Le possibili conseguenze del supporto anglo-americano all’offensiva ucraina

 

 

Cominciano a emergere dettagli circa il rilevante ruolo rivestito dagli anglo-americani nella pianificazione, supporto e forse anche esecuzione (si infittiscono le voci di consiglieri militari e contractors al fianco delle truppe di Kiev) dell’offensiva ucraina nel settore di Kharkiv.

Secondo quanto riportato dal New York Times, che a questo tema ha dedicato un’ampia inchiesta, la controffensiva Ucraina nella regione di Kharkiv è stata coordinata con le intelligence di Stati Uniti e Gran Bretagna, che hanno elaborato con Kiev un piano alternativo all’annunciata operazione a Kherson, che avrebbe causato enormi perdite.

“La strategia alla base dei rapidi progressi militari dell’Ucraina negli ultimi giorni ha iniziato a prendere forma mesi fa durante una serie di intense conversazioni tra funzionari ucraini e statunitensi sulla via da seguire nella guerra contro la Russia”, scrive il NYT citando funzionari americani protetti dall’anonimato.

“Le attività hanno preso il via subito dopo che il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky (ieri in visita a Izyum riconquistata dalle truppe di Kiev – nella foto sotto -NdR), ha detto ai suoi generali di voler attuare una iniziativa clamorosa per dimostrare che il suo Paese poteva respingere l’invasione russa. Sotto i suoi ordini, l’esercito ucraino aveva escogitato un piano per lanciare un ampio assalto attraverso il Sud per riconquistare Kherson e isolare Mariupol dalle forze russe nell’Est.

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I generali ucraini e i funzionari americani credevano che un attacco su larga scala avrebbe causato enormi perdite e non sarebbe riuscito a riconquistare rapidamente grandi porzioni di territorio.  Gli ucraini stavano già subendo centinaia di vittime al giorno in quello che era diventato un conflitto di logoramento. Le forze russe stavano subendo perdite simili ma stavano ancora avanzando, devastando le città ucraine nella regione orientale del Donbass.

Da tempo riluttanti a condividere i dettagli dei loro piani, i comandanti ucraini avevano iniziato ad aprirsi maggiormente ai funzionari dell’intelligence americana e britannica e a chiedere consiglio”, ha scritto il giornale.

“Jake Sullivan, il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, e Andriy Yermak, uno dei massimi consiglieri di Zelensky, hanno parlato più volte della pianificazione della controffensiva. Il generale Mark A. Milley, capo dello stato maggiore congiunto Usa e alti dirigenti militari ucraini hanno discusso regolarmente di intelligence e supporto militare”, prosegue l’articolo, “e a Kiev ufficiali ucraini e britannici hanno continuato a lavorare insieme mentre il nuovo delegato alla difesa americano, il generale Garrick Harmon, iniziava ad avere sessioni quotidiane con gli alti ufficiali dell’Ucraina”.

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Il tempo era essenziale, ritenevano i funzionari statunitensi e ucraini. Per organizzare un contrattacco efficace, gli ucraini dovevano muoversi prima della prima neve, quando il presidente russo Vladimir Putin avrebbe potuto usare il suo controllo delle forniture di gas per fare pressione sull’Europa”, continua il New York Times spiegando che da una serie di simulazioni era emerso che un contrattacco a Kharkiv sarebbe stato più efficace di un’offensiva a Kherson in quanto Mosca, aspettandosi un’iniziativa in quest’ultimo settore, aveva sguarnito il fronte orientale.

“La Russia è stata indebolita. Non riuscendo a rilevare l’accumulo di forze ucraine intorno a Kharkiv, l’esercito russo ha dimostrato incompetenza e ha dimostrato di non avere una solida intelligence”, conclude il New York Times.

“Il suo comando e controllo sono stati decimati e sta avendo problemi a rifornire le sue truppe, offrendo all’Ucraina un’opportunità nelle prossime settimane”.

 

Possibili conseguenze

Le valutazioni riportate dal NYT contengono anche elementi legati alle opinioni delle fonti citate ma senza dubbio confermano il coinvolgimento diretto degli anglo-americani nell’offensiva ucraina (evidenziato dalle fonti russe nei giorni scorsi) mentre sulla mancata reazione russa allo sfondamento nemico permangono le perplessità espresse nei giorni scorsi da Analisi Difesa.

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Il pesante sostegno anglo-americano (in termini di mezzi, intelligence e con ogni probabilità anche “mentoring” sul campo di battaglia) assicurato alle forze ucraine giunte ai confini con la regione russa di Belgorod offrono a Mosca l’opportunità di lanciare l’allarme per “il nemico alle porte”, dove il “nemico” non sono solo gli ucraini ma soprattutto militari e contractors delle principali potenze della NATO.

Un argomento sensibile per le forze politiche e per ampi settori dell’opinione pubblica russa, che potrebbe facilitare provvedimenti quali il richiamo di un numero molto elevato di riservisti, questa volta non per una “operazione speciale” ma per neutralizzare la minaccia portata dalla NATO ai confini della Federazione Russa.

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Il rappresentante della Milizia popolare della Repubblica popolare di Luhansk (LPR) Andrey Marochko, ha reso noto il 13 settembre che a Kramatosk, nella regione di Donetsk in mano alle forze di Kiev, sono arrivati militari stranieri che avrebbero il compito di monitorare la distribuzione dell’equipaggiamento militare occidentale fornito all’Ucraina, oltre a documentare il consumo di munizioni.

A tal proposito ieri l’ambasciatore russo negli Usa, Anatoly Antonov, ha dichiarato che “se Kiev ottenesse” i missili balistici tattici ATACMS (nella foto sotto) impiegabili dai lanciarazzi campali HIMARS e con raggio d’azione fino a 300 chilometri chiesti agli Stati Uniti (la cui fornitura è caldeggiata da molti a Washington) , “grandi città russe e infrastrutture industriali e dei trasporti potrebbero essere colpite e uno scenario del genere significherebbe un diretto coinvolgimento degli Stati Uniti in un confronto militare con la Russia”.

Al tempo stesso, come abbiamo già evidenziato, i recenti sviluppi sul campo di battaglia potrebbero favorire l’avvio di negoziati tra i belligeranti.

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La vicepremier Ucraina, Olga Stefanishyna, ha detto ieri a France24 che negli ultimi giorni funzionari russi hanno contattato l’Ucraina per negoziare.

La notizia meriterebbe verifiche e approfondimenti anche perché “, ha detto Stefanishyna, “l’Ucraina non si è mai tirata indietro dai negoziati ma vista la gravità dei crimini che la Russia ha commesso e continua a commettere ogni mese, la leva per i negoziati è diversa rispetto a quella di febbraio”.

Stefanishyna ha affermato che l’avanzata di Kiev con la controffensiva è un punto di svolta non solo per l’invasione russa iniziata il 24 febbraio, ma anche “per la guerra iniziata nella primavera del 2014” e ha aggiunto che il suo Paese si sta “preparando allo scenario peggiore” in termini di rappresaglia russa, ma che “finora l’Ucraina non è stata colta di sorpresa”.

In sintesi il crescente ruolo giocato dagli anglo-americani nel conflitto potrebbe costituire un elemento utile a favorire sviluppi diversi e opposti del conflitto.

Non si può escludere che il maggiore supporto militare occidentale favorisca una stabilizzazione della guerra su linee del fronte più nette e consolidate tenuto conto che il prolungamento del conflitto rientra negli  interessi più volte espressi esplicitamente dagli anglo-americani con l’obiettivo di indebolire e logorare la Russia. Una guerra prolungata ai suoi confini orientali certo non rientra negli interessi dell’Europa.

Un’ulteriore escalation della guerra potrebbe inoltre costringere Mosca a cadere nella “trappola” della mobilitazione per una nuova “guerra patriottica” che comporterebbe elevati costi economici, politici, sociali e militari per la Federazione Russa con l’obiettivo di conseguire un successo su Kiev che, a quel punto, potrebbe risultare inadeguato rispetto al prezzo pagato.

Infine, il maggiore equilibrio militare tra i belligeranti potrebbe determinare l’effetto opposto, preparando il terreno a trattative per concludere una guerra fin dall’inizio satura di elementi  ambigui e contraddittori sul piano militare, economico e politico.

 

Paradossi di una guerra ambigua

La lista sarebbe lunga ma limitiamoci a citare solo un paio di esempi delle ultime ore. Ieri gli stessi ucraini hanno ammesso che le truppe russe sono tornate a controllare Kreminna, città del Donbass a nord di Lysychansk e Severodentsk nella regione di Luhansk che avevano evacuato il giorno precedente senza però che il centro abitato venisse occupato dalle truppe di Kiev.

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Le fonti di Kiev confermano, senza fornire chiarimenti, che la stessa cosa è accaduta nello stesso settore a Starobilsk e a Svatove dove i russi sono potuti tornare in forze senza che le truppe ucraine avessero assunto il controllo degli insediamenti che avrebbe permesso di consolidare la penetrazione nei territori del Donbass.

Sempre a proposito di elementi contraddittori, la società russa Gazprom ha reso noto che nella giornata di ieri la fornitura di gas russo che transita tramite gasdotto in territorio ucraino è stata di 42,4 milioni di metri cubi. Lo ha dichiarato la società del gas russa Gazprom.

Ne sarebbe transitato di più se, come ha specificato l’ufficio stampa dell’azienda energetica russa, l’Ucraina non avesse nuovamente respinto il trasporto di gas attraverso la stazione d’ingresso di Sokharanivka (Luhansk) che dall’11 maggio è sotto il controllo delle forze russe.

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Gazprom ha dichiarato che il trasferimento di tutti i volumi delle esportazioni tramite il punto di ingresso di Sudzha, accettata da Kiev perché sotto il suo controllo, è tecnicamente impossibile. Nonostante tutto, la società russa afferma di eseguire tutti gli obblighi nei confronti dei consumatori europei e di aver pagato tutti i servizi di transito.

Di fatto, dopo quasi 7 mesi di guerra, nessuno ha ancora colpito né chiuso i gasdotti che attraversano l’Ucraina e riforniscono di energia l’Europa (che ha rinnovato ieri la sanzioni a Mosca e arma e finanzia Kiev) e la stessa Ucraina.

Anche sul piano finanziario ed energetico le ambiguità si sprecano: i russi pagano ai nemici ucraini i diritti di transito del gas che vendono all’Europa mentre quest’ultima dall’inizio del conflitto, il 24 febbraio, ha pagato ai russi ben 85 dei 158 miliardi di euro che Mosca ha incassati dall’export energetico.

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Quindi l’Europa che rischia il tracollo energetico ed economico nei prossimi mesi, con una mano arma gli ucraini e sanziona i russi mentre con l’altra ha finanziato e finanzia anche oggi abbondantemente con gli acquisti di energia la campagna militare russa in Ucraina, come ha rilevato anche un recente studio del Centro finlandese per la ricerca sull’energia e l’aria pulita.

(con fonte AGI)

@GianandreaGaian

Foto: Ministero della Difesa Ucraino e US Army

 

 

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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