Barrett, lanciagranate e blindati nella guerra ai narcos in Messico

Dall’assedio di Culiacán per la liberazione di Ovidio Guzmán López, figlio de El Chapo ai video delle “forze speciali” del Cártel de Jalisco Nueva Generación – CJNG – passando per l’agguato al capo della Polizia di Città del Messico, Omar García Harfuch. Da un anno a questa parte i baroni della droga messicani hanno dimostrato una particolare impudenza, attaccando forze di sicurezza ed alti funzionari statali anche in zone ritenute più sicure, come la capitale.

Episodi crescenti, sia in numero che spregiudicatezza, grazie ad un traffico illegale sempre più consistente di armamenti dagli Stati Uniti che include fucili anti-materiali Barrett M-82, mitragliatrici pesanti Browning M-2, lanciarazzi e, addirittura mitragliatrici a canne rotanti M-134 Minigun. Armi di esclusivo appannaggio dei militari con le quali i narcos riescono a tenere testa alle autorità messicane e a minacciarne i principali esponenti.

Oltre alla narco-guerra che si protrae ormai da anni, infatti si è innescata una vera e propria partita a scacchi tra chi è intenzionato ad eliminare scomodi funzionari governativi con armi all’ultimo grido e chi cerca, invece di proteggerli investendo in veicoli blindati.

Un settore quest’ultimo che in Messico sta raggiungendo considerevoli livelli qualitativi e di crescita grazie alla diffusa insicurezza.

 

Narcos sempre più spregiudicati

Il 17 ottobre 2019, dopo che una quarantina di uomini del GAIN – Grupo de Análisis de Información del Narcotráfico – e della Guardia Nazionale messicana hanno catturato il figlio de El Chapo Guzmán, ex patrón del Cártel de Sinaloa ora in carcere negli Stati Uniti, nella città di Culiacán si è scatenato l’inferno. In soccorso di Ovidio Guzmán López, detto El Ratón, sono accorsi più di 700 uomini da ogni parte dello stato di Sinaloa.

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Con tanto di fucili Barrett M-82 e mitragliatrici M-2 montate su camion hanno assediato l’edificio in cui erano asserragliate le forze dell’ordine con El Ratón, mentre altri hanno messo a ferro e fuoco città e dintorni. Hanno incendiato veicoli di civili, eretto barricate, attaccato strutture militari, preso in ostaggio una ventina di soldati ed attaccato abitazioni di loro famigliari. Altri ancora hanno assaltato la prigione di Aguarto, liberando 50 detenuti.

Ulteriori attacchi erano previsti direttamente contro i civili ed altri centri abitati quali Durango, Sonora e Chihuahua. Addirittura, avrebbero cercato di corrompere il comandante del gruppo d’intervento con 3 milioni di dollari.

Isolate, in inferiorità numerica ed in attesa di ordini dalle alte sfere titubanti, le forze di sicurezza in prima linea erano sul punto di capitolare. Dopo 4 ore e 47 minuti di assedio, alle 18:49 l’operazione è stata cancellata e poco dopo, su ordine del presidente Andrés Manuel López Obrador, El Ratón è stato liberato. Le violenze sono così terminate con un bilancio di 8 morti e 19 feriti.

Qualche mese più tardi è il Cártel de Jalisco Nueva Generación che è tornato a far parlare di sé! Alle 06:35 dello scorso 26 giugno il segretario per la sicurezza cittadina (SSC) di Città del Messico, Omar García Harfuch ha subito un pesante attacco a Lomas de Chapultepec, esclusivo quartiere di Città del Messico.

Dopo che un camion ha bloccato la strada al veicolo dell’alto funzionario che si stava recando al lavoro, i sicari posizionati nel cassone hanno aperto il fuoco con dei Barrett M-82; al parabrezza e al motore per impedirne manovre evasive. Da un SUV posizionatosi posteriormente a quello di Harfuch sono scese due squadre di fuoco che hanno sparato contro le fiancate.

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Due minuti e 10 secondi d’inferno in cui sono stati sparati più di 400 proiettili, uccidendo l’autista, il caposcorta ed una passante. García Harfuch, ferito da proiettili e schegge ad una spalla, clavicola e ginocchio, è riuscito comunque a coordinare via radio il proprio MEDEVAC. Nell’attacco coordinato, che prevedeva altre due killing zone, in caso di deviazioni di percorso del bersaglio, hanno preso parte una trentina di uomini – 19 finora gli arrestati – con 13 veicoli, un lanciagranate, 34 armi a canna lunga (tra cui 5 Barrett), 8 a canna corta, 7 granate a frammentazione, 51 molotov, 39 giubbetti tattici, 96 caricatori e 2.805 proiettili.

A metà luglio, poi sono stati postati sui social due filmati in cui si passava in rassegna una colonna di veicoli e uomini del Cártel de Jalisco Nueva Generación, in assetto da combattimento: circa 75 elementi con abbigliamento tattico, 19 veicoli (12 dei quali blindati artigianalmente) e circa un’ottantina di armi tra cui mitragliatrici calibro .50, 10 fucili Barrett, 54 fucili d’assalto, sei lanciagranate ecc. Secondo gli inquirenti i video sarebbero stati girati per festeggiare il compleanno del boss del cartello, Nemesio Oseguera Cervantes detto El Mencho, così come per intimorire i cartelli rivali.

 

Gli arsenali dei narcos

Nonostante il Messico sia uno dei Paesi dalle normative più stringenti in materia, ciò che non manca ai suoi cartelli della droga sono armamenti, potenti e all’avanguardia. Dagli Stati Uniti, infatti arriva un flusso di armi sempre crescente, una forma di contrabbando inverso e meno noto rispetto a quella di migranti e droga, ma comunque dal valore di centinaia di milioni di dollari e dall’estremo effetto destabilizzante.

Nel Paese le armi arrivano attraverso il tráfico hormiga (traffico formica); un meccanismo che si avvale di centinaia di straw buyers o compradores de paja – prestanome – che le acquistano individualmente e legalmente nelle armerie statunitensi a ridosso del confine per conto di altri e dietro compenso (100 dollari per una confezione di 50 proiettili e fino a 2.000 per un fucile semiautomatico).

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Si tratta di cittadini americani, generalmente latinos, incensurati che acquistano anche fino a 10 armi ciascuno, articoli che poi custodiscono presso le proprie abitazioni per un certo periodo di tempo in caso di eventuali controlli.

In 8 mesi, tra il 2017 e il 2018, Michael Huynh e la fidanzata Katie O’Brien hanno acquistato in negozi di armi e banchi dei pegni di Tucson, Arizona abbastanza armi per un piccolo esercito: 16 fucili d’assalto AK e tre fucili calibro .50. Un arsenale – costato loro 30.000 dollari e successivamente 5 anni di carcere – che hanno ceduto al loro pusher in cambio di denaro e droga. A sua volta lo spacciatore ha inviato le armi ad un gruppo di trafficanti in Messico.

E ancora, nel 2008 l’ex agente dell’FBI di El Paso, John Shipley è stato trovato in possesso di 17 armi da fuoco tra cui 2 Barrett, più di 2.800 munizioni, un silenziatore e 7.300 dollari in contanti.

Negli anni Shipley ha comprato almeno 54 armi da fuoco e le ha rivendute su internet, guadagnando 118.000 dollari. Armi utilizzate poi nelle battaglie tra narcos.

Sebbene i prestanome non siano affiliati ad alcun gruppo criminale, esiste comunque una struttura centralizzata di fornitura, con una forte partecipazione dei cartelli messicani. Una volta acquistate e trascorso un certo periodo di tempo, le armi vengo prese in consegna da altri soggetti che le smontano per il trasferimento in Messico. I loro pezzi vengono occultati tra merci o componenti elettronici vari caricati su dei veicoli oppure in loro scompartimenti nascosti, doppifondi, coppe dell’olio, serbatoi, collettori ecc.

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Con questo sistema vengono introdotti in Messico almeno 700-800 armi al giorno; oltre 250.000 all’anno. I veicoli, infatti attraversano le dogane messicane senza problemi; i confini sono assolutamente permeabili per la mancanza di personale ed attrezzature, ma anche per la corruzione dei funzionari o le minacce che ricevono.

Nonostante ciò, la maggioranza dei sequestri di armi viene effettuata ancora dalle autorità messicane; quelle americane, infatti controllano raramente e con scarsa attenzione i veicoli in uscita dal Paese, preoccupandosi più dei flussi e traffici di droga in ingresso. Nel 2017 gli americani hanno segnato il record di sequestri al confine: 242 armi illegali in un anno. Un quantitativo pari, se non inferiore ai sequestri effettuati dai poliziotti messicani in un giorno!

Tra il 2013 ed il 2018 in Messico sono state sequestrate 67.295 armi da fuoco; una media di 11.216 all’anno. Il 51,1% di queste erano pistole, 13,6% revolver, 27,4% fucili, 5,4% fucili a pompa e 2,5% una combinazione di mitragliatrici, lanciatori di lacrimogeni, razzi di segnalazione ed altri equipaggiamenti di tipo militare.

Le armi entrano in Messico anche grazie ai tunnel che scorrono sotto il confine, percorrendo a ritroso le rotte della droga e dell’immigrazione illegale.

Per quanto riguarda la loro produzione e provenienza, circa il 90% giungerebbe dagli Stati Uniti; prodotte in loco o importate legalmente. Una percentuale che, tuttavia, scenderebbe più realisticamente ad un 60-70%. Alcune, infatti sono prodotte in Messico oppure arrivano da altri Paesi latinoamericani (Nicaragua, Colombia e Guatemala) oppure da Russia, Pakistan, Cina.

Un ruolo importante viene giocato anche dai Paesi dell’Unione Europea (Italia, Spagna, Belgio e Romania) a cui si attribuirebbe circa 1/3 dei 2 milioni di armi da fuoco contrabbandate nel Paese negli ultimi dieci anni.

Nel solo 2018 dall’UE sono state esportate in Messico armi per 105 milioni di euro. Esportazioni legali, ma la cui mancanza di seri controlli sui clienti finali permettono loro di finire in mani sbagliate. Questo anche a causa della corruzione delle forze dell’ordine che nel 2018 hanno ammesso di aver perso o subito il furto di circa 5.000 armi da fuoco nei 5 anni precedenti.

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Le armi che non finiscono direttamente ai cartelli, vanno ad alimentare il mercato nero; in particolare quello di Tepito, Città del Messico ritenuto il più grande del Paese, in cui si può trovare qualunque tipo di arma ed equipaggiamento che può servire ad un piccolo esercito.

Quando si parla degli arsenali dei narcos, oltre a tutta una serie di pistole e fucili d’assalto, ciò che risulta oltremodo preoccupante, soprattutto in questi ultimi mesi sono essenzialmente tre tipologie d’arma: fucili anti-materiale Barrett M-82, mitragliatrici Browning M-2 e Minigun M-134.

Il Barrett M-82 è un fucile anti-materiale di precisione calibro .50 (12,7 mm), utilizzato dalle forze armate di diversi Paesi per colpire stazioni radar, camion, aerei ed elicotteri al suolo, ma anche soldati a lunga distanza o dietro dei ripari. Oltre all’attentato a Omar García Harfuch, all’assedio di Culiacán e ai video di CJNG, nel settembre 2016 è stato utilizzato da uomini de Los Caballeros Templarios per abbattere un elicottero della polizia a Cupuán del Rìo, Michoacan. Il velivolo, avvolto dalle fiamme, è precipitato provocando la morte del pilota e di tre agenti.

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I Barrett sono molto apprezzati e ricercati dai cartelli della droga messicani per precisione e capacità di penetrare veicoli ed obiettivi di una certa consistenza. Tra il 2010 e il 2018 l’Esercito messicano ha recuperato 554 fucili calibro .50. José Hernández e complici, cittadini americani comuni, nei primi due mesi dell’anno sono riusciti ad ottenere almeno sei Barrett da inviare oltre confine, senza particolari problemi.

Questi, infatti sono venduti legalmente in 47 dei 50 Stati degli Stati Uniti, tra cui Texas e Arizona; in alcuni casi si possono ritirare immediatamente all’acquisto.

Discorso differente per la Browning M-2. Diversamente dai fucili d’assalto perfettamente legali, negli Stati Uniti le mitragliatrici non sono concesse ai civili, perlomeno senza una licenza federale. Chiamata “la madre di tutte le mitragliatrici”, la Browning spara lo stesso proiettile del Barrett, ha un tiro utile di 1800 m ed una cadenza di 550 colpi al minuto. Con i suoi 40 kg di peso – 60 con treppiede – ha fatto bella mostra di sé nel video delle “forze speciali” de El Mencho montata sui blindati oppure sul pianale del camion bianco nelle strade di Culiacán, mentre si cercava di liberare Ovidio Guzmán López.

Ancora più impressionante pensare ad un M134 Minigun nelle mani dei narcos! Mitragliatrice a sei canne rotanti azionata da un motore elettrico, il Minigun viene solitamente montato ai portelloni degli elicotteri per difesa e per supportare le truppe di terra con fuoco di saturazione. Con l’elevata cadenza di fuoco di 3.000 colpi al minuto (50 al secondo), spara proiettili 7,62×51 mm NATO e viene alimentata con nastri fino a 10.000 colpi. E’ prodotta esclusivamente da due società di Scottsdale, Arizona: Garwood Industries, che li fornisce alle Forze Armate americane e dei Paesi NATO e Dillon Aero, invece all’Esercito messicano.

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Dopo che nel febbraio del 2017 i Marines messicani hanno utilizzato degli M-134 montati su di un elicottero Black Hawk per eliminare il boss del Cartello di Beltrán Leyva, Juan Francisco Patrón Sánchez ed 11 suoi sicari, il Cartello del Golfo si è attivato per ottenere i suoi esemplari. Nel 2018 due cittadini americani – un ex veterano del Vietnam costruttore di armi e  Tracy Garwood, proprietario della Garwood Industries – sono stati indagati per aver realizzato e venduto clandestinamente 4 Minigun ad almeno 240.000 dollari al pezzo. Tre di questi sarebbero finiti nelle mani di altrettanti cartelli, ma nessuno li ha ancora utilizzati.

Nelle armerie dei narcos figurano, infine anche tutta una serie di lanciarazzi e lanciagranate. Tra questi gli RPG che si è soliti vedere in qualche conflitto mediorientale o impiegati dai somali per abbattere elicotteri in Black Hawk Down. E proprio come nel film di Ridley Scott, nel 2015 uomini del CJNG sono riusciti – per la prima volta – ad abbattere un velivolo delle autorità: un elicottero   Cougar Mat 1009 della Fuerza Aérea Mexicana, uccidendo 9 tra militari e .poliziotti

 

Veicoli blindati

 Il segretario García Harfuch ha potuto sopravvivere allo spaventoso agguato del 26 giugno grazie alla sua scorta e al Chevrolet Suburban blindato su cui viaggiava. Un veicolo recentemente consegnato, con un livello di blindatura superiore rispetto al precedente dopo che l’intelligence messicana aveva lanciato l’allarme su possibili attentati contro di lui, il cancelliere Marcelo Ebrard ed il titolare dell’Unità di Intelligence Finanziaria, Santiago Nieto.

Allestito dalla società Abate Autos Blindados il Suburban presentava un livello di blindatura 5 Plus (o BR7) in grado di fermare proiettili sparati da fucili d’assalto fino al calibro 7,62.

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Presso la sopraccitata società ogni mese vengono smontati una ventina di veicoli per rinforzarne separatamente alcune parti e poi rimontati. Vengono inseriti pannelli di acciaio balistico – tra cui Armor 550 da 6,5 mm – nelle portiere, tetto, bagagliaio, serbatoio del carburante, tra vano motore ed abitacolo. Viene iniettata una ceramica balistica nei piloni e telai delle portiere e dell’abitacolo. Si montano anche cristalli da 42 mm di spessore, rinforzati con una decina di strati di policarbonato

Una blindatura del peso approssimativo di una tonnellata ed un costo tra i 94.000-117.000 dollari, veicolo escluso.

Nonostante ciò, alcuni proiettili sono riusciti comunque a penetrare nell’abitacolo, uccidendo i due uomini della scorta e ferendo Harfuch. Questo perché, secondo l’Ing. José Ramón Abraham, proprietario della Abate, l’elevato numero di colpi che ha raggiunto il Suburban ha superato abbondantemente il punto di fatica dei materiali. Per quanto riguarda i fucili Barrett, poi non è ancora stato chiarito se siano stati effettivamente utilizzati o meno.

La tipologia di blindatura, sempre secondo l’Ing. Abraham, non avrebbe potuto resistere; tuttavia non si può escludere che particolari angoli di tiro, la distanza, la carica della polvere da sparo dei proiettili o altre variabili, il veicolo abbia comunque potuto sopportare uno o due colpi da .50. Alla Abate si dicono comunque soddisfatti dei risultati.

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Il settore dei veicoli blindati in Messico, esistente nel Paese dal 1973 per le forze di polizia e dal 1995 anche per i privati, ha costantemente mostrato interessanti percentuali di crescita. Nel 2018, conseguentemente al record negativo di quasi 30.000 omicidi nel 2017, l’aumento è stato del 23%, superando il precedente primato di produzione del 2012. Per il 2020 ci si attendeva una crescita dell’11%, simile a quella del 2019. L’inizio anno è stato, infatti promettente; con il lockdown, poi vi è stata una battuta d’arresto che porterà ad una riduzione di circa il 2-3%.

Nel Paese esistono almeno una cinquantina di società certificate che allestiscono tra i 3.000 e 3.600 veicoli all’anno. Di questi, circa l’80% viene utilizzato dai privati, mentre il restante 20% dal settore pubblico.

I modelli più diffusi sono ottenuti da Jeep Grand Cherokee, Chevrolet Suburban o Tahoe dotati di potenti motori V6 o V8. Il livello di blindatura più richiesto è il 3 – con piastre di acciaio di 3 mm di spessore e cristalli di 21 mm – che protegge dalle armi corte comunemente utilizzate nelle rapine. La sua crescente popolarità negli ultimi 6-7 anni (dal 43 al 76%) è stata accompagnata da una minore richiesta, invece di altri livelli più elevati come il 5 (dal 35% al 7%). Un incremento dovuto al crescente livello d’insicurezza effettiva e percepita soprattutto da piccoli imprenditori o dirigenti d’azienda, più preoccupati da rapine e rapimenti.

In seguito all’attentato ad Harfuch e alla diffusione di armamenti sempre più potenti, nonostante la politica di austerità, ci si attende una maggior richiesta governativa, ma anche di nuovi clienti privati; nonché una migrazione di quelli già consolidati verso livelli di protezione superiori.

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E’ di fine agosto la notizia che le autorità federali hanno stanziato circa 2 milioni di dollari per l’acquisto di 7 veicoli blindati con livello di protezione 7 Plus per l’incolumità di propri alti funzionari. Si tratterebbe di 7 SUV con motori da 8 cilindri, 4×4 che verranno blindati in un secondo momento ed utilizzati principalmente nella zona di Città del Messico.

Per ottenere un veicolo blindato, oggi in Messico ci sono vari modi. Il primo è quello di acquistarlo dalle principali case automobilistiche come Mercedes, BMW, Audi, Jaguar e Land Rover che hanno già sviluppato da tempo le loro proposte e le producono direttamente nel Paese. Diversamente è possibile farlo allestire o comprarlo già allestito da società specializzate. Oppure veicoli blindati sono sempre più disponibili anche a noleggio o, addirittura online. Su Mercado Libre, almeno fino a fine anno, se ne potevano trovare 650 tra i 5.500 e i 73.000 dollari.

Nel 2019 la ricerca di auto blindate sulla piattaforma è cresciuta di un 32% rispetto al 2018.

Per quanto riguarda i prezzi un livello 3 ha un costo variabile tra i 25.000-35.000 dollari, un livello  4 si aggira attorno ai 50.000, mentre andando oltre il 5 si possono raggiungere e superare i 72.000.

 

I Narco Tanques

Anche i cartelli dispongono dei propri blindati.  I Narco Tanques (carri armati dei narcos) sono realizzati artigianalmente, allestendo veicoli commerciali pesanti e mezzi d’opera come autoribaltabili, trattori, furgoni portavalori, prima e sempre più SUV e Pick-up, ora.

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In Messico hanno fatto la loro comparsa nel 2010; utilizzati da Los Zetas nello stato di Tamaulipas per trasferire la droga al confine con gli Stati Uniti. Successivamente, sono stati impiegati contro il rivale Cartél del Golfo e poi larga scala, anche dai sicari di tutti gli altri cartelli contro avversari e forze dell’ordine.

Inizialmente, per dimensioni e forma venivano chiamati Monstruos (mostri). Di colore scuro – neri, grigi o verdi – per spaventare e confondersi con i veicoli militari, erano rivestiti di piastre di metallo da 2,5 cm di spessore e presentavano torrette e feritoie da cui poter aprire il fuoco. Ogni esemplare, poi aveva caratteristiche e nomi più disparati, frutto della perversa fantasia dei costruttori. “El Rinoceronte” era dotato di un fucile Bushmaster BA50 calibro .50 e d’un vistoso rostro. “La Batmobile” aveva la possibilità di sversare olio o disperdere piedi di corvo per bloccare gli inseguitori.

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“La Papamóvil” montava una blindatura squadrata, particolarmente accentuata. I primi esemplari avevano come inconvenienti la velocità ridotta e l’utilizzo di pneumatici normali, facilmente forabili.

In quel periodo potevano circolare all’aria aperta, in una condizione di apparente impunità. Il successivo giro di vite delle autorità ha portato a centinaia di sequestri di veicoli e di officine adibite al loro allestimento. L’attività di produzione è entrata ulteriormente in clandestinità. Gli stessi veicoli si sono, quindi evoluti verso una configurazione più sobria: SUV o pick-up con blindatura interna per meglio passare inosservati e sfuggire alle forze di sicurezza.

Uno dei loro ultimi impieghi in azione è stato il 30 novembre scorso, quando circa 130 sicari del Cártel del Noreste, a bordo di un convoglio di 25 pick-up blindati, hanno assaltato il municipio di Villa Unión, nello stato de Coahuila causando 25 morti.

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I sequestri invece continuano. A inizio settembre, a San José de Chila, Michoacán è stato individuato un veicolo blindato appartenente al gruppo criminale dei “Los Viagras”uno dei principali antagonisti del Cártel Jalisco Nueva Generación.

Il 14 settembre, invece addirittura tre i blindati sequestrati da Esercito e Guardia Nazionale a La Huerta, Michoacán. Nell’operazione sono stati arrestati anche 20 uomini del CJNG e sequestrate armi pesanti tra cui una mitragliatrice Browning M-2 cal. 50, un RPG, un mortaio con relative bombe, lanciagranate e granate da 40 mm. Tuttavia, durante il trasferimento, le forze di sicurezza hanno subito un’imboscata che ha portato alla liberazione dei detenuti e al recupero dei narco tanques.

I tre veicoli sono stati velocemente e nuovamente recuperati dall’autorità che hanno trovato su di uno smartphone sequestrato immagini di “una macchina con blindatura artigianale che non è ancora stata né sequestrata, né individuata”. A quanto pare ricavata da una pala caricatrice.

 

Qualche considerazione

Il Messico ha sempre avuto leggi molto severe sul possesso di armi, così come è sempre stato uno dei Paesi con meno detentori al mondo. Da quando, però l’amministrazione Bush ha lasciato spirare il bando federale sulle armi d’assalto nel 2004, un ingente flusso di armi dagli Stati Uniti finisce continuamente nelle mani dei criminali messicani. La loro capacità di fuoco ha così eguagliato o superato quella di poliziotti e militari, trasformandoli in cartelli paramilitari.

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Il numero di omicidi è così cresciuto a ritmi vertiginosi, coinvolgendo sempre più i civili e disseminando fosse comuni ovunque. Il 2018 con 33.743 omicidi e il 2019 con 34.582 hanno rappresentato due tristi primati per il Paese e l’11 ottobre, per la seconda volta quest’anno, è stato raggiunto il record di 114 omicidi in un solo giorno, 273 nel week end 9-11 ottobre e ben 890 dall’inizio del mese

Prima del 2004, invece i cartelli operavano in clandestinità, corrompendo funzionari e, quando “necessario”, eliminando i rivali, ma senza toccare i civili.

La maggior parte delle armi circolanti illegalmente in Messico viene acquistata nelle 22.689 armerie o negozi autorizzati situati in California, Arizona, Nuovo Messico e Texas. Questo, mentre nell’intera Federazione Messicana viene autorizzato il possesso di meno di una quarantina di armi al giorno ed esiste un unico negozio autorizzato, gestito dall’Esercito: la Dirección de Comercialización de Armamento y Municiones, a Città del Messico.

Una valanga inarrestabile dagli Stati Uniti che rende superflue ed antieconomiche importazioni – sempre illegali – di armi dal Guatemala ed altri Paesi sudamericani: la qualità, infatti è nettamente inferiore, così come il livello tecnologico, mentre i costi sono nettamente superiori.

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Per cercare di arginare questa situazione, a ottobre Messico e Stati Uniti hanno annunciato un’iniziativa congiunta, denominata Operation Frozen, per sigillare i confini e “congelare” il traffico illegale di armi tra i due Paesi. Un’operazione che a pochi mesi dal suo avvio si è già vista ostacolata da un recente provvedimento dell’amministrazione Trump.

Il 9 marzo, infatti si è iniziato a snellire il processo di autorizzazione alle esportazioni di armi americane all’estero. Il controllo sull’esportazione di determinate tipologie di armi verrà affidato al Dipartimento del Commercio, senza più necessità della supervisione del Congresso. Al Dipartimento di Stato e a Capitol Hill resterà, comunque voce in capitolo sulle armi più potenti, come missili ed artiglieria partendo da un valore di 1 milione di dollari in su.

Riducendo tutta una serie di verifiche sulle operazioni e sui clienti finali precedentemente svolte dal Dipartimento di Stato e dal Congresso, per i pro-armi si favoriranno le vendite, mentre per gli oppositori sarà più facile mettere in circolazione quelle armi leggere con cui si compie il 70% degli omicidi in Messico.

A ciò si affianca la mancanza di una legislazione federale esauriente contro il traffico di armi che complica le indagini e porta a pene relativamente leggere, specialmente se comparate con il traffico di droga.

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Con le loro ardite operazioni i cartelli di Sinaloa e di Jalisco hanno dimostrato il loro potere; così elevato da affrontare, addirittura le forze armate e ricattare la politica. Tutto ciò, supportato da una precisa politica di “abrazos, no balazos” (abbracci, non proiettili) del presidente messicano, Andrés Manuel López Obrador.

La sua intenzione, infatti è sempre stata quella di non combattere militarmente i gruppi criminali, ma con intelligenza, proteggendo i civili e rispettando i diritti umani. Scelte in netta contrapposizione con quella delle amministrazioni precedenti di Vicente Fox e Felipe Calderón. In particolare, il rilascio del figlio de El Chapo, ritenuto una resa ed un’umiliazione per lo Stato, hanno portato pesanti critiche a Obrador e la perdita di percentuali di gradimento.

Sebbene ai detrattori della sua strategia risponda indicando la necessità di più tempo per vederne i risultati, il presidente messicano – a fronte dei 2.492 omicidi nel solo mese di aprile – ne ha implicitamente ammesso il fallimento, ridispiegando l’esercito nelle strade con compiti di polizia. Questo fino a marzo 2024, fine del suo mandato o, perlomeno, finché la Guardia Nazionale, creata quasi un anno fa, non riuscirà ad essere presente, al loro posto, in tutti i luoghi considerati di maggior rischio. Vale a dire arruolando quei 64.000 uomini che le mancano per arrivare ai 140.000 previsti.

Per quanto riguarda, infine la partita a scacchi tra difensori e attaccanti, pur con tutte le tecnologie all’avanguardia ed accorgimenti adottati, la difesa resta il compito più arduo.

Come per il terrorismo, torna utile la dichiarazione dell’IRA dopo l’attentato al Grand Hotel di Brighton nel 1984, in cui Margaret Thatcher è sopravvissuta miracolosamente: “Oggi, siamo stati sfortunati. Ma ricordatevi che noi dobbiamo essere fortunati una sola volta. Voi dovete esserlo sempre.”

E visto che i cartelli messicani di fortuna ne hanno fin troppa, la decisione del presidente Obrador di mettere all’asta 171 veicoli blindati Suburban o Tahoe del Governo per ragioni di austerity, non pare molto azzeccata!

 

Foto : Especial, AP, AFP, Armando Monroy/Cuartoscuro.com, Fiscalia General de Justicia de la Ciudad de México, Business Insider, Reuters,  Guardia Nacional

 

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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