Armi all’Ucraina: le perplessità dell’intelligence statunitense

 

 

(aggiornato alle 17,30)

Dopo Analisi Difesa, il Washington Post e l’Interpol, anche i servizi d’intelligence statunitensi sembrano porsi qualche dubbio circa le armi fornite a Kiev e il loro impiego nel conflitto. Il nostro web-magazine pose per primo in evidenza, l’11 marzo scorso (15 giorni dopo l’inizio dell’offensiva russa), i rischi insiti nella fornitura massiccia di ingenti quantitativi di armi di ogni tipo all’Ucraina (nella foto d’apertura un elicottero Mi-17 appartenuto alle forze aeree afghane imbarcato su aereo da trasporto con destinazione Kiev) e del rischio che se ne perdano le tracce.

Un tema che successivamente venne affrontato da un articolo del Washington Post e più recentemente dal direttore dell’Interpol, Juergen Stock e che ora sembra coinvolgere anche le agenzie di intelligence americane che ammettono di avere dagli alleati ucraini meno informazioni di quante ne vorrebbero sulle operazioni militari.

Lo riporta un articolo di Julian E. Barnes sul New York Times, citando funzionari Usa, secondo cui Kiev ha fornito a Washington pochi briefing classificati o dettagli sui propri piani operativi. Interpellati dal quotidiano, funzionari ucraini hanno ammesso di non dire tutto agli americani. “Quanto sappiamo davvero di come sta andando l’Ucraina? – ha chiesto polemicamente Beth Sanner, un ex alto funzionario dell’intelligence – si riesce a trovare qualcuno che sappia dire con sicurezza quante truppe o quanti pezzi di equipaggiamento militare ha perso l’Ucraina?”

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L’inchiesta ha evidenziato che gli Stati Uniti forniscono all’Ucraina aggiornamenti di intelligence regolari, quasi in tempo reale, sulla posizione delle forze russe, informazioni che gli ucraini usano per pianificare operazioni e attacchi e rafforzare le loro difese. Invece, anche nelle conversazioni con il capo di stato maggiore americano, il generale Mark Milley, o con il capo del Pentagono, Lloyd Austin, i funzionari ucraini condividono solo i loro obiettivi strategici, non i loro piani operativi dettagliati.

Una segretezza che ha costretto i funzionari della Difesa e dell’intelligence statunitensi a cercare di raccogliere più informazioni possibili da altri paesi che operano in Ucraina, dalle sessioni di addestramento con gli ucraini e dalle dichiarazioni pubbliche del presidente Volodymyr Zelensky.

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Di fatto, hanno spiegato le fonti, l’Ucraina vuole presentare un’immagine di forza, sia all’opinione pubblica che ai suoi partner, e non vuole condividere informazioni che potrebbero suggerire un indebolimento della propria risolutezza o dare l’impressione che potrebbe non vincere. In sostanza, ha sottolineato il NYT, i funzionari ucraini non vogliono presentare informazioni che potrebbero incoraggiare gli Stati Uniti e gli altri partner a rallentare il flusso di armi.

Il giornale spiega che “i governi spesso nascondono informazioni al pubblico per motivi di sicurezza operativa. Ma queste lacune informative all’interno del governo degli Stati Uniti potrebbero rendere più difficile per l’amministrazione Biden decidere come indirizzare gli aiuti militari poiché invia miliardi di dollari in armi all’Ucraina”.

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Il New York Times sottolinea che “anche senza un quadro completo della strategia e della situazione militare dell’Ucraina, l’amministrazione Biden ha promosso l’invio di nuove capacità, come i sistemi lanciarazzi campali d’artiglieria annunciati dal presidente Biden la scorsa settimana”.

Eppure “Avril D. Haines, il direttore dell’intelligence nazionale, ha testimoniato in un’audizione al Senato il mese scorso che “era molto difficile dire” quanti aiuti aggiuntivi l’Ucraina potesse assorbire e ha aggiunto che in effetti, abbiamo più informazioni, probabilmente, da parte russa rispetto a quella ucraina“.

L’articolo del NYT conclude riportando un allarme lanciato dalle sue fonti nel mondo dell’intelligence. “Potrebbe esserci un costo potenziale se la comunità dell’intelligence non può presentare un quadro più completo al pubblico o al Congresso sulle prospettive militari dell’Ucraina”, ha affermato la signora Sanner.

“Se la Russia avanza ulteriormente, la mancata comprensione dello stato dell’esercito ucraino potrebbe esporre la comunità dell’intelligence alle accuse di non aver fornito un quadro completo delle prospettive dell’Ucraina nella guerra ai responsabili politici”.

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Difficile comprendere se le informazioni fornite al New York Times indichino una profonda, crescente contrapposizione dell’intelligence community statunitense nei confronti dell’Amministrazione impegnata a fornire armi a Kiev o se si tratti solo di un avvertimento teso a evidenziare le perplessità dei servizi segreti che non intendono fungere da capro espiatorio per non aver saputo prevedere l’eventuale disfatta delle forze ucraine nel Donbass.

Di certo dalle valutazioni raccolte emerge una profonda sfiducia circa la situazione sul campo di battaglia e nei confronti dei vertici ucraini.

Restia a fornire informazioni dettagliate agli alleati occidentali, Kiev ha però mobilitato ampie risorse per sostenere una comunicazione ufficiale da mesi improntata su una sola richiesta, anzi tre come ama dire il ministro degli Esteri Kuleba: “Armi, armi, armi”.

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Richieste sostenute anche da alcuni membri di NATO e Ue da sempre in prima linea nella contrapposizione alla Russia come le repubbliche Baltiche e la Polonia, il cui presidente, Andrzej Duda, ha detto in un’intervista al quotidiano tedesco Bild che la Polonia ha inviato armi in Ucraina più di 240 carri armati e un centinaio di mezzi corazzati (riferendosi probabilmente a T-72 e BMP-1) oltre a munizioni, armi leggere ed equipaggiamento per un totale di 2 miliardi di dollari.

Il 9 giugno il ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov ricordava su Facebook che ”la situazione al fronte è difficile per le forze ucraine” benchè i russi subiscano “enormi perdite, hanno ancora forze per avanzare in alcune parti del fronte”. Per questo Kiev ha ”un disperato bisogno di armi pesanti, velocemente’ precisando che “più di 150 pezzi d’artiglieria da 155 mm. sono stati forniti all’esercito” e che “le scorte di proiettili di questo calibro sono già del 10% superiori alle scorte di proiettili di grosso calibro di tipo sovietico presenti al 24 febbraio 2022”.

“Fino a 100 soldati ucraini sono uccisi e 500 feriti ogni giorno” ha sottolineato Reznikov dopo che 1° giugno il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva indicato che l’esercito stava perdendo tra i 60 ei 100 soldati al giorno oltre a 500 feriti.

Perdite che potrebbe in realtà essere anche più elevate ma in ogni caso il numero indicato è sufficiente a impressionare l’opinione pubblica occidentale affinché sostenga l’invio di ulteriori armi a Kiev.

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Il 10 giugno il vice capo dell’intelligence militare ucraino, Vadym Skibitsky, in un’intervista al quotidiano britannico The Guardian ha dichiarato che “l’Ucraina sta perdendo la guerra contro la Russia e ora dipende quasi esclusivamente dalle armi provenienti dall’Occidente per combattere Mosca. Questa è ormai una guerra di artiglieria. I fronti sono ora il luogo in cui si deciderà il futuro e stiamo perdendo in termini di artiglieria.

Tutto ora dipende da ciò che l’Occidente ci dà” e secondo Skibitsky la superiorità numerica dell’artiglieria russa su quella ucraina è da 10 a 15 a uno ma sul fronte dei missili balistici e da crociera ritiene che i russi ne lancino ora da 10 a 14 al giorno e abbiano esaurito circa il 60 per cento delle loro scorte.

“Abbiamo notato che la Russia sta effettuando molti meno attacchi missilistici e ha utilizzato missili da crociera KhH-22;  risalenti agli anni ’70: questo dimostra che la Russia sta esaurendo i missili”.  Skibitsky ha aggiunti che la Russia non è stata in grado di produrre rapidamente missili a causa delle sanzioni. Valutazioni utili alla retorica di Kiev che da un lato chiede aiuto perché priva di armi e munizioni e dall’latro esalta l’indebolimento dei russi.

Mosca si è certo preparata per tempo a una guerra lunga contro l’Ucraina ma che potrebbe allargarsi anche alla NATO e l’impiego dei vecchi missili Kh-22, tolti dal servizio 112 anni or sono ma saggiamente tenuti nei magazzini pronti all’impiego, potrebbe in realtà indicare che i vertici militari russi puntano a svuotare i depositi dai vecchi missili conservando quelli più moderni e costosi per le eventuali ulteriori fasi della guerra.

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“I nostri partner occidentali ci hanno dato circa il 10 per cento di quello che hanno”, ha sostenuto il funzionario, precisando che le forze di Kiev usano 5-6 mila colpi di artiglieria al giorno. “Abbiamo quasi esaurito tutte le nostre munizioni e ora stiamo usando proiettili standard Nato calibro 155 millimetri. Pure l’Europa fornisce proiettili, anche di calibro minore, ma li sta esaurendo e la quantità sta diminuendo”.

Tutta la comunicazione ucraina è tesa a far affluire più armi e munizioni possibile dall’Occidente ma senza fornire alcun chiarimento sulla situazione sul campo, sulle perdite subite, sulle notizie che circolano circa il crollo del morale di alcuni reparti e soprattutto su come l’esercito di Kiev possa gestire sul piano logistico e impiegare al meglio armi e mezzi occidentali di tipologie e modelli così diversi affidandoli per giunta a militari con un addestramento sommario.

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Questione perfettamente colta negli Stati Uniti che hanno approntato un piano per addestrare i militari ucraini all’utilizzo dei lanciarazzi multipli HIMARS. Il capo di stato maggiore interforze, il generale Mark Milley, ha spiegato che un primo gruppo di militari ucraini sta già partecipando all’addestramento impartito da truppe americane in Germania.

“Dobbiamo iniziare con un programma che sia razionale e risoluto per addestrarli in modo efficace: non farebbe bene limitarsi a gettare queste armi nella battaglia, bisogna essere addestrati per avere un utilizzo efficace al massimo di questa arma di precisione”.  Lanciarazzi campali che, meglio ricordarlo, saranno 4 HIMARS statunitensi e 3 M270 britannici mentre il consigliere presidenziale ucraino, Oleksiy Arestovych, ha dichiarato a The Guardian che l’Ucraina avrebbe bisogno di 60 lanciarazzi multipli da USA e UK per avere la possibilità di sconfiggere la Russia.

Con un chiaro intento propagandistico, le fonti ufficiali ucraine da un lato chiedono armi per sostenere il fronte del Donbass che sta cedendo e dall’altro evidenziano le supposte carenze dell’apparato militare russo con l’obiettivo di indicare a USA e NATO che lo sforzo va alimentato con continuità perché la vittoria è vicina o comunque alla portata delle truppe di Kiev.

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Lo stesso Skibitsky ha dichiarato che Mosca sarà in grado di continuare la guerra al ritmo attuale, senza mobilitazione generale e nuove produzioni di armi, per un anno e che potrebbe tentare di congelare la guerra per qualche tempo per convincere l’Occidente ad annullare le sanzioni, e poi continuare l’aggressione”, ha aggiunto. “Il loro obiettivo è tutta l’Ucraina e oltre”.

Argomenti che sembrano avere il chiaro intento di indurre gli alleati occidentali a sostenere l’Ucraina come baluardo che protegge l’intera Europa dalle mire espansionista russe.

Vladimir Putin aveva fin da subito precisato che la conquista dell’intera nazione non era l’obiettivo dell’operazione speciale e del resto Mosca ha messo in campo forze appena adeguate a perseguire gli obiettivi limitati annunciati il 24 febbraio ma non certo a conquistare tutto il territorio ucraino o addirittura a sconfinare in Moldova o a invadere stati membri della NATO.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero della Difesa Ucraino e  US DoD.

 

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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