Il Pentagono invia consiglieri militari a Taiwan e teme lo “Sputnik” cinese

 

 

La presidente di Taiwan, Tsai Ing Wen, ha confermato nei giorni scorsi che un piccolo contingente di militari statunitensi si trova sull’Isola per addestrare i militari taiwanesi. Intervistata dall’emittente televisiva CNN, Tsai ha affermato che Taiwan “ha in atto un’ampia gamma di attività di cooperazione con gli Stati Uniti tese ad aumentare le nostre capacità difensive”.

La presidente non ha fornito indicazioni precise in merito all’entità della presenza militare statunitense, limitandosi ad affermare che tale presenza “non è consistente quanto alcuni sembrano pensare”.

Il ministro della Difesa di Taiwan, Chiu Kuo-cheng, ha commentato le parole della presidente aggiungendo che gli scambi militari con gli Stati Uniti sono “piuttosto numerosi e frequenti”, e “interessano ogni tipo di argomento”. Il ministro ha precisato che da Tsai non è giunta alcuna conferma di una presenza fissa o stanziale delle forze Usa a Taiwan ma secondo fonti militari citate dal Wall Street Journal militari statunitensi sono stati schierati a Taiwan da almeno un anno per addestrare le forze locali e supervisionare le difese dell’isola e le loro capacità in caso di attacco cinese.

Lo stesso giornale ha riferito della presenza nell’isola-stato di due dozzine di operatori delle forze speciali e di un piccolo contingente del Corpo dei Marines che affiancherebbe le forze anfibie locali nelle operazioni di contrasto a un eventuale sbarco.

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Il Pentagono non ha confermato nè smentito le indiscrezioni e un portavoce si è limitato a ribadire che il sostegno degli Stati Uniti a Taiwan punta a garantire “la pace, la sicurezza e la stabilità dell’Indo-Pacifico, incluso lo Stretto di Taiwan”.

Il Dipartimento della Difesa di Washington si è espresso anche circa le nuove capacità cinesi nel settore delle armi ipersoniche orbitali. Il 28 ottobre il capo di stato maggiore della Difesa, generale Mark Milley  (nella foto a lato) ha ammesso in un’intervista all’emittente televisiva Bloomberg ha parlato di “momento Sputnik” della Cina spiegando che missile ipersonico testato la scorsa estate dalla Cina “si avvicina molto” al lancio in orbita del primo satellite della storia, lo Sputnik 1, che nell’ottobre 1957 evidenziò il livello della tecnologia e delle ambizioni spaziali sovietiche.

“Abbiamo assistito a un evento molto significativo, ovvero i test di un sistema d’arma ipersonico. E’ qualcosa di molto preoccupante. Non so se questo evento possa essere accostato al lancio dello Spuntik, ma credo ci siamo molto vicini e ha tutta la nostra attenzione”.

La notizia dei due test missilistici orbitali di vettori ipersonici in grado di imbarcare testate nucleari è stata resa nota a metà ottobre dal Financial Times anche se Pechino ha negato di aver testato missili ipersonici, ammettendo solo di aver collaudato un veicolo spaziale.

Le parole di Milley confermano i timori di Washington per le crescenti capacità cimesi nel settore delle armi ipersoniche (già testate da USA e Russia) da tempo oggetto di dibattito negli ambienti politici, militari e industriali statunitensi.

Milley ha aggiunto che gli Stati Uniti stanno rafforzando i loro sistemi di difesa e sviluppando i programmi per armi ipersoniche ricordando come l’esercito cinese fino al 1979 (quando Pechino si confrontò militarmente col Vietnam) fosse una “enorme fanteria formata essenzialmente da contadini”, trasformandosi oggi in forze armate “molto capaci che coprono ogni campo della difesa e con ambizioni globali”.

 

 

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