L’azzardo di voler trasformare l’Operazione Irini in Sophia (o in Mare Nostrum)

 

La nave ammiraglia italiana dell’operazione EunavforMed Irini, la LPD San Giorgio, ha effettuato col suo boarding team l’ispezione della nave mercantile Cileen M, battente bandiera del Togo, diretta a Bengasi (cui si riferiscono le foto qui sotto).

L’equipaggio e il comandante sono stati collaborativi con la missione navale europea incaricata di far rispettare l’embargo sulle armi alle fazioni libiche e contrastare il contrabbando di petrolio libico. A bordo del mercantile non è stato trovato nulla di sospetto e la nave è stata autorizzata a continuare il suo viaggio.

In quasi 14 mesi di attività l’Operazione Irini ha interpellato oltre 3.200 navi e ha monitorato 235 voli aerei sospetti, ha condotto 13 ispezioni e 122 visite consensuali a bordo di navi mercantili sequestrando un solo carico illegale (una fornitura di carburante per aerei diretta alle forze aeree dell’Esercito Nazionale Libico del generale Haftar a bordo di una petroliera proveniente dagli Emirati Arabi Uniti).

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L’operazione Irini monitora 16 porti e impianti petroliferi libici, 25 aeroporti e piste di atterraggio impiegando anche i satelliti e ha fornito 23 rapporti classificati al gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulla Libia riguardanti violazioni o possibili violazioni dell’embargo sulle armi relativo a entrambe le parti del conflitto in Libia.

Le operazioni navali si svolgono per lo più al largo delle coste della Libia Orientale e a sud di Creta, area marittima necessariamente attraversata sia dai mercantili diretti nei porti della Cirenaica sia da quelli diretti nei porti della Tripolitania.

Un posizionamento studiato fin dall’inizio dell’operazione Ue per evitare il rischio che le navi militari di Irini attraessero i flussi migratori illegali con barconi e gommoni carichi di immigrati clandestini in cerca di unità navali da cui farsi “soccorrere” per venire trasferiti in Italia, come è accaduto per 5 anni alle navi militari dell’Operazione Ue EunavforMed Sophia.

Di fronte al riesplodere dei flussi migratori illegali lungo la rotta del Mediterraneo Centrale (da Libia, Tunisia e Algeria diretti verso l’Italia), ieri il segretario del Pd Enrico Letta al termine di un incontro con l’Alto Rappresentante Ue, Josep Borrell, ha chiesto “un cambiamento delle politiche europee, un rafforzamento delle politiche di salvataggio e soccorso, attraverso per esempio un cambiamento della missione dell’operazione Irimi. Chiediamo che ci sia una maggiore capacità dei Paesi Ue di compartecipare nella condivisione delle ricollocazioni e nella condivisione di questi temi”.

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Dall’inizio dell’anno sono sbarcati in Sicilia e Lampedusa circa 13.800 clandestini, il triplo dei 4.442 dello stesso periodo dello scorso anno e quasi 11 volte di più dei 1.295 del 2019.

Un confronto numerico che evidenzia come l’obiettivo debba essere quello di fermare o ridurre al massimo i flussi migratori illegali e con essi le morti in mare, come fu possibile fare nel 2018-19 col primo governo dell’attuale legislatura, non certo mettere in campo missioni di soccorso che incentivino le partenze e arricchiscano ulteriormente i trafficanti aumentando gli sbarchi sulle nostre coste.

Il comandante dell’Operazione Irini, ammiraglio Fabio Agostini, preme invece per allargare i compiti dell’operazione all’addestramento del personale della Guardia Costiera libica, da effettuare in Libia o presso stati Ue: compito che non richiederebbe di schierare navi della flotta europea in prossimità delle coste della Tripolitania interessate dai flussi migratori illegali.

Irini potrebbe inoltre aspirare ad avere un ruolo nel monitoraggio del cessate il fuoco tra le due fazioni libiche, compito che attribuirebbe alla Ue un maggior peso strategico e politico nella soluzione della crisi libica.

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Circa l’Operazione Sophia (nata ufficialmente per contrastare i trafficanti ma che di fatto riuscì a sbarcare in Italia quasi 45mila clandestini raccolti in mare), meglio ricordare che quando nel 2019 il governo italiano (Conte 1) stabilì che le navi europee della flotta Ue che avessero raccolto clandestini in mare avrebbero dovuto sbarcarli negli stati di bandiera e non più in Italia, tutti i partner europei ritirarono le unità navali dall’operazione lasciandovi solo aerei ed elicotteri, decretando di fatto la fine di Sophia.

Per questa ragione spostare a ovest la flotta di Irini (il cui mandato è stato recentemente rinnovato per altri due anni) significherebbe innanzitutto modificare i compiti dell’operazione: aspetto che già di per sé richiederebbe una nuova autorizzazione di Bruxelles circa la quale il consenso degli stati membri sarebbe tutt’altro che scontato.

Trasformare Irini in missione di soccorso dei migranti illegali, cioè una via di mezzo tra Sophia e Mare Nostrum, di fatto imporrebbe di far di nuovo sbarcare in Italia (e solo in Italia) i clandestini raccolti in mare dalle navi di Irini con il rischio che in caso di richieste di “condivisione e ridistribuzione” da parte di Roma gli stati europei ripetano il ritiro delle rispettive unità navali come è accaduto con Sophia.

Uno sviluppo che determinerebbe la fine di Irini, vanificando così quel poco di concreto che l’Europa è riuscita a mettere in campo nella gestione della crisi libica.

@GianandreaGaian

Foto Operazione Eunavformed Irini

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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