La guerra in Ucraina nel discorso di Putin del 9 maggio

 

 

Il discorso di Vladimir Putin del 9 maggio, in occasione del “Den Pobedi”, il giorno della vittoria nella Grande Guerra Patriottica, che per i russi è la Seconda Guerra Mondiale combattuta sul fronte europeo, non ha avuto i contenuti che molti osservatori in Occidente avevano previsto.

Il presidente russo non ha annunciato nessuna “guerra totale” né contro l’Ucraina né contro la NATO, non ha minacciato attacchi nucleari, non ha proclamato l’annessione dei territori conquistati finora, non ha ordinato che venissero effettuate parate commemorative nel Donbass o a Mariupol. Al tempo stesso il leader russo non ha neppure lanciato appelli a tregue o cessate il fuoco limitandosi a fotografare la situazione di un conflitto prolungato.

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Completamente smentite le indiscrezioni pubblicate nei giorni scorsi dal quotidiano on line britannico “The Independent” che svelavano a volontà di Putin di annunciare il 9 maggio la “guerra totale” all’Ucraina, cioè la mobilitazione generale e la militarizzazione dell’economia e della società russa.

Anticipazioni attribuite a fonti anonime che hanno tenuto a lungo banco nei dibattiti politici e mediatici ma che fin da subito apparivano da prendere con le molle. Innanzitutto perché The Independent è di proprietà di un oligarca russo acerrimo nemico di Putini, Aleksandr Lebedev, che a quanto sembra è uno dei pochi russi ricchi a non aver subito la confisca dei beni in Occidente.

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Insomma, il discorso di Putin non ha offerto molti appigli alla propaganda ucraina, americana ed europea che dominano incontrastate i media in Occidente e in Italia e che da settimane ipotizzavano annunci apocalittici.

Come aveva già fatto in un comunicato diffuso dal Cremlino il giorno prima (la Germania nazista si arrese agli alleati l’8 maggio 1945) Putin ha ringraziato i militari, la popolazione e i governi delle repubbliche popolari ucraine di Donetsk e Luhansk assimilando la lotta di ieri contro il nazismo con quella di oggi.

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“I nostri militari, proprio come i loro antenati, stanno combattendo insieme per liberare il loro suolo dalla feccia nazista” ha scritto il presidente russo in un comunicato di congratulazioni inviato ai leader e ai popoli delle repubbliche che componevano l’Unione Sovietica nel 77esimo anniversario della vittoria.

Come riportava il sito del Cremlino, sottolineando che il leader russo ha “espresso la certezza che la vittoria sarà nostra, proprio come nel 1945”, Putin ha ricordato che è un dovere comune prevenire la restaurazione del nazismo rivolgendosi con un comunicato ai veterani ucraini della Grande Guerra Patriottica

Sul piano della spettacolarizzazione dell’evento la parata militare a Mosca è stata più limitata di quelle precedenti con circa 2mila militari e una cinquantina di mezzi pesanti in meno rispetto al 2021 e con la rinuncia all’esibizione aerea che vedeva pronti al decollo ben 77 aerei ed elicotteri inclusi 8 Mig 29 in formazio9ne a formare una “Z”.

Di fatto sulla Piazza Rossa si è assistito a una parata commemorativa ma non certo a quell’esibizione muscolare senza precedenti che era stata paventata da molti.

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Il Cremlino stesso aveva auspicato a marzo che le operazioni in Ucraina potessero avviarsi alla conclusione entro il 9 maggio: così non è stato e Putin non ha neppure accennato a tirare le somme delle operazioni in corso in Ucraina da cui è possibile trarre un bilancio che evidenzi qualche successo territoriale ma non certo decisivo e ben lontano dal raggiungere gli obiettivi politici che lo stesso presidente aveva indicato.

I russi hanno assunto il controllo di ampie aree del Donbass ma non di tutte le regioni di Donetsk e Luhansk dove ancora combattono duramente contro il grosso delle forze ucraine, pur registrando progressi significativi negli ultimi giorni in alcune aree.

Successo pieno è stato invece conseguito nella regione di Kherson, a nord della Crimea e lungo le coste del Mare d’Azov dove la caduta di Mariupol ha permesso di unire il Donbass alla Crimea: regioni dove già comincia a circolare il rublo in vista, se non di una annessione alla Russia, almeno alle repubbliche popolari ucraine filo-russe.

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Più lontano invece il conseguimento degli obiettivi politici che Putin sperava forse di raggiungere senza un impiego così ampio della forza militare ma convincendo il governo ucraino ad accettare uno status di neutralità, rinunciando all’ingresso nella NATO e ad ospitare truppe e armi anglo-americane.

Putin non ha neppure utilizzato il discorso del 9 maggio per aizzare le folle contro il nemico, forse perché gode di un ampio sostegno politico e popolare anche rispetto alle operazioni militari in Ucraina che sembra in grado di poter sostenere nel tempo.

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Come confermano anche molti analisti e osservatori occidentali, l’economia russa sta reggendo tutto sommato bene (probabilmente meglio di quella italiana ed europea) alle nuove sanzioni poste dall’Occidente, segno che Mosca si era preparata per tempo a sostenere l’impatto del conflitto.

Il rublo è ben quotato e “l’isolamento” della Federazione Russa resta parziale tenuto conto che viene praticato solo da Europa e Nord America mentre Asia, Medio Oriente, Africa e America del Sud continuano a mantenere (e in alcuni casi a rafforzare) i rapporti economici e commerciali con Mosca.

 

I punti salienti del discorso di Putin

Il discorso integrale pronunciato da Vladimir Putin alla parata del 9 maggio, il giorno in cui la Russia festeggia il “Den Pobedi”, il Giorno della Vittoria sul nazismo nella Seconda guerra mondiale è reperibile in italiano su molti siti di media come questo o quest’altro e in inglese sul sito del Cremlino.

Ci limitiamo qui a evidenziare alcuni brani significativi.

Nel ricordare le principali battaglie della Grande Guerra Patriottica, Putin ha citato anche Sebastopoli e Kharkov, rispettivamente situate nella Crimea ritornata russa con l’annessione del 2014 e in Ucraina Orientale, a pochi chilometri dal confine russo e teatro in questi giorni di una riuscita controffensiva dell’esercito ucraino.

“I nostri compatrioti hanno lottato a Leningrado, a Mosca, a Stalingrado, a Minsk, a Kursk, a Sebastopoli, a Kharkov, a Smolensk, proprio come oggi, in questi giorni voi combattete per il nostro popolo in Donbass per la sicurezza della nostra Patria: la Russia” ha detto Putin rivolgendosi ai militari.

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Un parallelo storico tra guerra mondiale e Ucraina poi ripreso nel chiedere un minuto di raccoglimento per i caduti.

Oggi abbassiamo la testa di fronte alla memoria di tutti gli eroi che hanno lottato nella Grande Guerra Patriottica e la memoria ai loro figli, padri, figlie, madri, nonni, mariti, mogli, fratelli, sorelle, parenti, amici, noi chiniamo il capo davanti alla memoria dei grandi eroi che lottarono e anche a coloro che sono stati bruciati vivi a Odessa nel 2014 e a tutti i civili che sono morti sotto i colpi barbari dei neonazisti. Noi chiniamo il capo davanti a tutti i nostri combattenti, che hanno perso la vita per difendere la Russia e chiedo un minuto di silenzio”.

Il trait d’union che attraversa 77 anni è costituito inevitabilmente dalla lotta al nazismo, quello tedesco di ieri come quello ucraino di oggi.

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Circa la guerra, che i russi chiamano “operazione speciale”, Putin ha celebrato i caduti ricordando gli sforzi dei sanitari che curano i feriti e l’impegno della nazione a fornire supporto ai feriti e alle famiglie dei caduti.

“Cari compagni, la morte di ogni nostro soldato e ufficiale è un dolore per tutti noi ed una perdita incommensurabile per tutti i suoi cari.

Lo Stato, le Regioni, le organizzazioni civili e le aziende fanno di tutto per aiutare quelle famiglie, per sostenerle e garantiamo un supporto particolare ai bambini e ai soldati feriti e auguro a tutti i soldati e gli ufficiali feriti di guarire presto e voglio ringraziare i medici, tutto il personale sanitario degli ospedali, le infermiere, gli infermieri, per il loro grande valore, grazie perché voi lottate per ogni vita, spesso anche sotto i colpi, dimenticando voi stessi”.

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Un passaggio che denota attenzione verso le perdite subite ma che può essere interpretato come una conferma implicita di un elevato numero di morti e feriti in due mesi e mezzi di guerra, anche se presumibilmente inferiore alle cifre fornite da Kiev o da fonti occidentali.

Putin ha poi ricordato le richieste russe per salvaguardare la sicurezza nazionale presentate nel dicembre scorso e ignorate dall’Occidente, accusato di avere avuto “piani” per colpire il Donbass, la Crimea e la Russia.

“La Russia si trovava potenzialmente sotto un’aggressione, era necessario prendere una decisione unica assolutamente inevitabile, quella di difendere il nostro Paese” ha detto Putin sostanzialmente riproponendo i temi che avevano caratterizzato discorsi pubblici precedenti incluso quello del 24 febbraio, all’inizio della “operazione speciale” in Ucraina.

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Questo punto è forse il più interessante. Che il Cremlino avesse elementi concreti per ritenere che Kiev fosse pronta a sferrare un’offensiva contro le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk non è una novità.

Almeno tre elementi indicherebbero che la valutazione di Mosca avesse qualche fondamento. Del resto i russi hanno sferrato l’attacco nella stagione meno propizia: in marzo in Ucraina il terreno è fangoso per lo scioglimento delle nevi: un periodo certo non idoneo al movimento offensive con mezzi pesanti. Non dimentichiamo che Adolf Hitler aveva pianificato di invadere l’Ucraina a fine aprile, per poi essere costretto a rimandare al 22 giugno 1941 a causa delle operazioni nei Balcani.

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Kiev ha sempre negato di voler occupare i territori in mano ai separatisti di Donetsk e Lugansk e non sappiamo quanto possano essere credibili i documenti mostrati dalla Russia per dimostrare l’intenzione dell’Ucraina di attaccare, che mostrano piani per un attacco su vasta scala da attuare l’8 marzo, rinvenuti secondo Mosca in un comando ucraino espugnati.

Un altro elemento utile a sostenere che Kiev intendesse attaccare le aree del Donbass in mano ai secessionisti è lo schieramento nella regione di 80/90 mila soldati, il meglio dell’esercito ucraino.

Infine, nei giorni precedenti l’attacco russo, l’artiglieria ucraina stava martellando le zone in mano ai filorussi in modo crescente con un’intensità crescente interpretabile come l’anticamera di un’offensiva.

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Putin ha poi criticato la “russofobia” dilagante in Occidente rendendo omaggio ai caduti delle altre nazioni che combatterono nella Seconda guerra mondiale, americani, francesi, cinesi….

In un passaggio ha citato l’uso delle milizie terroristiche contro la Russia, probabilmente un riferimento alle milizie jihadiste siriane che hanno goduto del supporto di USA e di altre azioni della NATO con l’obiettivo di abbattere il regime di Bashar Assad, stretto alleato di Mosca.

“Noi ricordiamo come i nemici della Russia hanno cercato di usare contro di noi le bande del terrorismo internazionale e di creare un’inimicizia, anche spirituale, e di distruggerci. Ma non ci sono riusciti”.

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Infine Putin ha richiamato la vastità geografica ed etnica della Russia, come elemento di forza e di unità della nazione.

“Ora qui, sulla Piazza Rossa, stanno spalla a spalla soldati e ufficiali di molte regioni della nostra vasta Patria, compresi quelli che sono arrivati direttamente dal Donbass, direttamente dalla zona di combattimento. Oggi, i nostri combattenti di diverse nazionalità sono insieme in battaglia, coprendosi a vicenda da proiettili e schegge come fratelli. E questa è la forza della Russia, la grande, indistruttibile forza del nostro popolo unito e multinazionale”.

@GianandreaGaian

Foto: Presidenza Russa

 

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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