Verso la guerra ad oltranza in Ucraina

 

 

Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu (apparso nei giorni scorsi in pubblico dopo le voci di presunti problemi di salute dovuti addirittura ad avvelenamento) ha confermato gli obiettivi militari dell’operazione speciale già annunciati da Vladimir Putin all’inizio delle ostilità due mesi or sono.

Shoigu ha sottolineato “il coraggio e l’eroismo” dimostrato dai militari dopo l’annuncio con cui, il 19 aprile, lo stato maggiore ucraino aveva reso noto l’inizio dell’offensiva russa nel Donbass lungo un fronte di 480 chilometri in quella che ha definito “una nuova fase della guerra”.

Mosca del resto aveva annunciato il completamento della concentrazione di forze in vista dell’offensiva nell’est dell’Ucraina mentre il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in un’intervista ha confermato che l’operazione russa mira “alla completa liberazione delle repubbliche di Donetsk e Luhansk, come annunciato inizialmente”.

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Il 22 aprile il generale Rustam Minnekayev, vice comandante delle forze del distretto militare della Russia Centrale, citato dalle agenzie di stampa russe ha detto espressamente che “dall’inizio della seconda fase dell’operazione speciale, uno degli obiettivi è stabilire il pieno controllo del Donbass e dell’Ucraina meridionale. Ciò garantirà un corridoio terrestre verso la Crimea, oltre a pesare sulle infrastrutture vitali dell’economia Ucraina, i porti del Mar Nero attraverso i quali vengono effettuate le consegne di prodotti agricoli e metallurgici.

Il controllo dell’Ucraina meridionale è anche un corridoio per la Transnistria, dove ci sono anche casi di oppressione della popolazione di lingua russa”, ha concluso il generale Minnekayev lasciando così intendere che le offensive proseguiranno anche nel settore di Odessa.

 

Obiettivi militari

Operazione che sta progredendo ormai da una settimana con un’avanzata lenta ma costante nei settori di Rubizhne, Severodonetsk, Popasna, Izuym, Sloviansk e Kramatorsk.

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“Le truppe russe stanno assaltando l’insediamento di Popasna, nella regione di Luhansk, ha riferito ieri mattina lo stato maggiore generale delle Forze armate ucraine, aggiungendo che l’esercito russo ha cercato di effettuare operazioni d’assalto da Izyum, nella regione di Kharkiv, verso Barvinkove e Slovyansk, per accerchiare le truppe ucraine nel Donbass.

“Le truppe russe continuano ad avanzare nella zona operativa orientale dell’Ucraina al fine di stabilire il pieno controllo delle regioni di Donetsk e Luhansk, e consolidare un corridoio terrestre tra il Donbass e la Crimea” ha riferito questa mattina lo stato maggiore ucraino.

“In direzione di Slobozhansky, l’Esercito russo rinforza il raggruppamento di truppe, prosegue nell’assedio parziale di Kharkiv e colpisce le unità ucraine, nonchè diverse infrastrutture critiche. Inoltre le truppe russe attaccano le posizioni ucraine con l’uso di mortai, artiglieria pesante e granate lungo l’intera linea di contatto.

In direzione di Severodonetsk, nella regione di Luhansk, l’esercito russo sta combattendo nell’area dell’insediamento di Rubizhne, mentre prosegue il tentativo di conquistare Popasna. In direzione di Avdiyiv, le forze russe starebbero cercando di condurre operazioni offensive, ma senza successo”.

Secondo fonti militari britanniche Kreminna è caduta in mano ai russi e si registrano pesanti combattimenti a sud di Izium  mentre le forze russe cercano di avanzare verso Sloviansk e Kramatorsk da nord e da est.

I russi stanno compiendo progressi anche nel settore meridionale, a Vysokopillya e Ivanivka, nella regione di Kherson, dove vengono concentrati uomini e mezzi per l’offensiva verso ovest in direzione Mikalkyv.

“I russi si stanno preparando per una nuova offensiva: le truppe di Mosca hanno ammassato un gran numero di attrezzature e personale sulla linea del fronte Velyka Novosilka-Novodarivka-Malynivka e stanno provando ad avanzare verso Zaporizhzhia”, ha scritto ieri su Facebook Ivan Arefyev, portavoce dell’amministrazione militare della regione, secondo quanto riporta Ukrinform.

A differenza delle offensive iniziali che hanno visto i russi minacciare Sumy, Kiev e altre città del nord con l’obiettivo fallito di indurre gli ucraini a negoziare, per poi ritirarsi e concentrare le forze nel sud est, nella cosiddetta “Fase 2” le truppe di Mosca sembrano godere di una certa superiorità numerica contro le truppe ucraine che sono ben trincerati ma sempre più a corto di mezzi, armi pesanti e rifornimenti.

Da una settimana ormai i russi martellano basi, depositi, magazzini di armi e carburanti per distruggere i rifornimenti in arrivo dall’Occidente per le truppe di Kiev che in parte sono state catturate dalle truppe russe e delle repubbliche di Donetsk e Lugansk come mostrano le immagini che illustrano parte di questo articolo (nella foto due missili anticarro Milan forniti anche da Francia e Italia all’Esercito Ucraino caduti nelle mani delle forze della Repubblica Popolare di Donetsk alleate dei russi).

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Da alcuni giorni anche ponti, linee e stazioni ferroviarie nel centro e nell’ovest dell’Ucraina sono state colpite da missili da crociera russi: infrastrutture che Mosca aveva risparmiato quando nelle prime settimane di guerra puntava a risolvere il conflitto con un accordo negoziato, ma che ora colpisce con precisione per paralizzare la capacità degli ucraini (e della NATO) di rifornire l’armata ucraina nel Donbass.

“Le forze russe stanno distruggendo sistematicamente le infrastrutture delle nostre ferrovie”, ha affermato ieri il direttore delle Ferrovie ucraine, Olexandr Kamishin mentre nelle ultime ore sono state colpite le installazioni ferroviarie di Zdolbunov, Kazatin-2, Krasnoye, Podolskaya, Sknilov, Slavuta e Fastov.

Sul piano strategico è possibile ipotizzare che i russi puntino a chiudere in una sacca gli 80 mila soldati ucraini trincerati nel Donbass mantenendo una costante pressione sul fronte per impedire al nemico di trasferire reparti per scongiurare l0accerchiamento.

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La bandiera della Repubblica popolare di Donetsk sulla torre della televisione a Mariupol

 

Al tempo stesso a Mariupol il Cremlino ha tenuto a far sapere che lo stesso Putin ha bloccato i piani di per l’assalto finale all’acciaieria Azovstal per non esporre i reparti a perdite inutili dal momento che le ultime unità del Reggimento Azov e di quanto rimane della 36a Brigata di fanti di Marina non hanno scampo e sono sotto assedio.

La Russia è disponibile a evacuare i civili che si trovano nell’installazione industriale e nei suoi sotterranei ma non i combattenti ucraini e stranieri a cui è stato promesso un trattamento da prigionieri in caso di resa.

Resta il dubbio che i civili nell’Azovstal vegano trattenuti dai militari ucraini come scudi umani, come sostiene Mosca, e non si tratti di persone che hanno trovato rifugio nell’installazione industriale trasformata in bunker. Sulla situazione militare pesa l’ordine di Kiev di non arrendersi che potrebbe influire negativamente sul morale delle truppe ma è chiaro che i russi non hanno fretta.

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Sembra abbiano lasciato ad artiglieria e alle truppe cecene il compito principale di assediare l’ultima roccaforte ucraina in città trasferendo le altre truppe verso nord, sul fronte del Donbass.

Gli assediati finiranno presto cibo e munizioni e inoltre nei sotterranei dell’Azovstal i russi ritengono si trovino centinaia (forse 400) stranieri tra combattenti del reparto di ispirazione nazista Azov e consiglieri militari di paesi NATO inclusi britannici, francesi e statunitensi la cui cattura metterebbe in serio imbarazzo le potenze occidentali che sostengono di non avere propri militari in territorio ucraino.

A Mosca si ritiene inoltre che nei sotterranei dell’acciaieria si trovi uno dei laboratori biologici impiantati dagli Sati Uniti in Ucraina la cui esistenza è stata ammessa davanti al Congresso dal sottosegretario del Dipartimento di Stato Victoria Nuland che non ne ha però specificato la natura delle ricerche.

Sui media italiani vi sono state polemiche circa grafiche che ricostruivano i sotterranei dell’Azovstal che in realtà erano prelevate da in videogioco: la tv russa ha presentato questa ricostruzione.

 

Obiettivi simbolici e politici

Nel Donbass i russi sotto il comando del generale Alexander Dvornikov potrebbero quindi avere buone probabilità di conseguire un successo significativo, anche se non è detto che una vittoria di tali proporzioni possa materializzarsi entro il 9 maggio.

Il conseguimento di successi militari significativi non garantirebbe però a Mosca di poter concludere il conflitto con un accordo con Kiev né il conseguimento degli obiettivi politici indicati da Vladimir Putin il 24 febbraio scorso, cioè la neutralità dell’Ucraina rispetto a USA e NATO e la sua smilitarizzazione.

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Proiettili da mortai da 120 mm di fornitura italiana caduti nelle mani delle forze della Rep. Pop. di Donetsk 

 

Mosca ha già da tempo annunciato che le operazioni militari in Ucraina saranno concluse entro il 9 maggio, giornata in cui i russi celebrano con una grande parata militare la vittoria contro il nazismo in una guerra mondiale che cominciò con sovietici e tedeschi che si spartivano la Polonia e terminò con le truppe di Stalin che bivaccavano in una Berlino distrutta. In quel conflitto mondiale l’URSS fu la nazione che pagò il prezzo più alto in termini di vite umane, forse al pari della Cina.

Una data carica di simbologia considerato che “denazificare” l’Ucraina è anche uno degli obiettivi che Putin ha attribuito alla ”operazione speciale” varata quasi due mesi or sono.

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Anche per questa ragione sembra ormai certo che i russi organizzeranno una parata della vittoria anche nei territori ucraini sotto il loro controllo, a Mariupol, dove la sconfitta del reggimento Azov, erede delle SS naziste.

Evocare il 9 maggio significa quindi richiamare la guerra ai nazisti, oggi identificati con almeno una parte della dirigenza politica e delle forze combattenti ucraine, ma significa soprattutto richiamare quella vittoria del 1945 abbinandola a quella dell’operazione in Ucraina.

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Mosca ha quindi bisogno di conseguire in due settimane un successo militare significativo per poter dichiarare una vittoria almeno parziale nella campagna militare e in questa ottica la caduta di Mariupol è già una realtà così come la conquista dell’intera fascia costiera del Mare d’Azov, i cui porti in mano a Kiev avrebbero potuto venire aperti alle navi della NATO.

 

Gli obiettivi di Washington

Col pieno supporto degli anglo-americani, che stanno decisamente puntando a riequipaggiare le forze armate di Kiev con armi e mezzi di loro produzione, il governo ucraino sembra per ora orientato a rifiutare ogni negoziato con i russi e a puntare quindi su un conflitto prolungato, d’attrito, che provocherebbe ulteriori devastazioni in Ucraina ma imporrebbe allo stesso tempo una guerra di logoramento a Mosca e alle forze ucraine filo-russe.

Il segretario di Stato alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, a seguito dell’incontro tenuto domenica a Kiev con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha ammesso che gli Stati Uniti si augurano che la guerra in Ucraina possa concludersi con un “indebolimento” delle capacità della Russia di aggredire Paesi vicini.

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Munizioni spagnole calibro 7.62 forniti all’Esercito Ucraino cadute nelle mani delle forze filo-russe nel Donbass

 

“Vogliamo vedere la Russia indebolita al punto che non possa più fare le cose che ha fatto invadendo l’Ucraina”, ha detto Austin citato dal Washington Post. Gli Usa, ha spiegato Austin, vogliono innanzitutto vedere che l’Ucraina rimarrà “uno Stato sovrano, un Paese democratico, in grado di difendere il suo territorio”. Quindi, si attendono una Russia “indebolita” dalla guerra. “Hanno già perso gran parte della capacità militare e delle truppe. Detto in modo abbastanza chiaro, vogliamo che non siano più in grado di recuperare questa capacità in tempi rapidi”.

Auspici il cui eventuale conseguimento comporterà devastazioni totali in Ucraina e il grave impoverimento dell’Europa. emi che sembrano non preoccupare Austin che ha poi aggiunto che gli Stati Uniti ritengono che, “con un adeguato equipaggiamento e il giusto supporto”, l’Ucraina possa vincere la guerra contro la Russia.

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Armi anticarro fornite da nazioni NATO all’Ucraina cadute nelle mani delle forze della Rep. Pop. di Donetsk

 

“Il primo passo per vincere è ritenere di poterlo fare. Per questo noi crediamo che (l’Ucraina) possa vincere. Crediamo che possano vincere con un adeguato equipaggiamento e il giusto supporto. E noi faremo qualsiasi cosa in nostro potere”, ha detto Austin ai media statunitensi, parlando da una località non precisata della Polonia.

Dopo le reiterate pressioni di Washington, il governo tedesco sembra aver accettato di fornire mezzi corazzati  a Kiev: per ora sono stati autorizzati semoventi corazzati antiaerei Gepard, come ha rivelato l’agenzia di stampa DPA sottolineando il cambio di linea politica di Berlino. Si tratta di vecchi semoventi antiaerei realizzati sullo scafo del carro armato Leopard 1 di cui 94 sono ancora in servizio e oltre 300 vengono mantenuti in riserva.

Sempre in Germania, Rheinmetall si è offerta di fornire all’Ucraina 88 carri armati Leopard 1A5 , radiati 20 anni or sono dall’esercito tedesco. La proposta del gruppo industriale include addestramento degli equipaggi ucraini in Germania, munizioni, pezzi di ricambio e manutenzione come ha riferito nei giorni scorsi il quotidiano Die Welt.

L’azienda potrebbe inviare i primi tank in poche settimane, con costi stimati a 115 milioni di euro e gli altri prima di fine anno. Ancora Rheinmetall ha ricevuto una richiesta dal governo per consentire la consegna all’Ucraina di 100 mezzi corazzati per fanteria Marder prelevati tra gli stock di cingolati radiati dall’esercito tedesco e da rimettere in condizioni operative.

Tra le forniture “pesanti” tedesche sembra configurarsi anche quella di moderni obici semoventi da 155 mm Pzh- 2000 proposti dal produttore Krauss-Maffei Wegmann (KMW): mezzi analoghi verranno consegnati dall’Olanda mentre finora Berlino aveva promesso all’Ucraina soltanto addestramento e munizioni per questi obici semoventi.

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Resta da considerare, come abbiamo sottolineato in un altro articolo, che la somma di tutte le diverse forniture occidentali in mezzi ruotati e cingolato, munizioni, artiglierie, armi leggere e antiaeree e anticarro rischiano di portare le forze armate ucraine, già alle prese con le gravi difficoltà e i rovesci bellici,  verso una totale paralisi logistica.

La Russia ha inviato ieri una nota agli Stati Uniti d’America, chiedendo di fermare la fornitura di armi all’Ucraina, secondo quanto ha detto l’ambasciatore russo a Washington, Anatoly Antonov al canale televisivo Russia 24 e come riportato da Interfax.

Antonov afferma di aver “sottolineato l’inaccettabilità della situazione quando gli Stati Uniti d’America forniscono armi all’Ucraina e abbiamo chiesto la fine di questo sostegno”, che rappresenta un tentativo di “alzare ancora di più la posta in gioco, aggravare ulteriormente la situazione e vedere più vittime”.

Alla luce delle dichiarazioni di Austin, che le truppe ucraine riescano o meno a resistere all’offensiva scatenata dalle truppe russe su 500 chilometri di fronte del Donbass avrà un’influenza limitata sui piani degli anglo-americani che, trainandosi dietro un’Europa che appare sempre più inebetita e inconsapevole, stanno già trasformando l’Ucraina in una “nazione satellite” da impiegare e sacrificare come spina nel fianco della Russia.

Washington sta progettando di riequipaggiare nel medio termine le forze armate ucraine con veicoli e prodotti militari “made in Usa”, come è stato fatto anche in Iraq e in Afghanistan.

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Una strada percorsa anche da Londra (che sta fornendo mezzi corazzati e missili antiaerei) che punta inizialmente a cedere agli ucraini mezzi vecchi o pronti ad essere dismessi per poi fornirne di più recenti condizionando così le capacità militari ucraine alla dipendenza dagli anglo-americani in termini logistici e addestrativi.

Al di là delle luci e ombre che concernono i flussi di armi dall’Occidente (trattate recentemente in questo articolo) va tenuto in considerazione anche il supporto informativo e di intelligence che Usa e Gran Bretagna forniscono all’Ucraina attraverso immagini satellitari e dei droni strategici che sorvolano Mar Nero e Ucraina insieme ai velivoli spia e da pattugliamento marittimo e che sembra abbiano avuto un ruolo rilevante nel permettere alle forze missilistiche di Kiev di colpire alcuni importanti obiettivi russi incluso forse anche l’incrociatore Moskva affondato nei giorni scorsi in circostanze non ben chiarite.

Un ruolo quello degli anglo-americani, che non si esaurirà neppure in caso di sconfitta dell’esercito ucraino nel Donbass. Anzi, una vittoria campale russa accentuerebbe la percezione in tutta Europa della “minaccia russa in un contesto in cui anche Svezia e Finlandia sembrano voler aderire all’Alleanza Atlantica.

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I governi dei due paesi scandinavi si sono accordati ieri per presentare in maniera simultanea, il 16 maggio, le domande di adesione alla NATO: la Finlandia condivide un confine di 1340 chilometri con la Russia, destinato di questo passo a diventare una nuova Cortina di Ferro.

La vittoria militare russa nel Donbass porterebbe probabilmente a una guerra prolungata d’attrito, come quella degli ultimi 8 anni tra le truppe ucraine e le milizie filorusse ma ad un livello di intensità molto più elevato e con il coinvolgimento diretto o quasi di USA e NATO.

Del resto non c’è bisogno che Kiev entri nella NATO per subire la pesante influenza degli anglo-americani, che già oggi a Kiev esprimono la piena leadership dal punto di vista politico, militare ed economico nonostante la prospettiva resti quella di una guerra ad oltranza “fino all’ultimo ucraino”.

 

Le perdite russe

In Europa la straripante propaganda ucraina sostenuta e rilanciata da USA e NATO ha finora enfatizzato la percezione delle perdite russe scoraggiando ogni tentativo di imporre una visione realistica o quanto meno equilibrata delle operazioni militari e del loro impatto.

Nel bollettino reso noto il 24 aprile dallo stato maggiore ucraino le perdite che i russi avrebbero subito dopo due mesi di guerra avrebbero raggiunto i 21.800 caduti cui aggiungere 873 carri armati, 2.238 mezzi corazzati, 408 sistemi d’artiglieria, 147 lanciarazzi multipli, 69 sistemi di difesa antiaerea, 179 aerei, 154 elicotteri, 1.557 autoveicoli, 8 unità navali, 76 cisterne di carburante e 191 droni.

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Il 22 aprile viene messo in rete dal sito russo di news Readovka, considerato filo governativo, un presunto rapporto del ministero della Difesa russo che ammetteva perdite pari a oltre 13.414 caduti e 7mila dispersi.

L’articolo viene cancellato poco dopo ma la notizia viene rilanciata da Nexta Tv, gestita dall’opposizione bielorussa all’estero, sostenuta dall’Occidente.

L’ultimo bollettino ufficiale sulle perdite Mosca lo aveva reso noto il 25 marzo e rilevava 1.351 caduti e quasi 4mila i feriti. Il 22 marzo il Wall Street Journal riferendo quanto raccontato da un alto dirigente della NATO, scrisse che i soldati russi morti, feriti o catturati erano ben 40mila.

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Infine ieri il ministro della difesa britannico Ben Wallace ha detto alla Camera dei Comuni che 15 mila soldati russi sono stati uccisi finora mentre più di 2.000 veicoli corazzati russi, tra cui oltre 500 carri armati, sono stati distrutti nella guerra, insieme a 60 elicotteri e jet da combattimento

Valutazioni quindi molto diverse tra loro e tutte a rischio di subire pesanti influenze propagandistiche, al rialzo quelle di fonte anglo-americana e ucraina, al ribasso quelle di Mosca. Vale però la pena sottolineare che in un conflitto a media-alta intensità come quello ucraino a ogni caduto in battaglia corrispondono in media 4 5 feriti.

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Ciò significa che i russi potrebbero aver avuto oltre 80 mila feriti secondo il bilancio reso noto da Kiev e quello apparso brevemente sul sito Readovka: quindi le perdite russe tra morti e feriti sarebbero di circa 100 mila effettivi in due mesi di operazioni in Ucraina.

Un numero troppo elevato per risultare credibile e che soprattutto non sarebbe sostenibile dalle forze russe che non hanno mai schierato in territorio ucraino più di 150/170 mila militari.

@GianandreaGaian

Foto: Rusvesna, Twitter, Ministero Difesa Russo, Ministero Difesa Ucraino e Forze Armate Rep. Pop. Donetsk

 

 

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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