente esecutivo, in appena tre mesi di governo Conte 2 che ha riaperto i porti alle navi delle Ong e alla co-gestione con la Ue degli sbarchi.

Del resto quanto l’attuale esecutivo abbia un’influenza sui partner e alleati circa lo scenario libico è apparso chiaro a tutti al recente summit NATO di Londra che ha dedicato un briefing alla crisi libica a cui hanno partecipato Francia, Regno Unito, Germania e Turchia ma non l’Italia. Non invitata, non pervenuta e che probabilmente non ha neppure protestato per questa esclusione a conferma della sua evidente irrilevanza.

@GianandreaGaian

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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